RSO – Radio Free America – Recensione

Non servono presentazioni per Richie Sambora, ma per i più sbadati ricordiamo che è stato la spalla e la chitarra dei Bon Jovi dal 1983 al 2013 scrivendo molti dei pezzi più belli della band insieme a Jon Bon Jovi. Il suo abbandono a metà del tour 2013 è stato traumatico per i fan, ma la decisione di Richie è stata di continuare con la sua carriera solista insieme alla sua nuova compagna e chitarrista Orianthi. Proprio la bionda e giovane Orianthi Panagaris, con all’attivo collaborazioni e tour con Alice Cooper, Michael Jackson e altri grandi nomi, ha collaborato con Richie a questo nuovo progetto chiamato RSO e al primo album Radio Free America . Il sound del disco è molto particolare; ogni canzone ha infatti uno stile diverso. Si passa dall’Hard Rock, al Soul, al Pop, all’ R & B spiazzando l’ascoltatore che al primo ascolto rimane a bocca aperta. Una sfida che, a mio avviso, in cui Richie e Orianthi hanno convinto, a parte qualche pecca nel suono; si sente infatti spesso la batteria campionata e le tastiere che anche loro hanno qualcosa di poco realistico…peccato, anche perchè su ogni angolo del disco si pubblicizza la collaborazione con Bob Rock……

Continue…

Bon Jovi – Burning Bridges – Recensione

Recensire e soprattutto dare un voto ad un nuovo album dei Bon Jovi è sempre un’ardua impresa; fare paragoni con i “classici” della band sarebbe un inevitabile recensione negativa, quindi tutto quello che scriverò sarà solo in riferimento a questo disco.

Tralasciando la storia della band e la dipartita di Richie Sambora che ormai sono note a tutti, Jon Bon Jovi si separa dalla Mercury Records dopo 32 anni e quest’ultima uscita è solo per dovere contrattuale. Il disco è infatti composto da 10 B-Side degli ultimi 10 anni di carriera. Detto questo personalmente mi aspettavo un disco scialbo, soprattutto considerando che i dischi ufficiali da cui sono state scartate non erano proprio capolavori… In parte mi sono dovuto ricredere….

La lenta e sofferta A Teardrop To The Sea è stata un scelta opinabile da usare come prima canzone; il coro iniziale e la produzione richiamano l’album Destination Anywhere, sia come stile e come atmosfera con l’assolo e l’organo in sottofondo…buona canzone anche se in posizione errata in scaletta…We Don’t Run ha praticamente lo stesso coro iniziale di Teardrop To The Sea(!) per poi esplodere in chorus voce/basso e un bel ritornello trascinante. L’assolo di Shanks, pur non essendo Sambora, risulta buono anche se corto. Saturday Night Gave Me Sunday Morning, primo singolo è stato subito stroncato dai fan per avere lo stesso ritornello di “Gotta Be Somebody” dei Nickelback…effettivamente lo ricorda molto, ma Jon ha dichiarato che si tratta di una canzone scritta 8-10 anni fa….mistero… We All Fall Down è un canzone pop-country trascinante, con ancora un ritornello ben fatto, questa volta la song potrebbe provenire da Lost Highway dallo stile. Blind Love è una canzone tutta pianoforte-voce, sentita da Jon nell’interpretazione e molto delicata ma anche troppo lunga e monotona, alla lunga potrebbe stancare. Who Would You Die For con il suo bel giro di basso e i cori risulta interessante e fuori dai canoni Bonjoviani. Il refrain con Jon che tira fuori finalmente la grinta e graffia è ben fatto e anche l’assolo(Sambora?) è dei più ispirati. Fingerprints è la canzone più bella dell’album; una chitarra acustica settantiana e una canzone che non riesco a capire come possa essere stata scartata o definita B-Side; due assoli dei migliori sentiti negli ultimi anni per una grande song. Life Is Beatiful riprende per l’ennesima volta i cori delle prime due canzoni è ed un pop classico che sembra provenire da What About Now, canzone semplice senza pretese che non lascia il segno. I’m Your Name rialza il ritmo con un bel intro di chitarra per una canzone allegra e divertente. Si chiude con la titletrack Burning Bridges, che inizia con i saluti di Jon in tutte le lingue per proseguire in poco più di due minuti in un puro vecchio country americano.

IN CONCLUSIONE:

Come già detto all’inizio, il voto è riferito solo a questo disco e non paragonato a nulla di vecchio. Considerato che si tratta di B-Side siamo ben al di sopra del mediocre livello dell’ultimo What About Now, ma nessuno si aspetti del vero rock, Burning Bridge è un insieme di buone canzoni pop prodotte dal nuovo marchio “Bon Jovi”.  Come dichiarato da Jon “Si è chiusa un epoca“, cosa ci dovremmo aspettare dal nuovo album del 2016?

Bon Jovi – What About Now – Recensione

Prefazione:

Recensire un lavoro dei Bon Jovi comincia ad essere molto difficile…se pensassi di dare un voto, un’opinione, paragonando i nuovi lavori ai vecchi classici è normale che sarei impietoso. I Bon Jovi degli anni 80 e 90 avevano un suono che ormai si è totalmente modificato, vuoi per scelte personali, vuoi per esigenze commerciali o per qualsiasi altro motivo e non vorrei assolutamente fare una recensione non oggettiva, data anche la mia ammirazione per questi rocker del New Jersey…..

Recensione:

Il dodicesimo lavoro in studio si intitola What About Now ed è stato prodotto da John Shanks. Direi che non servono altre presentazioni per questa band quindi  passerei subito ad analizzare i brani….

Because We Can è il primo singolo, quello che ha fatto definitivamente storcere il naso ed allontanare i vecchi fan, un pop-rock da classifica, canzone radiofonica con un refrain che nonostante possa non piacere, si “incolla” in testa dal primo ascolto, e un assolo il quale, lasciatemi dire, non può essere stato fatto da Sambora, in quanto troppo plasticoso e semplice. La seconda traccia I’m With You è forse la traccia più interessante dell’album che ha come unico difetto di essere troppo “lavorata” in studio con cori e effetti vari. Stavolta il tocco del fido Sambora si sente eccome nel solo e un bel ritornello rialza gli animi. What About Now, la title track, è pop puro, chitarre praticamente assenti e la solita melodia ruffiana che tenta di lasciare il segno. Con Pictures Of You si tocca il fondo; canzone dedicata a chi ama il nuovo rock (vedi The Killers) suoni finti,di plastica. Peccato perchè la canzone non sarebbe stata brutta come melodia.La quinta traccia, Amen , è anche la prima ballad, acustica, dolce, un tributo ad Halleluja di Leonard Cohen, canzone che Jon ha sempre amato e performato più volte live. Molto bella e sentita.  That’s What The Water Made Me rialza un po’ il ritmo con la chitarra e le tastiere in primo piano. Song riuscita e trascinante. What’s Left On Me sembra uscita direttamente dall’album Lost Highway con il suo country-rock che negli States è tanto amato; la canzone non è male e scorre via senza lode ne infamia. Army Of One è fuori dagli schemi, l’intro di organo che ricorda vagamente quello di Lay Your Hands on Me apre le danze un refrain che con il suo “Never Give Up” esplode in urlo liberatorio. Bell’assolo di Sambora finalmente! Continue…

Bon Jovi: Live in San Siro 29-06-2013

DSCN4011   BON JOVI: San Siro 29-6-2013

29 Giugno 2013: un’altra data che rimarrà nei cuori dei fan italiani dei Bon Jovi. Dopo l’ultimo show di Udine Jon e soci tornano nel bel paese e per la prima volta si esibiscono nello stadio San Siro di Milano. La scenografia è da urlo, il retro di una vecchia cadillac formato gigante e schermi giganti il tutto supportato da un impiato audio superbo.55mila persone attendono trepidanti ma anche deluse dal forfait del chitarrista storico Richie Sambora e in più Jon ultimamente era parso in netto calo vocale, mentre la band e il nuovo chitarrista Phil X sono sempre stati all’altezza nel sostenerlo con cori e grandi  performance. Puntuali come sempre i rocker del New Jersey si presentano sul palco alle 20.30 e sprigionano subito energia pura con la nuova That’s What The Water Made Me ma solo con la successiva hit You Give Love A Bad Name, cavallo di battaglia dei Bon Jovi, San Siro esplode in un canto unico. Raise Your Hands, come da titolo,fa alzare le mani al cielo a tutto il pubblico e Jon comincia a carburare vocalmente. All’urlo di “allacciate le cinture” parte la storica Runaway, questa volta in una veste un po’ più lenta dell’originale ma senza perdere fascino e brillantezza. Momento “country” con Lost Highway e sterzata rock con la stupenda Born To Be My Baby dove ancora una volta i vecchi fan godono come pochi. E’ la volta della hit It’s My Life che dal vivo mette sempre una carica incredibile e fa cantare tutti i presenti. Su Because We Can succede l’incredibile; dopo l’intro lo stadio si colora e da ogni singolo seggiolino di San Siro si alza un cartello colorato….si forma una scritta “Bon Jovi Forever” e una bandiera americana e allo stesso momento uno striscione lungo 120 metri(!) porta la scritta “30 Years Of History” con una serie di date storiche, tra cui l’anno di nascita dei Bon Jovi. Appena Jon vede la coreografia smette di cantare e ferma il gruppo… si vede che è chiaramente commosso ed ringraziando tutti esclama “Non posso piangere come una femminuccia, devo suonare per voi!” e riparte ancora a mille. What About Now ancora dal nuovo album apre le porte a We Got It Goin’ On dove il pubblico ricomincia a scaldarsi, ma è Keep The Faith che fa esplodere ancora San Siro ed è intermezzata da un assolo di tastiere di David Bryan e uno di chitarra di Phil X…risultato: spettacolare. Momento delle ballad con la nuova Amen, dolcissima con la sua chitarra acustica e In These Arms cantanta per una strofa da David Bryan. Si torna al rock da radio con le “nuove” Captain Crash & The Beauty Queen From Mars, We  Weren’t Born To Follow e la hit country Who Says You Can’t Go Home. Tocca ora alla cover Rockin’ All Over The World infiammare i presenti e al riff di I’ll Sleep When I’m Dead Jon si improvvisa chitarrista e si mette il cappello da cowboy insieme a David. La prima parte dello show si chiude con Tico Torres che fa partire Bad Medicine, esplosiva, unica, carica di emozioni. Poca pausa ed ecco Dry County, non penso che servano presentazioni per una canzone che in dieci minuti di durata esprime melodia,chitarre,tastiere e batteria quasi epici. Someday I’ll Be Saturday Night è dedicata a due sposi che erano sotto il palco e Love’s The Only Rule con il sound moderno fa contenti i nuovi fan. Si arriva alla storica  Wanted Dead Or Alive, dove l’unica nota negativa è l’assenza di Sambora che con i suoi cori l’avrebbe resa perfetta mentre, a richiesta, arriva Undivided, mai performata in questo tour, scritta nel lontano 2002 come dedica alle vittime delle Twin Towers. Una vera chicca. Ancora Have a Nice Day sprigiona energia pura, e nella conclusiva Livin’ On A Prayer il pubblico cantando a squarciagola sovrasta la voce di Jon!!! Penso non ci sia nulla da aggiungere….Lo show sembra terminato, ma a richiesta Jon imbraccia l’acustica e canta la prima strofa e il ritornello di Never Say Goodbye e i brividi lungo la schiena non si fanno attendere…pochi secondi ed ecco l’attacco di batteria di Always dove ancora i 55mila di San Siro si fanno sentire…..Altra richiesta del pubblico e These Days ci riporta indietro nel tempo, con il pianoforte di David Bryan in  primo piano…..ma non basta il pubblico vuole ancora musica e Jon li accontenta ancora scegliendo tra i cartelloni di richieste del pubblico. E This Ain’t A Love Song, con la sua dolcezza, chiude un concerto con 30 canzoni di oltre 3 ore coinvolgente come pochi sanno essere….Grazie Bon Jovi….

SCALETTA:

1. That’s What The Water Made Me
2. You Give Love A Bad Name
3. Raise Your Hands
4. Runaway
5. Lost Highway
6. Born To Be My Baby
7. It’s My Life
8. Because We Can
9. What About Now
10.We Got It Going On
11.Keep The Faith
12.Amen
13.In These Arms
14.Captain Crash And The Beauty Queen From Mars
15.We Weren’t Born To Follow
16.Who Says You Can’t Go Home
17.Rockin’ All Over The World
18.I’ll Sleep When I’m Dead
19.Bad Medicine

Encore I:
20.Dry County
21.Someday I’ll Be Saturday Night
22.Love’s The Only Rule
23.Wanted Dead Or Alive
24.Undivided
25.Have A Nice Day
26.Livin’ On A Prayer

Encore II:
27.Never Say Goodbye (Acustica)
28.Always
29.These Days

Encore III:
30.This Ain’t A Love Song

ALBUM FOTOGRAFICO: