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25 Ottobre 2020 22 Commenti Iacopo Mezzano
genere: Melodic Rock
anno: 2020
etichetta: Frontiers Music Srl
Mi mancano i concerti, e non sopporto più l’idea di non poter più incontrare voi e tanti altri amici sotto di un palco per cantare a squarciagola le canzoni che amiamo. Vorrei poter diventare piccolo-piccolo come un microbo per poter provare io stesso a tirare un bel calcio in culo a questo stramaledetto virus che ci sta rovinando le vite. Vorrei poterlo affrontare come Rocky fronteggiava Ivan Drago nel quarto capitolo della celebre pellicola di Sylvester Stallone, tra una No Easy Way Out e una Burning Heart. Dio solo sa’ come lo vorrei..
La realtà dice che bisogna però stare tutti il più possibile al sicuro, distanti e con la mascherina su. E’ l’unica regola certa, e sicura, al di là di mille mila decreti del governo che settimanalmente modificano il nostro quotidiano. E ad unirci rimane allora solstanto la musica, ascoltata in solitario nelle nostre stanze domestiche come fossimo tutti assieme in un grande stadio, tra i grandi classici del passato e le nuove uscite discografiche divertenti ed appassionanti, come questo ultimo disco dei Pride of Lions di Jim Peterik e Toby Hitchcock: il bel Lion Heart.
Un disco – e vi invito da subito a commentare a piè di pagina per esprimere su di esso il vostro parere – che conferma la sempreverde vena compositiva del maestro Peterik attraverso un songwriting più diretto rispetto ai recenti capitoli della saga Pride of Lions, e che risulta essere proprio per questo capace di ricereare – in modo forse più naturale – il sound retrò del nostro genere, apportando però i consueti aggiornamenti di sound e stile dati specialmente dalla produzione, di valore ma certamente moderna.
continua
21 Ottobre 2020 4 Commenti Stefano Gottardi
genere: Hard Rock/Rock'n'Roll
anno: 2020
etichetta: Columbia
Dopo otto anni di silenzio, o quasi, a seguito della sua fuoriuscita dai Turbonegro, Hank Von Hell è tornato nel 2018 con Egomania, un lavoro solista che ha riscosso grande successo di pubblico e critica. Un po’ a sorpresa, dopo soli due anni l’eccentrico singer norvegese mette sul mercato un nuovo full-length, Dead. Un titolo che lascia poco spazio all’immaginazione e che abbraccia territori più tetri sin dalla copertina, più scura e tenebrosa di quella del precedente platter, giocata invece sui toni di bianco che caratterizzavano anche il look di Hank. “Ho scritto questo disco ed il suo concept probabilmente dieci o quindici anni fa”, dice. “La mia vita non è sempre stata splendente e solare, quindi questo è il mio modo di raccontarla. L’idea per il nuovo album è nata l’anno scorso in un momento creativo e frenetico, in cui ho cercato di trasportare in musica ogni singolo periodo buio della mia esistenza”. Il booklet del CD è cupo come quello del suo predecessore, ma stavolta completo di tutti i testi. Una rapida occhiata ai crediti mette in evidenza la presenza di alcuni ospiti come Cone McCaslin e Dave Baksh dei Sum 41 su “Radio Shadow”, Guernica Mancini delle Thundermother su “Crown” e l’attore Frankie Loyal come voce narrante, ma soprattutto il cambio di quasi tutta la backing band, con il solo bassista Jean Genus rimasto a bordo. Considerato che Egomania era stato scritto a quattro mani da Hank e dall’ex chitarrista Cat Casino (Vain, Deathstars, Gemini Five) e prodotto da A.W. Nine, non stupisce troppo il fatto che Dead suoni un po’ meno glam rock e un po’ più Ghost grazie al tocco del produttore Tom Dalgety che, oltre ad aver collaborato con Rammstein, Royal Blood, Pixies, Killing Joke e Opeth, può in qualche modo vantarsi di aver forgiato assieme a Tobias Forge il più recente sound del gruppo svedese. Il vero pregio di Dead è probabilmente quello di riuscire a ripercorrere le orme di Egomania, dando in pasto ai fan l’album che si aspettavano, inserendo nuovi elementi e curando maggiormente alcuni aspetti (cori, arrangiamenti di tastiera e chitarra), risultando più heavy e catchy allo stesso tempo. Fra i pezzi migliori vanno segnalati “Blackened Eyes” e “Disco”, che richiamano inevitabilmente i Ghost, “Velvet Hell” e “Forever Animal”, che ricalcano i fasti dei Turbonegro di fine Novanta/inizio Duemila, e la title track e “13 In 1” che lasciano trasparire l’influenza di Alice Cooper. Il gradimento cresce con il proseguo degli ascolti, ma se si è apprezzato il precedente lavoro ci si sentirà a proprio agio anche qui fin dalle prime battute.
IN CONCLUSIONE
In poco meno di quaranta minuti Hank Von Hell fa convivere pop, rock, metal, punk, glam ed un pizzico di disco in un calderone di atmosfere oscure e malinconiche, ma sempre dannatamente orecchiabili. Dead eguaglia e forse supera leggermente il livello qualitativo del già buon Egomania, ad oggi il must di un artista maturo e consapevole delle proprie capacità.
20 Ottobre 2020 0 Commenti Stefano Gottardi
genere: Rock 'n' Roll
anno: 2020
etichetta: Bad MoFo Records/Cargo Records UK
Due anni dopo la loro ultima fatica in studio, gli americani Bullets And Octane tornano sul mercato con Riot Riot Rock N Roll, un album che, sin dalla confezione, sembra il perfetto seguito del suo predecessore. La copertina a cura di Sindy Sinn, infatti, non solo vanta la stessa mano, ma ricalca il medesimo stile di quella di Waking Up Dead, e il booklet contenuto nel digipack è pressapoco simile, completo di tutti i testi e ricco di foto live, dimensione in cui il combo a stelle e strisce sa davvero esprimere appieno tutto il suo potenziale. E neppure dopo aver fatto partire il CD si hanno sorprese: la furia della title track travolge come un treno in corsa e riporta dritto dritto al sopraccitato lavoro del 2018. All’epoca scrissi: “Avete presente il panettone a Natale? Qualcuno magari preferisce il pandoro, ma il senso è quello: si aspetta il periodo giusto e quando arriva piace sempre e se ne divorano quantità industriali. Bene, con i Bullets And Octane è la stessa cosa: si attende che esca il nuovo disco, non si resta mai delusi, e si lascia infilato nel lettore CD per settimane, suonato a volumi assurdi”. Oggi nulla è cambiato nell’approccio, anche se forse il quartetto statunitense molto impegnato dal punto di vista live (come testimonia il video di “Ain’t Gonna Be Your Dog” totalmente composto da spezzoni di concerti del tour di Waking Up Dead) ha perso un po’ di smalto a livello compositivo. Sono sempre dieci i pezzi e sempre quattro i musicisti: lo storico leader Gene Louis dietro al microfono e i suoi tre nuovi compagni d’avventura visti sul precedente platter. E sempre un energico hard rock/rock ‘n’ roll grezzo, veloce, punk-oriented ed iper-melodico il tessuto sonoro che compone il settimo full-length. Di certo la partenza è di quelle migliori: “Riot Riot Rock N Roll”, “Ain’t Gonna Be Your Dog” co-scritta dall’ex chitarrista dei Buckcherry Keith Nelson, e “The Devil” sono come un secchio d’acqua fredda in faccia, una scarica di adrenalina che non lascia scampo. Poi, però, si nota la presenza di qualche filler che smorza un po’ troppo i toni. La corsa riprende con “Addicted To Outrage”, che pur senza rallentare davvero calma un po’ le acque e riporta indietro nel tempo a certe atmosfere tipicamente BAO di fine anni Duemila, mentre “Heaven Can Wait” riscopre un po’ di quella rabbia primigenia del punkettoso debut The Revelry. Le più cadenzate “Chaos” e “Rooftop Tears” fanno registrare un altro leggero calo qualitativo ricordando qualcosa del disco major del 2006 (sebbene meno levigate nei suoni), ma fortunatamente la conclusiva “Lost, Crazy, Psycho” ricomincia a premere sull’acceleratore consegnando ai posteri una chiusura degna della nomea del gruppo.
IN CONCLUSIONE
Riot Riot Rock N Roll non è sicuramente da cestinare, ma dovendo indicare il più bel lavoro dei Bullets And Octane ad una persona che volesse avvicinarsi a questa straordinaria e sottovalutata band, di certo non sarebbe questo il miglior suggerimento possibile. Detto ciò, resta un album gradevole e coerente con la storia del gruppo, ma con qualche filler di troppo ad abbassarne un po’ il gradimento e, di conseguenza, il giudizio finale.
17 Ottobre 2020 6 Commenti Alberto Rozza
genere: Rock
anno: 2020
etichetta: Frontiers Music Srl
Blue Öyster Cult: basta il nome per definire la qualità e la storia di una delle band più iconiche dell’hard rock mondiale. Tornano finalmente con un album nuovo tutto da scoprire.
Primo sussulto riservato a “That Was Me”, potente e convincente, dinamica e arrembante, che salta subito all’orecchio per l’inconfondibile voce di Buck Dharma. “Box In My Head” ha un incedere familiare, preziosissimo, nostalgico, che la rende una buonissima prova, sia a livello compositivo che emotivo. Si passa così a “Tainted Blood”, dalle atmosfere introspettive, malinconiche, dal legame perfetto tra musica e parte corale.
continua
17 Ottobre 2020 27 Commenti Giulio Burato
genere: Melodic Rock
anno: 2020
etichetta:
Quinto album per i finlandesi Brother Firetribe, una delle band più apprezzate in ambito melodic-rock del nuovo millennio.
“Feel the Burn” è stato completato all’indomani della dipartita di Emppu Vuorinen, colonna portante nelle precedenti uscite discografiche, sostituito, nel recente passato, da Roope Riihijärvi. Il resto della band rimane intatto come nel precedente “Sunbound”.
17 Ottobre 2020 1 Commento Alberto Rozza
genere: AOR / Hard Rock
anno: 2020
etichetta: AOR Heaven
Ritorna in questo turbolento 2020 il grande Tony Mitchell, poliedrico artista noto per la sua militanza nei Kiss Of The Gipsy e per aver preso parte in alcuni progetti di Alice Cooper e Alan Parsons Project.
Partenza arrembante e corale affidata alla title track “Church Of A Restless Soul”, dal ritmo travolgente, un vero e proprio inno rock, in grado di stupire e scatenare il pubblico con la sua irresistibile carica. Si passa alla successiva “Living On The Run”, classico brano rock melodico, dalla struttura e dall’esecuzione apprezzabile, dal ritornello molto orecchiabile. “In And Out Of Love” ha un sapore molto anni ’80 e come tale il sentore di “già sentito” è molto forte, anche se nel complesso risulta gradevole e ben suonato.
continua
17 Ottobre 2020 8 Commenti Samuele Mannini
genere: Hard Rock / Street
anno: 2020
etichetta: Perris record
Interessante proposta di questo fine 2020 è questo secondo full lenght dei nostrani Beverly Killz , formatisi a Milano nel 2007 dopo aver suonato quasi 80 spettacoli dal vivo in ogni dove,, la band ha pubblicato il suo primo EP chiamato “Straight From Underground” nel 2009, mixato dal produttore Alessandro Del Vecchio, nel 2012 il primo full lenght Gasoline & Broken Hearts esce per Perris Records e visti i buoni riscontri ha consentito ai nostri di fare diversi tour , aprendo tra gli altri per Adam Bomb, Crazy Lixx, Sister etc.…
Il disco si muove su una base di buon vecchio street fine anni 80 con evidenti richiami ai primi Skid Row e con qualche pennellata funkeggiante a la Bang Tango che vanno ad intrecciarsi a moderne melodie di derivazione scandinava , il tutto arricchito da un Guitar work robusto e a tratti “metalloso” di tutto rispetto.Questo giusto per dare un’idea di massima perché in ogni brano si notano inserti molto vari che rendono i brani non banali e assolutamente interessanti pur mantenendo ritornelli efficaci e di facile assimilazione.
continua
16 Ottobre 2020 3 Commenti Vittorio Mortara
genere:
anno: 2019
etichetta: Melodic Rock Records
Mi imbattei nei King Of Hearts per la prima volta nel lontano 1994, quando, finalmente, sugli scaffali di uno stupendo negozio di dischi tedesco trovai il loro omonimo album di debutto. E fu amore a prima vista.
Composizioni eleganti, suonate con maestria, produzione eccezionalmente curata e pulita, con suoni ben al di sopra della qualità media delle uscite di quel tempo. La musica proposta era molto varia, spaziando dal cantautorato americano stile Richard Marx, Tim Feehan, Eddie Money, al westcoast sound più raffinato, con qualche scappata nell’AOR più classico. Stupendi, in particolare, i due lenti “Don’t call my name” e “The night the angels cried”, struggenti e romantici. Su tutto l’album la voce di Funderburk faceva da padrona, con linee melodiche ed interpretazione straordinarie, dolce e carezzevole nei momenti più intimi, graffiante quando serviva.
Il successivo “Joy will come” di due anni dopo, ricalcava perfettamente le orme del predecessore. Canzoni orecchiabilissime che una decina di anni prima avrebbero scalato senza problemi le classifiche americane fino alle prime posizioni. Ma ormai il grunge la faceva da padrone e il disco uscì in sordina, dapprima solo in Giappone e poi nei paesi scandinavi, e procurarmene una copia non fu affatto facile.
continua
12 Ottobre 2020 17 Commenti Samuele Mannini
genere: Hard rock
anno: 2020
etichetta: Aor Heaven
I Wildness erano stati originariamente concepiti per essere uno studio project, ma a seguito del discreto successo dell’album di esordio si sono via via strutturati come band vera e propria formata attorno alla figura del batterista e compositore Erik Modin, e dopo che nel 2019 il cantante Gabriel Lindmark ha lasciato il gruppo a causa di disaccordi musicali l’ingresso di Erik Forsberg (ex-Blazon Stone) come nuovo frontman ha sancito il via alla lavorazione di questo Ultimate Demise.
Bisogna ammettere che la voce potente , ma allo stesso tempo melodica è pressoché perfetta per il genere proposto , che spazia tra gli Europe del nuovo corso ed i Talisman con spruzzate di Pretty Maids e di hard rock teutonic style che mi richiamano alla mente un po’ i Bonfire, tanto per rendere l’idea.
continua
12 Ottobre 2020 2 Commenti Paolo Paganini
genere: AOR
anno: 2020
etichetta: AOR HEaven
Agli appassionati di AOR il nome Newman non suonerà certo come una novità. Sono oltre vent’anni infatti che il compositore inglese calca le scene del nostro genere preferito, deliziandoci ogni volta con dischi di pregevole fattura. E’ il caso anche dell’ultimo arrivato Ignition lavoro che si muove con disinvoltura tra poro AOR d’annata e venature hard rock di fine anni 70. La carica la suona “End Of The Road” il cui intreccio chitarristico mi riporta alla mente il geniale Mike Slamer.
continua