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29 Settembre 2017 105 Commenti Iacopo Mezzano
genere: Melodic Hard Rock
anno: 2017
etichetta: GAIN/Sony Music
Questa volta mi sono dovuto prendere un po’ di tempo in più, e ho lavorato a questa recensione dopo un periodo di ascolti sicuramente più lungo rispetto a quello necessario a stilare un parere su molte altre release. Quindi scusate il ritardo, ma Into The Great Unknown, la produzione numero cinque nella carriera dei giovani e acclamatissimi rocker H.E.A.T (uscita già da qualche giorno per GAIN Music), mette sul tavolo un paio di carte inedite che rischiano di lasciare interdetti alcuni fans, nel momento stesso in cui aprono nuovi orizzonti percorribili dal gruppo. Ma partiamo dal principio.
Into The Great Unknown non è per niente un brutto disco. La produzione di Tobias Lindell, con le registrazioni eseguite ai Karma Sound Studios, in Thailandia assieme a Rhys Fletcher, ha donato al platter suoni nitidi di primissima classe, che esaltano tanto il cantato di un magnifico Erik Grönwall quanto le chitarre del rientrante Dave Dalone, con la sezione ritmica del bassista Jimmy Jay e del batterista Crash decisamente roboante e densa di quel bel groove che, unito alle tastiere in rilievo di Jona Tee, genera quella bella profondità di suoni e quella corposità che è da sempre tipica delle produzioni degli H.E.A.T. Ciò che colpisce invece, e che effettivamente può lasciare sulle prime piuttosto interdetti, è la deviazione moderna (nei suoni e negli intenti) che presentano alcune di queste canzoni – e il riferimento è destinato in particolare a tracce come Best of the Broken o Time On Our Side – che suonano decisamente fuori dagli schemi usuali del gruppo. Tanto che la seconda delle due appena citate riesce persino a “dimenticarsi” del consueto assolo di chitarra.
26 Settembre 2017 28 Commenti Denis Abello
genere: Melodic Rock
anno: 2017
etichetta: Frontiers Music
Allora!
C’è uno dei miei chitarristi preferiti, Kee Marcello (ex Europe, Easy Action)!
C’è una delle mie voci preferite, Tommy Heart (Fair Warning, Soul Doctor, Zeno)!
C’è uno dei miei produttori preferiti, Alessandro Del Vecchio (Hardline, Revolution Saints, Edge of Forever… qui presente anche come tastierista e corista)!
Quindi, cosa volere di più da un album che vede coinvolti questi tre personaggi?
Beh, possiamo aggiungere 11 pezzi che se la giocano tra AOR di matrice Scandinava e un classico Melodic Hard Rock di derivazione teutonica e ancora una band che chiude la formazione con Ken Sandin al basso (Alien, Swedish Erotica, Kee Marcello) e la scoperta per il genere di un batterista di valore come il nostrano Marco Di Salvia (Pino Scotto, Polarized).
Quindi non indugiamo oltre e diamoci dentro con questo primo parto a nome Kee of Hearts!!!
22 Settembre 2017 22 Commenti Marco 'Rokko' Ardemagni
genere: AOR / Melodic Rock
anno: 2017
etichetta: Melodic Rock Records
Due anni fa i Pride Of Lions mandavano in visibilio il pubblico del Frontiers Rock Festival ed insieme a loro salì sul palco tal Marc Scherer, protegè di Jim Peterik e dotato di una voce true AOR, protagonista di un pezzo (‘Cold Blooded’, dal suo disco solista, qui la recensione) che me l’aveva fatta fare letteralmente nelle braghe dalla gioia nell’ascoltarlo… qui ritorna accompagnato da una fior di guitar player, Jennifer Batten, già con Michael R.I.P. Jackson e da una serie di musicisti USA Doc (Bill Champlin e Mile Aquino… ad esempio)… si tratta di 8 pezzi estratti dal magico archivio di Sua Maestà Jim Peterik e 3 pezzi nuovi nuovi.
continua
22 Settembre 2017 9 Commenti Luka Shakeme
genere: Melodic Rock
anno: 2017
etichetta: AOR Heaven
Artisti dal talento indiscusso meriterebbero ben altre attenzioni, intrappolati in una sorta di limbo dal quale per i motivi più disparati non riescono a venir fuori. Coraggiosamente portano avanti progetti dalle importanti potenzialità ma che purtroppo finiscono solo fra le mani dei cultori dell’aor. E’ il caso della talentuosa singer svedese Martina Edoff, da sempre circondata da validi e noti collaboratori che ben supportano il suo progetto sia in fase di produzione che in fase di scrittura. Da menzionare ad esempio il tastierista degli Heat Jona Tee, per il nuovo lavoro “We Will Align”, segue il tutto anche in veste di co-produttore. Erik Martensson frontman degli Eclipse o il grande Billy Sheean; per citare i più noti. Attenzioni ora sul consueto “track by track”.
16 Settembre 2017 28 Commenti Iacopo Mezzano
genere: Melodic Rock
anno: 2017
etichetta: MelodicRock Records
Niente da fare, quando entrano in campo i fuoriclasse la partita prende immediatamente la giusta piega e segnare un gol, beh, è decisamente scontato. Ecco allora che i cult AOR rockers canadesi Boulevard, nati nel 1984 su idea del sassofonista Mark Holden e guidati dalla unica voce di David Forbes, ritornano sulle scene – dopo ben 27 anni di silenzio discografico – con un nuovo album a titolo Luminescence, in uscita per il 22 settembre 2017 su MelodicRock Records. Spazzando via la concorrenza con il suono puro di ogni loro singola nota..
Eh sì, perchè Luminescence non lascia spazio a dubbi, ed è uno di quei rari dischi (ne ascoltiamo in media uno ogni quattro o cinque anni) che riesce a suonare inconfondibile – perchè sempre personale e puro – in ogni sua canzone, dall’inizio alla fine senza un calo o un accenno di riempitivo. Qui tutto è al massimo livello ed eseguito con la massima energia, tanto che ogni composizione suona come frutto dell’elité più assoluta del songwriting di genere AOR, con undici tracce frizzanti, introspettive, mature, emozionanti, vive come poche, tutte suggellate da un’ottima performance di musicisti di indubbia esperienza, e da una produzione di prima qualità effettuata presso uno dei migliori studi al mondo: l’Abbey Road.
E allora eccoli i nostri paladini, (quasi) tutti oggi riuniti in questa nuova incarnazione dei Boulevard. C’è il cantante David Forbes, in splendida forma vocale e decisamente sul pezzo nell’interpretazione di ogni canzone. Ma ci sono anche Mark Holden al sax, vero fulcro di questi brani con il suono e lo stile unico del suo strumento – che integra e compensa le chitarre in modo eccellente -, e Andrew Johns, anche lui in primissmo piano con le sue inconfondibili tastiere e con la sua voce di supporto. Con loro, il bravissimo batterista Randall Stoll, nel gruppo già nello storico Into The Street, che trova nel neo-ingresso Cory Curtis al basso il compagno adatto nella crezione del groove solido di cui gode questa registrazione. Senza dimenticare l’ultima novità in programma, ovvero Dave Corman alla chitarra e voce, grande rivelazione per tecnica e gusto musicale, che ha il merito di rendere energico e di stile ogni singolo riff da lui suonato.
15 Settembre 2017 13 Commenti Giulio Burato
genere: Melodic Hard Rock / Sleaze Rock
anno: 2017
etichetta: Frontiers Music
…“il lato oscuro” nasce, a mio personalissimo pensiero, in una serata dannatamente piovosa della passata primavera; il locale, piccolo ed abbastanza angusto, ospita i nostri quattro connazionali; tempo di scambiare due battute con Dave Moras (“Il nostro prossimo album sarà semplicemente in stile HITC”) ed eccolo salire sul palco, in realtà ad altezza piastrelle, assieme al funambolico Picco alla chitarra, al tenebroso Andy al basso ed al tarantolato Lancs dietro alle pelli. Seppure di fronte ad uno sparuto numero di spettatori gli Hell in The Club dimostrano di sprigionare energia da tutti i pori ed un’adrenalina che servirebbe maledettamente alla musica monocorde che ascoltiamo tutti i giorni.
Ebbene sì, a volte, mi sale un po’ di sano “Shining” pensando a quanto sia strano il mercato musicale; siamo infatti di fronte ad una realtà di musicisti dotati di grandi idee compositive che già con i precedenti tre album (consiglio vivamente per chi non li conoscesse di andare subito ad ascoltarli vista la qualità delle uscite) hanno sfornato canzoni che ci catapultano direttamente negli anni d’oro del glam/hard rock melodico: gli anni 80!
Fossero nati in quell’epoca sarebbero stati degli ottimi sparring-partners delle top bands del genere (Aerosmith, Skid Row, Motley Crue etc) da cui prendono spunto e stile. Quel grande periodo di musica rock però è passato e, ai giorni d’oggi, rimane solo la speranza di trovare spazio in questo lato oscuro… della musica!
15 Settembre 2017 4 Commenti Marco 'Rokko' Ardemagni
genere: Classic Hard Rock
anno: 2017
etichetta: Frontiers Music
Allora..il frontman è nientepopodimenoche il figlio dell’ex-Moody Blues Nicky James, con loro nel primo periodo, purtroppo per lui non con loro nel 1967 quando furono artefici di uno dei brani più conosciuti (insieme a Procol Harum e Blind Faith) della storia della musica leggera internazionale: ‘Nights In White Satin’…
La band si forma grazie agli effluvi di una jam (un po’ alticcia) andata in onda in un pub nel Wiltshire e ‘I’ll Be With You’ ne è degna testimone. Un brano sporco, malato che cambia umore durante il suo corso, dal Classic Rock alla Wolfmother al R’n’B nero… pezzo geniale, contaminato, fresco!
continua
14 Settembre 2017 19 Commenti Marco 'Rokko' Ardemagni
genere: Hard Rock
anno: 2017
etichetta: Frontiers Music
Sapete quando non c’è una ragione razionale per ignorare una band?… ecco, con i Little Angels (per me) è andata proprio così… oggi il leader Toby Jepson si presenta con rinnovato vigore per un disketto, che già solo per la cover (così come accaduto per i Kryptonite), mi fa godere come un riccio!
10 Settembre 2017 5 Commenti Iacopo Mezzano
genere: Melodic Rock
anno: 2017
etichetta: Art Of Melody Music / Burning Minds Music Group
Il 15 settembre 2017 segna la data di debutto di una nuova formazione melodic rock italiana, quella degli Airbound, che vale il ritorno sulle scene del cantante Tomás Borgogna, conosciuto per i suoi Borgogna (autori nel 2010 del bell’album “Something To Lean On”), nonchè la prima pubblicazione di una nuova label tricolore, la Art Of Melody Music (affiliata della Burning Minds Music Group).
Pronto ad essere distribuito anche in Giappone ad ottobre via AnderStein Music, questo disco di esordio apre il sipario su una band di sonorità decisamente AOR anni’80, forte di melodie brillanti, di intense vocalità e di tastiere in primo piano, e influenzata dai grandi nomi del genere (Journey e Survivor su tutti, ma anche The Storm), dei quali sviluppa le sonorità in modo personale e con un piglio elegante, frizzante, e talvolta moderno. Forte della presenza di ospiti come Sven Larsson (Street Talk, Raintimes, Room Experience), Davide “Dave Rox” Barbieri (Wheels Of Fire, Raintimes, Charming Grace, Room Experience), Mario Percudani (Hungryheart, Shining Line, Ted Poley Axe) & Josh Zighetti (Hungryheart, Charming Grace), il disco è stato prodotto dalla band assieme a Oscar Burato (autore anche del mix presso gli Atomic Stuff Studio) e presenta suoni molto ben definiti, anche se talvolta poco di facciata, specie nella parti più grintose di questa musica che avrei personalmente preferito più cariche di energia.
Al via con il brano Have A Good Time, il platter si presenta agli ascoltatori con una canzone di facile appeal, ben interpretata dal cantante Tomás Borgogna (che piacere riascoltare la sua voce!) e con ottime basi di tastiere a cura di un Alessandro Broggi sempre sul pezzo. Tastiere che sono in primo piano – qui nella loro versione più pomp – anche in The Sun Tomorrow, traccia più hard della precedente, carica del riffing di chitarre di Lorenzo Foddai, e forte di un refrain da urlo, tutto da cantare. Il singolo Till The End colpisce fin dal suo primo ascolto e ha la qualità importante di non suonare affatto banale nel suo arrangiamento, mentre You Live & You Learn appare come un brano bello ritmato, che poggia solido sul giro di basso di Angelo Sasso e sulle pelli potenti di Riccardo Zappa per aprirsi nella ariosità pura del suo bel ritornello.
Iper-melodica e avvincente è poi Don’t Fade Away (facilmente annoverabile tra i top di questo platter), seguita da una ottima mid-tempo come Zhaneta, emozionante e – nella sua seconda metà – decisamente ricca di chitarre (tra riff e magistrali assoli, possiamo ascoltare qui ben tre differenti musicisti!). Stupiscono ancora il groove e l’atmosfera ’80s di Runaway, con Wasted World che si carica di effetti, al pari di una She’s A Girl che nelle sue tastiere iniziali ricorda molto i Journey. Infine, il commiato è affidato a una ballad come Seven Seas, forte di una batteria di sottofondo che imita con gusto i Toto di I Will Remember (nella prima parte), e di un ottimo cantato del vocalist Borgogna sulle belle tastiere di Broggi.
IN CONCLUSIONE
Airbound è un album di esordio di ottima qualità di una nuova formazione italiana di genere AOR che certamente dovremo tenere sotto attenta osservazione, noi in Italia come tutti gli altri nel mondo.
E allora avanti così, a testa alta, che ormai la nostra scena Nazionale ha sempre meno da invidiare a tutte le altre! E i meriti di ciò sono di tutti, a partire da voi che state leggendo e che acquistate i dischi, fino arrivare alle label e ai tanti gruppi di spessore che abbiamo! Bravi!
02 Settembre 2017 17 Commenti Iacopo Mezzano
genere: Hard Rock / Alternative
anno: 2017
etichetta: Frontiers Music
Nove anni dopo l’ultimo album in studio Good 2B Alive (2008), gli Steelheart del leggendario cantante Miljenko Matijevic tornano sulle scene con un nuovo album, intitolato Through Worlds of Stardust ed edito dalla italiana Frontiers Music in data 15 settembre 2017.
Prodotto dallo stesso Matijevic ai The Hoarse Latitude Studios Los Angeles, agli Emerald City Studios e agli SteelHeart Studios con Mike Dumas e Randy Cooke (il mix è a cura di Dan Brodbeck, Mike Fraser, Chris Sheldon, Miljenko Matijevic e Daniel Fouché, con il mastering ad opera di Maor Appelbaum), il disco presenta per lunghi tratti suoni decisamente differenti rispetto alla gran parte delle registrazioni hard rock presenti sul mercato. Spiccatamente più cupo e alternative, ma nitido e ben tarato nei suoni dei differenti strumenti, il platter si divide sostanzialmente in due momenti: quelli più metallari, alternativi e legati al recente passato storico del gruppo (e quindi figli di quel differente sound che si può ascoltare anche nell’esecuzione live dei vecchi pezzi tratti dal primo – storico – album), e quelli più soft e delicati, molto più diamantini e levigati nel loro sound di produzione.
Nel complesso, parliamo di una netta distinzione di stili – è vero – che però non pregiudica affatto l’ascolto di un platter decisamente di grande qualità, il cui filo conduttore è dato da liriche tormentate, disperate, sofferte, frutto di cocenti passioni amorose che permeano con le loro differenti emozioni ogni momento di questa musica.