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05 Aprile 2022 8 Commenti Samuele Mannini
genere: Aor
anno: 2022
etichetta: Frontiers
Fortune…..Nomen Omen.
Un disco come il loro omonimo, uscito per una major nell’epoca d’oro del genere è quasi un mistero come sia potuto finire nell’oblio . Beh oddio, non dimentichiamo che la major in questione è la MCA , ovvero una delle più grandi macellaie di nomi che poi sarebbero diventati da culto, non sono pochi infatti i casi di gruppi che scelta questa etichetta sparirono nel giro di poco, ma questa è un’altra storia.
Ripescati qualche anno fa da Frontiers i fratelli Richard e Mick Fortune, insieme al vocalist Larry Greene, ci propongono dunque il terzo disco del gruppo che spicca subito per la sua marcata riconoscibilità ed attaccamento alle sonorità dell’epoca. A dire il vero, Larry Greene (insieme a Roger Scott Craig, anch’esso nella prima line up dei Fortune), aveva già tentato di continuare questo tipo di percorso con gli Harlan Cage, rilasciando ben quattro dischi di squisita fattura e qualità, tenendo così accesi i riflettori sull’ Aor tastieroso e scintillante di metà eighties, in anni dove questo genere non era certo in voga. continua
02 Aprile 2022 4 Commenti Lorenzo Pietra
genere: Hard Rock
anno: 2022
etichetta: Vertigo Records
Welcome Back!
I leggendari Scorpions tornano a sette anni di distanza dall’ultimo studio album “Return To Forever” con il diciannovesimo lavoro “Rock Believer”, un vero e proprio gioiello di puro hard rock registrato in pieno periodo di pandemia e con il nuovo innesto alle pelli di Mikkey Dee, a sostituire lo storico James Kottak. La band, che non ha bisogno di presentazioni ma che per i neofiti del rock presento comunque è composta da Klaus Meine alla voce, Rudolf Schenker e Matthias Jabs alle chitarre, Pawel Maciwoda al basso e come detto poc’anzi Mikkey Dee alla batteria. Gli old rocker di Hannover inoltre festeggiano i 50 anni di carriera, costellata di successi planetari, vendite a tanti “zeri” e concerti in tutto il mondo con sold out a ripetizione…
Rock Believer si distingue tra versione classica con un cd (11 canzoni) e Deluxe con un secondo Cd che aggiunge 5 tracce bonus, personalmente consiglio quest’ultima per gustare al massimo il lavoro. continua
30 Marzo 2022 3 Commenti Giorgio Barbieri
genere: Hard Rock
anno: 2022
etichetta: Livewire/Cargo Records
Chi mi conosce sa che io sono l’anima “contro” di questo sito, quello che ama gli anni 90 con tutta la loro rivoluzione musicale, quello che ha sempre cercato di non fossilizzarsi, pur non rinnegando mai le proprio origini a pane e Iron Maiden, quello che pur rispettando tutti e dico proprio tutti, i gruppi che spaziano nell’universo hard’n’heavy, dai Foreigner ai Napalm Death, non si è mai fermato alla cosiddetta decade splendente (leggi anni 80) e ha sempre cercato nuove vie, l’importante è che le idee fossero valide e mi dessero emozioni, tutto il resto è aria fritta. Per cui, se non siete d’accordo con le mie parole, saltate pure la recensione, perché non ci troverete niente di interessante, chiunque invece abbia sempre cercato il lato melodico del rock in contesti che non siano i classici , dei quali beninteso io ho un rispetto enorme, può avvicinarsi a questo mio scritto. Perché qui parliamo di un gruppo e di un artista che ha dato una spallata all’idea di rock preconcetta, ossia i Warrior Soul e Kory Clarke, colui che con tre album tra il 1990 e il 1992, spostò i confini dell’hard rock contaminandolo di punk anarchico e darkwave, il tutto in un contesto che viaggiava sempre sul filo dell’orecchiabilità, ma con una visione quasi disperata, da ghetto appunto, riprendendo una parte del titolo del terzo album. Si narra che i Warrior Soul non siano mai realmente esistiti, ma che siano solo la “copertura” del progetto solista di Kory, il quale in effetti ne ha disposto a suo piacimento dal punto di vista artistico e chiunque non fosse d’accordo sulle tendenze del principale compositore nonché frontman, venisse allontanato neanche troppo amichevolmente, come successe con John Ricco, chitarrista originale dei Warrior Soul, che da quel momento persero la loro anima punk a favore di quella rock’n’roll, peraltro con risultati anche buoni, vedasi “Spage Age Playboys” e vedendo come si affacciano agli anni 20 del nuovo millennio, ossia con l’ennesima formazione rivoluzionata e composta a puzzle, l’idea che questo si possa chiamare tranquillamente Kory Clarke Group non è del tutto peregrina. Ma proprio perché nella testa dell’ex cantante dei Trouble (!), la visione della musica è così personale da non essere ingabbiata in stilemi, ecco che il qui trattato “Out on bail” spiazza per la sua ennesima virata verso le origini, ma senza fare un’operazione nostalgia vera e propria, più che altro reinstillando quell’anima anarchica che ha contraddistinto la band ai suoi esordi, in un contesto diverso. continua
29 Marzo 2022 4 Commenti Luka Shakeme
genere: Hard Rock
anno: 2022
etichetta: Metalpolis
Combo svizzero decisamente attivo di cui mi accingo a parlarvi quest’oggi. Al punto che dopo il buon riscontro di pubblico e critica del fortunato “No tell-Hotel”, lancia un piccolo antipasto di quello che sarà un nuovo lavoro di prossima uscita. Ebbene, i rockers Black Diamonds, decidono di produrre un lavoro fatto di inediti non pubblicati, set acustici e qualche live. Quest’ultimo aspetto mi incuriosisce particolarmente visto le innumerevoli uscite che a volte si rivelano prodotti da studio, deludendo le attese in sede live. Snoccioliamo “Floor 13”, sperando non deluda la mia succitata curiosità.
“Out in the Fields” è granitico, ricco di belle armonie vocali; si va dritti come un treno anche se la traccia riserva buone dinamiche e una buona perizia tecnica che ad ogni modo non risulta stucchevole e autocelebrativa. “No – Tell Hotel” è la prima traccia live estratta dall’ultimo omonimo lavoro, non tradisce le mie attese almeno per ciò che concerne la prova “live”. La band in se mi trasmette compattezza pur trattandosi di un aor di vecchia scuola, ne rimarco la buona fattura ma personalmente è poi la traccia in se che mi lascia poco. “Turn to Dust” segue bene o male le coordinate della traccia precedente, chorus e controcanti in pieno eighties style. Il riff iniziale mi aveva lasciato pensare ai connazionali Gotthard, il tutto poi si apre verso ambientazioni decisamente più leggere e scanzonate. La traccia è carina e rende al meglio ciò che il progetto vuole rappresentare. “My Fate” conferma le mie ottime impressioni avute sulle tracce precedenti. La band rende anche dal vivo e di sicuro non ha la pretesa di proporre un sound più ricercato o moderno, anche se visto il genere è praticamente impossibile risultare originali. Il tutto potrebbe essere rivisto su arrangiamenti un po’ più incisivi magari, ma è una mia personalissima opinione che non inficia la bontà del progetto. “Rainbow in the Dark” è una cover. Non dico altro, fra le cover più suonate in assoluto e qui si apre un fronte di discussione importante. continua
29 Marzo 2022 13 Commenti Vittorio Mortara
genere: Hard Rock/Street
anno: 2022
etichetta: Gain
Questo nuovo Hardcore Superstar stride, cigola e deflagra come un carro armato della seconda guerra mondiale. Riff scarni, sezione ritmica dirompente, un cantante che grida in faccia al mondo tutta la sua rabbia senza il minimo ritegno. Aiutati da una produzione che ne esalta il sound senza edulcorarlo minimamente, i quattro svedesi sfornano un album-macigno monolitico, in cui le concessioni alla melodia e alla facile presa sono veramente minime e l’energia viene profusa a piene mani dall’inizio alla fine.
Inizio, appunto, affidato all’oscura title track, un massiccio mid tempo che mette in chiaro da subito le intenzioni bellicose della band. Bissata da “Influencer”, che parte dal sound della L.A. di fine anni ’80, spogliandolo di tutti i lustrini e restituendocelo più grezzo e modernizzato. Il singolo “Forever and a day” prosegue sulla medesima falsariga concedendo qualcosa in più all’immediatezza a livello del coro, con Joakim che strilla e miagola spadroneggiando in lungo e in largo, come sulla successiva “Wheep when you die”, classicissima street metal song dal refrain corale studiato per coinvolgere la platea durante i concerti. I toni si fanno più duri con il riff schiacciasassi di “Give me a smile”. “Catch me if you can” flirta neanche troppo velatamente con il punk californiano. “One for all”, invece, non riesce a lasciare il segno nonostante la sua carica di energia. Il ritmo cala un poco e “Dreams in red” si rivela il mio pezzo preferito per il bel lavoro di chitarra ed un ritornello che prende da subito. Passando a “Throw a brick”, ci troviamo ad ascoltare un altro pezzo piuttosto anonimo, con la band non al massimo dell’ispirazione. Si chiude con l’insolita (per gli HCSS) ballad “Fighter”, apprezzabile per l’uso delle chitarre acustiche e per il suo flavour ottantiano.
Ragazzi, questa è una bella band. Hanno ormai più di vent’anni di carriera alle spalle, tour con i principali mostri sacri dell’hard melodico e non, un seguito internazionale di fans di gran lunga più numeroso della maggior parte dei gruppi di cui leggerete su queste pagine. E i quattro di Goteborg hanno le idee chiarissime: il loro stile non è cambiato un gran che da 12 album a questa parte. D’altro canto piace e continua a piacere. In questo nuovo album si completa il processo di epurazione delle “scorie” melodiche maturate verso metà carriera per lasciare spazio a suoni quintessenziali e pezzi sempre lineari e diretti, anche se non di facile presa. I loro dischi che preferisco rimangono “Split your lip” e “HCSS”. Questo lo trovo persino troppo granitico, tanto da non permettere ad un pezzo piuttosto che ad un altro di svettare. Ma resta comunque un album da ascoltare!
28 Marzo 2022 4 Commenti Samuele Mannini
genere: Hard Rock
anno: 2022
etichetta: RA Music
Lì per lì, il nome Altzi non mi diceva granché, poi indagando, ho scoperto che si trattava del cantante che ha militato nei Masterplan ed adesso nei Gathering Of Kings, la curiosità di ascoltare il disco è allora molto aumentata, avendo infatti abbastanza apprezzato i due dischi dei GoK. Il disco si compone di 14 canzoni, 4 già rilasciate in versione digitale nel 2021 e 10 totalmente inedite.
Chi ha già ascoltato i GoK avrà più o meno una idea di massima delle coordinate sonore di riferimento, ovvero un hard rock che richiama alla mia memoria certe atmosfere dei Talisman, sensazione accentuata dalla impostazione vocale a la Soto di Rick Altzi, seppur caratterizzata da un timbro più roco che aggiunge quel certo nonsoché di ruvidezza ed energia alle canzoni. Il disco si snoda tra l’alternanza tra pezzi più tirati e gli immancabili lenti di matrice scandinava, che da anni hanno creato una vera e propria scuola. Se vogliamo trovare qualche mancanza, è da cercare nell’uso forse eccessivo degli stilemi del genere, dove si pesca a piene mani e magari la presenza di un paio di brani un po’ più deboli, che in un cd di 14 tracce potevano essere evitati. Per il resto il disco si fa ascoltare con molto piacere e la presenza di numerosi ospiti da ulteriore risalto all’opera.
Per quanto riguarda le canzoni segnalo la scoppiettante opener Point Of No Return, l’appassionata You Don’t Believe In Love e la lenta e conclusiva Where Dreams never Die. In conclusione un lavoro veramente gradevole per gli amanti dello scandi rock più energetico, ascoltate e mi direte…..
27 Marzo 2022 37 Commenti Iacopo Mezzano
genere: Melodic Rock
anno: 2022
etichetta: Legend Records
Prima di iniziare a scrivere faccio un ultimo respiro, profondo. Interrompe una apnea sofferta, uno scarico di ossigeno continuato ai polmoni. Per intenderci, dice fine a quella sensazione di soffocamento che tutti noi proviamo di fronte alla lunga attesa per qualcosa che da tanto tempo aspettiamo. Che magari vediamo da vicino, ma che non possiamo ancora raggiungere. Che vorremmo già ora, ma che magari non arriverà neppure domani.
Voi mi conoscete, mi leggete da più di dieci anni ormai. Non ho mai nascosto il mio AMORE viscerale verso la musica degli inglesi DARE. Sapete quanto le loro melodie mi scavino dentro, mi coccolino il cuore. L’ho sempre detto, l’ho sempre scritto, senza censura. E non è un caso, non lo è davvero, che io sia tornato a parlare in modo così regolare di musica in questo ultimo mese, dopo due anni di (non) scrittura che definire altalenanti sarebbe un eufemismo.
Ho avuto il privilegio di iniziare ad ascoltare questo nuovo disco dei Dare proprio un mese fa, e immediatamente, come per magia, si è diradata a poco a poco in me quella fitta nebbia, quel grigiore, che mi annichiliva. Ho soffiato via il buio, perchè la musica non mi emozionava più da quando non la potevo più vivere in prima persona (sotto un palco con gran parte di voi amici), da quando nelle sue note in qualche modo sentivo che non parlava più di quello che stavo – anzi, stavamo – vivendo. Mi sono liberato, nella mente prima di tutto, da quelle centinaia e centinaia di schifezze lette, viste, sentite, e talvolta dette in questo orrendo periodo umano. Dove, nella finzione di essere uniti, ci siamo sempre più divisi e annientati. Ritrovandoci soli.
Ora, scaldato il cuore con quello che più amo, respiro. Sono tornato, Iacopo prima di tutto.
continua
25 Marzo 2022 36 Commenti Yuri Picasso
genere: Melodic Rock
anno: 2022
etichetta: Frontiers
Tornano i capostipiti assoluti del melodic rock made in Sweden (cari Europe avete scelto una strada diversa dopo la reunion, ce ne siamo fatti tutti una ragione). A 4 anni di distanza da ‘Tunguska’, Robert Ernlund e soci si presentano con un titolo, e una copertina, tanto esplicativi quanto enigmatici.
The Endgame, un possibile testamento? Un bilancio artistico su spartito? Ispezionando la Cover (e qui tutti potrebbero decodificare la qualunque), un lascito per i fan che tanto amore hanno dimostrato in questi 40 anni di carriera? Per alcuni Credi, biblicamente parlando, dopo la morte vi è una resurrezione che ha la sua genesi dalla fecondazione; e i miei occhi nella cover ritrovano due spermatozoi circondati da onde sonore che puntano dritto verso il centro di un occhio, o di un altoparlante. Ermetico, simbolico oltre alle interpretazioni personali, senza alcun dubbio. E la musica…i Treat possono soltanto sfornare un disco a la Treat, con attributi. Le coordinate artistiche rimangono tra ‘Tunguska’ e ‘Coup De Grace’ tralasciando in buona parte i toni cupi ma melodici di ‘Ghost of Graceland’. continua
24 Marzo 2022 14 Commenti Vittorio Mortara
genere: Electro Glam
anno: 2022
etichetta: AFM
Ma che disco della Madonna mi hanno pubblicato i Reckless Love!?!? I quattro finnici ragazzoni erano partiti dieci anni fa quasi in sordina, con una sorta di street/glam grezzo che pagava forte dazio alle band del Sunset boulevard ma non aggiungeva pressochè altro. Poi, album dopo album, è avvenuta una lenta ma inesorabile ibridazione con un certo pop della stessa epoca. I synth si sono ritagliati un ruolo sempre più importante nella loro musica, fino ad arrivare, in questo quinto disco, alla piena definizione del loro stile, che definirei molto personalmente electro glam. Ma attenzione: qui la componente elettronica non è mutuata da oscuri maestri quali potrebbero essere gli immensi Depeche Mode, bensì dal pop più sbarazzino degli altrettanto imprescindibili A-Ha, Ultravox ed Alphaville. Melodie facilissime, batteria elettronica onnipresente, chitarra sempre puntuale e la voce di H. Oliver Twisted, maturata tantissimo ed ora perfettamente a cavallo fra le tonalità di un Vince Neil e di un Bruno Mars. Il melange che ne risulta ti piglia e non ti molla più. continua
18 Marzo 2022 0 Commenti Giulio Burato
genere: Melodic Rock
anno: 2022
etichetta:
Dopo i Rust n’ Rage, ecco un altro gruppo finlandese. I Bad Baron pubblicano il loro primo EP dal titolo quanto meno fuorviante. ”The early years: 2021-2022“ sembra infatti più idoneo ad una raccolta che una prima uscita discografica.
A guidare la band è il concorrente di Voice Of Finland 2020, Lauri Huovinen, che si è fatto le ossa suonando in gruppi nella città settentrionale di Oulu. I compiti degli assoli di chitarra sono gestiti da Tommy Widdow, mentre Sammy South mantiene il ritmo con le sue parti di batteria. Il tastierista britannico Alex Kron aggiunge infine alcune importantissime parti di synth. Devoti a grandi band come Whitesnake, Ratt, Danger Danger, i quattro ragazzi finlandesi ci riportano sulle coordinate AOR e Glam Metal degli anni Ottanta.
Tutte le quattro canzoni sono state lanciate con tanto di video tra 2021 e 2022; la quinta canzone è la versione “sweet” del primo singolo. Apre le danze “Sweet Talker” che ci rimanda immediatamente ai Reckless Love del periodo pre “Turbodriver” (ultima loro uscita) mentre la stessa canzone nella versione al piano si fa apprezzare per la buona prova dietro il microfono di Lauri. “Sky high” parte con degli effetti synth che saranno ridondanti per tutta della canzone; buono il bridge che porta al ritornello, semplice ma efficace. Le rimanenti due canzoni sono le migliori del lotto. L’abbondante infarcitura di tastiere di “End this way” alza la scala glicemica dei Bad Baron; bello l’outro finale. L’ultimo singolo rilasciato “Lost in the night” ci catapulta direttamente negli anni’80. Buona la costruzione dei versi che porta ad un chorus che si stampa facilmente in testa.
Conclusioni:
Se queste sono le premesse dei “primi anni”, il futuro può sorridere ai finlandesi Bad Baron. Attendiamo il loro primo full-lenght.