Place Vendome – Thunder In The Distance – Recensione

Nell’ambiente musicale il terzo disco è quel lavoro importantissimo che nella maggior parte dei casi dovrebbe confermare appieno le qualità (o i difetti) già ampiamente o leggermente espressi tra il debutto e il secondo lavoro.
Probabilmente questo è un ragionamento unicamente riferito a band vere e proprie e meno a quei “project” nati dall’unione di musicisti provenienti da band diverse e con songwriters esterni che di certo non hanno quelle ambizioni e quella voglia di sfondare nel music-business per portare la propria musica in giro per il mondo.
Date queste premesse ecco “Thunder In The Distance”, terzo lavoro targato “Place Vendome”, arrivato dopo il fantastico debutto omonimo del 2005 e l’ottimo “Streets Of Fire”, in cui come al solito diversi songwriters esterni come Magnus Karlsson (Primal Fear), Timo Tolkki (ex-Stratovarius), Alessandro Del Vecchio (Hardline), Roberto Tiranti e Andrea Cantarelli (Labyrinth, A Perfect Day), Tommy Denander (Radioactive), Sören Kronqvist (Sunstorm, Issa), e Brett Jones hanno contribuito alla creazione delle 13 tracce che compongono questo nuovo lavoro uscito lo scorso 1 Novembre per Frontiers Records.

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Richie Sambora – Aftermath Of The Lowdown – Recensione

Sono passati 14 anni dall’ultimo disco di Richie Sambora, chitarrista di fama mondiale che da quasi 30 anni calca i palchi di tutto il mondo con i Bon Jovi insieme al fidato amico Jon Bon Jovi. Dal primo all’ultimo album della band americana lo stile di Sambora ha subito una continua evoluzione che l’ha portato a vestire prima i panni dell’ “Eddie Van Halen” di turno, e in seguito a maturare come chitarrista di matrice rock/blues fino alle recenti scorribande degli ultimi album in cui il nostro chitarrista è rimasto quasi in ombra adattandosi più come chitarrista da accompagnamento che da chitarrista dalla grande personalità. Non sono in molti però a conoscere i suoi due album da solista, rispettivamente “Stranger In This Town” del 1991 e “Undiscovered Soul” del 1998, due splendidi dischi molto diversi l’uno dall’altro in cui il chitarrista da pieno sfoggio di tutto il suo grande talento innato nel canto, nella chitarra e nel songwriting. 14 anni sono appunto passati da Undiscovered Soul e dopo un paio di album agli inizi del nuovo millennio con i ritrovati Bon Jovi, per il chitarrista inizia il periodo più cupo di tutta la sua vita che lo segnerà indelebilmente: prima il divorzio con la bellissima moglie e attrice Heather Locklear e dopo pochi giorni la morte dell’amato padre Adam sono eventi che portano il chitarrista nel baratro dell’alcol, entrando e uscendo varie volte dalla rehab tanto da abbandonare per circa due mesi (prima volta nella storia della band) i Bon Jovi, che lo sostituiscono nel mese di Aprile 2011 con Phil X fino al completo rientro in formazione l’8 Giugno a Zagabria in occasione del tour europeo del gruppo. Tutta questa sofferenza è proprio il motore pulsante e tema principale di questo terzo album solista di Richie Sambora intitolato “Aftermath Of The Lowdown”, in cui il chitarrista si sveste di tutta la sua aura mistica da cantautore sopra le parti e racconta in prima persona tutte quelle emozioni negative e quei tristi avvenimenti che lo hanno investito direttamente.

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Bad Memories – Forced To Be A Stranger – Recensione

In un anno indubbiamente da ricordare per quanto riguarda il melodic rock grazie ad uscite sensazionali come i nuovi dischi di Rick Springfield e Jimi Jamison (per fare solo alcuni nomi), sarebbe un peccato non menzionare quelle band che, purtroppo, vuoi per la loro giovane età o vuoi per la loro poca fama, non sono riuscite a ritagliarsi lo spazio che meritano nonostante abbiano dato alla luce dei lavori complessivamente buoni.
I Bad Memories rientrano perfettamente in questa categoria: nati nel 2006 come gruppo Hard ‘N Heavy per poi progressivamente toccare lidi più melodici, hanno ufficialmente dato il via alla loro carriera con “Never Too Hard”, aiutati per l’occasione dall’esperienza di Cristiano Bertocchi (Vision Divine, Labyrinth) fino ad arrivare allo scorso giugno, mese in cui hanno rilasciato il loro secondo lavoro, “Forced To Be A Stranger”, tramite la label americana Perris Records.

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Eclipse – Bleed And Scream – Recensione

Dopo aver partecipato negli ultimi anni a diversi progetti come Jamison/Kimball, Shining Line, WET, Lionville,o il debutto solista di Toby Hitchcock, il giovane e talentuoso Erik Martensson ha pensato bene di riprendere insieme all’amico Magnus Henriksson gli Eclipse, sua band principale, e dare alla luce questo nuovo album intitolato “Bleed And Scream”. I primi due album della band nonostante siano dei prodotti di buona fattura non hanno certo fatto gridare al miracolo, ma gli svedesi hanno prontamente cambiato registro con l’ottimo “Are You Ready To Rock” del 2008 lanciando di fatto il nome di Martensson fra le giovani promesse dell’ambiente musicale hard rock melodico. Per fortuna la Frontiers non ha perso tempo e ha pensato bene di puntare molto sul talento di Erik in diversi progetti, diventando di fatto uno fra i songwriters/produttori più ricercati nell’ambiente hard rock/melodic rock/aor.
Tornando finalmente ad occuparsi della sua band madre il singer ha veramente superato se stesso, seppur con qualche difettuccio, facendo di questo nuovo album indubbiamente il migliore della loro discografia.
Niente è lasciato al caso, i suoni si fanno ancora più potenti e bombastici con la presenza davvero massiccia di incredibili riff di chitarra (a dir la verità ispirati moltissimo dai Whitesnake) e da una batteria che definire “terremotante” è quasi riduttivo. Continue…

Europe – Bag Of Bones – Recensione

Avete presente gli Europe? Quel gruppo conosciuto in tutto il mondo soprattutto per quel motivetto che di nome fa “The Final Countdown”, simbolo del panorama rock anni 80 insieme a Livin On A Prayer e Pour Some Sugar On Me (rispettivamente, Bon Jovi e Def Leppard) e che in seguito ha dato alla luce “Out Of This World” e “Prisoners In Paradise” che ancora oggi fanno letteralmente sognare tutti quei fanatici e amanti del rock melodico? Bene, di quel gruppo non è letteralmente rimasto più nulla. Nonostante dall’inizio del nuovo millennio la formazione è tornata ad essere quella originale in molti sono rimasti piuttosto perplessi dal ritorno degli svedesi che in questi 8 anni hanno man mano sviluppato un nuovo tipo di sound sempre più lontano dal rock melodico da classifica dei tempi d’oro e sempre più vicino all’hard rock grezzo e crudo in stile Led Zeppelin, UFO, Black Country Communion.

D’altronde il ritorno all’ovile di mr. John Norum nel 2003 non poteva che determinare un netto cambio stilistico nella band, visto che il chitarrista abbandonò proprio gli Europe (sostituito, direi ottimamente da Kee Marcello) nel 1986 a causa di una direzione sonora più votata alla melodia con tastiere sempre più in evidenza, forse più della sua amata chitarra. Accantonato il passato, torniamo al presente e in particolare all’ultimo e nono album in carriera del gruppo di Joey Tempest, “Bag Of Bones”.

Se con “Last Look Of Eden” e il precedente “Secret Society”  la band stava cercando di perfezionare questa nuova direzione musicale (“Start From The Dark” lo considererei ancora oggi un episodio a sè stante), con “Bag Of Bones” possiamo semplicemente dire che il gruppo ha finalmente chiuso il cerchio rilasciando probabilmente il miglior album dal 2004 ad oggi.
Il sound si fa più corposo ed è oggi più che mai figlio di tutte quelle band che hanno fatto la storia del genere hard rock quali i già citati Led Zeppelin e Ufo ma anche Thin Lizzy, Deep Purple e i più recenti Black Country Communion, scelta che valorizza maggiormente le performance di Tempest e Norum. Il singer, che neanche in passato è stato un virtuoso dello strumento voce, in questo nuovo album regala una performance assolutamente convincente grazie all’ottima condizione vocale, trovandosi davvero a suo agio su composizioni che ne esaltano soprattutto il timbro. Ciò però non basta ad oscurare un John Norum letteralmente sugli scudi, in grado di sfornare un gran campionario di riff (seppur non originalissimi) e di grandi assoli proprio come ci si aspetta da un musicista della sua caratura. Continue…

Coastland Ride – On Top Of The World – Recensione

Nonostante il debutto del 2003 sia passato leggermente in sordina, forse a causa di un periodo non proprio favorevole a quel movimento revival dell’aor che da lì a poco avrebbe fatto la sua comparsa ridando splendore ad un genere quasi sopito, gli svedesi Coastland Ride ci riprovano con questo “On Top Of The World”, uscito ad inizio 2012 per l’etichetta Avenue Of Allies. Il trio formato da Mikael Bohlin (Chitarre e Tastiere), Anders Rybank (Chitarre, Basso, Tastiere) e Markus Nordenberg (Voce, cori e tastiere), complici le diverse influenze musicali di ognuno dei musicisti, è riuscito a fare quel salto di qualità rispetto al debutto grazie all’aiuto di musicisti esterni, in cui su tutti spicca il nome di Sven Larsson (Street Talk, Lionville).

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Unisonic – Unisonic – Recensione

A distanza di ben due anni dall’annuncio della nascita di questi Unisonic, supergruppo formato da Michael Kiske, Kai Hansen, Dennis Ward, Mandy Meyer e Kosta Zafiriou ecco finalmente arrivare il primo omonimo LP, anticipato qualche mese fa dall’uscita dell’EP “Ignition” (qui la recensione). L’attesa per questo lavoro, come scrissi nella recensione di “Ignition” è davvero tanta, visto il ritorno nella stessa formazione di Kiske ed Hansen, ex “zucche di Amburgo” (Helloween, ndr) ma le domande i dubbi erano ancora molti…Citando la recensione “sarà il songwriting all’altezza vista la caratura dei musicisti coinvolti?” “Verrà migliorata la produzione e i suoni in generale che in questo EP non sembrano curati particolarmente?” “Il disco sarà davvero un mix tra power metal e hard rock?”. Le risposte sono arrivate e, nonostante la caratura dei musicisti coinvolti non abbia dato vita ad un capolavoro, il risultato si può definire più che soddisfacente ma procediamo con ordine…

Il disco innanzitutto conferma in toto quanto già ascoltato su “Ignition”, quindi ogni metallaro o assiduo ascoltatore di power metal può tranquillamente stare alla larga da questo lavoro, a meno che non sia disposto ad ascoltare dell’hard rock melodico senza infamia e senza lode. Le influenze maggiori di questo disco si possono ricondurre alle band/progetti dei singoli componenti che formano gli Unisonic, con i Place Vendome come punto di riferimento principale vista la partecipazione in questo disco di Kiske, Zafiriou e Ward (tutti e tre presenti nei due Lp dei Place Vendome). Alle già conosciute “Unisonic”, “Souls Alive” e “My Sanctuary” la band aggiunge diversi brani tutti di buona fattura ma che alla lunga, forse per la loro struttura alquanto semplice e fin troppo lineare, potranno tranquillamente venir dimenticati senza lasciare alcna minima traccia nell’ascoltatore. Non è assolutamente un disco da buttare, sia chiaro ma probabilmente chi si aspettava un super disco degno della caratura dei nomi coinvolti rimarrà molto deluso considerando il fin troppo mestiere e la poca “inventiva” che viene fuori successivamente all’ascolto. Continue…

Reckless Love – Animal Attraction – Recensione

I Reckless Love, la band scandinava più ruffiana degli ultimi anni, tornano con il loro secondo atto, “Animal Attraction” per confermare quanto di buono vi era nel fresco debutto omonimo di due anni fa: melodie vincenti al limite tra il glam e il pop unite ad un look patinato e sfacciato tipico delle band anni 80. Con la stessa formazione del precedente album e un contratto succulento con la major Universal Music Finland addentriamoci in questo nuovo lavoro della band di Olli Herman:
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Kimball/Jamison – Kimball/Jamison – Recensione

Fin dal suo primo annuncio, gli occhi di tutti gli Aor maniacs hanno cominciato a brillare commossi, inutile negarlo. Quando la Frontiers annunciò questo grandioso progetto in cui due dei più grandi e famosi vocalist nella musica rock (e dell’AOR, precisiamo) avrebbero cantato insieme dividendosi il microfono l’euforia era a mille. Bobby Kimball (Toto) e Jimi Jamison (Survivor), i vocalist sopra citati, non hanno certo bisogno di spiegazioni, per cui se i due nomi non vi dicono proprio nulla, in ginocchio sui ceci e poi di corsa a rimediare a questa grande lacuna. I primi dubbi però si sono palesati con la scelta di Mat Sinner come produttore e bassista (uno non proprio affine al rock melodico) e della band di accompagnamento formata da musicisti che girano spesso intorno ai vari progetti del bassista biondo: Alex Beyrodt (Primal Fear, Sinner) alla chitarra, Martin Schmidt (KISKE/SOMERVILLE) alla batteria, Jimmy Kresic (KISKE/SOMERVILLE) alle tastiere. Di certo non proprio le persone più adatte per dare alla luce un prodotto di puro AOR, ma per fortuna la schiera di songwriting chiamati a dare il loro contributo ha rialzato un po’ le aspettative generali: su tutti spiccano i nomi di Robert Säll (Work Of Art), prezzemolino Erik Martensson (WET, Toby Hitchcock…), Randy Goodrum (Steve Perry), Jim Peterik (Survivor, Pride Of Lions…).
Nonostante qualche piccola titubanza, le premesse per un grande disco ci sono tutte, per cui dopo la dovuta introduzione passiamo alle canzoni, punto cardine e dimostrazione perfetta della riuscita (o del fallimento) di un disco:
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