Ten – Stormwarning – Recensione

 

Sono passati ben cinque anni dall’ultimo loro lavoro, e finalmente sono tornati. Sto parlando dei Ten, band britannica che nel corso della sua carriera è diventata il punto di riferimento dell’hard rock melodico di stampo europeo.

Classici come The Name Of The Rose, Spellbound o The Robe hanno imposto i Ten come grande realtà musicale europea grazie a un hard rock granitico con facili, ma mai banali melodie, un riffing possente e preciso e la particolare voce di Gary Hughes, fondatore e main man della band. Gary, diversamente dalla maggior parte dei cantanti hard rock, riesce a fondere una timbrica calda frequentemente su tonalità basse ad un’epicità che calza a pennello con le composizioni magniloquenti e pompose che lo stesso musicista compone. Nonostante vari cambi di formazione nella band (basti pensare all’uscita di Vinny Burns dal gruppo nel 2001, chitarrista dal tocco sopraffino e magico protagonista di molti dei capolavori della band) Gary è riuscito a mantenere intatto lo spirito e la musica dei vecchi e gloriosi Ten dando alla luce album sempre ottimi grazie all’aiuto dei vari musicisti che negli anni si sono avvicendati in seno alla band. L’ultimo album “The Twilight Chronicles” (2006) aveva però mostrato il lato più melodico e sinfonico di Hughes che, nonostante un buon songwriting, era penalizzato soltanto da una prolissità e da una ripetizione della solita melodia in diverse canzoni davvero eccessiva. Arriviamo infine a questo “Stormwarning”, nona fatica in studio con una formazione ancora rimaneggiata: arriva Neil Fraser alla chitarra solista che prende il posto lasciato vuoto da Chris Francis, mentre al basso troviamo Mark Summers, altro nuovo acquisto nella band. Oltre ai soliti John Halliwell alla chitarra ritmica e Paul Hudson alle tastiere (vecchi compagni di Gary) “Stormwarning” vede la presenza di una guest star d’eccezione: il batterista Mark Zonder (Fates Warning), musicista eccelso dotato di una tecnica e di un tocco unico al mondo. Bellissima la cover del disco, dal solito sapore epico-fantasy, ad opera dell’artista spagnolo Luis Royo, altro gradito ritorno per la band, già autore in passato delle cover di “Spellbound” e “Babylon”.
La produzione (di solito punto debole dei lavori della band) è invece affidata al grandissimo Dennis Ward (Khymera, House of Lords, Place Vendome) per un risultato finalmente degno del monicker “Ten”.

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