Steve Perry – Traces – Recensione
Steve Perry è la voce del genere melodic rock, e forse uno tra i migliori cantanti della storia della musica moderna. Ritrovarlo nuovamente sulle scene, ad oltre vent’anni dal suo improvviso addio, è a tutti gli effetti la più eclatante notizia che potesse arrivarci in questi anni di inatteso revival AOR. Siamo ancora tutti in lacrime, non c’è niente da fare.
Ma il nuovo album Traces è in grado di non sfiguare di fronte al pesante passato artistico di questo musicista? E può questo disco essere considerato come una delle migliori produzioni recenti del genere? La risposta è decisamente complessa, e necessita più che una qualche considerazione.
Intanto pensiamo a come si è arrivati a questa produzione. A riaccendere la fiamma è stato un fatto molto doloroso per l’artista, ovvero la morte della sua fidanzata Kellie Nash, malata di cancro e deceduta al capezzale del compagno nel dicembre del 2012. La promessa di non isolarsi mai più dagli altri – fatta alla donna in punto di morte – ha spinto Perry a rivedere interamente il suo rapporto con la musica, che è tornata ad essere la valvola di sfogo con cui reagire al fresco e inconsolabile lutto, e con cui ritrovare le energie dopo una operazione alla gola (per rimuovere una massa insolita, rivelatasi poi essere un melanoma) avvenuta nel maggio 2013.