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Vandenberg – 2020 – recensione

30 Maggio 2020 5 Commenti Alberto Rozza

genere: Hard Rock
anno: 2020
etichetta: Mascot Records

La storia dell’hard rock. Quando si sente il nome di Adrian Vandenberg tornano alla memoria pagine indelebili degli anni d’oro del rock e del metal anni ’80, sia per la sua militanza nei Vandenberg, che soprattutto per la lunga, prolifica e gloriosa militanza negli Whitesnake di David Coverdale, coincidente col periodo di maggior successo della band. Il buon Adrian sarà all’altezza della sua fama?
Lo stile compositivo e la pacca sonora che emergono immediatamente sull’iniziale “Shadows Of The Night” sono strepitosi: ritmica serrata, con una prova globale sontuosa, voce che si insinua nella struttura musicale in modo pertinente e una tecnica solistica dello stesso Vandenberg inalterata e caratteristica. “Freight Train”, dalla cadenza piacevole, risulta canonica, perfettamente inquadrata nel genere e nel gusto della band (i membri provengono da un ambiente molto omogeneo, quindi riconoscibile e codificato).
continua

Gathering Of Kings – Discovery – recensione

30 Maggio 2020 5 Commenti Stefano Gottardi

genere: AOR
anno: 2020
etichetta: RN Records

I Gathering Of Kings sono nati come progetto melodic hard rock di Ron e Nina Dahlgren, fondatori dell’importante webzine scandinava e della relativa booking agency Rocknytt. L’intento dei due era quello di riunire una serie di musicisti svedesi e realizzare un disco sulla scia dei Phenomena o degli Avantasia. Con Victor Olsson (Saffire) ad occuparsi della stesura dei pezzi, ed il prezioso contributo di membri di Pretty Maids, Masterplan, Soilwork, The Night Flight Orchestra, Treat, Within Temptation, Eclipse e Crashdïet, nel 2019 ha visto la luce il debut album First Mission. Pubblicato dalla misconosciuta RN Records, ed introvabile in formato fisico praticamente appena uscito, il disco è riuscito grazie alla potenza della rete a far parlare parecchio di sé appassionati e addetti ai lavori. E perlopiù in termini positivi. continua

Collateral – Collateral – Recensione

28 Maggio 2020 6 Commenti Stefano Gottardi

genere: Rock/Hard Rock
anno: 2020
etichetta: Roulette Media

Nati alcuni anni or sono come The Angelo Tristan Band, degli inglesi Collateral si è cominciato a parlare in concomitanza del debut EP 4 Shots, al quale il 21 Febbraio 2020 ha fatto seguito il disco d’esordio autointitolato. Anticipato da tre singoli molto ben accolti sulle radio inglesi, l’album licenziato dalla Roulette Media contiene 9 canzoni nella versione digipack di cui siamo in possesso. Il booklet di otto pagine è completo di foto e di tutti i testi. Il platter, che ha raggiunto la quinta posizione nella classifica rock ufficiale inglese la settimana stessa della sua pubblicazione, ripercorre nelle intenzioni certe storiche uscite di arena rock 80iano tipicamente americane. La quadrata “Mr. Big Shot” apre le danze prendendo per mano l’ascoltatore e conducendolo in pochi secondi verso un ritornello catchy e danzereccio che è come un tuffo dal trampolino in una tipica piscina da party selvaggio degli anni d’oro. Le influenze delle classiche stadium band come Def Leppard, Aerosmith, Extreme e Bon Jovi (quella senza dubbio più marcata), si odono chiaramente anche nell’energica “Promiseland” e nella più sudista “Merry Go Round”. La linea è tracciata, e il sound non si allontana mai dalla strada maestra, mostrando le buone doti del quartetto in materia di songwriting. Sicuramente le ambizioni sono un po’ smorzate da una produzione che non può gareggiare con quelle degli artisti a cui il gruppo si ispira, e da un periodo storico che taglia le gambe a dischi di questo tipo, ma negare che i ragazzi abbiano un certo talento sarebbe scorretto. Brani come “Lullaby”, “Midnight Queen” (l’unica canzone ripresa dall’EP) o “Won’t Stop Me Dreaming” ne sono la conferma, prima che la più lenta “About This Boy“ metta la parola fine ad un lavoro breve ma intenso. Nove brani magari possono sembrare pochi, ma è sempre meglio mettere un pezzo mediocre in meno che uno in più, rendendo snella e scorrevole la tracklist e piacevole l’ascolto.

IN CONCLUSIONE

Un convincente mix di hard rock e blues con una spruzzata di country e qualche inserto di modern rock qua e là ad attualizzare la proposta, con un’evidente aura bonjoviana a settare le coordinate. Angelo Tristan (voce, chitarra), Todd Winger (chitarra), Jack Bentley-Smith (basso) e Ben Atkinson (batteria) difficilmente potranno ripercorrere le orme dei loro idoli, ma sono sulla buona strada per un futuro che potrà essere comunque proficuo e appagante.

The Ragged Saints – Sonic Playground Revisited – recensione

28 Maggio 2020 3 Commenti Giulio Burato

genere: Melodic Hard Rock
anno: 2020
etichetta: AOR Heaven

The Ragged Saints sono un interessante gruppo finlandese alla seconda uscita discografia, sette anni dopo il debutto “The sound of breaking free”. Tanta attesa però è ben ripagata da questo “Sonin Playground Revisited”, frizzante e variopinto come la copertina.
Il gruppo si ispira a gruppi come Europe, Whitesnake, Ratt ed al recente filone del rock scandinavo.
L’album è uscito tramite AOR Heaven ad inizio 2020 ed è composto di dieci canzoni. Tra le meglio riuscite il singolo “Take me with you” con un refrain facile da assimilare, infarcito di tastiere, e la suadente “Just believe” con un interessante lavoro acustico e dall’assolo elettrico ben strutturato . continua

Thirteen Stars – Finest Ramshackle Jam – recensione

27 Maggio 2020 1 Commento Alberto Rozza

genere: Classic Rock
anno: 2020
etichetta: Rock People Music

In un mondo dove spesso il successo si basa su click, like o simili, i Thirteen Stars si presentano come un vero e proprio antidoto: sinceri, profondi e ispirati, un’ottima sorpresa musicale!
Brani rapidi, sintetici, diretti: questa sembra essere la caratteristica della band, che si presenta con “I’m Ready”, iconica, coinvolgente e cantabilissima, che da subito immerge l’ascoltatore in un ambiente positivo e confortevole. “Running So Long” ha un sapore nostalgico (con esplicita dedica al compianto Tom Petty), classico, che rimanda alla mente orizzonti sconfinati e gli infiniti chilometri percorsi nella vita. Si prosegue sulla via delle sensazioni, “Sweet Lies” ricorda i momenti passati dalla band con i colleghi The Quireboys, ricordando in alcuni passaggi sonorità molto springsteeniane. Con “Give It Good” si esplora una nuova gamma sonora: spezzettata, cadenzata e suadente, risulta essere complessivamente evocativa e scanzonata. Arriviamo alla cruenta e tagliente “Sleeping”, ennesima ottima sfaccettatura di genere dei Thirteen Stars, che in questo caso esprimono la giusta durezza sonora unita a una trama delineata e piacevole. Suono pieno e massiccio per “Sourcery”, strabiliante strutturalmente de dal gusto impeccabile: brano di spessore assoluto. I toni si fanno frizzanti e scanzonati su “Be There In The Morning”, narrativa, eclettica, retrò, una canzone che ti apre il cuore nel vero senso della parola. Essenziale, compatto e sonoro, l’album prosegue con “I’d Do Anything”, lieve e ritmata, perfettamente cesellata, con una struttura musicale che si lascia naturalmente completare dalla linea vocale. Nubi rock blues si addensano sulla riconoscibilissima “Mint Jelly”, canonica, saporita ma nel complesso autentica. “Rebel”, con le sue sonorità e cadenze molto “americane” si fa amare al primo ascolto, così come la successiva “Steel Horse”, tintinnante, profondamente southern, che completa un’accoppiata ben congeniata. Con “Keep Calm And Carry On” si attraversano territori più mainstream e commerciali, capaci di saziare l’appetito di un pubblico vasto e multi – genere, fatto che dimostra l’assoluto gusto e capacità della band nel comporre brani sempre accattivanti e interessanti. Movimentata e martellante, “Razor’s Edge” è un pezzone di grande bravura strumentale, una dimostrazione stilistica dura e pura, ottima a variare e spezzare la dinamica del disco, così come la sua “naturale” continuazione “Break It Down Slowly”, senza pietà, puramente rock, dall’anima e dal sapore inconfondibile. Strumentalmente importante, con un intro acustico emozionante e con un solo di chitarra prolungato e insistito, “Only A Soldier” (il brano più lungo presente in questo lavoro) conclude questo album strepitoso, originale sotto molti versi, ricco di spunti e soprattutto dall’identità musicale indiscutibile, segno di una grande consapevolezza e di un grande sforzo compositivo.

Room Experience – Another Time and Place – recensione

23 Maggio 2020 13 Commenti Denis Abello

genere: Melodic Rock
anno: 2020
etichetta: Art Of Melody - Burning Minds Music Group

Vi è piaciuto il primo lavoro dei Room Experience… bene, vi piacerà anche questo! In caso contrario? Ascoltatevi questo nuovo Another Time and Place e ricredetevi sul debutto perchè al sottoscritto è piaciuto (nuovamente) tanto!
Bene o male infatti anche in questa nuova fatica marchiata Room Experience, che vede sempre in sala di regia il buon Gianluca Firmo e come compagni di ventura la coppia AOR Davide “Dave Rox” Barbieri / Pierpaolo “Zorro” Monti, stile, forma e risultato ricalcano il livello del debutto.
A chiudere il cerchio troviamo la “solita” ottima band di contorno con David Readman a fare il primo uomo davanti al pubblico (trad. Frontman) con alle spalle Gianluca Firmo e Davide “Dave Rox” Barbieri a giocarsi cori e tastiere dei pezzi, Steve De Biasi alla chitarra, Simon Dredo al basso e nelle retrovie Pierpaolo Zorro Monti alla batteria.
Nutrita e variegata la lista degli ospiti che vede Alessandro Del Vecchio (Hammond e ancora una volta al mix e mastering), Sven Larsson (Street Talk, Raintimes – chitarra), Iván Gonzalez (91 Suite, Raintimes, Secret – chitarra), Stefano Zeni (Wheels Of Fire, Maryan – chitarra) Matteo Serra (Streetlore, Maryan, Charming Grace, Sovversivo – chitarra), Lorenzo Foddai (Airbound – chitarra) e Marcello Spera (Alchemy – cori).
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Autumn’s Child – Autumn’s Child – recensione

20 Maggio 2020 9 Commenti Denis Abello

genere: Melodic Rock
anno: 2020
etichetta: AOR Heaven

Autumn’s Child, figli (neanche tanto) illegittimi dei Last Autumn’s Dream… infatti mi sono posto per lungo tempo la domanda su che senso avesse abbandonare (o parcheggiare temporaneamente) il moniker Last Autumn’s Dream e passare al nuovo Autumn’s Child quando, diciamocelo chiaramente, negli ultimi anni Last Autumn’s Dream = Mikael Erlandsson = (quindi) Autumn’s Child… o forse no!
Infatti se è vero che dei Last Autumn’s Dream degli albori (primi due album), che vedevano Mic Michaeli, Ian Haugland, John Levén, Thomas Lassar, Marcel Jacob, Andy Malecek non è rimasto più nessuno e che quindi i LAD bene o male si identificano con il solo Erlandsson è anche vero che qui lo stesso si circonda di artisti in grado di dare nuovamente il loro supporto anche in fase di stesura dell’album, vedi Jona Tee degli HEAT. Oltre a lui concludono la line up Robban Bäck (ex Eclipse, Mustasch), Claes Andreasson (Heartbreak Radio), Pontus Åkesson (Moon Safari)… quindi forse è lecito aspettarsi qualcosa di più rispetto agli ultimi, e per il sottoscritto, poco ispirati LAD.
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FM – Synchronized – Recensione

19 Maggio 2020 69 Commenti Iacopo Mezzano

genere: Melodic Rock
anno: 2020
etichetta: Frontiers Music Srl

Esco allo scoperto: da diversi mesi soffro della sindrome da foglio bianco, ovvero del blocco dello scrittore.
Chi più segue questo nostro sito si sarà certamente accorto di quanto io ne sia diventato latitante, tanto che le possibilità di leggere una mia recensione, ma anche un mio semplice commento a piè di pagina, sono ormai crollate al ribasso come lo spread italiano. E’ una situazione che mi sta creando davvero noia, e che mi ha portato ad isolarmi ogni qual volta mi sono trovato di fronte a una pagina bianca che non riuscivo ad annerire con le lettere dei miei pensieri. Ho continuato ad ascoltare musica per mesi senza riuscire a sviluppare un qualcosa che mi soddisfasse veramente, questo mentre segretamente applaudivo di fronte alla bravura dei nostri nuovi recensori, invidiando il loro entusiasmo e la loro passione perchè in me invece mancanti. E così ho smesso di frequentarvi nel momento in cui ho iniziato a sentire in questo mio silenzio un motivo di vergogna verso tutti coloro che apprezzavano i miei articoli, o che in qualche modo attendevano i miei verdetti sui dischi usciti sul mercato. Insomma, è tutto un po’ uno schifo.
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CWF (Champlin, Williams, Friestedt) – II – recensione

16 Maggio 2020 8 Commenti Denis Abello

genere: Weast coast / AOR
anno: 2020
etichetta: Black Lodge Records

CWF… si sancise per la seconda volta (senza contare il mini ep 10 Miles e il Live in Concert) il patto tra Champlin, Williams, Friestedt per dare alla luce questo II… e se siete amanti del West Coast AORizzato (cioè con le chitarre qua e la belle presenti… o almeno così lo classifico io), allora potreste chiudere qui baracca e burattini e fiondarvi all’ascolto di questo ispiratissimo (a parte nel titolo) II.
Non voglio neanche stare a dover precisare chi sono i due pesi massimi del progetto, Joseph Williams (TOTO) e Bill Champlin (CHICAGO), ma l’ho appena fatto e vi bastino i nomi che ho messo tra parentesi… e se non sapete chi sono le due band citate i casi sono due, siete qui per hackerare il sito o il Buon Dio vi ha dato una seconda possibilità di dare un senso alla vostra vita e di scoprire le due band sopra citate.
Peter Friestedt, mastermind del progetto, invece altro non è che uno Svedese “Guru” della chitarra stile weast coast… il suo tocco raffinato ed elegante è talmente naturale da far sembrare questo stile (bello complesso!) alla portata di tutti… ma scordatevelo, o nelle vostre dita prima ancora del sangue sono scorsi litri di Blues, Rock, Jazz o a questo livello non suonerete mai!

continua

Arkado – Never Say Never – recensione

15 Maggio 2020 1 Commento Giulio Burato

genere: AOR
anno: 2020
etichetta: AOR Heaven

Gli Arkado sono una nuova melodic band del roster di AOR Heaven; fondata nel lontano 1983 a Ödåkra, vicino a Helsingborg, in Svezia. In origine, il gruppo era chiamato BB2 (Better Be Together) e registrò un singolo in vinile, che divenne l’inno della squadra di calcio Ödåkra IF, tutt’oggi suonato lì a ogni partita.
Nel Maggio 2018, i riformati BB2 eseguirono un concerto dal vivo nella loro città natale, registrando il tutto esaurito; da lì a poco il cambio di nome con l’inserimento di alcuni nuovi membri, da cui nasce Arkado, ossia il nome della cittadina svedese, letto al contrario. Il disco risultante da questa sorta di reunion s’intitola “Never Say Never” ed è stato prodotto da Mikael Svensson.
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