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04 Ottobre 2020 15 Commenti Iacopo Mezzano
genere: Rock / Blues / Soul / Funk
anno: 2020
etichetta: Escape Music
Forte di una formazione stellare, che vanta i nomi di Tommy Denander alle chitarre e alle tastiere, di Brian Tichy (Billy Idol, Foreigner, Ozzy Osbourne) alla batteria, e di Brian Anthony (Steve Walsh) al basso e all’hammond, Scandalous è il quinto e nuovo album solista del cantante britannico Steve Overland, celebre voce dei britannici FM.
Peculiarità di questo disco rispetto alle precedenti edizioni a titolo Overland, è la volontà del cantante di esplorare le sue influenze musciali e artistiche più primitive, giungendo così a comporre una serie di canzoni molto più legate al panorama blues, funky, soul e rock tradizonale, rispetto al sound AOR/rock melodico (o più semplicemente di derivazione FM) a cui l’artista ci ha abituati nel corso degli anni.
Nasce così un album di più difficile assimilazione, ma non meno interessante dei precedenti, che ha il vanto di risultare divertente e divertito dalla prima all’ultima traccia, e dotato di grande attitudine, groove e anima.
continua
02 Ottobre 2020 5 Commenti Vittorio Mortara
genere: AOR / Pop Rock / Pomp Rock
anno: 2020
etichetta: Frontiers Music Srl
Nato a Chicago il 18 febbbraio del 1947, Dennis De Young, cantante, tastierista e compositore, è stato uno dei membri fondatori degli Styx nei primissimi anni settanta. In ben 50 anni di carriera ha pubblicato, con la band madre e da solista, almeno una trentina di album. Negli anni 80 ha partecipato alle colonne sonore di diversi film e nel 1996 ha composto una propria versione del musical “Il gobbo di Notre Dame”. Insomma, senza dilungarci troppo, il nostro ha un curriculum che definire di tutto rispetto è dire poco.
26 East vol.1 è il primo di una coppia di album composti da Dennis come il proprio canto del cigno, avendo deciso, dopo il tour commemorativo con gli Styx, di pubblicare un ultimo lavoro solista per celebrare tutto l’excursus della sua carriera. Lavoro che, poi, si è sdoppiato in due volumi perché il numero dei pezzi composti si è rivelato abbondante e di ottima qualità. E questo non può che renderci felici, perché, ve lo anticipo subito, questo è proprio un bel disco!
Che musica dovremmo aspettarci a questo punto da un personaggio come De Young?
continua
02 Ottobre 2020 3 Commenti Yuri Picasso
genere: Melodic Rock
anno: 2020
etichetta: Frontiers Music Srl
La nostrana Frontiers si ritrova a pescare ancora in Brasile. Dopo l’ottimo esordio degli Electric Mob ecco arrivare da Coritiba i Landfall guidati dalla voce di Gui Oliver , timbro alla Kevin Chalfant che avevamo potuto apprezzare anni fa nel gruppo Auras.
L’ispirazione è il più classico dei revival del melodic rock tardi anni 80 / primi 90 rivisto (non c’è il bisogno di dirlo) in chiave moderna.
Se per gli Electric Mob la stampa specializzata e non ha speso ottime parole, si può fare altrettanto per i Landfall ? Abbiamo provato nuovamente la sensazione di un disco in grado di accendere fuochi d’artificio o piuttosto un fuoco opaco in grado di riscaldare quel tanto che basta questo inizio di autunno 2020 ?
Alle mie orecchie la risposta corretta è la seconda.
Ci sono mestiere (e lo dico in senso buono), capacità, volontà di andare oltre gli schemi propri del genere (ascoltare “Hope Hill” per farsi un’idea), alternate da fillers che non sono in grado di dare continuità a pezzi comunque riusciti.
In una parola discontinuità; e un po’ di confusione sulla strada da intraprendere.
Perchè se da una parte si denota l’amore per i Journey, i The Storm, lo stile di chitarra di Neal Schon e Josh Ramos, dall’altra si ascolta un’incertezza che finisce per presentare in scaletta pezzi anonimi che non possono far altro che abbassare il voto finale dell’opera.
02 Ottobre 2020 3 Commenti Giulio Burato
genere: Melodic Hard Rock - Sleaze Rock
anno: 2020
etichetta: Frontiers Music Srl
Siamo già alla quinta uscita discografia per i nostri connazionali Hell In The Club che ci danno dimostrazione, se ce ne fosse ancora bisogno, delle loro qualità con idee sempre interessanti, creatività, tecnica e gusto musicale; in dodici anni di onorata carriera, tali doti non sono mai mancate.
Nella recensione del precedente lavoro “See you on the dark side” avevo parlato di un processo di maturazione che, oggi, prosegue con il nuovo album intitolato “Hell of fame”. La band cambia un po’ pelle, anzi cambia alle pelli con l’innesto di Mark che va a sostituire Lancs al seggiolino della batteria.
Uscito il 4 Settembre, via Frontiers, l’album è un giusto mix tra lo stile festaiolo di musica rock anni’80 con cui nostri connazionali ci hanno sempre deliziato e una versione un po’ più metal, presente in altre canzoni.
continua
02 Ottobre 2020 9 Commenti Samuele Mannini
genere: Power/Aor
anno: 2020
etichetta: Aor Heaven
Cominciamo subito parlando del voto , intanto due premesse: io non sono di manica tanto larga. Secondo: quando io a scuola prendevo sette beh, voleva dire che avevo fatto un buon lavoro.
Veniamo dunque a bomba a parlare del disco. I Britannici Atlas giunti al secondo album si muovono su un territorio che sicuramente deve molto al prepotente ritorno della new generation del hard melodico scandinavo, ma, ed è un ma bello pesante, in praticamente tutto il disco io scorgo rimandi più o meno velati a due gemme made in Uk quali, i Balance of Power di Book of secrets ed il primo e ancora acerbo Do you Believe dei The Quest e tutto ciò serve ad elevarli dalla massa di copia e incolla che girano di questi tempi sulla scena melodica.
Tutto ciò spicca secondo me in maniera particolare nella non convenzionale Without you, negli inserti quasi progressive di Falling Out Of Love, nella tirata Early Warning e nella articolata e particolare Beyond The Limit.
Mentre le canzoni più catchy sono sicuramente: Wethered Heart, il singolo Human touch, la ritmata e sognante Dare To Love e la conclusiva Here with you, che sicuramente non mancheranno di catturare l’attenzione di chi apprezza la melodia ed i ritornelli a presa rapida.
In conclusione quello che non mi ha convinto appieno, è che a mio personalissimo parere , la voce del cantante si muove spesso su registri alti e non si amalgama moltissimo con la parte musicale, avrei preferito che l’interpretazione fosse più piena e baritonale, ma ripeto, è un gusto meramente personale ed opinabile e qualcuno giustamente potrebbe giudicare in modo diverso.
Insomma io una possibilità di ascolto la darei, sicuramente è un disco perfettibile, ma con spunti molto interessanti che spero vivamente possano essere sviluppati in futuro e che potrà piacere agli ascoltatori più smaliziati meno legati ai clichè del genere melodico.
25 Settembre 2020 9 Commenti Vittorio Mortara
genere: AOR
anno: 2020
etichetta: AOR Heaven
Rob Moratti non è certo l’ultimo arrivato sulla scena. Basti ricordare i trascorsi del cantante italo canadese come solista, nonché nei Saga e nei Final Frontier.
Sul suo nuovo album non c’è traccia del Pomp/Prog dei saga, né la vena epica dei Final Frontier.
Paragon riprende, piuttosto, l’AOR classico ascoltato sui suoi lavori solisti, raffinandolo ulteriormente e smussandone ogni spigolosità e ricalcando gli stilemi classici del genere. Qui troverete un mix perfetto di chitarre, ariose tastiere, una sezione ritmica inappuntabile ed una produzione scintillante portata a termine dallo stesso Rob in collaborazione con Torbe Enevoldsen per il mixaggio.
continua
12 Settembre 2020 17 Commenti Giulio Burato
genere: AOR
anno: 2020
etichetta: Frontiers Music Srl
“TIME FOR A MIRACLE”?
La risposta è Sì; gli scandinavi Perfect Plan colpiscono nel segno con un titolo ed un’argomentazione che sono un chiaro riferimento al disgraziato anno in cui stiamo vivendo; c’è bisogno appunto di un miracolo e la loro musica, in questo caso, ci darà un segnale positivo.
Dopo l’ottimo debutto del 2018 intitolato “All Rise”, in cui era presente la hit “In and out of love”, i cinque ragazzi, non più di primissimo pelo, tornano con la stessa line-up tranne che per P-O Sedin, sostituito al basso da Mats Bystrom.
Una batteria marciante con pregiati innesti di tastiera dà il via all’ottima title-track che ci riporta direttamente ai maestosi Giant; da applausi il ritornello e il lavoro di Rolf Nordstrom alla chitarra. Non da meno è la seconda canzone, primo singolo, in cui Kent prende le redini del cavallo di razza intitolato “Better walk alone” che ha richiami Wingeriani nel coro. Notevole l’assolo.
“Non c’è due, senza tre”, come il numero dei singoli estratti dall’album ed in sequenza sulla tracklist. Quindi terzo singolo e terza traccia intitolata “Heart to stone”; la canzone è più soffusa nella strofa ma ha un refrain che sale verso quella scalinata, raffigurata nella cover, per arrivare, poi, alla porta del cielo con il lento “Fighting to win”, grazie alla formidabile prova di Kent dietro il microfono.
Respiriamo un attimo dalla descrizione track by track, ma il discorso non vale per i Perfect Plan che ci regalano ancora, altre canzoni di grande livello.
In primis, la bellissima “Just one wish”, puro AOR cristallino con un ritornello costruito in maniera egregia. Le tre canzoni a metà scaletta sono invece un chiaro omaggio allo stile delle band “coverizzate” nell‘EP del 2019 “Jukebox heroes”. Infine, come non ricordare il secondo lento, posto come ultima traccia, con un Kent Hilli protagonista indiscusso.
A chiudere il cerchio segnalo due intro; il country-blues presente in “Nobody’s fool” che strizza l’occhio anche nel titolo ai Cinderella e le note iniziali di “Don’t blame it on love again” che fanno molto Eclipse.
IN CONCLUSIONE
Se il primo album “All rise” aveva stupito tutti gli amanti del genere, con questa ultima uscita i Perfect Plan ci regalano un piccolo MIRACOLO da avere nel proprio scaffale musicale.
11 Settembre 2020 2 Commenti Yuri Picasso
genere: Hard Rock
anno: 2020
etichetta: STEAMHAMMER / SPV
Dimenticate le sfumature AOR di certo non memorabili dei dischi post 2000 a partire da “Night of White Rock” per arrivare a “Welcome America”, la band tedesca di Munster ha rifatto propria la vena compositva che più gli si addice appartenente ai tempi di “Stormchild” e “Night of Passion” e riproposta con maggiore convinzione e migliori risultati a partire da “Interceptor”, passando per “35” , arrivando a questo “Stormchild Rising”, emblematico gia dal titolo il quale suona ed è una vera dichiarazione d’intenti.
Un richiamo al proprio passato gia dal titolo a cui molte band degli 80’s si sono spesso aggrappate deludendo le attese. Gli stessi Mad Max non sono nuovi a questo tipo di operazione nostalgia avendo pubblicato “Another Night of Passion” nel 2012.
Dal mio umile e personale punto di vista, Micheal Voss & Company non hanno mai prodotto il vero capolavoro, imprescindibile per amanti del metal e non.
Non sono una band in grado di stenderti con un gancio o un diretto in pieno volto. Non ti mandano KO, ma sono in grado di lasciare graffi, ferite, e riuscirlo a fare dopo oltre 35 anni di carriera non è poco.
Se poi raggiungi l’obiettivo mantenendo una coerenza artistica, suona alle orecchie più che piacevole.
A parere del sottoscritto fra tutte le creature dove il leader e mastermind Micheal Voss ha messo mano, davvero tanti i progetti in cui è stato coinvolto, i Mad Max rimangono il migliore, per qualità e coerenza.
Se in passato si sono avvicinati a sonorità AOR, ora abbandonate, è stato anche per via di tematiche cristiane le quali ogni tanto riappargono nei loro testi e rendono i brani più piacevoli da ascoltare/leggere e meno saturi di clichè.
I riff e i soli del’axeman Jürgen Breforth coadiuvato come sempre dallo stesso Voss funzionano e sono davvero ispirati come nel caso del singolo “Hurricaned”, sfuriata hard and heavy davvero convincente.
In questo “Stormchild Rising” non regnano originalità e picchi di massima ispirazione, ma passione e capacità artistiche coabitano dando vita a brani immersi in Riff ottantiani alternati a ritmiche serrate e melodie volutamente catchy, ruffiane ma per nulla scontate o fastidiose.
Due lati della stessa medaglia, hard and heavy tedesco alternato a melodie americaneggianti (non a caso in scaletta è presente una cover dei Rough Cutt di Paul Shortino, “Take Her”).
Se “Talk to the moon” cerca l’immediatezza e l’orecchiabilità, “Ladies and Gentleman” spiazza con la sua falsa partenza con arpeggio da ballad per poi virare su un mid tempo teutonico deciso che mi ha riportato alla mente qualcosa dei vecchi Jaded Heart.
Manca la ballad, e forse è meglio cosi.
Meglio lasciarsi trascinare dal riff ipnotico di “Mindhunter”, molto dokkeniana, piuttosto che da un lento che non sa di nulla come spesso capita di ascoltare.
La palma di brano migliore del lotto la consegno a “The Blues ain’t no Stranger”, dove l’interpretazione di Voss, intensa, sentita, unita a una struttura musicale aggressiva e diretta ne fa uno di quei pezzi simili a tanti altri ma ben interpretati che riascolti sempre con piacere.
Quindi com’è questo “Stormchild Rising” ?
E’ un ottimo disco, siamo nel 2020, di fronte a coerenza e qualità, a personalità senza plagi, non possiamo fare altro che ascoltare il nuovo dei Mad Max con piacere e un po’ di sano headbanging.
31 Agosto 2020 7 Commenti Giulio Burato
genere: Melodic Rock
anno: 2020
etichetta: Frontiers Music Srl
Nuova band nel roster Frontiers, nuova band, ovviamente, dalla Svezia.
Gli Arctic Rain nascono dalla collaborazione tra il tastierista/songwriter Pete Alpenborg (House of Lords, Revolutions Saints), il chitarrista Magnus Berglund ed il cantante Tobias Jonsson, a cui, più tardi, si sono aggiunti il bassista Gert Daun ed il batterista Jonas Jönsson.
I cinque ragazzi nordici prendono spunto a piene mani dai connazionali Treat, Talisman, Eclipse, il Malmsteen più commerciale e i Fair Warning e con qualche influenza a stelle e strisce.
Al primo impatto, la mia personale sensazione è di un album un pò derivativo. Se da un lato c’è l’ottima ugola di Tobias e una discreta produzione, dall’altro c’è una certa sensazione di copia/incolla nel songwriting di alcune canzoni.
continua
09 Agosto 2020 15 Commenti Iacopo Mezzano
genere: Melodic Rock
anno: 2020
etichetta: Frontiers Music Srl
Ricordo ancora le emozioni contrastanti provate tre anni fa ascoltando A World of Fools, il precedente album in studio dei Lionville e debutto del gruppo genovese tra le corti della ormai major del genere melodic rock Frontiers Music. Un buon prodotto sì, fatto di pezzi anche notevoli e di primo ordine, che però non decollava: forse a causa di una produzione moderna ma un po’ troppo piatta e poco di impatto, e di un cantanto che se da un lato esprimeva perfezione tecnica, dall’altro pareva poco partecipe alle singole canzoni, specie sul lato emozionale.
Oggi con Magic Is Alive, il quarto disco del gruppo uscito il 7 agosto 2020, il mastermind Stefano Lionetti rispedisce al mittente ogni possibilità di critica, lavorando a un platter che suona qualitativamente in linea con i primi due sensazionali album del progetto, e che letteralmente sbaraglia la concorrenza al suon di un melodic rock che risulta essere di primo – anzi primissimo – ordine, e ben oltre gli standard medio-alti del mercato.
continua