Hardline – Danger Zone – recensione
1992 – 2012… venti anni esatti separano la prima dall’ultima volta che un album ha potuto fregiarsi della scritta Hardline sulla propria copertina. Venti anni non facili fatti di un primo disco (Double Eclipse – 1992) arrivato quando il genere ormai sembrava non avere più futuro e altri due dischi (più un live) che con cambi continui di formazione non sono riusciti a mantenere il confronto con il primo splendido esordio.
Infatti, anche se Double Eclipse uscì in un periodo in cui il genere era ormai in declino, il tempo ha comunque saputo dare i giusti meriti a quello che ormai viene classificato come una delle gemme più preziose dell’Hard Rock melodico. Successo dovuto in primis all’eccezionale voce di Johnny Gioeli, ma anche dall’apporto non indifferente del “Journey” Neal Schon. La mancanza proprio di quest’ultimo nei successivi album (II del 2002 e Leaving the End Open del 2009) è stata per molti la causa che ha fatto si che questi due album non riuscissero a raggiungere il livello del loro illustre predecessore.
Arriviamo così al 2012 e a questo Danger Zone che segna il ritorno in territorio melodico di una delle più incredibili voci del panorama attuale e da anni ormai al soldo anche del “guitar wizard” Axel Rudi Pell.
Come nel ’92 trovavamo Schon e Gioeli in veste di mastermind nel 2012 troviamo il nostro Alessandro Del Vecchio (produttore e membro di varie band oltre che alle tastiere e cori negli Hardline) ad affiancare Gioeli e a tirare i fili della trama che sta alla base di questo Danger Zone e non è un caso inoltre che a ulteriore supporto troviamo una serie di vecchie “conoscenze” di Del Vecchio che vedono Thorsten Koehne (Code of Perfection, Eden’s Curse) alle chitarre, Anna Portalupi (Mitch Malloy, Skill in Veins) al basso e Francesco Jovino (U.d.o., Edge of Forever) alla batteria.