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05 Luglio 2018 1 Commento Alberto Rozza
genere: Heavy Metal / Hard Rock
anno: 2018
etichetta: Frontiers Music
Un graditissimo ritorno quello di Jizzy Pearl, controverso e rocambolesco cantante ex Love/Hate, dal passato agrodolce, che propone un intenso hard rock violento e pieno di risentimento.
continua
03 Luglio 2018 0 Commenti Paolo Paganini
genere: Melodic Hard Rock
anno: 2018
etichetta: AOR Heaven
Giungono al debutto discografico questi quattro musicisti (non certo di primo pelo) provenienti dalla Svezia, fautori di un buon hard rock melodico caratterizzato da svariate influenze e sfumature. Pur non avendo militato in band di primissimo piano (ad esclusione del cantante Ian Parry ex Elegy ed Ayeron) i ragazzi sembrano proprio saperci fare, almeno per quanto riguarda la parte tecnica.
01 Luglio 2018 3 Commenti Lorenzo Pietra
genere: Pop / Rock / R & B
anno: 2018
etichetta: BMG
Non servono presentazioni per Richie Sambora, ma per i più sbadati ricordiamo che è stato la spalla e la chitarra dei Bon Jovi dal 1983 al 2013 scrivendo molti dei pezzi più belli della band insieme a Jon Bon Jovi. Il suo abbandono a metà del tour 2013 è stato traumatico per i fan, ma la decisione di Richie è stata di continuare con la sua carriera solista insieme alla sua nuova compagna e chitarrista Orianthi. Proprio la bionda e giovane Orianthi Panagaris, con all’attivo collaborazioni e tour con Alice Cooper, Michael Jackson e altri grandi nomi, ha collaborato con Richie a questo nuovo progetto chiamato RSO e al primo album Radio Free America . Il sound del disco è molto particolare; ogni canzone ha infatti uno stile diverso. Si passa dall’Hard Rock, al Soul, al Pop, all’ R & B spiazzando l’ascoltatore che al primo ascolto rimane a bocca aperta. Una sfida che, a mio avviso, in cui Richie e Orianthi hanno convinto, a parte qualche pecca nel suono; si sente infatti spesso la batteria campionata e le tastiere che anche loro hanno qualcosa di poco realistico…peccato, anche perchè su ogni angolo del disco si pubblicizza la collaborazione con Bob Rock……
26 Giugno 2018 4 Commenti Luka Shakeme
genere: AOR
anno: 2018
etichetta: AOR Heaven
Dalle desolate lande finlandesi arriva in pasto ai famelici scribacchini di MR un prodotto assolutamente distante da ciò che ha reso milionari artisti affacciatisi a fine anni novanta con proposte classic-power altre volte gothic metal; dunque l’AoR non è di sicuro un genere molto avvezzo fra i musicisti di quelle parti, anche se la meteora Hanoi Rocks poi è finita per essere punto di riferimento per lo street-sleazy di band quali Guns, Fester Pussycat, Skid Row e via dicendo. Lo stesso amore incondizionato del batterista Mika Brushane che nonostante nel corso della sua carriera si sia interfacciato con generi assolutamente distanti dal rock più canonico, sente il bisogno di esprimere tutto il suo amore per sonorità più zuccherose e morbide con il progetto Imperium di cui egli stesso si occupa della stesura dei pezzi avvalendosi della collaborazione di un cospicuo numero di musicisti fra cui il l’onnipresente Dennis Ward. Inizierei a parlare di “Beyond The Stars” a questo punto.
26 Giugno 2018 3 Commenti Stefano Gottardi
genere: Sleaze / Hard Rock
anno: 2018
etichetta: Melodic Rock Records
È una poco vestita (forse sarebbe proprio il caso di dire ignuda…) e sensuale fanciulla il soggetto di copertina scelto dai finlandesi Rust N’ Rage per il loro secondo full-length album Tales From The Wasteland.
Titolo e immagine del gruppo, che fa un po’ il verso a Guns N’ Roses e Mötley Crüe, non aiutano il prodotto a guadagnare punti alla voce originalità. Poco male: lo sleaze metal non è mai stato uno stile musicale battuto dai più ambiziosi sperimentatori, e quei pochi malcapitati che ci hanno provato si sono quasi tutti ritrovati addosso una camicia di flanella nel periodo sbagliato.
Nati nel 2010 a Pori, Finlandia, da un’idea del chitarrista Johnny e del batterista Jezzie, i Rust N’ Rage hanno una storia simile a quella di tantissime altre band underground. Cambi di line-up, qualche demo, un disco pubblicato da un’etichetta locale, date in giro per la Scandinavia e l’est Europa e la successiva firma di un contratto con la Melodic Rock Records per un’edizione ufficiale del nuovo CD oltreconfine sono i punti focali della loro fin qui breve carriera.
Anticipato dal lyric video del singolo “Dreamcatcher”, questo secondo parto del combo finnico si presenta a noi nella versione autoprodotta dal gruppo, comunque offerta in un professionale formato digipack con booklet a 12 pagine completo di tutti i testi. L’opener “Midnight Train” è un pezzaccio hard rock stradaiolo e selvaggio che, oltre ai chiari rimandi a certi Skid Row d’annata, prova a inserire nel calderone un po’ di classic metal ed una vena melodica tipicamente scan, ricordando negli intenti i Reckless Love dell’EP pre-debut album. La ricerca di refrain vincenti è una costante e caratterizza buona parte delle canzoni, senza quasi mai riuscire nel suo scopo: l’impatto è gradevole (avrebbe potuto esserlo di più con una produzione un po’ meno ovattata), ma difficilmente i pezzi fan centro al primo colpo. Accumulando ascolti le cose non cambiano, e sebbene le atmosfere riportino costantemente al sound del Sunset Boulevard degli anni d’oro, si fa fatica a trovarsi immersi in quel “good mood” che un lavoro del genere dovrebbe creare all’istante. Qualche buona intenzione si percepisce in brani come “Dancing On The Edge”, “Hungry For The World”, “Take It Off”, la sopraccitata “Dreamcatcher” e la conclusiva “Revolution”, ma il disco non graffia e non decolla mai davvero. Non convince nemmeno la più lunga e articolata “Blood On The Cross”, unico episodio che esplora sentieri leggermente differenti con scarsi risultati. La prova della band è onesta, anche se le vocals dall’accento marcato e dalla timbrica singolare di Vince potrebbero non essere apprezzate da tutti i padiglioni auricolari.
IN CONCLUSIONE
A conti fatti, gli ingredienti per un buon sleaze album ci sono tutti ma mancano un po’ di esperienza e malizia in fase di songwriting, e quello spunto non comune che permette di scrivere una killer song. Non è da escludere che possa farlo in futuro, ma per il momento la loro stella non brilla ancora come dovrebbe.
15 Giugno 2018 15 Commenti Giulio Burato
genere: Melodic Rock / Hard Rock
anno: 2018
etichetta: Frontiers Music
Sunstorm è stato uno dei primi progetti musicali ideati da Serafino Perugino, fondatore di Frontiers Music. Correva l’anno 2006, anno in cui usciva il primo, ottimo self-titled album.
Seguirono poi i buoni “House of Dreams” nel 2009, “Emotional Fire” nel 2012 ed il più recente, un po ’deludente, “Edge Of Tomorrow” nel 2016.
Uscito l’8 Giugno, ovviamene con Frontiers, “The Road To Hell” è il quinto album della band capitanata dal leggendario e sempre-verde Joey Lynn Turner che si avvale, nuovamente, della collaborazione di un team tutto made in Italy, formato da Nik Mazzucconi (basso), Simone Mularoni (chitarre), l’inesauribile Alessandro Del Vecchio (tastiere) e da Edo Sala (batteria).
11 Giugno 2018 4 Commenti Paolo Paganini
genere: Melodic Hard Rock
anno: 2018
etichetta: AOR Heaven
Il nuovo progetto scandinavo Heartwind affonda le proprie radici nella quindicinale amicizia che lega i suoi fondatoti Göran Engvall (chitarra) e Mikael Rosengren (tastiere). Dopo anni di militanza in band quali Constancia, The Poodles, Token, Narnia ed Essence Of Sorrow i due hanno deciso di unire le proprie forze per realizzare quello che da sempre era un loro grande sogno; registrare un disco di hard rock melodico. Con l’ingresso in formazione di due pedine fondamentali quali il batterista Peter TrumPeter Svensson (Constancia, Faith) e il cantante Germán Pascual (Narnia, Dj Mendez, Essence of Sorrow) i nostri sono stati finalmente in grado di concretizzare le loro intenzioni. Grazie al riscontro positivo suscitato in patria e all’interessamento di ben tre etichette discografiche il loro primo platter vede oggi finalmente la luce con risultati decisamente lusinghieri.
Le undici tracce date in pasto ai sempre famelici appassionati di questo genere si rivelano piuttosto interessanti e pur mantenendosi su un livello compositivo mediamente alto risentono qua è là di qualche calo fisiologico. Sopra la media sicuramente l’opener Higher And Higher (l’apice dell’intero lavoro) che grazie ad una melodia ficcante e a cori stellari farà felici gli appassionati degli Euorpe del periodo Out Of This World/Prisoner In Paradise. La veloce Ready For The Moonlight rievoca i Whitesnake di 1987 mentre chitarre sfacciatamente defleppardiane pervadono la grintosa Cry Out Into Space. Da segnalare anche la ballad One Night Away From Home, non lontana delle Heart del periodo Brigade mentre le pompose Throgh The Light e Too Late For Love si rifanno a quanto proposto recentemente dalla cantante norvegese Issa potendo contare su voci femminili di primissimo livello.
IN CONCLUSIONE
Pur non risultando un album fondamentale, questo esordio degli Heartwind rimane un disco godibilissimo che farà contenti sia gli appassionati delle sonorità di metà anni 80 sia coloro che apprezzano la variante un po’ più modernista del genere targata W.E.T., Work Of Art ed Eclipse.
04 Giugno 2018 10 Commenti Denis Abello
genere: Hard Rock
anno: 2018
etichetta: Sneakout Records / Burning Minds Music Group
2007, nell’East coast Americano cinque amici di vecchia data, Ale (voce), Duff (basso), Male (chitarra), Nick (chitarra) e Zen (batteria) si uniscono con un unico obiettivo, dare voce alla loro fame di Hard Rock a stelle e strisce… ah no… scusate… questi son di Verona (“quasi” East coast italiana…) :D.
A parte l’errata dislocazione geografica, ma i nostri Veronesi, grezzi come la pietra e scapestrati al punto giusto (come l’hard rock di matrice sleaze richiede), per il resto si portano dietro la “puzza” giusta di un sound votato al patinato mondo hard rock USA con sfumature sleaze.
Questo loro Shut Up, prima uscita “professionale” riprende in realtà buona parte dei pezzi di un precedente primo album “casalingo” a titolo Lost Soul Town, per l’occasione rivisti, riarrangiati e riproposti secondo lo stile intrapreso dalla band…
01 Giugno 2018 3 Commenti Denis Abello
genere: Melodic Modern Rock
anno: 2018
etichetta: Pride & Joy Music
“Mani sul volante” gente… che partiamo per un viaggio nel cuore del melodic (modern) rock grazie agli Hartmann ed al loro nuovo Hands on the Wheel! Mi sembra ieri che ascoltando per la prima volta Out in the Cold mi innamoravo perdutamente della bella voce di Oliver Hartmann (al soldo in precedenza per i power metallici At Vance).
A voler ben vedere invece di anni ne sono passati parecchi (si parlava del 2005) e di album per la band Hartmann anche visto che dopo ‘Out in The Cold‘ hanno dato alla luce ‘Home‘ (2006), ‘3‘ (2009), ‘Balance‘ (2012), il live ‘Handmade‘ (2008) ed infine la compilation ‘The Best Is Yet To Come‘ (2013).
Quella che (per fortuna) non è mai venuta meno in questa (bella) band è la voce del suo fondatore Oliver Hartmann e quel loro stile a tratti melodico e a tratti moderno che però forse è stato da sempre un po’ anche la loro spada di Damocle. Si sa infatti che i puristi “melodici” poco gradiscono le incursioni moderne e proprio questo aspetto forse ha un po’ frenato l’ascesa della band nell’attuale affollato panorama AOR / Melodic Rock (parere personale, si intende ;)).
25 Maggio 2018 11 Commenti Iacopo Mezzano
genere: AOR
anno: 2018
etichetta: Legend Records
Dopo il grande successo dell’ultimo album Sacred Ground e i buoni riscontri dati da una analoga operazione di riedizione fatta nel 2012 con Calm Before the Storm 2, gli inglesi Dare tornano in studio per festeggiare i trent’anni dalla pubblicazione del loro disco di esordio Out Of The Silence (1988) con la riedizione dello stesso disco a titolo Out Of The Silence II (29 giugno, Legend Records).
Il rischio più grande, quando si parla di operazioni di ri-registrazione come questa, è quello di andare a mettere le mani su un prodotto già di per se perfetto (e di Out of the Silence si parla ovunque come di uno dei capolavori massimi del genere AOR inglese) finendo per perdere in qualità, attitudine, stile, sound e quant’altro rispetto all’edizione originale. Bisogna quindi fare immediatamente un plauso al leader del gruppo, cantante e produttore del disco Darren Wharton per la sua capacità di lavorare da capo su questa registrazione facendo forza sull’altro unico componente originale rimasto in formazione, ovvero il chitarrista Vinny Burns, al quale è affidato il compito (difficile ma vincente) di riproporre le sue parti strumentali in modo perfettamente clone rispetto al passato, ma altresì molto più vigoroso e potente nel tocco, mostrando un grado di maturità tecnica che all’epoca dell’edizione madre era ancora probabilmente sconosciuto all’artista.
Ecco allora che la produzione stessa viene regolata in modo da accentuare la grinta del suo chitarrista, mettendolo in primo piano al fianco delle sempreverdi tastiere di Wharton, con il disco tutto che si fa ben più rock e robusto rispetto al sound patinato e più elaborato di Mike Shipley (1988) grazie anche al bell’apporto ritmico di un gigante delle pelli come Kevin Whitehead e all’ampio groove dato dal basso dell’ottimo Nigel Clutterbuck.
Aperto da una Abandon che è decisamente simile all’originale salvo per il suo sovracitato sound robusto e per il suo stile meno prodotto e più live, il platter trova nella sensazionale Into The Fire un altro epico motivo in grado di esaltare i fans, mentre suona un po’ meno incisiva la ballad Nothing Is Stonger Than Love che non delude, sia chiaro, ma pare aver perso un po’ di amalgama se confrontata a quella del 1988, specie ascoltandone il ritornello, forse volutamente meno bombastico e meno corale in questa nuova versione. Perfetta ed esaltata dal grande cantato di Wharton e dalle super-chitarre di Burns è invece Runaway, con le atmosfere crepuscolari e uniche di Under The Sun che ci lasciano ancora una volta a bocca aperta, al pari del battito vivo e pulsante di una Raindance che si riconferma anche nel 2018 come una delle tracce top di questo prodotto.
Discorso a parte per King Of Spades (Extended Edition) che, nella sua terza edizione su disco (oltre a questa e all’originale, la trovavamo in un’altra versione anche nel disco Arc of the Dawn), si tramuta nel tributo definitivo al genio di colui al quale è dedicata, ovvero il compianto Phil Lynott dei Thin Lizzy. I due minuti di assolo finali, suonati da Vinny Burns assime a suo figlio James alla chitarra rimica, sono commoventi, e guardano tanto ai Lizzy quanto ai suoni di Irlanda, e permettono all’ascoltatore di sentire dentro di se vivo lo spirito di Lynott e sulla pelle il sapore di quelle verdi lande del Nord. Da brividi.
Il finale dell’album, che schiera il terzetto magico formato da Heartbreaker, Return the heart e Don’t Let Go, non si discosta dalla qualità generale di questa registrazione, e permette ai fans di divertirsi ancora sulle note di un disco storico di un gruppo che in trent’anni di attività è cambiato molto, ma non è mai negativamente invecchiato, ne ha mai smesso di stupire.
IN CONCLUSIONE
L’edizione 2018 di Out of the Silence riesce a farsi amare dai supporters del gruppo, senza far dimenticare la bellezza unica dell’originale. Il debutto dei Dare è oggi, trent’anni dopo la sua prima stampa, un album diverso (ma in fin dei conti non così dissimile), più robusto e hard nella sua chitarra, meno patinato nella sua produzione e più live, ma per questo non meno bello ed efficace.
Insomma, questa ri-edizione riesce ad essere una operazione riuscita, e non solo un mero esercizio volto a riottenere i diritti su alcuni dei più bei brani che la storia dell’AOR inglese ci abbia mai regalato. Un must buy di questo anno.