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28 Novembre 2020 2 Commenti Iacopo Mezzano
genere: Melodic Rock / Pop Rock
anno: 2020
etichetta: Madison Records
A poco più di un mese dalla prematura ed improvvisa morte di Tony Lewis (conosciuto soprattutto come ex cantante e bassista della celebre rock band degli ’80s The Outfield), la famiglia del musicista ha deciso di pubblicare postumo il suo ultimo EP, intitolato More Than I Dared.
“A nome mio e delle mie figlie, voglio ringraziare tutti per le dimostrazioni di amore, affetto e tristezza per la perdita del nostro adorato Tony,” ha dichiarato la moglie e collaboratrice Carol Lewis. “Dopo il suo debutto come artista solista (avvenuto due anni fa con il bel disco Into the Light, ndr), Tony è ritornato in studio quest’anno per lavorare a della nuove canzoni. (…) La vita di Tony è stata piena di musica; non è mai stato più felice che sul palco con la sua gente, o incontrando i suoi fans, ascoltando tutte le loro storie. Era davvero orgoglioso della sua carriera iniziata nel 1983. So che la sua voce inconfondibile e la sua erdità musicale avranno un proseguo attraverso queste nuove canzoni. Per favore ricordatelo con amore, sorrisi e un senso di allegria. Lui è, era, e sempre sarà insostituibile.”
Registrato e auto-prodotto nei pressi di Londra, More Than I Dared (Madison Records) gode di ottimi suoni di produzione grazie anche al bel mix di Wyatt Oates (Blackberry Smoke, Outkast) e alla masterizzazione di Ken Lanyon (Fozzy, Neadtobreathe). Ma quello che stupisce di più dell’EP è la capacità di Tony e collaboratori di ricreare perfettamente – un po’ come accadeva nel sovracitato debutto solista di qualche anno fa – un songwrting dall’atmosfera pop-rock ’80s divertente e divertita, subito orecchiabile e definito in ogni sua caratteristica melodica, con ritornelli tutti da cantare e strofe ricche di energia e passionale amore per il genere musciale proposto.
continua
27 Novembre 2020 0 Commenti Vittorio Mortara
genere: AOR
anno: 2020
etichetta: AOR HEaven
Finlandia. Terra di aurore boreali e di laghi incantevoli. Da questo paese nordico proviene una moltitudine di personaggi famosi, da Babbo Natale agli Impaled Nazarene. Passando per gli One Desire e i Brother Firetribe, a noi più familiari. E dalla Finlandia proviene anche il nostro Tanna, all’anagrafe Tapani Tikkanen.
Vi devo confessare che, quando l’ho visto la prima volta tra i promo di Melodicrock, non ho potuto fare a meno di pensare: ma chi c.. è sto Tanna???? Scorrendo la bio, però, ho letto il nome Prayer (autori di 3 bei dischi di AOR) ed ho finito per accaparrarmi questa recensione. E non ne sono affatto pentito!
Il nostro non è più un ragazzino: nel suo paese ha pubblicato diversi dischi (alcuni dei quali in lingua madre), a partire dal lontano 1982 ed è quasi una celebrità! Ha anche composto musiche ed inni per competizioni sportive e, nel tempo libero, ha fatto il DJ di discomusic!
La sua voce appare come un mix fra quella del connazionale Vile Valo degli H.I.M. e Tyla dei Dogs D’Amour. Il che, unito ad una produzione un po’ impastata ed a suoni non proprio scintillanti, fa assumere a questo “Storm in paradise” una connotazione vagamente darkeggiante e fumosa, non sicuramente tipica di un disco AOR. Il sound finisce così per assumere una certa originalità.
La band che lo accompagna è composta esclusivamente da musicisti finlandesi a me sconosciuti. Più un sassofonista e la cantante Inga Soder come ospiti. Bisogna ammettere che nessuno è un fenomeno con il suo strumento, ma tutti sanno mettersi perfettamente al servizio delle canzoni, facendo bene il proprio lavoro.
27 Novembre 2020 4 Commenti Alberto Rozza
genere: Sleaze Rock / Glam
anno: 2020
etichetta: Street Symphonies / Burning Minds
Grande uscita per questo finale di anno con gli Speed Stroke, italianissima compagine slaze/hard rock dall’intensa e prolifica attività live.
L’apertura dell’album è affidata a “Heartbeat”, che cresce secondo dopo secondo di intensità e piacevolezza, un brano interessante e pienamente centrato rispetto al genere di appartenenza della band. In seconda posizione troviamo la title track “Scene Of The Crime”, dalla grandissima carica emotiva, un pezzo che lancia e scatena, frenetica e cesellata sia nella fase ritmica che in quella del fraseggio, veramente pregevole a 360 gradi. La successiva “After Dark” si dimostra intensa, passionale e oscura, perfettamente aderente alla tradizione hard rock statunitense di fine anni ’80.
27 Novembre 2020 6 Commenti Yuri Picasso
genere: AOR
anno: 2020
etichetta: Frontiers Music Srl
Quasi 20 anni di collaborazione tra la sempre attiva e nostrana Frontiers e l’altrettanto operativo cantante di Brooklyn Jeff Scott Soto portano a un nuovo parto discografico che prende il nome di “Wide Awake (in My Dreamland)”.
Impossibile citare tutti i progetti in cui la talentuosa ugola è stata coinvolta a partire dagli inizi della sua carriera, iniziata con la coverband Seducer nei primi anni 80 e decollata poco tempo dopo ai servizi di Yngwie J. Malmsteen’s Rising Force – col lavoro omonimo.
Possibile e doveroso da parte mia è parlare dei progetti che maggiormente ho apprezzato, amato; gli esordi con il guitar hero svedese, il melodic rock dei primi Talisman, l’hard rock di matrice americana degli Eyes, l’hard teutonico ed epico a servizio di Axel Rudi Pell, gli episodi AOR di lavori solisti quali “Prism” e “Lost in the Translation” e ancora i primi due sensazionali dischi a nome W.E.T, trovando personalmente un poco indigeste le svolte moderniste del progetto SOTO, dimostrando in più occasioni la sua duttilità e la sua capacità innata di essere trasversale rispetto al genere madre, il Rock.
26 Novembre 2020 12 Commenti Samuele Mannini
genere: Aor
anno: 2020
etichetta: Aor Heaven
Il progetto East Temple Avenue nasce da una idea del chitarrista e produttore australiano Darren Philips che grazie alle sue conoscenze in ambito musicale ha cominciato dapprima a collaborare e successivamente a concepire l’idea di una vera e propria band con alcuni nomi forti dell’ odierno panorama del melodic rock mondiale quali il bassista Dennis Butabi Borg (Cruzh), il chitarrista Philip Lindstrand (Find Me) il batterista Herman Furin (Work of Art) e l’amico di lunga data e partner di produzione Dan Skeed (Urban Stone), al quale si è poi aggiunto Robbie LaBlanc (Find Me, Blanc Faces) in qualità di vocalist a concludere la line up.
È nato così questo Both Sides Of Midnight che vede co partecipi tutti i membri del gruppo anche nel songwriting.
continua
16 Novembre 2020 12 Commenti Stefano Gottardi
genere: Glam Rock/Rock 'n' Roll
anno: 2020
etichetta: Interscope Records
Il terzo disco dei britannici The Struts, Strange Days, è diverso sin dalla copertina, in cui per la prima volta anziché il solo frontman Luke Spiller compare tutta la band. Nella seconda pagina del booklet del CD è direttamente l’istrionico singer a raccontare la genesi di questo lavoro, nato un po’ per caso nel periodo del primo lockdown causato dalla pandemia di Covid-19. È proprio in quei giorni che nasce il suo show virtuale Quarantine Radio, che ospita fra gli altri Robbie Williams. “Stavo girando Quarantine Radio e Robbie mi ha contattato all’improvviso chiedendomi se potevamo parlare – ha raccontato a proposito della nascita della collaborazione – e abbiamo finito per videochiamarci per circa due ore, parlando della vita, della musica, degli UFO e di tutto ciò a cui si può pensare. Gli ho chiesto se gli sarebbe piaciuto lavorare insieme e, quando stavamo facendo l’album, ci ha gentilmente permesso di venire a registrarlo mentre cantava sulla sua veranda”. Spiller poi prosegue affermando a nome del gruppo di essersi sempre sentiti sotto pressione per i primi due lavori, mentre questa volta non avrebbero dovuto nemmeno registrare un full, che invece hanno realizzato liberamente in soli dieci giorni, senza informare né etichetta (che si aspettava un EP), né fan. Questo disco, sostiene, è l’unico in cui i The Struts esprimono veramente appieno il proprio potenziale, ed è senza dubbio il loro migliore. In una recente dichiarazione, inoltre, ha anche affermato che l’ex Take That l’ha fortemente aiutato a combattere le sue dipendenze. Un gesto nobile, non c’è che dire, ma se davvero Spiller ha dato vita a questo album da sobrio, spiace dirlo ma sembra aver perso tutta la sua ispirazione, perché contrariamente a quanto dichiarato in pompa magna nelle pagine del booklet, Strange Days alle nostre orecchie è il disco più deludente del quartetto inglese. A costo di risultare impopolari, poi, continuiamo a pensare sin dal giorno dell’annuncio che l’ospitata di Robbie Williams lasci un po’ il tempo che trovi, sebbene la band non fosse nuova a strizzate d’occhio alla classifica (vedi il featuring di Kesha sul platter precedente). Di fatto, la title track che apre le danze è una canzone debole e spompa, caratteristiche infelici e purtroppo riscontrabili pure in buona parte del resto della tracklist. Anche la lista delle collaborazioni è un grosso punto interrogativo: Joe Elliott e Phil Collen dei Def Leppard, Tom Morello dei Rage Against The Machine e Audioslave, ed Albert Hammond Jr dei The Strokes non sono esattamente i nomi che ricollegheresti a quello di Robbie Williams. Non per fare i sofisticati a tutti i costi, in fondo se i brani sono di livello chi se ne frega degli ospiti, ma il problema è che in questo lavoro sembrano scarseggiare. C’è qualche buono spunto qua e là (le più classicamente The Struts “All Dressed Up”, “I Hate How Much I Want You” e “Can’t Sleep”) ma manca una hit, un pezzo da cantare a squarciagola ai concerti che in passato il combo britannico aveva sempre garantito. Forse il brano più riuscito in questo senso è la cover dei Kiss rivista in chiave Girl di “Do You Love Me”, il che è tutto dire. Spiller parla di libertà mentale ed artistica, ma a Strange Days sembra mancare davvero un filo conduttore e in questo la guida di una mano esperta avrebbe sicuramente giovato (senza nulla togliere a Jon Levine, ma il lavoro di squadra in fase di produzione e songwriting dei precedenti album aveva dato risultati migliori). Siamo nel 2020, in un periodo storico in cui la tecnologia permette a chiunque di registrare un CD in autonomia, ma se esistono ancora dei produttori artistici e delle case discografiche un motivo c’è.
IN CONCLUSIONE
Non ci siamo: Strange Days è mediocre e poco ispirato, con solo qualche idea abbozzata e una serie di ospitate mal assortite che generano un prodotto facilmente trascurabile. La speranza è che la band possa rialzare la testa e tornare presto a partorire gioiellini come Everybody Wants e Young & Dangerous, due lavori che, uniti alle indiscusse abilità live, avevano portato il nome del gruppo sulla bocca di tanti.
14 Novembre 2020 0 Commenti Stefano Gottardi
genere: Sleaze/Rock 'n' Roll
anno: 2019
etichetta: Ainoa! Productions
Con colpevole ritardo ci troviamo oggi a parlare del nuovo lavoro di Andy McCoy, storico chitarrista degli Hanoi Rocks, band a quanto pare ormai definitivamente scioltasi dopo la reunion dei primi anni Duemila. Al contrario del suo gemello artistico Michael Monroe, parecchio attivo in sede solista e impegnato con la pubblicazione del suo One Man Gang negli stessi giorni dello scorso anno in cui usciva questo album, l’istrionico axeman finlandese non metteva sul mercato un full-length con impresso sopra il suo nome dal lontano 1995. Certo fermo non è stato, anche in ambito extra-musicale ha posto la sua firma su progetti di pittura, scrittura e televisione, oltre a suonare su vari dischi, ma era proprio alla casella solo album che mancava da molto tempo di mettere la spunta. Il CD, edito dalla a noi sconosciuta Ainoa! Productions, si presenta in un classico digipack con tray trasparente e annesso booklet, privo purtroppo dei testi. Il disco, senza troppi giri di parole, sbatte sul tavolo il solito rock and roll grezzo e bastardo del pirata finnico, contaminato da influenze che comprendono punk rock, glam rock, hard rock, blues, psichedelia, reggae e flamenco. Il tutto condito dalla sua voce sguaiata e perfetta nella sua imperfezione, e la sua inconfondibile sei corde. Ascoltare 21st Century Rocks è un po’ come mangiare un toast: è uno spuntino semplice e senza troppe pretese, ma quando si ha fame lo si addenta sempre volentieri e, se il ripieno è di qualità, il gusto aumenta e l’esperienza migliora. Ecco, McCoy infila vari ingredienti nel suo toast, ma sono tutti molto buoni e stanno bene assieme, e quando lo si mangia viene anche voglia di bersi una birra di quelle ad alta gradazione alcolica e poi magari farsi un bis. Insomma, mette appetito. E mentre si scorgono passaggi che riportano inevitabilmente a pensare alla sua band madre, si scoprono ogni volta nuove sfumature che rendono il disco sempre più godibile ascolto dopo ascolto. Fra le sopraccitate reminiscenze Hanoi Rocks (“Gimme Time”, “Undertow” e la title track), atmosfere gitane (“Seven Seas”, “Maria Maria”), qualche divagazione più sperimentale (“Soul Satisfaction”) e sgasate rnr (“Batteram”, “Bible And A Gun”, “This is Rock’N Roll”), l’album convince grazie ad una buona scrittura e ad un filo conduttore che, seppur fra tante influenze ed un minutaggio abbastanza elevato, Andy non rischia mai di perdere.
IN CONCLUSIONE
Al netto di una produzione accettabile, per fare un buon disco basta avere delle belle canzoni, il mantra dovrebbe essere sempre questo, ma non tutti riescono a seguirlo alla lettera (e per fortuna, se no probabilmente la figura del recensore si sarebbe già estinta da un pezzo). Andy McCoy con 21st Century Rocks ci è riuscito e il consiglio spassionato è quello di dargli una chance, nel caso in cui ve lo foste fatto scappare. E forse uno dei limiti più grossi di questo album è proprio la scarsa copertura mediatica che ha avuto…
09 Novembre 2020 7 Commenti Samuele Mannini
genere: Hard rock
anno: 2020
etichetta: Volcano Records
Secondo album per i miei concittadini, i fiorentini Damn Freaks che in questo tribolato 2020 ci propongono una ventata di sano Hard Rock old style scacciapensieri , ma con un ottimo songwriting , e Dio solo sa quanto ce ne sia di bisogno.
Capitanati dalla voce dei Tygers of Pan Tang Jacopo Meille i Damn Freaks sfornano un lavoro davvero niente male mixando sapientemente le atmosfere hard made in Usa , andando tranquillamente a toccare sia il party Rock più scanzonato tipico degli 80’s , sia le polverose atmosfere delle higways americane e combinando il tutto a tocchi introspettivi e spolverate di cantato di matrice zeppeliniana.
09 Novembre 2020 10 Commenti Yuri Picasso
genere: Melodic Rock
anno: 2020
etichetta: Into The Future
Anticipato dalle dichiarazioni della coppia Jidhed-Borg, il nuovo disco targato Alien titolato “Into The Future” esce per Aor Heaven in questo finale di 2020, settima uscita di studio per la band Culto svedese a 6 anni di distanza dall’ottimo “Eternity”. Come detto dai due mastermind il disco ha goduto in sede di creazione di totale libertà artistica oltre ogni vincolo musicale suonando generalmente più heavy, uscendo dagli stilemi dell’AOR e dello Swedish melodic rock che gli stessi Alien hanno aiutato a forgiare con l’indimenticabile esordio datato 1988.
Per questo capitolo si perdono per strada Jimmy Wandroph e Ken Sandin, rispettivamente tastiere e basso della line up originale nuovamente presenti su Eternity, rilegando quanto meno ufficialmente gli Alien a un trio. Jim Jidhed, Tony Borg e Toby Tarrach alla batteria.
Al di là delle dichiarazioni della band, siamo di fronte a un buon disco anche se diverso dagli usuali standard della band?
Come direbbero gli Aerosmith, let the music do the talking…
continua
09 Novembre 2020 9 Commenti Samuele Mannini
genere: Aor
anno: 2020
etichetta: Cargo Records
Se qualcuno si stesse chiedendo chi sia Stan Bush perché magari lo ha sentito nominare
perché ha interpretato la canzone The touch nel film Transformers del 1986 , beh è giusto che sappia che questo Dare to Dream è il quattordicesimo disco in studio e che ha collaborato con tutti i guru della scena rock americana scritto canzoni per un sacco di film e dato alla luce pezzi che sono vere e proprie icone del rock melodico.
Chiarita dunque la parte storica che comunque tutti i frequentatori di questa testata
conoscono ampiamente veniamo a questa piccola perla che arriva alla fine di questo anno così travagliato , ma che musicalmente è stato di altissima qualità.
continua