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Dogface – From The End To The Beginning – Recensione

30 Giugno 2019 5 Commenti Alberto Rozza

genere: Hard Rock
anno: 2019
etichetta: Scandirock Records

Nuova uscita per i Dogface di Martin Kronlund, artista scandinavo fortemente influenzato dai giganti dell’hard rock anni ’70 – ’80, come Thin Lizzy, Rainbow e Deep Purple.

Inizio molto convincente con la cupa “Don’t”, incredibile nell’intensità vocale e nel trasporto strumentale. Si passa alla successiva “No Wanted”, stupenda in tutte le sue sfaccettature e perfettamente cesellata: ritmica spietata, parti solistiche interessati e soprattutto una performance vocale strabiliante di Mats Levén. “A Single Reason” si mantiene su buoni livelli, senza eccessi di pathos, ma comunque coinvolgendo gradevolmente l’ascoltatore. Alla quarta traccia troviamo la classica (come si diceva una volta) ballad: sinuosa, sensuale e raffinata, “I Will Be There” mostra tutte le caratteristiche e i crismi del lento anni ’80, coi suoi cambi di dinamica e frasi solistiche di chitarra veramente pregevoli. “Sleeping With The Enemy” è carica di adrenalina, con il suo riff tagliente e spietato, dalle ottime particolarità armoniche, e fa il paio con la titanica “Footsteps On The Moon”, ridondante e ricca, sempre farcita da un ottimo tappeto di tastiera. Sicuramente più veloce, “Right Between The Lies” si attesta ampiamente sulla sufficienza, soprattutto per merito di un ritornello orecchiabile e sontuoso. “Alone Again” stupisce per aggressività e per la prestazione strumentale globale della band, che ancora una volta ci propone una vera chicca, tagliente e avvolgente. L’unica pecca di questo ottimo lavoro può essere rintracciata nelle eccessive tracce (ben 15!), che lo fanno sembrare lungo e alle volte leggermente ripetitivo: è questo il caso di “Can’t Face Tomorrow” e “You’re Taken Me Down”, due grandi brani, splendidamente strutturati, dalla resa superba, ma che poco emergono dall’immensa giungla dell’hard rock.

“I Don’t Care” serve a ristabilire gli equilibri tra potenza e levità: brano dalle peculiarità melodiche e armoniche interessanti, dalla trama contorta ed enigmatica, risulta complessivamente fiero e convincente. Se siete in cerca di qualcosa di veramente classico e canonico eccovi servito “Leave This War”, in pieno stile Dogface, che strizza l’occhio anche ai primi Whitesnake. “Spit It Out” risente pesantemente di influenze melodic e contemporanee, e soprattutto della presenza preponderante del synth, al contrario della più “old school” “Rule The Night”. Arriva “Let It Out”, sulle cui note cadenzate si conclude l’album, decisamente gradevole sia dal punto di vista musicale che energetico, una vera scoperta per tutti gli amanti dell’hard rock puro e ben eseguito.

THE TREATMENT – Power Crazy – Recensione

26 Giugno 2019 1 Commento Luka Shake Me

genere: Hard Rock
anno: 2019
etichetta: Frontiers Music srl

Il Rock ‘n Roll nudo e crudo sembra stia vivendo negli ultimi anni una nuova rinascita; le composizioni seppur ancorate a registri scritti e riscritti, si fanno importanti e ciò aiuta a metabolizzarne i più recenti full. Proseliti dunque per ciò che ancora aggi sembra avere un ruolo importante fra i cultori del rock duro; a tal proposito mi ritrovo a recensire il ritorno dei britannici The Treatment con il nuovo “power crazy”. Ho avuto modo di fare un po’ di “zapping” e il mio iniziale responso vira verso una sicura sufficienza, staremo a vedere.

continua

Nitrate – Open Wide – recensione

26 Giugno 2019 6 Commenti Giulio Burato

genere: Melodic Rock
anno: 2019
etichetta: AOR Heaven

Per la prima volta, da quando faccio parte del cast di MelodicRock.it (grazie Denis), sono a recensire due uscite discografiche consecutive di una stessa band.
Era il 20/08/2018 quando terminai la recensione di “Real world” dei Nitrate (qui la recensione), con riferimento alla copertina, con le seguenti, testuali parole:

“Al prossimo viaggio spazio-musicale”

Mai parole furono così azzeccate, visto che, oggi, tale viaggio riprende con “Open Wide”, in uscita il 21 Giugno via AOR Heaven col sempre prezioso lavoro di Harry Hess in fase di masterizzazione.
continua

X-Plicit – Like A Snake – recensione

26 Giugno 2019 4 Commenti Alberto Rozza

genere: Hard Rock / Street Rock
anno: 2019
etichetta: Sneakout Records

In arrivo l’album di debutto degli italianissimi X-Plicit, band hard rock fondata dal chitarrista Andrea Lanza.

Partenza arrembante sulle note di “Hell Is Open”, dal groove suadente e trasportante, pezzone che si rimanda perfettamente alla scena sleazy. “The Great Show” presenta una struttura quadrata e ben inquadrabile, con riff puramente hard mischiati a una linea vocale convincente.
La velocità aumenta con “You Don’t Have To Be Afraid”, cadenzato e corposo, dall’ottimo e oscuro bridge, che misticamente si catapulta in “Shake Up Your Life”, dalla trama poderosa e martellante, pregevole per alcuni passaggi della batteria.
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Billy Pettinger – Look At Me, I’m Fine – Recensione

23 Giugno 2019 7 Commenti Iacopo Mezzano

genere: Rock / Folk / Alternative
anno: 2019
etichetta: Lost Records

Patreon è una nuova piattaforma di crowdfuding che consiste in una sorta di abbonamento mensile di finanziamento in cambio dell’accesso privilegiato a contenuti esclusivi limitati ai soli donatori.
Attraverso questo sistema ho potuto seguire la totale genesi del nuovo album di Billy Pettinger, musicista canadese conosciuta anche come Billy The Kid e migrata da qualche anno in Alabama, intervenendo in modo critico (assieme ad altri 70 fans solidali) con consigli, suggerimenti, correzioni o quant’altro, sulle prime registrazioni (poi divenute demo, poi raw track in studio, e infine tracce finite) di questa sua nuova produzione discografica, intitolata Look At Me, I’m Fine e uscita da qualche settimana per la label Lost Records.

Billy ritorna così a registrare un disco dopo tre anni di silenzio discografico, e per la prima volta dal 2014 lo fa supportata da una sezione ritmica composta dal batterista Chris Barnes e dal bassista James Menefee (che già aveva suonato con lei nell’album Ours (2011)). Il platter è stato interamente prodotto e mixato dalla stessa Pettinger ai suoi Lost Studios di Harvest, Alabama, mentre la batteria è opera di Jeremy Stephens e dei suoi Clearwave Studio di Decatur, Alabama, e il basso di Roy Thomas Preztel e dei Abby Rd. Studio, con il mastering seguito da Brock McFarlane ai CPS Mastering di Vancouver, British Columbia. Il suono è pulito ma corposo, e il clima generale è quello tipico del rock a tinte folk e alternative di questa artista, da sempre ispirata da leggende quali Billy Bragg, Bob Dylan, The Band, Neil Young, Joni Mitchell, Jackson Browne e Ryan Adams.

Look At Me, I’m Fine è aperto dal singolo Smoke, una traccia intima e melodica che esordisce con la sola chitarra acustica in accompagnamento alla voce espressiva di Billy, e che guadagna poi cosistenza con l’attacco della sezione ritmica. E’ un brano molto orecchiabile, dotato di un ottimo refrain, che è seguito da Failure to Launch, un’altra canzone dal mood un po’ oscuro e depresso, ma dal bel ritmo e con un nuovo ritornello ad effetto che non deluderà di certo i fans.
Successivamente, largo alla title track Look At Me, I’m Fine, un brano decisamente rock e molto più sostenuto dei precedenti, oltre che più positivo e arioso sia nelle sue liriche che nel suo refrain. Il pianoforte solitario di No One Will Notice apre invece a una della canzoni più tristi del disco, nella quale la voce delicata di Billy ci racconta di un amore finito male e delle sensazioni di abbandono che comporta, e Call It Off (che nel suo giro di chitarra acustica ricorda un po’ l’ultimo brano contenuto nel disco del 2014 Horseshoes & Hand Grenades) mantiene simili le tematiche e i sentimenti, ma la fa attraverso melodie meno oscure e sommesse.

Largo poi a The Awful Truth, una canzone di pura tradizione folk americana e una delle tracce più riuscite del lotto, e all’altrettanto eccellente Ghosties, un componimento agrodolce dotato di una bellissima linea melodica vocale e di ottime basi strumentali. Segue Dogs, una breve traccia folk acustica dedicata a tutti i migliori amici dell’uomo del mondo, e un altro brano solitario e nostaglico, A Woman on the Brink, che mette di nuovo sotto i riflettori Billy e la sua capacità di trasmettere le sue emozioni in chi ascolta. Infine, cala il sipario con il commiato So Long, It’s Been Fun, ottima traccia di chiusura ricamata di sentimenti e melodie, che sigilla un album un po’ intimo e solitario, spesso un po’ triste, ma davvero emozionante e comunicativo.

IN CONCLUSIONE

Credetemi quando dico che Billy Pettinger è un’artista differente dalle altre.
Anche in questa produzione infatti, la canadese è stata in grado di spogliarsi delle sue vesti, mettendosi a nudo in ogni canzone con tutta la sua sensibilità, cantandoci della sua vita, delle sue esperienze, delle sue difficoltà e delle sue paure con totale trasparenza ed onestà.

Testi ancora una volta al limite del poetico accompagnano qui melodie talvolta ariose, talvolta più cupe e depresse, e il ritorno della sezione ritmica a seguito della chitarra da finalmente un senso di compiuto all’insieme, coronando un album che si inserisce facilmente tra le migliori produzioni della canadese.
Bentornata Billy!

Alchemy – Dyadic – recensione

06 Giugno 2019 12 Commenti Denis Abello

genere: Melodic hard Rock
anno: 2019
etichetta: Street Symphonies Records / Burning Minds Music Group

Signori, stappate la vostra Birra migliore (o il solito Champagne se siete un po’ più fighetti raffinati…) perchè qui c’è da festeggiare! Perchè un album come questo Dyadic dei nostrani Alchemy ci (ri)porta ad “emozionarci”.
Fermi tutti, prima di partire a svalangarmi addosso camionate di improperi sul discorso “emozione” ecc. ecc. datemi appena il tempo di buttare giù un paragone che calza alla perfezione in questo contesto (non è vero ma visto che mi è venuto in mente or ora ve lo beccate comunque).

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Cats In Space – Daytrip To Narnia – recensione

06 Giugno 2019 5 Commenti Luca Driol

genere: hard rock / pomp rock
anno: 2019
etichetta: Harmony Factory / Cargo Records UK

Andate in brodo di giuggiole per Queen, E.L.O. e per il pomp-rock?

Allora questi Cats In Space potrebbero diventare una delle vostre band preferite!
Dopo uno stratosferico esordio, “Too Many Gods” del 2015 e un altrettanto valido come-back pubblicato due anni dopo, i britannici, puntualissimi, danno alle stampe il loro terzo full-lenght e questa volta l’asticella si sposta verso sonorità più vicine ai Queen.

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The Brink – Nowhere to Run – recensione

06 Giugno 2019 12 Commenti Giulio Burato

genere: Rock / Hard Rock / Punk Rock
anno: 2019
etichetta: Frontiers Music Srl

Direttamente dalla NWBHR, ecco The Brink, nuovo gruppo pescato da Frontiers; formato da Tom Quick alla voce, Lexi Laine e Izzy Trixx alle chitarre, Gaz Connor al basso e Davide Drake Bocci alla batteria.
I ragazzi d’oltre Manica non nascondono i loro riferimenti musicali tanto da dichiararli apertamente nei testi (il “Tommy and Gina” basta e avanza) anche se qualsiasi similitudine, ora, è fuori dal mirino.
continua

Restless Spirits – Restless Spirits – Recensione

02 Giugno 2019 7 Commenti Alberto Rozza

genere: Melodic Rock
anno: 2019
etichetta: Frontiers Music

In arrivo il nuovo album partorito dalla mente dell’eclettico chitarrista Tony Hernando, che mette a disposizione in suo incredibile talento per alcune delle voci più interessanti del panorama hard rock contemporaneo.

Si parte con “Stop Livin’ To Live Online”, dal messaggio chiaro e diretto, dalla trama strumentale interessante e tagliente, che in modo ottimale risalta la voce di Johnny Gioeli. Grande impatto emotivo e sonoro per la titanica “Unbreakable”, dal ritornello riconoscibile e orecchiabile, un brano canonico ma incredibilmente fresco e godibile. Gli animi si scaldano con la conturbante e scatenata “I Remeber Your Name”, cadenzata e potente, che penetra fino in fondo nell’anima dell’ascoltatore, il quale si sente pienamente “dentro” la canzone. “’Cause I Know You’re The One” arremba, mettendo in mostra un’ottima sezione ritmica, grossa e ben strutturata, quadrata e granitica, che la consacra tra le tracce migliori dell’album. “Nothing I Could Give To You” è l’ennesima dimostrazione delle capacità compositive di Hernando, che convoglia in questo brano grande capacità espressiva strumentale alle incredibili doti di Gioeli.

Leggermente sottotono, passa senza grandi acuti “Calling You”, che introduce la successiva “Live To Win”, decisamente più convinta e convincente, soprattutto nelle ritmiche sfrenate. Sempre sulla stessa lunghezza d’onda delle precedenti troviamo “You And I”, delicata e oscura, dagli ottimi spunti chitarristici. Dopo l’immancabile lento “When It Comes To You”, troviamo “Lost Time (Not To Be Found Again)”, sempre molto simile e affine a tutto quanto precedentemente ascoltato. Ultimo acuto con “In The Realm Of The Black Rose”, che mette la parola fine su un lavoro ottimamente congegnato, reso in modo ineccepibile ma con qualche pecca di originalità diffusa.

Uncledog – Passion Obsession – Recensione

02 Giugno 2019 0 Commenti Iacopo Mezzano

genere: Hard Rock / Grunge
anno: 2019
etichetta: Vrec Music Label

Gli Uncledog sono una rock band padovana attiva dal 2008 che è ritornata sul mercato discografico nel febbraio 2019 con il suo secondo album Passion Obsession, disponibile nel catalogo dell’etichetta Vrec (e distribuito da Audioglobe).

L’album, che è un concept sulle passioni umane, è stato registrato dal produttore multiplatino Pietro Foresti e segue di cinque anni il precedente lavoro Russian Roulette, dal quale differisce per le sonorità rock oggi più moderne, seppur ancora figlie dell’hard rock/grunge un po’ alternativo degli anni’90 (e per questo simili a Incubus, Staind, Biffy Clyro). Con un gusto più personale nella composizione, questi ragazzi danno vita a una serie di tracce frizzanti, interpretate con tecnica e attitudine, ammiccanti nello stile e nei suoni, che non hanno paura di losare e di avvicinarsi a generi e stili differenti da quelli più tipicamente rock.

Il songwriting e l’intepretazione del gruppo sono ottimali, come ci dimostra la traccia di apertura O.E.K.E., dotata di un bel riff di chitarra e di un deciso groove ritmico su cui si muove la estesa e inebriante vocalità del cantante Nico. Let Me Dive è un altro motivo di grande positività e di forte impatto, con quelle sue chitarre funky che danno forza al ritmo ed energia all’insieme, mentre Four Leaf Clover ha il coraggio di sfiorare il reggae su un motivo che ha però le solide fondamenta del rock. E’ tempo di melodia e atmosfere più soft con la succulenta ballad First Time, a cui segue il pezzo più interessante del lotto, ovvero Wow, un brano che ha suoni un po’ da spiaggia e un non so che di radiofonico che non può lasciarci fermi sulle nostre seggiole, ma che ci fa venire la voglia di saltare in piedi e muoverci come dei forsennati!

Ancora energie positive e melodie in primo piano con Take a Look, seguita da una Anything Else che strizza l’occhio al rock alternativo con gusto e senza snaturarsi rispetto alle precedenti. Infine, ecco Blush e il suo bel ritmo e il suo grande groove, prima di Thoughtful e Her, due ottimi motivi funky/rock, uno più sostenuto e l’altro più soffuso, che fanno da ottimo commiato a un platter divertente e di qualità.

IN CONCLUSIONE

Se siete alla ricerca di un rock anni’90 a tinte grunge/alterantive che sappia essere sempre frizzante, ricco di melodia, e di energie positive, beh, Passion Obsession degli Uncledog è esattamente il disco che fa per voi!

Un altro ottimo tassello del sempre più vasto panorama rock italiano di qualità internazionale.