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Beth Hart & Joe Bonamassa – Black Coffee – Recensione

23 Febbraio 2018 5 Commenti Nico D'andrea

genere: Rock Blues
anno: 2018
etichetta: Provogue- Mascot Label Group

Giunge al terzo capitolo l’intrigante collaborazione tra la cantautrice americana Beth Hart ed il chitarrista Rock Blues per eccellenza del nuovo millennio Joe Bonamassa.
Al timone ed alla console il mastermind del progetto Kevin “The Caveman” Shirley.

Ed è proprio dal produttore con base a Malibù che voglio partire, poiché è a lui che vanno riconosciuti i crediti maggior per la riuscita di lavori di grande qualità come questo “bollente” Black Coffee.
Mr.Shirley plasma con perizia ogni suono ed ogni passaggio di questo ennesimo tributo ad artisti più o meno noti della scena Jazz-Blues di un tempo.

Per prima cosa “Il cavernicolo” recluta l’intero roster di All-stars che accompagna ormai da tempo sia in studio che dal vivo il titanico Joe Bonamassa ma, quasi per voler bilanciare le straripanti esecuzioni del chitarrista di Utica, gli affianca alla chitarra ritmica tale Rob Mc Nelley da Nashville Tennessee.
Rob chi ??? Beh…chitarrista dell’anno nel 2104 per l’Academy of Country Music di Los Angeles.

Il risultato è un lavoro che sminuire come semplice disco di cover sarebbe un tragico errore.
Il talento pazzesco di chi suona in questo disco fa da sontuoso tappeto per il passo felino della cantante Rock Blues per antonomasia.
Beth Hart ha il ruggito di una pantera (bianca probabilmente solo per errore) il cui timbro negroide caratterizza l’intero platter.

Prego ora i lettori più conservatori di trattenere gli sbadigli, perché quanto la puntina del giradischi cadrà sulla prima traccia Give It Everything You Got la chitarra Wah Wah di Bonamassa vi scaraventerà giù dal vostro comodo divano da noioso salottino Jazz.
È il groove dei fiati e delle immancabili coriste a pilotare il brano verso un bridge dove il basso di Michael Rhoads fa attorcigliare le budella.

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Blood Red Saints – Love Hate Conspiracies – Recensione

29 Gennaio 2018 3 Commenti Lorenzo Pietra

genere: Melodic Rock
anno: 2018
etichetta: AOR Heaven

Secondo studio album per gli inglesi Blood Red Saints, che dopo il debutto Speedway (qui la recensione) datato 2015 sotto Frontiers Records, tornano in questo inizio 2018 con il nuovo Love Hate Conspiracies ma con etichetta AOR Heaven. La formazione vede sempre Pete Godfrey alla voce, Lee Revill e Neil Hibbs alle chitarre, Rob Naylor al basso e Andy Chemney alla batteria, mentre il sound si sposta dall’Aor al Hard Rock , almeno nella prima parte dell’album che risulta decisamente più convincente.

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Ammunition – Ammunition – recensione

25 Gennaio 2018 23 Commenti Giulio Burato

genere: Melodic Rock
anno: 2018
etichetta: Frontiers Music

Cari lettori eccomi a descrivere il primo viaggio dell’anno con destinazione una calda isola caraibica. Ohps! Credo proprio di avere sognato; l’unico ”viaggio immaginario” che oggi mi posso concedere è verso il nord dell’Europa, zona Scandinava, dove risiedono gli artefici del primo album targato 2018 che andrò di seguito a recensire.
Allacciamo dunque le cinture; la torre di controllo da “il via libera”; inizia il rullaggio in pista.

Sul volo a nome Ammunition abbiamo, in cabina di pilotaggio, Age Sten Nielsen, ex front-man dei WigWam, cantante di forte appeal nei paesi nordici, ed Erik Martensson poliedrico artista, fondatore degli Eclipse e guitar-man di altri progetti tra cui i Nordic Union e W.e.t. (in prossima uscita). Assistenti di questo ipotetico volo, quattro calibri da novanta: Victor Cito Borge, ex bassista dei TNT e Jack In The Box, il tastierista Lasse FinBraten (Circus Maximus), lo skinsman Magnus Ulfstedt (Eclipse) e l’eccezionale chitarrista, d’impostazione blues, Jon Petterson.
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Danger Zone – Undying (Reloaded) – recensione

24 Gennaio 2018 3 Commenti Denis Abello

genere: Melodic Hard Rock
anno: 2017
etichetta: Anderstein Music

Lo so, lo so… vi starete chiedendo… ma perchè all’alba del 2018 questo fenomeno di scribacchino ci propina la recensione di un album del 2012… tra l’altro già recensito su queste stesse pagine (qui la recensione)?
Per prima cosa NO, non mi sono tirato tutto lo zucchero del Pandoro a Natale… è solo che non voglio che voi, cari lettori di MelodicRock.it, facciate il mio stesso madornale ERRORE!!!
Uscito infatti all’inizio del 2017 come “versione giapponese” del secondo lavoro dei Danger Zone, Undying, questo Undying – Reloaded (ed è li che sta il tutto) è ben più che una semplice riproposizione dell’album con un paio di bonus track aggiuntive (che ben intesi… ci sono anche quelle) come tradizione del Sol Levante ci ha abituato.

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Rick Springfield – The Snake King – Recensione

23 Gennaio 2018 18 Commenti Iacopo Mezzano

genere: Blues Rock
anno: 2018
etichetta: Frontiers Music

Il celebre cantautore, chitarrista e attore autraliano Rick Springfield torna nei negozi il 26 gennaio 2018 con il suo nuovo ed entuisiasmante album The Snake King, in pubblicazione ancora una volta via Frontiers Music.

Non per la prima volta nella sua carriera, il musicista decide di sorprenderci dando alle stampe una release diversissima dalle sue precedenti, ben lontana dal tipico sound rock commerciale alla quale Rick ci aveva abituati con i suoi maggiori successi. Infatti The Snake King percorre una polverosa strada sterrata radicata nel lato più blues del rock’n’roll, segnando un distacco netto e definitivo dalle sonorità power pop commericali, e affondando denso nelle giovanili radici musicali dell’artista (ricordiamo che il musicista esordì giovanissimo proprio in una formazione di genere blues).

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Houston – III – recensione

05 Gennaio 2018 14 Commenti Giulio Burato

genere: Melodic Rock / Pop Rock
anno: 2017
etichetta: Livewire / Cargo Records UK

Inizio l’anno dando i numeri: prima recensione dell’anno, dodicesima da inizio 2017, primo compleanno in sella alla redazione di Melodic Rock e, dulcis in fundo, “III” album degli scandinavi Houston. Mi concentro ovviamente sull’ultimo numero, ossia da questa recensione che colpevolmente esce solo ora.
Il combo svedese esordisce nel 2010 con l’omonimo debut album e riscuote subito sia consensi dal pubblico sia un riscontro positivo dalla critica del settore grazie ad un AOR piacevole, ricco di strutture fresche e brillanti come, per esempio, le canzoni “1000 Songs” e “Hold On”.
Tre anni dopo, ecco il secondo capitolo, intitolato appunto “II”, dove si apprezza nuovamente la qualità della proposta musicale dei 5 ragazzi scandinavi; “I’m Coming Home”, “24 hours” e “On The Radio” tra le migliori tracce del lotto.
Eccoci dunque ai giorni nostri con la terza uscita che, per loro logica, si intitola “III” dopo un intermezzo di un paio di EP tra cui “Relaunch”, album infarcito di cover.

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Newman – Aerial – recensione

05 Gennaio 2018 6 Commenti Denis Abello

genere: Melodic Rock - AOR
anno: 2017
etichetta: AOR Heaven

Continua sulla strada intrapresa con il precedente The Elegance Machine (qui la recensione) il percorso musicale del cantante, chitarrista e tastierista Steve Newman forte ormai di un suo personale sound melodico miscelato da una produziobne dal tratto moderno.
Undicesimo album dalla fondazione della band (1997) questo Aerial quindi non si discosta da quanto fatto ultimamente dal nostro prolifico inglese e gli ingredienti per un album ben costruito sono tutti li: belle melodie, soli di chitarre piazzate ad arte, arrangiamenti raffinati per un risultato patinato e curato.
Ancora una volta a supportare il poliedrico strumentista Steve Newman troviamo il batterista Rob McEwen (presente negli ultimi nove album dei Newman) e Mark Thompson-Smith a donare la sua voce ai brani Fear Of Flying and Two Sides.

Si perde forse un minimo in questo Aerial il lato più heavy della band a tutto favore di un maggior impatto melodico e così, giusto come a contraddirmi, i primi due brani Fear of Flyig e Don’t Wake The Lion risultano tra i più tirati del lotto con un riffe ficcante di quest’ultima a marcate il territorio heavy di questo Aerial.
Da Can’t Stop Loving You invece la melodia e i ritmi catchy la faranno da padrona con brani mid tempo infarciti di cori e ritornelli virali come Life To Remember, Hight Tonight (Aerial), Two Sides, Nothing Left, Still Bleading.
Manca una vera e propria ballad anche se non si disdegnano incursioni in semi ballad e brani più soft come I am Your Man, Vertigo (Leap of Faith) e la conclusiva You Don’t Know Me. Tra questi da segnalare su tutti Always Stranger a cui un arrangiamento raffinato dona una grazie melodica tutta sua.

IN CONCLUSIONE

Newman segue imperterrito la sua strada fregandosene delle mode e regalando l’ennesimo buon album di melodic rock / AOR che farà la felicità di chi ama questo talentuoso artista britannico. Aerial è forse un po’ più melodico e un po’ più classico del precedente The Elegant Machine ma sostanzialmente si muove sugli stessi binari!
La produzione a cura di Harry Hess dona un bel sapore moderno al tutto!

Lionheart – Second Nature – recensione

02 Gennaio 2018 4 Commenti Denis Abello

genere: AOR
anno: 2017
etichetta: AOR Heaven

Mi prendo le mie colpe per arrivare in netto ritardo con questa recensione… si sbaglia nella vita! 🙂
Uscito infatti ad Agosto per l’ottima AOR Heaven il ritorno dei Lionheart merita sicuramente una menzione tra gli album di sicuro valore del 2017!
Nati nel 1980 dall’incontro tra Dennis Stratton (chitarra, ex-Iron Maiden), Jess Cox (voce, ex-Tygers of Pan Tang), Steve Mann (chitarra, ex-Liar), Rocky Newton (basso, ex-Wildfire) e Frank Noon (batteria, ex-Def Leppard) la band vede svariati cambi di vocalist negli anni (Rueben Archer, John Farlham e Bob Hawthorn) mentre il cuore della band formato da Stratton / Mann e Newton resta sempre pressochè invariato.
Come spesso capita la fortuna avversa stoppa ben presto la (sperata) scalata al successo dei Lionheart, che dopo l’uscita del loro debutto Hot Tonight (1984, con Chad Brown alla voce) ben presto si scioglieranno e solo la provvidenziale richiesta di una reunion per il Rockingham Festival del 2016 in quel di Nottingham riesce nel piccolo (e direi insperato) miracolo di rimettere insieme la band.
Così il trio Stratton, Mann e Newton si ritrova, piazza alla voce una nostra vecchia conoscenza come Lee Small ed il vecchio leone inglese è nuovamente pronto a far battere il suo cuore! Diciamo subito che quessto cuore non risulta per nulla affaticato dal tempo e infatti dopo il Rockingham e l’ottima apparizione allo Sweden Rock del 2017 la band è pronta a dare alle stampe questo Second Nature .

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Steve Walsh – Black Butterfly – recensione

02 Gennaio 2018 8 Commenti Denis Abello

genere: Melodic Rock / AOR
anno: 2017
etichetta: Escape Music

Ok, la voce di Steve Walsh non c’è più… diciamolo subito così se quello che cercate in questo disco è solo il ricordo di una splendida voce… bene, andate pure altrove. Se invece siete di mente un po’ più aperta e i vostri padiglioni auricolari sono in grado di andare oltre a certi evidenti limiti, allora potrete trovare qualcosa di verametne interessante in questo Black Butterfly!
Ora, vorrei non dover spiegare a nessun amante del melodic rock chi è Steve Walsh, ma, visto che Natale è passato da poco, visto che poi qui si parla anche della storia del prog/rock e che magari qualcuno è appena tornato da un esilio di 50 anni… ecco per voi dirò solo… KansasCarry On Wayward Son, Dust in the Wind, Point of Know Return e All I Wanted.
Se a questo punto ancora vi state chiedendo chi sia, probabilmente stavate cercando un sito porno e siete finiti qui per sbaglio, ma già che siete qui continuate la lettura, sia mai che scopriate l’amore per qusto genere di musica.

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Wildness – Wildness – recensione

21 Dicembre 2017 18 Commenti Denis Abello

genere: Melodic Rock
anno: 2017
etichetta: AOR Heaven

Libidine, doppia libidine, libidine coi fiocchi (parafrasando un famoso attore drammatico italiano)… ma che si potrebbe dire d’altro parlando di una band che unisce nel suo sound H.E.A.T. (quelli del primo periodo), Eclipse (quelli più tirati ed epici) e The Poodles (quelli degli esordi)?
Come avrete capito siamo nettamente di fronte a tanta roba!
Fondati nel 2013 dal batterista Erik Modin a cui si aggiungeranno in breve tempo le chitarre di Adam Holmström e Pontus Sköld. Bisognerà attendere un po’ più a lungo per quadrare il cerchio con la voce di Gabriel Lindmark.
Dopo due singoli (Collide – 2015 e Turning The Pages – 2016), , che verranno riregistrati per questo debutto, la band è pronta per il primo passo ufficiale che viene affidato alle sapienti mani del produttore Erik Wigelius (Wigelius, Care Of Night) e alla cura di mamma AOR Heaven!

continua