Dario Mollo’s Crossbones – Rock the Cradle – recensione

Il ritorno di un nome davvero storico nella scena metal tricolore. I Crossbones sono nati nel 1978 a Ventimiglia e, della formazione originale, solo il chitarrista Dario Mollo è rimasto. Il primo disco, uscito omonimo nel 1989 dopo molti concerti e di recente ristampato da Jolly Roger, seppe fondere l’ispirazione di Deep Purple e Rainbow (soprattutto) con il retaggio dei Judas Priest più melodici. Si trattò di un esordio maturo e sicuro, che resta ancora oggi uno dei dischi più belli della scienza hard rock nazionale. L’album vide anche alle tastiere la presenza di Don Airey (e fu la prima apparizione di un musicista di tale livello in un disco rock italiano) e la produzione cromata di Kit Woolven (di provenienza UFO, Magnum e Thin Lizzy). Successivamente, Mollo ha saputo ritagliarsi un ruolo importante nella scena hard & heavy internazionale, inaugurando uno studio di registrazione molto professionale, incidendo dischi e suonando dal vivo ed avviando collaborazioni con svariati progetti (The Cage con l’ex Black Sabbath Tony Martin, Noize Machine, i Voodoo Hill con Glenn Hughes).

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Voodoo Hill – Waterfall – Recensione

 

Ecco per la terza volta, in tre lustri “La Voce” echeggiare sulla misteriosa collina Voodoo…
Il suo potere ha negli anni rapito il cuore di migliaia di adepti ed ancora oggi quasi miracolata riesce a preservare il proprio irresistibile fascino.
La voce è naturalmente quella del leggendario Glenn Hughes (The Voice Of Rock), sopravvissuto ad una vita di eccessi, ripartito in stato di grazia agli inizi degli anni novanta con una pregevole carriera solista (intervallata da svariate collaborazioni) e tornato alla grande notorietà nel 2010 con la fondazione del super gruppo Black Country Communion.
Voodoo Hill è il progetto del chitarrista e produttore ligure Dario Mollo, non nuovo a partnership di simile levatura vantando anche ben tre album con l’ex Black Sabbath Tony Martin sotto il monicker “The Cage“.
Le premesse per un’altro blockbuster targato Frontiers sembrano quindi esserci tutte.

L’esordio della (fin troppo) spensierata “All That Remains” denota da subito l’abbandono da parte di Hughes dello stile urticante adottato con i California Breed, restituendoci “La Voce” nella sua ancestrale purezza.
Quello che vi aspetta non sarà però un viaggio particolarmente avventuroso sul sentiero verso la mistica altura.
Lo scossone della successiva “The Well” è infatti uno dei pochi picchi di un percorso troppo lineare dove lo stesso Hughes sembra eseguire il suo compito, in modo si impeccabile ma senza farci sentire quel fuoco che ha più di una volta bruciato la nostra anima. Continue…