Signal – Loud & Clear – I Classici

Quando pensi ad un album perfetto spesso ti vengono in mente i classici, quelli universalmente riconosciuti come tali (sia dalla critica, sia dalle vendite dell’album) ed allora ti risulta facile scrivere Journey, Foreigner, Whitesnake, Dokken, Toto, Survivor e chi più ne ha, più ne metta. Poi ci pensi ancora un pò su e ti accorgi che in quei classici forse qualche pecca c’è comunque: una canzone sotto tono, un solo fuori posto, un qualcosa che in verità non ti è mai piaciuto, ma poco importa…sono “classici”, quindi perfetti ed incriticabili a prescindere. Poche volte ho trovato un album senza “macchia”: forse solo “1987” degli Whitesnake, “Sahara” degli House of Lords, “Love among the cannibals” degli Starship o “Native Tongue” dei Poison…ops…ma questo non è un “classico”?…ok, ma per me è un disco perfetto. Ah, dimenticavo…questa è solo una mia personale considerazione, del tutto criticabile, sia chiaro. Però a me spesso è successo di amare un “classico”, ma di criticarne allo stesso tempo qualche difetto: è capitato e capita ancora oggi.

Poi ci sono, invece, quegli album che la storia ha relegato in un angolo buio, senza nessuna ragione plausibile, se non le ingiuste leggi del business, destinati all’oblio, pur essendo tesori musicali di assoluta qualità, da tramandare ai posteri come esempi di classe sopraffina, nei suoni, nel songwriting e nella performance complessiva della band. Ecco, quello di cui voglio parlare oggi è uno di questi album.

Oggi, infatti, scrivo di un album perfetto, che considero un “classico” class metal – AOR di tutti i tempi, una pietra miliare assoluta. Esagero? Forse, ma LOUD & CLEAR dei SIGNAL sarebbe dovuto essere un “classico” di tutti i tempi ed avrebbe dovuto vendere milioni di album se…se fosse uscito nel 1986 e non nel 1990! Grunge…che brutta parola.

Per anni considerato alla stregua di un Santo Graal dell’Aor, vista la sua irreperibilità (venne infatti stampato in poche copie e la band scaricata poco dopo la sua pubblicazione dalla EMI), grazie alla Axe Killer venne ristampato nel 1999, egregiamente rimasterizzato e rimesso sul mercato, a rendere finalmente giustizia ad un capolavoro vero e proprio.

La produzione affidata a Kevin Elson (Europe, Mr. Big, Journey) è cristallina, cromata al punto giusto, perfetta per il songwriting proposto dai SIGNAL ed in grado di esaltare all’ennesima potenza la voce incredibile di Sua Maestà MARK FREE, nel pieno del suo splendore artistico.

Reduce dall’esperienza con i King Kobra, autori di due album bellissimi (per il sottoscritto), MARK FREE verrà consacrato al culto eterno dagli adepti dell’AOR proprio con questo LOUD & CLEAR: culto che negli anni a venire sarà suggellato dal primo album degli Unruly Child e dai suoi due album solisti, oltre che dalle innumerevoli demo da lui registrate nel tempo.

L’inizio dell’album è incredibile: il riff di ARMS OF A STRANGER è da antologia del melodic rock, una sorgente inesauribile di classe, da cui hanno attinto in molti. Ritmo frizzante e deciso, chitarre cromate e taglienti accompagnano la voce di MARK FREE, che tuona un chorus da pelle d’oca. Non scherzo, la pelle d’oca riaffiora ad ogni ascolto! Questa è uno di quei refrain che ti si appiccicano addosso e non ti si staccano più!

DOES IT FEEL LIKE LOVE, con il suo giro di tastiere che fa molto Baba O’Riley degli Who, conferma l’eccellenza e si descrive come power ballad emozionale, dai toni soft ed eleganti. Il chorus da solo vale intere discografie di band più blasonate, per l’intensità che esprime e la passione che trasuda la prova vocale di un MARK FREE stellare.

MY MISTAKE, scritta da Bob Halligan Jr., con il suo incedere pomp alla Toto, sterza un pò le coordinate sonore e raggiunge il suo apice nei cori, dove il biondo singer duella con un giovanissimo ERIC MARTIN. Da applausi.

THIS LOVE, THIS TIME riporta l’album su toni più rilassati e risulta essere una ballad pregna di romanticismo, dolce e disperato al tempo stesso. Inutile sottolineare come la voce calda e suadente di MARK FREE riesca ad impreziosirla e ad elevarla a capolavoro senza tempo.

WAKE UP YOU LITTLE FOOL, con il suo iniziale arpeggio di chitarra, ricorda le atmosfere vagamente tristi degli Scorpions, ma cresce d’intensità esprimendosi in un mid tempo che esplode come uno squarcio di sole in un chorus deciso, che cancella in un colpo solo le nubi iniziali.

LIAR si apre cadenzata e cresce di pathos all’altezza del coro declamatorio e rabbioso. Un break centrale, più soft, apre le porte ad un ottimo solo, prima che il buon MARK riprenda le redini della canzone e la accompagni melodrammaticamente alla conclusione.

COULD THIS BE LOVE, nata dalla collaborazione tra MARK FREE e CURT CUOMO non avrebbe sfigurato in un classic album dei Journey o dei Foreigner, tanta è la sua bellezza. Canzone che rasenta la perfezione e che in un mondo “musicalmente giusto”, sarebbe venerata ed inserita nella top 5 delle migliori ballads di tutti i tempi. Un highlight immortale.

YOU WON’T SEE ME CRY aumenta un pò il ritmo, le chitarre tornano a graffiare e disegnano insieme alle tastiere una class metal song dal chorus ammaliante a più voci, durante il quale MARK FREE raggiunge vette inarrivabili per molti altri più blasonati cantanti.

GO, con il suo incedere urgente, è un up tempo che mi ricorda i Diving For Pearls nell’uso delle chitarre e l’immediatezza dei Foreigner nel chorus. Scorre via veloce, ma ci lascia in dono abbondanti dosi di classe ed eleganza.

RUN INTO THE NIGHT chiude l’album col botto: inizia delicata con la sua atmosfera serena e, come una camminata che si trasforma in corsa, aumenta il voltaggio chitarristico e si trasforma in una pop rock song cromata e spensierata. Sembra di sentirla risuonare al tramonto di una giornata estiva, quando l’atmosfera si fa più frizzante, perché sa che la serata sta per iniziare e la notte sarà ancora protagonista.

So di averla romanzata un po’ troppo questa recensione, ma mi è venuta così. Ci sono album che ti sanno trasportare in un mondo di emozioni e la scrittura ne risente…se in bene o in male lo giudicherete voi. Io ho scritto solo quello che di bello mi ha sempre trasmesso questo album, certo che me lo saprà trasmettere anche in futuro, ogni volta che avrò voglia di ascoltarlo.

LA COSTELLAZIONE SEPOLTA: EUROPE, WHITE SISTER, OUTSIDE EDGE, PREVIEW E MARK FREE

L’idea di questo articolo è nata una sera, mentre spulciavo nel mio archivio personale, nato da un’incessante opera di ricerca nei meandri nascosti dell’aor durata anni, e che continua tuttora senza sosta. Era mia intenzione scrivere un’altra recensione su uno di quegli album che qui su melodicrock definiamo gemma sepolta. Ma scorrendoli uno dopo l’altro, mi sono accorto che erano davvero troppi, smarriti nel buio delle notti eighties. Pezzi splendidi, custodi eterni di un’epoca, che per perversi giochi del destino non hanno mai visto la luce. E allora mi sono detto che sarebbe stato giusto realizzare un articolo che li racchiudesse tutti. Un articolo che una volta per tutte rendesse giustizia a questa costellazione sepolta di tesori.

E’ stato difficile fare una selezione, perchè all’interno del genere aor sono molti i gruppi che possiedono pezzi mai pubblicati. Potrei citare Bon Jovi, Def Leppard, House Of Lords, Harem Scarem, Roxus e molti altri.

La mia idea era però individuare i pezzi veramente notevoli, quei pezzi, cioè, che se pubblicati avrebbero potuto dar vita a lavori aor di livello eccelso e avvicinabili ai classici del nostro genere.

Siete pronti allora per tornare indietro nel tempo con me? Ascoltate.. Quei chorus echeggiano ancora in qualche sala di registrazione vecchia e impolverata di Los Angeles, come anime urlanti attaccate alle pareti, non si rassegnano al passare del tempo e coltivano ancora la speranza di vedere finalmente la luce.

Devo partire per forza dagli Europe. Chi mi legge su melodicrock saprà bene quanto disprezzi gli Europe di oggi, che hanno abbandonato l’aor per diventare una band di marionette imbolsite senza identità. Ma sia chiaro che, invece, gli Europe dell’anno del Signore 1986 hanno a mio avviso rappresentato l’apice assoluto che l’aor abbia mai raggiunto, oltre che essere stata la band capace di avermi fatto innamorare del genere. D’altronde non sono, forse, Lovechaser?

Ebbene, tra il 1989 e il 1990, gli Europe incisero dei brani che avrebbero dovuto far parte del loro album Prisoners In Paradise. Tra questi è compresa Little Sinner. Questo pezzo, se prodotto in modo serio, avrebbe potuto essere una hit pazzesca. Tempest canta come un Dio e la melodia gioiosa e calda è esattamente quello che amavo degli Europe e quello che hanno smarrito oggi. Inutile dire che basta Little Sinner per incenerire l’intera discografia degli Europe dalla reunion in poi.

Passiamo agli White Sister, monumentale band che con l’omonimo album del 1984 realizzò uno dei migliori lavori aor della storia. Ebbene, sul finire degli anni ottanta anche gli White Sister scrissero pezzi che mai finirono pubblicati. Una scandalosa ingiustizia, perchè i brani sono fantastici. Potete ascoltare First Time Forever e One Way Love. Le loro famigerate tastiere esplodono dirompenti, e i chorus vi catapultano negli eighties di violenza!

Continuiamo con gli Outside Edge, band inglese formata dai fratelli Farmer. Qualcuno di voi avrà forse letto le mie recensioni su Running Hot e More Edge, i loro due lavori del 1986 e del 1987. Purtroppo gli Outside Edge non riuscirono a pubblicare l’album successivo, dal titolo Call Me, datato 1990. Il lavoro, pur non arrivando ai fasti di Running Hot, racchiude ottimi brani, come Kiss Of Judas, Ghost In Your Heart, Losing Control, Teardrop, House Of Love e Hot Touch. Il loro space aor suona vivido più che mai, e le loro tipiche melodie eighties provocano brividi a non finire.

Proseguiamo ancora una volta con un solo pezzo dei Preview, la band di Jon Fiore, che nel 1983 realizzò un buon album aor. Beh, qualche anno dopo i Preview incisero alcune canzoni che avrebbero dovuto essere il loro secondo lavoro. Tra questi si trova quello che, a mio avviso, maggiormente spicca, all’interno del mio articolo. E’ un vero e proprio delitto capitale poterlo sentire solo con il suono cupo e strozzato della demo, perchè Find My Way Back To You aveva tutto per diventare uno dei brani aor più belli mai realizzati. Il chorus è spettacolo puro, ti si stampa in testa e lo vorresti cantare all’infinito!

Finisco questo viaggio nel passato con Mark Free. Mark Free è senza ombra di dubbio uno dei miei tre cantanti preferiti. La voce cristallina e ipermelodica si associa alla perfezione al genere aor. Mark Free è la voce aor per eccellenza. Ma per uno strano scherzo del destino proprio Mark Free non ha mai raccolto il successo che avrebbe meritato, partecipando a progetti fenomenali, come Signal e Unruly Child, poi tramontati troppo presto. L’album che i Signal realizzarono nel 1989, Loud And Clear, è un fulgido esempio di aor stellare, capitanato dall’opener Arms Of A Stranger, uno dei pezzi più belli della storia del genere. Ebbene, Mark Free, a dispetto della sfortuna che attanagliò la sua carriera, fu un artista estremamente prolifico. Esistono decine e decine di suoi demos mai pubblicati. Tra l’altro, mi chiedo perchè certe etichette discografiche specializzate in aor continuino a pubblicare lavori obiettivamente inutili di band che non hanno nulla da dire, quando potrebbero pubblicare una compilation ufficiale dei pezzi unreleased di Mark Free. Questo è veramente un mistero.. Tra tutti menziono Nobody Gets Out Alive (pezzo scritto con i Signal che avrebbe dovuto far parte di un loro secondo lavoro.. e anche qui lacrime..), Innocent (pezzo cristallino per eccellenza, dove la voce di Mark esplode e divora tutto il mondo circostante), You Do It For Love e If It Was Love (ballata perfetta, che vari gruppi di oggi pagherebbero oro per poterla pubblicare).

Ebbene, cosa accomuna questa costellazione sepolta di tesori? In verità, solo questo: il fatto di essere stati creati troppo tardi, fuori tempo massimo, in un periodo storico in cui l’aor non riempiva più gli stadi e le industrie discografiche stavano già strizzando l’occhio alla tristissima desolazione del grunge.

Ebbene, amici, non vi sembra che sia giunta l’ora di fare un po’ di giustizia?

Ritornano i King Kobra, nuovo disco con Paul Shortino

king kobraI King Kobra del leggendario batterista Carmine Appice hanno appena terminato la scrittura dei pezzi che andranno a comporre il nuovo album della band in uscita ad Aprile tramite Frontiers Records.

Precedentemente la band aveva pubblicato soltanto due release: Ready To Strike (1985) e Thrill of a Lifetime (1986) riscuotendo enorme successo e andando in tour con artisti del calibro dei Kiss, Iron Maiden, Ted Nugent, Queensryche. La formazione di quegli anni  includeva, oltre il sopracitato Carmine Appice alla batteria, gli sconosciuti Mick Sweda e David-Michael Philips alle chitarre, Johny Rod al basso e Mark Free al microfono. Dopo che la band si sciolse nel 1988, Mark Free andò negli Unruly Child, Carmine Appice approdò alla corte di John Sykes nei suoi Blue Murder, Johnny Rod nei Bulletboys e David-Michael Philips con Lizzy Borden.

La band nel 2010 si riunì con la classica line-up, ad eccezione di Mark Free (ora Marcie, probabilmente troppo occupata con la reunion degli Unruly Child) sostituita dal grandissimo Paul Shortino (Rough Cutt, Quiet Riot), per la stesura dei brani che sarebbero andati a comporre questo nuovo album.

Che dire, sostituire un nome del calibro di Marcie Free sarà dura, ma Shortino ha tutte le qualità per non deludere tutti quelli che ascolteranno questo nuovo interessantissimo lavoro.

Unruly Child – Worlds Collide – Recensione

 

Tanta attesa si è creata per questo ritorno.  Quasi venti anni sono passati da quando nel 1992, Mark Free (voce),  Bruce Gowdy (chitarra) e Guy Allison (tastiere)  diedero vita agli Unruly Child e con il loro album omonimo diedero uno scossone Rock Melodico al mondo intero.

Subito dopo Mark Free abbandonerà il gruppo che comunque, anche senza di lui, darà alla luce altri 2 lavori in studio, Waiting For The Sun (1998) con alla voce Kelly Hansen degli Hurricane e Unruly Child: III del 2006 con alla voce l’ex Magdalen Philip Bardowell.  Per completare la discografia a questi si aggiunge una raccolta di demo intitolata The Basement Demos.  Nel frattempo Mark Free intraprenderà una carriera solista pubblicando il disco Long Way from Love e dopo un cambio di sesso pubblicherà,  sotto il nome di Marci Michelle Free, nel 1996 il disco Tormented.
Ora, presentato già in maniera ottimale dal video Very First Time (anche se rivedere Mark/Marcie Free in video è scioccante per chi l’ha conosciuto “prima”…) arriva nelle nostre mani questo Worlds Collide che dopo tanti anni riporta insieme la formazione originale.
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Unruly Child – Very First Time – primo video da Worlds Collide per il loro atteso ritorno

httpv://www.youtube.com/watch?v=m5SKtuuKAcQ

Gli Unruly Child,  per fortuna,  sono sempre gli stessi… anche  dopo 16 anni e la trasformazione di Mark Free in Marcie Michelle Free.

I membri originali della band Free, Gowdy ed Allison tornano a farci assaporare il loro rock melodico di alta scuola.

Questo video non fa che aumentare l’attesa per l’uscita del nuovo album Worlds Collide prevista al momento per fine ottobre.

Se vuoi leggere la notizia della loro reunion clicca qui