Dare – Road To Eden – Recensione

Prima di iniziare a scrivere faccio un ultimo respiro, profondo. Interrompe una apnea sofferta, uno scarico di ossigeno continuato ai polmoni. Per intenderci, dice fine a quella sensazione di soffocamento che tutti noi proviamo di fronte alla lunga attesa per qualcosa che da tanto tempo aspettiamo. Che magari vediamo da vicino, ma che non possiamo ancora raggiungere. Che vorremmo già ora, ma che magari non arriverà neppure domani. 

Voi mi conoscete, mi leggete da più di dieci anni ormai. Non ho mai nascosto il mio AMORE viscerale verso la musica degli inglesi DARE. Sapete quanto le loro melodie mi scavino dentro, mi coccolino il cuore. L’ho sempre detto, l’ho sempre scritto, senza censura. E non è un caso, non lo è davvero, che io sia tornato a parlare in modo così regolare di musica in questo ultimo mese, dopo due anni di (non) scrittura che definire altalenanti sarebbe un eufemismo.

Ho avuto il privilegio di iniziare ad ascoltare questo nuovo disco dei Dare proprio un mese fa, e immediatamente, come per magia, si è diradata a poco a poco in me quella fitta nebbia, quel grigiore, che mi annichiliva. Ho soffiato via il buio, perchè la musica non mi emozionava più da quando non la potevo più vivere in prima persona (sotto un palco con gran parte di voi amici), da quando nelle sue note in qualche modo sentivo che non parlava più di quello che stavo – anzi, stavamo – vivendo. Mi sono liberato, nella mente prima di tutto, da quelle centinaia e centinaia di schifezze lette, viste, sentite, e talvolta dette in questo orrendo periodo umano. Dove, nella finzione di essere uniti, ci siamo sempre più divisi e annientati. Ritrovandoci soli.

Ora, scaldato il cuore con quello che più amo, respiro. Sono tornato, Iacopo prima di tutto.
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DARE live @ Legend Club Milano – 12 maggio 2019 – Il Report

Vi racconterò una storia. C’era una volta, in un tempo non troppo lontano, un giovane pipistrello che, appena svegliatosi dal suo lungo sonno diurno, si era affacciato dalla sua grotta, pronto per spiccare il volo nel già tenue rossore del tramonto. Mentre stava aprendo le sue nere ali vide davanti a se un gheppio, che stava facendo le sue ultime acrobazie nel cielo prima di tornare a casa dopo una lunga giornata in giro per la campagna. Preso da curiosità, lo chiamò: “Gheppio, gheppio, vieni qui!!”. “Dimmi pipistrello!” – gli rispose quello, raggiungendolo nell’ombra – “che vuoi da me?”. “Sapere della luce del sole, dei colori del giorno, dei suoni dei bambini che giocano dopo la scuola.. Sai, vi scruto spesso la sera, voi uccelli diurni, mentre gridate la vostra felicità agli ultimi raggi del sole. Ma io non ho mai visto un mezzogiorno, i miei occhi sono delicati, non potrebbero resistere, e se lo facessi rischierei di diventare persino cieco! Guardo spesso la luna, sì, e sogno una vita al di là del buio.. Ma è diverso! Dai, ti prego, dimmi come è!”

Il gheppio sorrise, prese per l’ala il pipistrello e gli disse: “Seguimi!”. I due volarono nel tramonto, lungo fiumi, prati e colline. Quando ormai era notte giunsero in città. Lì, si fermarono vicini a un parco: “Vedi quel piccolo edificio laggiù?”, disse il gheppio. “Sì, certo!”, esclamò l’amico mentre masticava gli ultimi bocconi di una zanzara. “Bene. Ora tu entraci! C’è una presa d’aria aperta da cui puoi passare, arriva fino in fondo al tubo metallico e fermati lì. Pipistrello, là troverai i colori che cerchi, e i suoni che sogni da tempo. Non ti preoccupare degli umani, sono innoqui, e non aver paura dei forti suoni. Tu stai li buono, resta nascosto, osserva e ascolta. E avrai tutte le tue risposte!”.

Si dice che quel giorno il pipistrello comprese la bellezza della luce, sentì tutti i suoni che andava cercando, provò sulla sua pelle il calore del sole, e non divenne cieco (ma un po’ miope sì!). Si racconta che quel giorno magico fosse il 12 maggio 2019, e che l’edificio indicatogli dal gheppio fosse il Legend Club di Milano. Pare che sul palco stessero suonando degli umani chiamati Dare..

Ora, sta a voi credere a questa storia che, come tutte le leggende, nasconde qualche verità dietro a una buona dose di fantasia. Però sappiate che il pipistrello io l’ho incontrato, e mi ha detto che…

Dopo 17 lunghi anni di assenza dal nostro Paese, i Dare dell’ex Thin Lizzy Darren Wharton hanno finalmente rimesso piede in Italia con l’ultima data del loro tour europeo, celebrativo dell’anniversario del loro storico album di debutto Out of the Silence. Un evento esclusivo, atteso da centinaia di fans fin dalle prime ore della serata, ovvero dall’esibizione delle due band di spalla, gli italianissimi Even Flow e i tedeschi High Tide.
I primi, che vantavano tra le fila Marco Pastorino (voce) e Luca Negro (basso) dei conosciuti metallers italiani Temperance, hanno proposto una trentina di minuti di un prog metal con influenze hard rock di ottima fattura, che ha permesso al bravo cantante di mostrare tutta la sua estensione vocale tra rallentamenti atmosferici e sfuriate di energia, evidenziate dal potente groove di fondo creato dalla sezione ritmica, e dagli ottimi riff di chitarra. Uno show deciso e dal ritmo sostenuto, che ha aperto la serata con qualità, sfruttando un bel gusto musicale moderno, e uno stile di fatto totalmente differente rispetto a quello dei secondi musicisti on stage, i tedeschi High Tide, che si sono mostrati ben più dediti a un hard rock dal sound classico, meno originale, un po’ bluesy, e decisamente di revival anni ’70s. Led Zeppelin, Deep Purple, Gary Moore, The Doors, Great White, Rival Sons, sono solo alcuni dei gruppi storici da cui questi ragazzi di Heilbronn hanno preso – in modo più o meno evidente – spunto, ma la buona tenuta del palco degli stessi, il carisma del cantante e del chitarrista, e il bello stile del batterista sono stati gli elementi che in fin dei conti ce li ha fatti amare, al di là delle suddette evidenti derivazioni di sound. Per un’oretta di spettacolo comunque di livello, e di giusta attitudine..

Poi le luci si sono spente, e sono entrati i Dare.

(respiro profondo)

Una delle migliori band che abbia visto live per ciò che concerne il nostro genere. Ok – direte – sei un superfan esaltato di Wharton e soci, sei di parte, lo sappiamo tutti.. E’ vero, anzi, verissimo! Tanto che la bandiera tricolore con scritto Nothing is Stronger than Dare che Darren ha esibito con fierezza a fine show, beh, gliel’ho lanciata io (..e chi altro se no!), ma vi sfido a nominarmi altre band capaci di esprimersi dal vivo in uno spettacolo così coinvolgente, fedele al sound in studio, maiuscolo per tecnica ed esecuzione.. tolti forse gli FM.

Tutti abbiamo visto un Vinny Burns che è stato un compasso, e che chiunque riconoscerebbe a occhi chiusi anche dopo sole due note di chitarra. Poi c’era Nigel Clutterbuck al basso che ad ogni tocco di corde tirava tra la gente un pezzo del suo cuore, Kevin Whitehead alla batteria che non faceva cose pazzesche, ma suonava da Dio, Marc Roberts alle tastiere che riproduceva nel dettaglio il ricco tappeto di suoni che è puro trademark del gruppo.. e Darren, va beh, Darren lui viene da un altro pianeta, e come canta calde e ricche di sentimento le note basse lui, al mondo nessuno… Punto.

La scaletta? Perfetta. Prima metà di spettacolo incentrata su Sacred Ground, l’ultimo album del gruppo. Quindi via di Home, traccia opener capace come poche di immergere il pubblico nel puro mood Dare fin dalle sue prime battute, e avanti con la ballad Until, dolcissima e intonata alla perfezione da un Wharton visibilmente commosso. La sostenuta Days of Summer (anticipata da un discorsetto sulla bellezza delle donne italiane) e la nuova ballad strappalacrime I’ll Hear You Pray lasciano spazio al singolo On My Own, pezzo che personalmente non adoro, ma che è sempre stato spinto dal gruppo (anche nelle radio) per la sua grande spensieratezza e spontaneità (e in effetti è impossibile non cantare il suo refrain). Di tutt’altra pasta il trio sentimentale che apre con l’ultima delle nuove, la eccellente Everytime We Say Goodbye, per arrivare al disco Beneath the Shining Water del 2004 attraverso le canzoni romantiche Sea Of Roses e When Darkness Ends, quest’ultima eseguita con un groove da antologia del genere AOR.

Si sà, il Darren Wharton musicista nasce grazie ai Thin Lizzy, e il tributo al loro genio non poteva essere fatto se non nelle note del classico Emerald, suonata in modo eccelso da un Vinny Burns sempre più sugli scudi. L’ultima ballad di questa sera, la title track Beneath The Shining Water, consegna il nostro spirito alle calme acque di un lago, ma la nostra carne resta a bordo palco per riempirsi nei muscoli di bollente sangue al grido di battaglia di Wings Of Fire e We Don’t Need A Reason, tratte dal capolavoro Blood From Stone. Da qui in poi sarà delirio, visto che la band sparerà negli amplificatori, una dietro l’altra, quattro tracce tratte dal debutto Out of the Silence, ovvero Abandon – Into The Fire – The Raindance – King Of Spades, quest’ultima ovviamente dedicata a Phil Lynott, maestro non solo di Darren, ma di tutti noi rocker nel mondo.

E’ una standing ovation. Non c’è più uno spettatore che riesca a star fermo, e quando la band rientra on stage per il bis, questo finisce per non prevedere soltanto un brano come nelle altre date del tour, ma bensì tre!! E’ il regalo dei Dare al popolo italiano, che da troppo tempo aspettava il loro ritorno: quindi, a sopresa, ecco la energica Storm Wind (ancora estratta dal rivalutato Beneath the Shining Water), a cui segue quello che per me è il capolavoro assoluto della discografia degli inglesi, ovvero il brano Silent Thunder, tratto da Belief del 2001. Esecuzione ancora una volta perfetta.

Con il cuore che non riesce più a smettere di battere all’impazzata, i Dare ci salutano a dovere con la canonica e celebrativa Return The Heart, prima di darci appuntamento allo stand del merchandising per una lunga sessione di foto e autografi con i fans, che trova il tempo per tutti quanti, nessuno escuso. Selfie, firme, abbracci, chiaccherate e battute, c’è tempo per tutto questo e molto di più (e per più di un’ora!), e sono certo che ogni singola persona giunta al locale potrà aver avuto il suo momento magico al fianco dei propri beniamini. Sono stati unici anche in questo.

Personalmente, per anni ho avuto un solo desiderio: vedere i Dare dal vivo, e in Italia . Dopo una attesa lunghissima, questo sogno si è avverato. Per la prima volta in vita mia ho faticato a trovare le parole per scrivere questo report. Ero ai cancelli alle 10 del mattino, ero li quando i ragazzi sono arrivati. Ho chiaccherato e scherzato con loro. Mi son fatto autografare anche l’anima, come dimostra la foto sotto. Poi ero in prima fila per loro, ho cantato con Darren (che mi ha pure passato il microfono per un ritornello), ho fatto air guitar con Vinny Burns. Ho lanciato loro la mia bandiera, sapendo ora che il motto che vi ho impresso dice la verità. Ho aspettato Darren fino a che non è risalito sul pulmino per tornare in albergo, e lui mi ha abbracciato e ringraziato: mi ha detto we will return. Poi ha chiuso il portone del van, e con gli altri se ne è andato.. e io sono rimasto lì, a toccare commosso il cielo, abbracciato a un amico pipistrello appena incontrato..

 

 

 

 

 

 

 

 

GALLERIA FOTOGRAFICA:

 

Dare – Out Of The Silence II – Recensione

Dopo il grande successo dell’ultimo album Sacred Ground e i buoni riscontri dati da una analoga operazione di riedizione fatta nel 2012 con Calm Before the Storm 2, gli inglesi Dare tornano in studio per festeggiare i trent’anni dalla pubblicazione del loro disco di esordio Out Of The Silence (1988) con la riedizione dello stesso disco a titolo Out Of The Silence II (29 giugno, Legend Records).

Il rischio più grande, quando si parla di operazioni di ri-registrazione come questa, è quello di andare a mettere le mani su un prodotto già di per se perfetto (e di Out of the Silence si parla ovunque come di uno dei capolavori massimi del genere AOR inglese) finendo per perdere in qualità, attitudine, stile, sound e quant’altro rispetto all’edizione originale. Bisogna quindi fare immediatamente un plauso al leader del gruppo, cantante e produttore del disco Darren Wharton per la sua capacità di lavorare da capo su questa registrazione facendo forza sull’altro unico componente originale rimasto in formazione, ovvero il chitarrista Vinny Burns, al quale è affidato il compito (difficile ma vincente) di riproporre le sue parti strumentali in modo perfettamente clone rispetto al passato, ma altresì molto più vigoroso e potente nel tocco, mostrando un grado di maturità tecnica che all’epoca dell’edizione madre era ancora probabilmente sconosciuto all’artista.
Ecco allora che la produzione stessa viene regolata in modo da accentuare la grinta del suo chitarrista, mettendolo in primo piano al fianco delle sempreverdi tastiere di Wharton, con il disco tutto che si fa ben più rock e robusto rispetto al sound patinato e più elaborato di Mike Shipley (1988) grazie anche al bell’apporto ritmico di un gigante delle pelli come Kevin Whitehead e all’ampio groove dato dal basso dell’ottimo Nigel Clutterbuck.

Aperto da una Abandon che è decisamente simile all’originale salvo per il suo sovracitato sound robusto e per il suo stile meno prodotto e più live, il platter trova nella sensazionale Into The Fire un altro epico motivo in grado di esaltare i fans, mentre suona un po’ meno incisiva la ballad Nothing Is Stonger Than Love che non delude, sia chiaro, ma pare aver perso un po’ di amalgama se confrontata a quella del 1988, specie ascoltandone il ritornello, forse volutamente meno bombastico e meno corale in questa nuova versione. Perfetta ed esaltata dal grande cantato di Wharton e dalle super-chitarre di Burns è invece Runaway, con le atmosfere crepuscolari e uniche di Under The Sun che ci lasciano ancora una volta a bocca aperta, al pari del battito vivo e pulsante di una Raindance che si riconferma anche nel 2018 come una delle tracce top di questo prodotto.

Discorso a parte per King Of Spades (Extended Edition) che, nella sua terza edizione su disco (oltre a questa e all’originale, la trovavamo in un’altra versione anche nel disco Arc of the Dawn), si tramuta nel tributo definitivo al genio di colui al quale è dedicata, ovvero il compianto Phil Lynott dei Thin Lizzy. I due minuti di assolo finali, suonati da Vinny Burns assime a suo figlio James alla chitarra rimica, sono commoventi, e guardano tanto ai Lizzy quanto ai suoni di Irlanda, e permettono all’ascoltatore di sentire dentro di se vivo lo spirito di Lynott e sulla pelle il sapore di quelle verdi lande del Nord. Da brividi.

Il finale dell’album, che schiera il terzetto magico formato da Heartbreaker, Return the heart e Don’t Let Go, non si discosta dalla qualità generale di questa registrazione, e permette ai fans di divertirsi ancora sulle note di un disco storico di un gruppo che in trent’anni di attività è cambiato molto, ma non è mai negativamente invecchiato, ne ha mai smesso di stupire.

IN CONCLUSIONE

L’edizione 2018 di Out of the Silence riesce a farsi amare dai supporters del gruppo, senza far dimenticare la bellezza unica dell’originale. Il debutto dei Dare è oggi, trent’anni dopo la sua prima stampa, un album diverso (ma in fin dei conti non così dissimile), più robusto e hard nella sua chitarra, meno patinato nella sua produzione e più live, ma per questo non meno bello ed efficace.

Insomma, questa ri-edizione riesce ad essere una operazione riuscita, e non solo un mero esercizio volto a riottenere i diritti su alcuni dei più bei brani che la storia dell’AOR inglese ci abbia mai regalato. Un must buy di questo anno.

DARE – Sacred Ground – Recensione

Un periodo di sette anni intercorsi senza un nuovo disco di inediti dei Dare può certamente essere definito come eccessivo da chi (come l’autore di questa recensione) si dichiara senza timori fan accanito di uno dei gruppi rock melodici inglesi oggettivamente più innovativi e originali di sempre. E’ però risaputo (e lo si sà quindi preventivamente quando si sceglie questa band come preferita) che le lunghe pause sono sempre state una (sofferta) caratteristica del songwriting di Darren Wharton, un compositore geniale ma in continuo bilico tra il presente (della sua formazione) e il suo passato storico, da sempre legato alla permanenza nella formazione dei leggendari Thin Lizzy, e ai suoi innumerevoli show di tributo.    

Come una soap opera che non manca mai di riservare colpi di scena, ecco allora che tra un disco dei Dare e il suo successivo si potrebbero scrivere paginate di storia, parlando all’infinito di false promesse e finti annunci, di ritardi e scadenze mai rispettate, di entrate e uscite in formazione, eccetera, eccetera. Quel che è certo è che, nel riassunto di quanto accaduto dall’ultima pubblicazione di inediti Arc of the Dawn (2009) all’uscita di questo Sacred Ground (fissata per il 15 luglio), si deve certamente sottolineare l’abbandono del chitarrista Richie Dews, escluso dal gruppo (peccato..) per lasciare spazio al ritorno in pompa magna del co-fondatore e chitarrista Vinny Burns, con il bassista storico Nigel Clutterbuck.

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FM + Dare il 1° Ottobre in UK

FM, DareGli storici melodic rockers britannici FM annunciano uno spettacolo unico per Sabato 1° Ottobre presso il Warrington Parr Hall nel Regno Unito, dove come special guest ci saranno i connazionali Dare.

L’evento vedrà le due formazioni inglesi suonare insieme per la prima volta in assoluto.

“Siamo molto lieti di tornare in contatto con i nostri vecchi compagni Darren, Vinny e gli altri ragazzi per questa occasione speciale”, comunica la band di Steve Overland, che da anche il benvenuto ad un gruppo con un grande futuro davanti, Stone Broken, che avrà l’onore di aprire la serata.

Biglietti in vendita da Lunedì 13 Giugno.

Dare: i primi dettagli di “Sacred Ground”

DareCapeggiati dal cantante e compositore Darren Wharton  – che ha conosciuto prima la fama suonando le tastiere agli inizi degli Eighties per i leggendari Thin Lizzy – i Dare sono uno dei più rispettati ed innovativi gruppi di melodic rock attuali, avendo guadagnato lo status di cult-band tra gli appassionati di AOR in tutta Europa e nel mondo. Il debutto “Out Of The Silence” del 1988 – registrato ai Bel Air Studios di Joni Mitchell e prodotto da Mike Shipley – è considerato ancora oggi come uno dei più grandi album AOR di tutti i tempi.

Darren si è unito ai Thin Lizzy di Philip Lynott alla tenera età di diciotto anni e ha potuto godere di cinque anni assieme a musicisti del calibro di Scott Gorham, Brian Downey, Snowy White (Pink Floyd), Gary Moore e John Sykes (Whitesnake). Lavorando a stretto contatto con Lynott, Wharton ha anche registrato classici come “Chinatown”, “Renegade” e “Thunder And Lightning”, sul quale ha pure co-scritto tre canzoni, tra cui il singolo di successo “The Sun Goes Down”. Purtroppo, questo è stato l’ultimo disco in studio della band e, nel 1986, il tastierista è tornato alla sua città natale di Manchester, dove – come valvola di sfogo per il suo creativo songwriting – ha iniziato a lavorare con un giovane chitarrista di Oldham dal nome di Vinny Burns, fondando quindi i Dare.

Darren si è ri-unito ai Lizzy nel 1994 e la formazione continua a suonare attualmente in tutto il mondo con fans sempre entusiasti ed un pubblico enorme. La band ha recentemente completato un grande Tour negli Stati Uniti con i Judas Priest e ha supportato i Guns’n’Roses nel Regno Unito, così come ha suonato a diversi importanti Festival.

Lo stile del songwriting di Wharton – un modern anthemic rock dalle ricche sfumature celtiche – insieme alle potenti esibizioni live in tutta Europa e nel Regno Unito, hanno garantito ai Dare la reputazione di una forza luminosa della scena rock britannica. “Sacred Ground” è l’attesissimo settimo studio album e viene descritto come attuale, originale, immediatamente coinvolgente, nonchè composto dalle canzoni più mature mai scritte da Darren sino ad oggi.

Provocante, stimolante e passionale, ma con un tocco di dark rock, “Sacred Ground” saprà soddisfare tutti i fedeli fans ed è destinato a diventare un altro grande classico della discografia del gruppo.

I Dare sono:
Darren Wharton – voce
Vinny Burns – chitarra
Marc Roberts – tastiere
Nigel Clutterbuck – basso
Kev Whitehead – batteria

Official Website: http://www.dare-music.com/
Official Facebook: https://www.facebook.com/darebandofficial

Dare: Venerdì un brano in anteprima mondiale su Planet Rock

DareLa mattina di Venerdì 27 Maggio, in anteprima mondiale su Planet Rock Breakfast alle ore 8.10 andrà in onda il brano “On My Own” tratto dal nuovo atteso album dei melodic rockers britannici Dare dal titolo “Sacred Ground”, programmato in uscita per il mese di Luglio.

A breve tutti i dettagli sulla release.

Dare

Official Website: http://www.planetrock.com/
Official Facebook: https://www.facebook.com/planetrockradio

Dare: il nuovo album in fase di missaggio

Darren WhartonIl frontman dei Dare, Darren Wharton, ha rivelato che il nuovo album della band si trova attualmente in fase di missaggio e prenderà il titolo di “Sacred Ground”. Ancora pochi i dettagli sulla release.

L’attesa speciale edizione del classico “Out Of The Silence” verrà invece rilasciata solo in un secondo momento.