Bon Jovi – This House Is Not For Sale – Recensione
A tre anni di distanza dal mediocre What About Now, tornano i Bon Jovi, o sarebbe meglio dire Jon Bon Jovi? L’album arriva dopo tre anni difficili per il rocker americano, prima con l’uscita forzata di un album a “contratto”, Burning Bridges voluto dall’etichetta Island, prima scaricata da Jon e soci e poi ritornata misteriosamente per l’uscita di questo nuovo This House Is Not For Sale. L’album rappresenta un nuovo corso, una rinascita per i Bon Jovi. L’uscita dello storico chitarrista Richie Sambora e la svolta di Jon verso un sound più intimista e Springsteniano rappresentano questo nuovo lavoro in studio. Le dichiarazioni di Jon che il disco sarebbe piaciuto sia ai fan di These Days che a quelli di Have a nice Day, il ritorno ai Power Station Studios, la conferma della collaborazione con il duo Shanks/Falcon hanno creato un alone di mistero sull’album…
L’attesa è stata ricambiata in parte. L’album e il songwriting sono decisamente più ispirati degli ultimi lavori in studio, ma il sound ricade a volte nel troppo moderno e troppo “finto”. Phil X alle chitarre si sente in pochissime occasioni , pochi assoli in tutto l’album, anche se bisogna dire che la produzione perfetta e scintillante rende alcune canzoni molto più interessanti. Dimentichiamoci totalmente il vecchio rocker Jon Bon Jovi e andiamo ad analizzare questo nuovo corso.This House Is Not For Sale è un disco coraggioso e trova i momenti più interessanti nelle canzoni più intime, dove la voce di Jon, ormai cambiata nel corso degli ultimi anni, riesce ad emozionare. Le canzoni più ritmate sfociano nel pop-rock più classico e come già detto, le chitarre sono più un riempitivo che un insieme di riff e assoli come ai vecchi tempi. Direi di fare un track by track per capire meglio:
1) This House Is Not For Sale : la canzone rimanda a Have a nice day nell’intro e nel sound, un rock da stadio, una canzone da urlare…trascinante, il ritornello ti si stampa in testa subito al primo ascolto. Phil X sforna un gran bell’assolo che non fa rimpiagere Sambora. Semplice ma di grande impatto.
2) Living With The Ghost : L’intro alla Springsteen, il sound moderno. Una canzone che non avrebbe sfigurato su HAND per farvi capire. Semplice ma diretta. Pop oriented.
3) Knockout : Spiazzante. Al primo ascolto ho controllato che fosse veramente il disco dei Bon Jovi. Ai successivi ascolti ho metabolizzato. Questa volta trovo la produzione troppo moderna, l’intro non mi piace. Peccato in quanto la canzone “poteva” essere molto bella…
4) Labor Of Love: la prima ballad è molto particolare. Personalmente mi fa venire in mente qualcosa di Destination Anywhere di Jon Bon Jovi solista. Se vi è piaciuta l’atmosfera di quel disco la canzone vi piacerà.
5) Born Again Tomorrow : Non ci siamo. Ancora una bella canzone (come songwriting) totalmente rovinata da una iperproduzione, effetti esagerati, voce filtrata. Peccato perchè c’era uno dei pochi assolidi Phil X. Bocciata. Continue…