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The Cruel Intentions – No Sign Of Relief – recensione

05 Novembre 2018 17 Commenti Stefano Gottardi

genere: Sleaze Metal
anno: 2018
etichetta: Indie Recordings

Nel 2004 Universal mise sotto contratto una glam band svedese di nome Crashdïet, in un periodo in cui non c’erano altri gruppi emergenti dediti a quelle sonorità sotto ad una major. L’anno successivo uscì il loro full-length d’esordio Rest In Sleaze che creò un effetto a catena: da ogni parte del mondo sbucarono come funghi un sacco di emuli. Manco a dirlo, le formazioni più interessanti provenivano quasi tutte dalla Svezia. Fra queste ne spiccava una, scoperta da Stevie Rachelle dei Tuff, che nel 2006 pubblicò il suo disco d’esordio Lit Up/Let Down per Filthy Note Records, l’etichetta di Bam Margera, star del programma televisivo americano Jackass. Si chiamava Vains Of Jenna. Trasferitasi quasi subito negli USA in cerca di fortuna, la band la trovò solo in parte, riuscendo comunque ad assaporare per qualche anno un po’ di quel lifestyle 80iano tutto sesso, droga e rock and roll che molti altri invece hanno dovuto accontentarsi soltanto di sognare. La pacchia per gli scandinavi finì nel 2010, quando venne annunciata la separazione dal frontman Lizzy DeVine, rimpiazzato con scarsa fortuna da Jesse Forte, un buon cantante a cui mancavano però la personalità e il carisma del suo predecessore.
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Dallas – Dallas – recensione

30 Ottobre 2018 29 Commenti Stefano Gottardi

genere: Melodic Rock/AOR
anno: 2018
etichetta: AnderStein Music

“L’artista più emozionante con cui abbia lavorato dai tempi di Poison e White Lion… Pensate a Winger, Bon Jovi, Blue Tears, Def Leppard, Reckless Love che incontrano i Danger Danger su un viale oscuro… È giovane, ha grande entusiasmo e tante canzoni. Sembra una star!”. Così Kelv Hellrazer, A&R di AOR Blvd, su Bryan Dallas (al secolo Bryan Hiner), rampante autore e polistrumentista qui al debutto sulla lunga distanza dopo l’EP Over The Edge del 2012, che per primo ha attirato attenzione sul musicista californiano facendo girare il suo nome fra gli appassionati nel circuito underground.
Quella che stringiamo fra le mani è l’edizione giapponese targata AnderStein Music, che ha anticipato di qualche settimana quella europea, e si differenzia per la presenza di alcuni brani diversi nella tracklist. Nella versione nipponica figurano infatti le bonus “Heaven Down”, “Forever”, “Rock Ain’t Dead” e “Feel The Music”, mentre in quella standard sono presenti “Open Your Heart”, “Over Now” e “Miles Away (Neon Blue Mix)”.
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The Lazys – Tropical Hazards – recensione

26 Ottobre 2018 9 Commenti Stefano Gottardi

genere: Rock 'n' Roll
anno: 2018
etichetta: Golden Robot Records

Il rock and roll è un tipo semplice e senza grandi pretese: si accontenta di pochi accordi, di qualche scapocciata e battuta di piede. Per concedersi non ha bisogno di essere portato a ristoranti di lusso su una decapottabile fiammante, gli va bene anche la pizzeria all’angolo su un “pandino” di battaglia pieno di adesivi. Lui è così, spontaneo e un po’ selvaggio, sicuramente fuori moda ma in ogni caso intramontabile. Lo sanno bene gli australiani The Lazys, che, anche per fare fede al loro nome di battaglia, hanno ben pensato di non spremersi troppo le meningi e mettere sul piatto un album che fa dell’immediatezza il suo punto di forza. Ma facciamo un passo indietro, presentando una band che forse non tutti ancora conoscono. Si formano nel 2006 in Australia, a Sydney per la precisione, e dopo tre EP nel 2010 pubblicano il full-length d’esordio Prison Earth. Tour dopo tour, accrescono la loro popolarità supportando artisti come Against Me, The Answer, Juliette And The Licks e, dopo aver suonato in Canada, decidono di trasferirvisi.

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Firmo – Rehab – Recensione

20 Ottobre 2018 55 Commenti Iacopo Mezzano

genere: Melodic Rock
anno: 2018
etichetta: Street Symphonies Records / Burning Minds Music Group

Rehab è il titolo del primo album solista del cantautore rock bresciano Gianluca Firmo, uscito per la label Street Symphonies Records / Burning Minds Music Group il 19 ottobre 2018. Firmo è conosciuto nella scena internazionale del genere grazie al successo del progetto Room Experience (guidato alla voce dal grande frontman di fama internazionale David Readman), autore di un ottimo disco di debutto nel 2015, a cui – è fresco l’annuncio – seguirà presto il secondo capitolo.

Prodotto dallo stesso musicista, con il mastering finale affidato alle sapienti mani di Roberto Priori (Danger Zone, Raintimes, Wheels Of Fire) nei suoi PriStudio di Bologna, l’album gioca su una divertente alternanza tra brani rock melodici dal ritmo sostenuto, eccellenti mid-tempo e delicate power ballad, facendo della grande varietà compositiva il suo punto forte. Gli ottimi suoni di produzione esaltano la bontà di un songwriting raffinato, elaborato ma leggero all’ascolto, capace di far figurare sempre la grande tecnica esecutiva dei componenti, con l’esperto Mattia “Noise Maker” Tedesco (Vasco Rossi, Gianluca Grignani, Candies For Breakfast) sugli scudi alle chitarre, e Nicola Iazzi (Hardline, Candies For Breakfast) al basso e Daniele Valseriati (Tragodia) alla batteria che si mettono in luce con le loro precise ritmiche, affiancati dalla miriade di ospiti illustri (tra cui un certo Paul Laine dei The Defiants e Danger Danger) che collaborano al disco. E infine c’è lui, il leader Firmo, che con la sua timbrica sempre molto particolare riesce a non sfigurare affatto anche in questa sua inedita veste di frontman a tutto tondo della sua musica. Il suo cantato è preciso, intonato, carismatico, adatto a rendere esaltante ogni differente melodia di questa riuscita opera discografica di puro made in Italy rock melodico.

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Airrace – Untold Stories – recensione

18 Ottobre 2018 8 Commenti Lorenzo Pietra

genere: Hard Rock
anno: 2018
etichetta: Frontiers Records

La moda dei come back negli ultimi anni sta ampliando la nostra collezione di dischi, sia per i nuovi appassionati sia per i vecchi nostalgici del rock. Da questa moda non potevano mancare gli storici Airrace, band inglese nata nel lontano 1982 grazie al chitarrista Laurie Mansworth il quale fece esordire il grande Jason Bonham alla batteria. Nelle prima formazione troviamo addirittura alla voce Phil Lewis (L.A.Guns) che fu subito estromesso dal gruppo. Solo a fine 1984 esce il primo disco Shaft Of Light, prodotto dal mostro sacro Beau Hill e che riscosse un grosso successo tra pubblico e critica. Pochi anni dopo le uscite di Bonham e Murrell fecero sciogliere definitivamente gli Airrace.

Grazie alla Frontiers ci sarà una storica reunion nel 2009 seguita da un buon disco nel 2011, mentre questo terzo capitolo Untold Stories conferma la freschezza creativa e la voglia di tornare on the road dei mitici Airrace. La varietà del sound che si sente in tutto il lavoro non fa altro che crescere il suo valore, dal Aor più puro, all’Hard Rock più Zeppeliniano troveremo 11 tracce di pura bellezza.

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Steve Perry – Traces – Recensione

17 Ottobre 2018 12 Commenti Iacopo Mezzano

genere: Pop Rock
anno: 2018
etichetta: Fantasy Records

Steve Perry è la voce del genere melodic rock, e forse uno tra i migliori cantanti della storia della musica moderna. Ritrovarlo nuovamente sulle scene, ad oltre vent’anni dal suo improvviso addio, è a tutti gli effetti la più eclatante notizia che potesse arrivarci in questi anni di inatteso revival AOR. Siamo ancora tutti in lacrime, non c’è niente da fare.

Ma il nuovo album Traces è in grado di non sfiguare di fronte al pesante passato artistico di questo musicista? E può questo disco essere considerato come una delle migliori produzioni recenti del genere? La risposta è decisamente complessa, e necessita più che una qualche considerazione.

Intanto pensiamo a come si è arrivati a questa produzione. A riaccendere la fiamma è stato un fatto molto doloroso per l’artista, ovvero la morte della sua fidanzata Kellie Nash, malata di cancro e deceduta al capezzale del compagno nel dicembre del 2012. La promessa di non isolarsi mai più dagli altri – fatta alla donna in punto di morte – ha spinto Perry a rivedere interamente il suo rapporto con la musica, che è tornata ad essere la valvola di sfogo con cui reagire al fresco e inconsolabile lutto, e con cui ritrovare le energie dopo una operazione alla gola (per rimuovere una massa insolita, rivelatasi poi essere un melanoma) avvenuta nel maggio 2013.

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Creye – Creye – recensione

14 Ottobre 2018 20 Commenti Giulio Burato

genere: Melodic Rock
anno: 2018
etichetta: Frontiers Music

Se volevamo trovare un candidato per la nomination di miglior debut-album dell’anno in ambito Aor/Melodic Rock o se volevamo trovare un album che esemplificasse l’idea di MelodicRock.it nel 2018, cari lettori, ecco il primo lavoro dei Creye, giovane ed effervescente band svedese.
La loro breve storia nasce a Malmo nel 2015 grazie all’idea di Andreas Gullstrand, chitarrista dei Grand Slam. Nel 2016 esce l’ottimo singolo “Never Too Late “ che l’anno successivo sarà inserito nell’EP d’esordio “Straight To The Top” che include anche la cover di “No Easy Way Out” di Robert Tepper (Rocky IV); al tempo della pubblicazione era presente in formazione la bellissima ugola di Alexander Strandell tanto da far sembrare i Creye, un progetto parallelo agli Art Nation. Il successivo ingresso, come nuovo front-man, di Robin Jidhed, figlio del grande Jim, ha ridato linfa e vitalità al progetto. Oggi i Creye hanno dunque un proprio DNA e non sembrano più il clone dei sopranominati Art Nation.

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Outloud – Virtual Hero Society – recensione

14 Ottobre 2018 8 Commenti Giulio Burato

genere: Melodic Rock
anno: 2018
etichetta: ROAR!

Quarto capitolo ufficiale per gli Outloud, band ellenica che sforna un buon hard rock melodico con qualche ingrediente di AOR, che andrò preventivamente a scorporare in alcuni aspetti positivi e negativi.

Aspetti positivi:
• La confermata presenza del cantante americano Chandler Mogel (Talon, Radio Exile, Khaos) e del poliedrico Bob Katsionis (Firewind), ideatore di questo progetto.
• La produzione di buon livello.

Aspetti negativi:
• Una copertina a dir poco brutta, sia per i colori sia per l’artwork; in termini di paragone, la medesima idea di base in “Generation Goodbye” dei Kissin’ Dynamite sembra quasi un’opera di Van Gogh.
• “Virtual Heroes” è un singolo dal buon lavoro di chitarra ma con un refrain difficile da cantare e di non facile presa (ululati inclusi).

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Poets of the Fall – Ultraviolet – Recensione

10 Ottobre 2018 4 Commenti Iacopo Mezzano

genere: Pop Rock / Cinematic Rock
anno: 2018
etichetta: Insomniac Music

Nati nel 2003 e da sempre guidati dal carismatico frontman Marko Saaresto, i finlandesi Poets Of The Fall festeggiano i loro 15 anni di carriera con la pubblicazione del loro ottavo disco Ultraviolet, uscito il 5 ottobre 2018 per la label Insomniac Music.

L’album si presenta come una continuazione di intenti rispetto al suo diretto predecessore Clearview (2016), che per primo aveva spostato il genere del gruppo verso un pop/rock ancora alternativo e cinematico, ma molto meno raffinato nello stile di quello composto dalla band nel suo forse migliore momento artistico (gli album Temple of Thought e Jealous Gods). Ultraviolet rimane infatti ancora perfettamente in bilico tra pop e rock moderno, ma questa volta lo fa con una vena da songwriters molto più solida ed articolata ripetto a quella recentemente mostrata, e con una produzione in studio nettamente superiore, che rilanciano il gruppo e rendono l’ascolto generalmente molto entusiasmante (complici anche i testi sempre poetici e magistralmente scritti).

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Ted Poley – Modern Art – recensione

10 Ottobre 2018 23 Commenti Leonardo "Lovechaser" Mezzetti

genere: Aor
anno: 2018
etichetta: Indipendente

Ah Ted.. io sarò sempre uno dei tuoi più accaniti sostenitori, su questo non ci sono dubbi! A volte sento ancora esplodere dentro di me Rock America, o il malinconico intro tutto brividi di Don’t Walk Away. Sì, lo so, ragazzi, sono tempi perduti per sempre..

Ma anche senza farsi travolgere dalla nostalgia, nel desolato mare dell’Aor di adesso, con pochi mostri sacri rimasti “on fire” (Treat) e le nuove leve molto poco convincenti, io mi accontenterei anche di meno. Purtroppo, invece, devo ammettere che il caro Ted sta perdendo colpi! Già il precedente lavoro uscito nel 2016 era veramente trascurabile, ma soprattutto questo Modern Art rappresenta una profonda delusione.

Ted Poley, in assoluto tra i miei cinque cantanti preferiti, insieme ai Degreed, a mio parere una delle bands migliori di nuova generazione.. le mie aspettative su questo album erano decisamente alte. Ma ben presto, fin dai preview che hanno preso a circolare, è stato subito chiaro che eravamo lontano anni luce dai fasti del passato.

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