Electric Boys – The Ghost Ward Diaries – Recensione
Per molti gli Electric Boys sono solo quelli di “All Lips And Hips”, singolo estratto dal primo disco su Atco del 1989 Funk-O-Metal Carpet Ride, il cui video ha goduto di un certo successo ai tempi d’oro di MTV. Senza dubbio il combo svedese oltre a quel brano aveva altro da offrire, ma il suo retro-hard rock funkeggiante, unito ad un look vagamente psichedelico, si è un po’ perso fra la mischia. Pur condannati a un ruolo di secondo o terz’ordine, come decine e decine di altre rock band uscite a cavallo della fine degli anni Ottanta e l’inizio dei Novanta, gli Electric Boys hanno comunque conquistato una piccola fetta del mercato di settore, entrando nelle grazie di una frangia di affezionati ascoltatori europei e americani. Con il grunge che bussava alle porte, ed un sound non del tutto originale, il quartetto scandinavo ha cercato nuove soluzioni musicali. Il più heavy Groovus Maximus del 1992, registrato ai prestigiosi Abbey Road Studios, e il quasi stoner (stile all’epoca ancora in “via di sviluppo”) Freewheelin’ del 1994, hanno però velocemente condotto il gruppo verso la fine della prima parte della propria carriera. Il leader e fondatore Conny Bloom (chitarra e voce) si è rivisto nei Silver Ginger 5 di Ginger Wildheart e poi nei riformati Hanoi Rocks, assieme all’altro ex “ragazzo elettrico” originario Andy Christell (basso). Nel 2009 la Universal ha deciso di pubblicare un loro Greatest Hits e la band si è riunita, è andata in tour e ha dato alle stampe un nuovo lavoro, And Them Boys Done Swang (2011), a cui ha fatto seguito tre anni dopo Starflight United.
Sul finire del 2018 è invece uscito The Ghost Ward Diaries, con il gruppo ancora una volta in formazione originale ma con un drummer aggiuntivo, Jolle Atlagic (The Quill/Hanoi Rocks), che campeggia anche nella foto di copertina. Il CD è contenuto in un digipack un po’ anonimo, privo di booklet. L’attacco dell’opener e primo singolo “Hangover In Hannover” chiama in causa gli AC/DC, prima che la rassicurante voce di Bloom porti tutto su binari più tipicamente consoni al sound attuale degli Electric Boys. Se il brano apripista, con relativo video, aveva scaldato gli animi e fatto ben sperare in vista dell’uscita del disco, la seguente “There She Goes Again” è il primo banco di prova e conferma quanto di buono sentito finora puntando tutto su melodia e maestosità dei cori. La semi-ballad “You Spark My Heart”, che in qualche frangente ricorda lo stile pop rock e radiofonico del Joey Tempest solista di A Place To Call Home, è un crescendo di emozioni e centra in pieno l’obiettivo. “Love Is A Funny Feeling” è il primo vero pezzo a richiamare il passato mettendo in mostra le atmosfere funkeggianti dei tempi d’oro. La lenta e bluesy “Gone Gone Gone” chiude alla grande quello che nella tracklist è indicato come il lato A, mentre il B si apre con “Swampmotofrog”, song strumentale dal retrogusto seventies che fa idealmente da trampolino di lancio ad un secondo lato più classico, dove non mancano colpi di classe come quello ben assestato dal rock and roll ruffiano di “First The Money, Then The Honey”, dagli accenni southern di “Rich Man, Poor Man” o dal gran finale riservato all’atmosferica e convincente “One Of The Fallen Angels”.
IN CONCLUSIONE
Curatissimo nei suoni e nel songwriting, The Ghost Ward Diaries è il miglior platter post reunion del gruppo svedese, ed uno dei loro migliori di sempre. Una delle perle hard rock del 2018.