Hank Von Hell – Dead
Dopo otto anni di silenzio, o quasi, a seguito della sua fuoriuscita dai Turbonegro, Hank Von Hell è tornato nel 2018 con Egomania, un lavoro solista che ha riscosso grande successo di pubblico e critica. Un po’ a sorpresa, dopo soli due anni l’eccentrico singer norvegese mette sul mercato un nuovo full-length, Dead. Un titolo che lascia poco spazio all’immaginazione e che abbraccia territori più tetri sin dalla copertina, più scura e tenebrosa di quella del precedente platter, giocata invece sui toni di bianco che caratterizzavano anche il look di Hank. “Ho scritto questo disco ed il suo concept probabilmente dieci o quindici anni fa”, dice. “La mia vita non è sempre stata splendente e solare, quindi questo è il mio modo di raccontarla. L’idea per il nuovo album è nata l’anno scorso in un momento creativo e frenetico, in cui ho cercato di trasportare in musica ogni singolo periodo buio della mia esistenza”. Il booklet del CD è cupo come quello del suo predecessore, ma stavolta completo di tutti i testi. Una rapida occhiata ai crediti mette in evidenza la presenza di alcuni ospiti come Cone McCaslin e Dave Baksh dei Sum 41 su “Radio Shadow”, Guernica Mancini delle Thundermother su “Crown” e l’attore Frankie Loyal come voce narrante, ma soprattutto il cambio di quasi tutta la backing band, con il solo bassista Jean Genus rimasto a bordo. Considerato che Egomania era stato scritto a quattro mani da Hank e dall’ex chitarrista Cat Casino (Vain, Deathstars, Gemini Five) e prodotto da A.W. Nine, non stupisce troppo il fatto che Dead suoni un po’ meno glam rock e un po’ più Ghost grazie al tocco del produttore Tom Dalgety che, oltre ad aver collaborato con Rammstein, Royal Blood, Pixies, Killing Joke e Opeth, può in qualche modo vantarsi di aver forgiato assieme a Tobias Forge il più recente sound del gruppo svedese. Il vero pregio di Dead è probabilmente quello di riuscire a ripercorrere le orme di Egomania, dando in pasto ai fan l’album che si aspettavano, inserendo nuovi elementi e curando maggiormente alcuni aspetti (cori, arrangiamenti di tastiera e chitarra), risultando più heavy e catchy allo stesso tempo. Fra i pezzi migliori vanno segnalati “Blackened Eyes” e “Disco”, che richiamano inevitabilmente i Ghost, “Velvet Hell” e “Forever Animal”, che ricalcano i fasti dei Turbonegro di fine Novanta/inizio Duemila, e la title track e “13 In 1” che lasciano trasparire l’influenza di Alice Cooper. Il gradimento cresce con il proseguo degli ascolti, ma se si è apprezzato il precedente lavoro ci si sentirà a proprio agio anche qui fin dalle prime battute.
IN CONCLUSIONE
In poco meno di quaranta minuti Hank Von Hell fa convivere pop, rock, metal, punk, glam ed un pizzico di disco in un calderone di atmosfere oscure e malinconiche, ma sempre dannatamente orecchiabili. Dead eguaglia e forse supera leggermente il livello qualitativo del già buon Egomania, ad oggi il must di un artista maturo e consapevole delle proprie capacità.