Billy Pettinger – Look At Me, I’m Fine – Recensione
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Attraverso questo sistema ho potuto seguire la totale genesi del nuovo album di Billy Pettinger, musicista canadese conosciuta anche come Billy The Kid e migrata da qualche anno in Alabama, intervenendo in modo critico (assieme ad altri 70 fans solidali) con consigli, suggerimenti, correzioni o quant’altro, sulle prime registrazioni (poi divenute demo, poi raw track in studio, e infine tracce finite) di questa sua nuova produzione discografica, intitolata Look At Me, I’m Fine e uscita da qualche settimana per la label Lost Records.
Billy ritorna così a registrare un disco dopo tre anni di silenzio discografico, e per la prima volta dal 2014 lo fa supportata da una sezione ritmica composta dal batterista Chris Barnes e dal bassista James Menefee (che già aveva suonato con lei nell’album Ours (2011)). Il platter è stato interamente prodotto e mixato dalla stessa Pettinger ai suoi Lost Studios di Harvest, Alabama, mentre la batteria è opera di Jeremy Stephens e dei suoi Clearwave Studio di Decatur, Alabama, e il basso di Roy Thomas Preztel e dei Abby Rd. Studio, con il mastering seguito da Brock McFarlane ai CPS Mastering di Vancouver, British Columbia. Il suono è pulito ma corposo, e il clima generale è quello tipico del rock a tinte folk e alternative di questa artista, da sempre ispirata da leggende quali Billy Bragg, Bob Dylan, The Band, Neil Young, Joni Mitchell, Jackson Browne e Ryan Adams.
Look At Me, I’m Fine è aperto dal singolo Smoke, una traccia intima e melodica che esordisce con la sola chitarra acustica in accompagnamento alla voce espressiva di Billy, e che guadagna poi cosistenza con l’attacco della sezione ritmica. E’ un brano molto orecchiabile, dotato di un ottimo refrain, che è seguito da Failure to Launch, un’altra canzone dal mood un po’ oscuro e depresso, ma dal bel ritmo e con un nuovo ritornello ad effetto che non deluderà di certo i fans.
Successivamente, largo alla title track Look At Me, I’m Fine, un brano decisamente rock e molto più sostenuto dei precedenti, oltre che più positivo e arioso sia nelle sue liriche che nel suo refrain. Il pianoforte solitario di No One Will Notice apre invece a una della canzoni più tristi del disco, nella quale la voce delicata di Billy ci racconta di un amore finito male e delle sensazioni di abbandono che comporta, e Call It Off (che nel suo giro di chitarra acustica ricorda un po’ l’ultimo brano contenuto nel disco del 2014 Horseshoes & Hand Grenades) mantiene simili le tematiche e i sentimenti, ma la fa attraverso melodie meno oscure e sommesse.
Largo poi a The Awful Truth, una canzone di pura tradizione folk americana e una delle tracce più riuscite del lotto, e all’altrettanto eccellente Ghosties, un componimento agrodolce dotato di una bellissima linea melodica vocale e di ottime basi strumentali. Segue Dogs, una breve traccia folk acustica dedicata a tutti i migliori amici dell’uomo del mondo, e un altro brano solitario e nostaglico, A Woman on the Brink, che mette di nuovo sotto i riflettori Billy e la sua capacità di trasmettere le sue emozioni in chi ascolta. Infine, cala il sipario con il commiato So Long, It’s Been Fun, ottima traccia di chiusura ricamata di sentimenti e melodie, che sigilla un album un po’ intimo e solitario, spesso un po’ triste, ma davvero emozionante e comunicativo.
IN CONCLUSIONE
Credetemi quando dico che Billy Pettinger è un’artista differente dalle altre.
Anche in questa produzione infatti, la canadese è stata in grado di spogliarsi delle sue vesti, mettendosi a nudo in ogni canzone con tutta la sua sensibilità, cantandoci della sua vita, delle sue esperienze, delle sue difficoltà e delle sue paure con totale trasparenza ed onestà.
Testi ancora una volta al limite del poetico accompagnano qui melodie talvolta ariose, talvolta più cupe e depresse, e il ritorno della sezione ritmica a seguito della chitarra da finalmente un senso di compiuto all’insieme, coronando un album che si inserisce facilmente tra le migliori produzioni della canadese.
Bentornata Billy!