Cosa si aspetta un ipotetico fan di una band dalla carriera pluri trentennale, che ha sfornato in questa sua lunga carriera alcuni capolavori di un genere ben preciso (in questo caso l’hard ‘n heavy) diventantandone quasi la stella più brillante, quando la suddetta band in questione decide di pubblicare un nuovo album di inediti? Che aspettative può avere lo stesso fan da una band che, nello specifico, nel corso di trent’anni non ha mai avuto una formazione stabile che durasse più di 5 anni e che ha combattutto il tempo e il music business solo grazie all’unico punto fermo che possiede cioè un leader carismatico, un’icona della musica rock, un ottimo songwriter e un eccellente cantante? Queste sono le domande che probabilmente molti fan si saranno fatti nell’apprendere che nel 2008 i leggendari Whitesnake sarebbero tornati sulla scena musicale con un nuovo album, intitolato “Good To Be Bad” dopo ben 11 anni dal precedente “Restless Heart” (ma contando che quest’ultimo era intitolato David Coverdale/Whitesnake, sono ben 19 anni da “Slip Of The Tongue”, ultimo vero album Whitesnake). Eppure la band, forte di una solida line-up, riuscì a dar vita a uno splendido lavoro nel pieno stile della band; un hard ‘n heavy roccioso con quel tocco misurato di modernità che lo rese fresco, godibile e soprattutto degno del pesante nome che portava. Toccava a questo nuovo Forevermore, almeno per quanto riguarda il sottoscritto dimostrare se il buon vecchio Coverdale si sarebbe adagiato sugli allori sfornando album di mestiere, o se il caro singer inglese avrebbe, ancora una volta, fatto centro cercando di tirare sempre il meglio dai musicisti che chiama alla sua corte. Forevermore per fortuna, non solo rientra in questa ultima mia “considerazione” ma riesce ad andare oltre…Innanzitutto rispetto a Good To be Bad adesso vi è un ritorno più marcato all’hard ‘n heavy con chiare influenze blues come agli inizi di carriera ma, prima di addentrarmi nell’analisi del disco è doveroso puntualizzare il cambio di line-up avvenuto in seno alla band: David Coverdale ha praticamente cambiato tutta la sezione ritmica che adesso prevede Michael Devin (Lynch Mob) al basso e Briian Tichy (Derek Sherinian, Vinnie Moore…) alla batteria al posto rispettivamente di Uriah Duffy e Chris Frazier. Il gruppo con Forevermore si presenta inoltre senza un tastierista dopo l’abbandono di Timothy Drury che vuole concentrarsi alla carriera solista. Il gruppo di chitarre invece rimane lo stesso dall’anno del ritorno (2002) della band e include Reb Beach (Winger) e l’ex Dio Doug Aldrich, che sembra essere il nuovo “partner in crime” di David Coverdale nella composizione e produzione dei pezzi.
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