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Rain or Shine – Seize The Night – recensione

19 Settembre 2018 0 Commenti Luka Shakeme

genere: Melodic Hard Rock
anno: 2018
etichetta: Lions Pride Music

Il progetto di cui mi appresto a parlarvi, viene da una terra oggettivamente lontana o poco avvezza a certe sonorità. D’altronde è risaputo quanto gli elleni siano storicamente vicini a un sound più aggressivo ed estremo; ritrovarmi dunque con un progetto Hard Rock melodico mi risulta atipico. Ciò non toglie che Rain or Shine possa aver messo alla luce un lavoro altamente qualitativo. Comincerei a questo punto a snocciolare “Seize The Night”, un prodotto che gode a prescindere, del supporto di una grande etichetta come la Lions Pride Music.
“Fool’s Paradise” opener dall’airplay commerciale e decisamente aor. Siamo lontani da suoni più moderni e più muscolari presenti oggigiorno. Ottimo il lavoro svolto sui chorus come pregevole le chitarre; un buon compromesso fra perizia tecnica e gusto per la melodia.

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Bullets And Octane – Waking Up Dead – recensione

19 Settembre 2018 0 Commenti Stefano Gottardi

genere: Rock 'n' Roll
anno: 2018
etichetta: Bad MoFo Records/Cargo Records UK

Nel 2004 un’etichetta indipendente americana, Criterion Records, pubblica The Revelry, un CD prodotto da Gilby Clarke che in breve tempo vale ai Bullets And Octane un contratto major. Ne fa seguito un solo album, in The Mouth Of The Young del 2006, prima del ritorno ad una indie label con Song For The Underdog e all’autoproduzione con l’omonimo full-length del 2009. Alti e bassi, e gli immancabili problemi di line-up che colpiscono tantissimi gruppi, spingono il cantante e leader Gene Louis a mettere la band in naftalina e a dedicarsi ad altri progetti. Nel 2013 esce a sorpresa il nuovo disco 15, questa volta soltanto in digitale, destino che sembra inizialmente toccare anche a Waking Up Dead, rilasciato in questo modo dai suoi autori nel 2017, e poi per fortuna ripubblicato in CD dalla Bad MoFo Records/Cargo Records UK il 25 maggio di quest’anno. È una confezione digipack, con un nuovo artwork di copertina ed un booklet completo di foto e tutti i testi, il formato prescelto per presentare la settima fatica sulla lunga distanza del combo di St. Louis, Missouri (ma trapiantato in California).

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Burn – Ice Age – recensione

19 Settembre 2018 1 Commento Max Giorgi

genere: Melodic Hard Rock
anno: 2018
etichetta: Melodic Rock Records

Gentili lettori e lettrici di melodicrock.it, oggi facciamo un viaggio in Inghilterra, terra di Re e Regine, terra in cui è nato il nostro amato football ma, soprattutto, terra molto generosa nella produzione di materiale Hard Rock e Melodic Rock e che ha dato i Natali a numerose band di successo (FM e DARE su tutte).
Nello specifico vi parlo dell’ultimo lavoro di una band decisamente popolare nel Regno Unito: I “Burn”. La band dei fratelli Stackhouse si presenta nuovamente sulle scene dopo 10 anni dal loro ultimo lavoro (Global Warning), disco che ebbe un ottimo riscontro di pubblico e critica. 10 anni sono tanti e diverse cose sono cambiate nella band, prima fra tutte l’ingresso di un nuovo cantante: Steve Newman. Singer dal timbro inconfondibile. Nella lista dei musicisti possiamo anche notare la presenza del talentuoso Chris Green, guitar player dei Tyketto.
La gestazione di “Ice Age” è durata la bellezza di 5 anni ed alla produzione è stato chiamato addirittura il vincitore di un Grammy Award, Mr. Tobias Lindell (Europe, H.E.A.T). E’ certo che i Burn hanno cercato di fare le cose in grande!!! Andiamo allora ad ascoltare ICE AGE!

I 45 secondi di intro, “Global Warning”, ci preparano alle note potenti e graffianti di “Irontown” in cui la voce graffiante di Newman ci porta su terreni ruvidi e sporchi fatti di hard rock anni 80, ma con sonorità decisamente moderne. Il brano cresce bene per poi appiattirsi con un ritornello un po’ banale. Comunque, a mio modesto parere, è una delle due song più convincenti di tutto l’album. Questi primi minuti ci fanno subito capire che su questo progetto si è investito tanto, con una produzione decisamente importante e curata.
Jealousy e Hate non variano di una virgola il copione, fatto di grande energia con la giusta dose di melodia……. l’impressione dopo l’ascolto dei primi brani è che, comunque, manchi qualcosa. Forse le attese erano tante e, purtroppo il risultato finora non mi sembra del tutto soddisfacente……….ma andiamo avanti……
In Sink together, un avvolgente intro di pianoforte fa da preludio a parti di voce e drum machine che si alternano a parti più hard. Molto bello l’assolo di chitarra. Sicuramente il brano che mi ha convinto di più assieme ad Irontown.
Con The Girl Who Wanted Everything si passa a sonorità più American Style in cui chitarra e voce ci fanno venire in mente atmosfere alla House of Lords.
Live Again si dipana su una ritmica Rock Blues magistralmente suonata da Chris Green. Ecco……due parole questo chitarrista le merita. E’ lui il valore aggiunto di questo album. A lui il mio personalissimo premio di migliore in campo!!
Dopo le dolci atmosfere di Wasteland, brano esclusivamente per piano e voce, con “Never write a love song” e “20/20 si ritorna sul terreno dell’ hard rock dai pochi fronzoli, ma anche dalla scarsa originalità.
Si finisce con “Punishiment of Lust, “Payback” e “Ice Age” che nulla danno e nulla tolgono ad un lavoro le cui ombre e luci si equivalgono.

IN CONCLUSIONE

5 anni di lavoro di produzione, ottimi musicisti, un produttore da Grammy…………ma alla fine dell’ascolto mi rimane un senso di insoddisfazione che non riesco a spiegarmi. Ice age è un disco suonato veramente bene, prodotto benissimo, cantato bene……ed allora cosa manca? A mio modestissimo parere mancano le canzoni!!! Non fraintendetemi, nell’insieme i brani risultano piacevoli. Ma dopo tutte le premesse fatte, le attese erano talmente tante che un po’ di amaro in bocca rimane. Soprattutto per chi ha ascoltato ed apprezzato Global Warning questo Ice Age non riesce a reggere il paragone. Oltre al fatto che trovo discutibile la scelta di sostituire Jeff Ogden con un Newman dal timbro vocale totalmente differente.
Disco da ascoltare comunque anche solo per godere del favoloso lavoro svolto dal guitar player Green!! We Rock!!!!!

Groundbreaker – Groundbreaker – Recensione

11 Settembre 2018 31 Commenti Iacopo Mezzano

genere: Melodic Rock
anno: 2018
etichetta: Frontiers Music

I Groundbreaker sono un nuovo progetto musicale rock melodico nato da una idea di Serafino Perugino per la sua label Frontiers Music. La band, che presenta tra le sue fila il celebre cantante Steve Overland (FM) e il chitarrista Robert Sall (Work of Art, W.E.T), pubblica il suo disco di debutto, l’omonimo Groundbreaker, il 14 settembre 2018 forte della produzione e supervisione del nostro portacolori Alessandro Del Vecchio, oltre che della presenza di Nalley Pahlsson al basso e di Herman Furin alla batteria.

Composto per metà da Robert Sall e per l’altra metà da Del Vecchio assieme ad Overland, l’album presenta un sound melodic rock perfettamente in bilico tra la tradizione scandinava e quella britannica, e difficilmente scontenterà gli appassionati del genere AOR grazie alle sue superbe melodie, alle sue parti strumentali perfettamente interpretate e ricche di chitarre, ma soprattutto grazie alla sempre magistrale vocalità di un Overland ormai perennemente sugli scudi.

A confermarci immediatamente la bontà di questo songwriting e della produzione è già la opener e singolo Over My Shoulder, un motivo dal ritmo sostenuto, decisamente ’80s e fin da subito orecchiabile, dominato dalla prova di Overland alla voce e dalla riconoscibilissima chitarra di Sall, vero faro guida delle melodie del pezzo. Will It Make You Love Me è poi un altro ottimo brano, ancora una volta carico di groove e ben supportato dalle ottime tastiere di Del Vecchio in arricchimento al sound delle corde di Sall, a cui segue una Eighteen ‘Til I Die che ci lascia letteralmente a bocca aperta grazie alle nostalgie passate che riesce a scatenare dentro di noi fin dalle sue primissime note.

La quarta traccia Only Time Will Tell è un altro rock anthem diretto al sodo e tutto da ascoltare e da cantare, mentre Tonight suona come una traccia più raffinata, o meglio come una mid-tempo delicata e romantica, dal tratto notturno e dal grande quantitativo emotivo. Stesse note notturne che possiamo ascoltare in una Standing Up For Love in puro stile AOR ottantiano, densa come è di chitarre e di tastiere pomp a supporto della eccellente voce di Overland, con la ballad Something Worth Fighting For che ci strappa il cuore attraverso la timbrica tutta emozioni dell’inconfondibile cantante degli FM, e The Sound Of A Broken Heart che ci stupisce ancora grazie ai tasti diamantini di Del Vecchio.

La seconda ballad del disco, The First Time, poggia ancora tutta sulla voce unica di Overland e sui begli effetti di sottofondo su cui si muove (dopo un attacco energico in stile Asia) la chitarra di Sall, mentre The Days Of Our Life suona come un motico più rapido e compatto nei suoni, più tradizionale nella sua chiave rock melodica ma dotato di un refrain davvero di grande effetto. Chiude infine l’opera The Way It Goes, una canzone perfetta per definire il sound di questo progetto, con la sua ottima unione tra struttura melodica alla FM e la raffinatezza sonora dei Work of Art che ha fatto da perfetto trademark all’intero platter.

IN CONCLUSIONE

E’ un dato di fatto: che si muova Overland, o che si muova Sall, siamo sempre al cospetto di uno dei dischi rock melodici dell’anno. Figuratevi se si mettono al lavoro tutti e due, e in un colpo solo!!

Semplicemente, questo Groundbreaker è un disco da avere in collezione. Subito!

Desounder – Desounder – Recensione

25 Agosto 2018 0 Commenti Iacopo Mezzano

genere: Hard Rock
anno: 2018
etichetta: Andromeda Relix

Facciamo un altro passo curioso ed attento all’interno dell’universo underground musicale rock italiano andando ad ascoltare il disco di debutto del gruppo veronese dei Desounder, l’omonimo Desounder, uscito nell’estate 2018 per la label Andromeda Relix.

Formati sotto il moniker Rider’s Bone nel 2013, questi quattro musicisti cambiano nome nel dicembre 2017 appena prima di iniziare a registrare questo splendido album di esordio, che gode di svariate contaminazioni sonore e che si sviluppa lungo gli orizzonti del rock/hard rock moderno (ma con un occhio sempre fisso sui ’70s) e ricercato, permeato di melodia. La sensazionale voce femminile di Eleonora Nory Mantovani, dalla timbrica clada e decisamente black, fa da puro collante tra le parti, guidando la chitarra di Nicolò La Torre lungo i suoi ottimi e vari riff, perfettamente accompagnati dal basso tutto groove del bravo Matteo Valle e dalla batteria tecnica e precisa di Martino Pighi. La nitida, calda ed avvolgente produzione di Luca Tacconi (registrata agli studio Sotto Il Mare) ha infine il merito di donare ulteriore valore al prodotto, fornendo il giusto dinamismo tra le frequenti variazioni del gruppo, e tra gli strumenti degli interpreti.

Aperto dall’intro Reverse, il platter ha in Man From The Moon il suo primo acuto, con un brano elegante, che dimostra tutta la bontà di questo songwriting tricolore di alto spessore artistico. Il blues di altri tempi del brano Dear John permette alla vocalist Mantovani di mostrare il lato più caldo e sensuale della sua voce, e al chitarrista La Torre tutta la sua camaleonticità sonora, mentre in Pain vediamo il gruppo cimentarsi in un hard rock accellerato di grande quantità, talvolta roccioso ma con un occhio puntato sulla melodicità. Successivamente, la mid-tempo melodica I Take My Time mostra il lato più raffinato della band su ritmiche più lente e soffici, ma sempre pronte a dare scosse di energia, con Prisoner che fa del suo riffing la marcia in più per colpire ancora una volta nel segno.

La breve ma appassionante intro bluesy di The King’s Entrance ci porta poi all’hard rock più ’80s di una dinamitarda King Of Nothing, forte ed avvincente fin dalle sue primissime battute. Il lento romantico di The Void Of Absence ci ricorda un po’ gli Scorpions, e ci accarezza il cuore attraverso la ancora superba voce della Mantovani, con il finale del platter che è affidato invece a una Save Our Souls hard rock, adrenalinica e ritmata, al pari di una You Fall Again che fa da commiato tra riff eccellenti e i soliti acuti della cantante.

IN CONCLUSIONE

Giusto per ricordarci che la nostra scena tricolore non ha proprio nulla da invidiare a quelle estere, ecco i Desounder e il loro esordio magnifico a riscaldare con il loro sound bollente la già calda estate italiana.

Un disco meraviglioso, originale, di assoluta qualità. Da ascoltare.

Nitrate – Real World – recensione

20 Agosto 2018 4 Commenti Giulio Burato

genere: Melodic Rock
anno: 2018
etichetta: Melodic Rock Records

Nella nutrita schiera di gruppi che costellano la galassia del melodi rock ecco apparire il nuovo corpo celeste chiamato Nitrate. Ideato da Nick Hogg (chitarre e tastiere) e con l’aiuto iniziale di Rob Wylde (Midnite City) in fase di stesura delle canzoni, il gruppo prende forma e composizione con i successivi innesti del vocalist Joss Mennen e del batterista Pete Newdeck (Midnite City, Blood Red Saints).
I Nitrate si ispirano alla lucentezza della “golden-era” del rock melodico (Def Leppard, Europe, Motley Crue, Bon Jovi e Guns N’Roses) e dall’influenza dei recentissimi Midnite City, il “Real world” è apparso il 20 Luglio tramite MelodicRock Records.
Masterizzazione a carico di Harry Hess (Harem Scarem). Artwork curato dal nostro connazionale Nello Dell’Omo.

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Voices Of Extreme – Mach III – recensione

20 Agosto 2018 0 Commenti Alberto Rozza

genere: Hard Rock
anno: 2018
etichetta: Z Records

Arriva il terzo album di studio dei britannici Voices Of Extreme, band storica che propone un solido e ben strutturato hard rock venato di graffiante e acidissimo metal.

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Clif Magness – Lucky Dog – recensione

20 Agosto 2018 8 Commenti Paolo Paganini

genere: Melodic Rock
anno: 2018
etichetta: Frontiers Music

Il singer americano Clif Magness torna alla propria carriera solista dopo oltre vent’anni da quella perla intitolata Solo datata 1994 che come tante altre opere di quel periodo fu spazzata via dal ciclone grunge.
Durante questo lungo lasso di tempo la sua attività musicale non ha conosciuto soste alternandosi come produttore, sognwriter e pluripremiato autore di colonne sonore. Collaborazioni con artisti quali Quincy Jones, Avril Lavigne, e Celine Dion (solo per citarne alcuni) sembravano averlo allontanato definitivamente dalle sonorità più dure ma questo ultimo ed inaspettato album ce lo ripropone in una nuova ed ispiratissima versione rock. Grazie al proprio inalterato talento ed all’interessamento dell’ etichetta Frontiers Records, Clif ci presenta undici tracce di rock melodico tipicamente anni ‘80/’90 al tempo stesso fresche ed moderne, magistralmente interpretate dalla sua voce cristallina.

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JOE PERRY – Sweetzerland Manifesto – recensione

20 Agosto 2018 2 Commenti Stefano Gottardi

genere: Rock'n'Roll/Blues
anno: 2018
etichetta: Roman Records

In attesa di saperne di più riguardo ad un nuovo lavoro degli Aerosmith, dopo il solo album di Steven Tyler del 2016, i fan possono oggi godersi un altro capitolo della discografia di Joe Perry. Iniziata nel 1979 col lancio del Joe Perry Project e dell’LP Let The Music Do The Talking, la carriera solista del chitarrista di Boston è stata portata avanti nel corso del tempo, anche dopo il suo rientro nella band madre. Sweetzerland Manifesto, ottavo disco a portare il suo nome, comincia a prendere forma diversi anni fa nella testa di Perry come album strumentale, ma assume repentinamente una piega differente dopo la prima registrazione datata 2012, la cover di una canzone di protesta degli anni Sessanta, “Eve Of Destruction”, che il guitar hero omaggia anche della sua presenza dietro al microfono.

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Taste – Moral Decay – recensione

20 Agosto 2018 0 Commenti Giulio Burato

genere: Melodic Rock
anno: 2018
etichetta: AOR Heaven

Secondo album per i Taste dei fratelli Christoffer e Felix Borg, dopo una pausa di quattro anni, in cui hanno collaborato con gli Art Nation, il duo ritrova il tempo per lavorare di nuovo insieme, rilasciando a inizio 2018, l’ottimo singolo “We are back”, canzone d’impatto e dalle grandi linee melodiche.
Moral Decay” esce a fine agosto sotto la label tedesca Aor Heaven ed è stato registrato e mixato presso i Top Floor Studios di Goteborg da Christoffer Borg (Anthrax, Amaranthe, Danko Jones), con masterizzazione a cura di Jacob Hansen (Volbeat, Amaranthe, Epica).

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