Registrati gratuitamente a Melodicrock.it! Potrai commentare le news e le recensioni, metterti in contatto con gli altri utenti del sito e sfruttare tutte le potenzialità della tua area personale.
effettua il Login con il tuo utente e password oppure registrati al sito di Melodic Rock Italia!
28 Aprile 2022 2 Commenti Giorgio Barbieri
genere: Hard Rock
anno: 2022
etichetta: Frontiers
Ed eccoci qui, dopo 54 anni ancora con un disco targato Nazareth da ascoltare e da sviscerare e ci si chiede come possano certi gruppi storici essere ancora tra di noi e le risposte sono basilarmente due; la prima è che volenti o nolenti, il tempo passa e i nostri rockers invecchiano, per cui, tra abbandoni a causa di stress da tour e/o divergenze musicali e, purtroppo, eventi luttuosi che colpiscono alcuni componenti, i Nazareth, come anche i Deep Purple e gli Uriah Heep, si ritrovano con un solo membro originale e giocoforza, ringiovaniscono le fila e la seconda è che, nonostante questo, certi rockers non smettono mai di esserlo e non perdono un grammo di quella immensa voglia di dimostrarlo al mondo, suonando dal vivo e continuando a pubblicare album che, tutto sommato, non sono mai e sottolineo mai, di scarsa fattura. Certo, il tempo dei capolavori è passato, “Razamanaz”, “Loud’n’proud”, “Rampant” e “Hair of the dog”sono dei lontani ricordi nel songwriting della band scozzese, ma non è mai successo che il nome Nazareth sia poi stato associato a dischi minori o addirittura brutti e allora, anche alla luce della pochezza del panorama attuale (non solo nel mondo dell’hard’n’heavy, ma in tutto il giro musicale), ben venga un album nuovo dei Nazareth, perchè, come vedremo, c’è tanta bella roba tra le quattordici tracce che lo compongono. continua
24 Aprile 2022 2 Commenti Alberto Rozza
genere: Melodic Hard Rock
anno: 2022
etichetta: Art Of Melody / Burning Mind
Dopo la buona prova d’esordio del 2015 e la riconferma del 2020, tornano i nostrani Saints Trade, ottima compagine che propone un puro e sempre arrembante melodic hard rock.
Grandi sensazioni accompagnano l’iniziale “Neverland”, globalmente un ottimo brano, dal riff suadente, corale, ben strutturato e gagliardo. “Break The Chain” presenta un tappeto ritmico molto anni ’80, piacevolissimo, martellante, nostalgico, che ben si presta e che ben si unisce a una parte vocale intensa. Arriviamo al primo singolo estratto da questo lavoro, ovvero l’intensa “Casino Royale”, dai fraseggi interessanti, travolgente e dalle sonorità genuine. La successiva “That’s What I Know” risulta molto movimentata, dal groove pieno e vivace, senza dimenticare gli ottimi spunti strumentali presenti. Come è giusto che sia, arriva il classico momento lento: “Stay With Me” non delude e non si discosta molto sia dallo stile della band che dal genere di riferimento. “Lockdown Blues” è un richiamo al periodo da tutti vissuto nei primi mesi del 2020 e musicalmente presenta i tratti canonici del blues hard rock, interpretato in maniera buonissima dai Saints Trade. Torniamo su ritmi più sostenuti con “Mirror Of Myself”, oscura e dalle atmosfere intense: presenta una struttura e dei passaggi musicali pregevoli, attestandosi come uno dei pezzi più riusciti del lavoro. “Once And For All” è un classico grintoso, aderente al filone hard rock, che presto si spegne nella successiva “Together We Stand”, un inno dal grande impatto emotivo, che svela il lato più sensibile della band. Sulle note di “Double Trouble” ci si scatena, con il suo riff tagliente e serrato, che porta il sorriso e una ventata di serenità nelle orecchie dell’ascoltatore. La finale “Born To Do (What I Want) suona nuovamente la carica, ciliegina sulla torta su un album convinto e convincente, dall’ottima resa e dagli spunti molto interessanti.
continua
24 Aprile 2022 6 Commenti Iacopo Mezzano
genere: Heavy Metal
anno: 2022
etichetta: SPV Steamhammer
Dopo svariati anni di immobilismo compositivo, appaiono oggi giganteschi i passi avanti fatti dagli Axel Rudi Pell con il loro nuovo album in studio Lost XXIII, un disco finalmente capace di proporre quel qualcosa in grado di riaccendere l’interesse dei fans (che era andato inesorabilmente a scemare mano a mano che si susseguivano anni fatti di canzoni sempre troppo uguali), e di presentare qualche motivo in più di interesse per gli amanti del genere heavy metal a cavallo tra lo stile teutonico, quello virtuoso, e l’hard ‘n’ heavy.
continua
16 Aprile 2022 4 Commenti Paolo Paganini
genere: Melodic Rock
anno: 2022
etichetta: Frontiers
Molti di voi si ricorderanno certamente del polistrumentista scandinavo Tommy Denander che negli anni 2000 e anche prima si distinse per essere un prolifico musicista/compositore/collaboratore per una miriade di progetti dell’epoca (ACT, Impera, Prisoner, Rainmaker, Lion’s Share, Talk Of The Town, per citarne solo alcuni). Oggi torna alla ribalta con i Radioacive che avevamo lascito la bellezza di sette anni fa all’epoca dell’album F4UR. Accompagnato da una schiera di singer di primissimo livello esce oggi X.X.X., titolo evocativo dei trent’anni trascorsi dal loro esordio. Il disco si pone su livelli di primissimo ordine e segna un cambio di stile rispetto al passato in cui le canzoni erano sicuramente molto più orientate verso l’AOR mentre per l’occasione sono stati introdotti elementi più marcatamente rock e blues. Il risultato è davvero notevole. L’eterogeneità delle composizioni conferisce al disco una capacità di rinnovarsi ad ogni ascolto. Il rovescio della medaglia è però rappresentato dal fatto che in molti brani potete sentire riferimenti nemmeno troppo velati a sound di band che di quelle determinate sonorità hanno fatto il loro marchio di fabbrica. Ma andiamo con ordine e vediamo track by track cosa ha combinato il buon Tommy. Si parte con la carichissima Monkey On Our Backs in cui il reef di chitarra non può non ricordare gli AC/DC mescolati con la melodia tipica dei Foreigner nel ritornello. Ancora la band di Angus Young sugli scudi per The Deed Is Done su cui svetta la notevole prestazione vocale di Robin McAuley. Remember The Ghosts cantata da Robbie LaBlanc si candida come uno dei brani più riusciti; anche qui influenze nitide di ZZ Top, Foreigner e Night Ranger. La seguente Written In The Scars è uno splendida ballad che ci fa tornare indietro nel tempo agli anni 80, magistralmente interpretata dal pop singer norvegese Christian Ingebrigtsen. Sia su If Today Was Your Last Day Alive che sulla successiva Mouve It sembra di sentire i Def Leppard dei tempi migliori (Mutt Lange ne sai qualcosa???). Youman Unkind scorre via velocemente senza lasciare particolarmente il segno mentre la successiva I Have A Dream col suo incedere trascinante coinvolge molto di più l’ascoltatore. Rock sporco e sudato per Voodoo Queen (non lontano dai Shadow King di Luo Gramm e Vivian Campbell) mentre la polverosa Drag Me Through The Mud ci accompagna verso la conclusione dell’album. Il congedo finale è affidato a California Ways, omaggio ai Van Halen degli esordi.
continua
15 Aprile 2022 1 Commento Giulio Burato
genere: Hard Rock
anno: 2022
etichetta: Napalm Records
Uscito il 25 marzo tramite Napalm Records “Nocturnal Creatures” è l’album di esordio degli scoppiettanti Bomber, giovane ed interessante band svedese che prende spunto da grandi band del hard rock come Deep Purple, Thin Lizzy Queen of stone age e Black Sabbath. La loro proposta ha dunque forti sfumature “settantiane”, rivisitate in chiave moderna, ma la migliore descrizione è data dal cantante Anton Skold quando dice:
“Questo è un album pieno di grandi tamburi, chitarre rumorose ed ottime performance vocali. Il tema concettuale del disco è la notte, e tutto ciò che le appartiene. La notte è quando si libera la nostra immaginazione e possiamo davvero scatenare tutto ciò che vive nel nostro profondo. A volte la notte può evocare paure, ma può anche essere un luogo confortante. Abbiamo usato questi concetti per portarvi storie che possono accadere sotto il manto dell’oscurità”. continua
13 Aprile 2022 3 Commenti Alberto Rozza
genere: Melodic Hard Rock
anno: 2022
etichetta: Pride & Joy
Dopo l’ottima uscita del 2020, tornano i tedeschi DeVicious, dal sound puro e genuino e sempre allineati al genere melodic hard rock.
Grande apertura di disco con “Afterlife”, piena e fiera, un manifesto di genere, che carica in modo convincente e non fa altro che aumentare le aspettative sui brani successivi. “Heroines”, dalle sfumature titaniche ed epiche, si apre in modo magico e suadente, proseguendo in modo sempre più invogliante e tambureggiante. Sembra banale, ma i primi secondi di questi brani hanno qualcosa di veramente ipnotico: questo discorso vale per “A Special Mind”, strumentalmente granitica, piacevole per tutta la sua durata e globalmente una prova di altissimo livello. Toni più duri, ma ugualmente strabilianti, per “Liar”, oscura e tagliente, corale e intensa nella parte vocale, che ci tiene incollati alle cuffie dal primo all’ultimo secondo. Arriviamo alla title track “Black Heart”: ci troviamo di fronte a un brano “vero”, immersivo, incredibile, dalla ritmica cadenzate cesellata nei minimi particolari, quasi uscito da un’epoca non sua, che rappresenta in pieno il valore dei DeVicious. Passiamo a “Not What It Seems”, con una vena malinconica, riflessivo, che si getta impetuosamente nella successiva “Welcome The Night”, leggermente legata alla tradizione progressive metal (qualcosa “alla Dream Theatre” nell’intro e nel fill di batteria è oggettivamente rintracciabile), che comunque ha i suoi punti di forza e nel complesso risulta essere un buonissimo brano. “After The Midnight”, metallara al punto giusto, è da annoverarsi tra i pezzoni tosti, ben riusciti, che poco aggiungono al valore globale dell’album, così come la successiva “Falling”, ben cadenzata e introspettiva. Conclusione affidata a “Miles Away” (esiste una versione dell’album con due bonus track, ovvero “Escape From Reality” e “Axenya’s Dream”), che non fa altro che affermare la maturità della band, che per l’ennesima volta ci consegna un lavoro compatto e pienamente nel genere, a conferma dell’assoluto valore della musica proposta.
13 Aprile 2022 4 Commenti Vittorio Mortara
genere: Rock’n’roll
anno: 2022
etichetta: Nuclear Blast
Mi imbattei negli Hellacopters verso la fine dei ’90, durante il mio periodo punk che faceva seguito ad una sbandata per il death e il black. Questo gruppo, dallo stile originalissimo, messo su dall’ex batterista dei death’n’rollers svedesi Entombed, mi incuriosiva parecchio. Purtroppo, al tempo, non ero predisposto per apprezzarli: troppo poco punk… e degli entombed nessuna traccia. E poi suonavano troppo vecchi. Così, dopo un paio di album, li abbandonai. Ultimamente, in seguito alla mia incoronazione a recensore di gruppi tamarri, è capitato che il collega Samuele mi abbia più volte, più o meno direttamente, invitato a dare un ascolto (e una recensita) a questo nuovo “Eyes of oblivion”. Un po’ controvoglia l’ho messo su e… Mi è piciuto un sacco!!! Saranno le tante primavere in più, sarà la povertà della scena attuale, sarà uno stato d’animo differente… ma la musica che questi signori propongono viaggia una spanna sopra la media! Composta e suonata con il giusto atteggiamento, non facilmente imprigionabile in un particolare genere, immediata al punto giusto. Per non parlare del look e dell’attitudine dei nostri, tra Thin Lizzy e Motorhead… continua
12 Aprile 2022 5 Commenti Denis Abello
genere: Melodic Rock / AOR
anno: 2022
etichetta: Frontiers Music Srl
Un anno dall’uscita dello splendido One Shot (qui la recensione) ed il nostro Ronnie Atkins, frontman dei danesi Pretty Maids, torna in pista per un secondo giro con questo Make It Count. Il poco tempo tra l’una e l’altra uscita può essere ricercata sia nella congiuntura temporale che in periodo “Covid” ha “regalato” agli Artisti uno stop forzato dagli impegni live, e quindi più tempo in studio, sia lo stato personale di Ronnie (che combatte contro un tumore) e che sembra aver dato al nostro una spinta Artistica senza precedenti!
Difficile però mantenere i livelli altissimi di One Shot, per me una delle migliori uscite del 2021. Come si dice però, difficile ma non impossibile ed infatti Ronnie piazza un secondo colpo da maestro che addirittura sotto alcuni punti di vista riesce ad essere più coinvolgente del precedente.
Partiamo subito con il dire che questo lavoro è “niente Maids e tutto Ronnie”, o meglio, pochissimo Pretty Maids (giusto un paio di pezzi, Rising Tide e Blood Cries Out) e molto molto Ronnie Atkins!
Questo cosa vuol dire? Vuol dire che come, e ancor più, che in One Shot si perde il tratto nerboruto tipico dei Pretty Maids e si entra nel mondo pop hard rock di Ronnie Atkins, basta la splendida ed introduttiva I’ve Hurt Myself (By Hurting You) per capire l’andazzo del disco… testi molto personali, melodia di facile presa e ultra catchy innestata però su una struttura tutt’altro che banale dei pezzi, vedi ad esempio il singolo Make It Count che parte come una delicata ballata acustica per trasformarsi in una “Abba” Hard Rock Song!
Il livello del songwriting e la qualità generale dei pezzi rimane molto alta per tutto lo scorrere dell’album e quindi non vi resta che scegliere i vosti pezzi preferiti, la materia prima di qualità non manca. I miei? La già citata I’ve Hurt Myself (By Hurting You), l’emozionante Unsung Heroes, Remain To Remind Me, Let Love Lead The Way e Make It Count!
08 Aprile 2022 0 Commenti Giulio Burato
genere: Melodic Rock
anno: 2022
etichetta: Frontiers
Ricordo il recente 01.04.2022 come giorno in cui ho iniziato a mettere giù qualche riga della presente recensione. Alla fine della giornata mi sono accorto che in tale data cadeva anche il cosiddetto “pesce d’aprile”; non vorrei mai fare sembrare la recensione come uno scherzo, ma sicuramente in un qualcosa che mi ha parzialmente spiazzato.
Qualche giorno e diversi ascolti dopo, ho preso le canzoni di tutti i quattro album dei First Signal e le ho messe idealmente all’interno di una ipotetica urna. Ho mescolato e poi ho estratto casualmente cinque canzoni. La sensazione che ho avuto post-estrazione mi ha appunto spiazzato: ho avuto difficoltà a collocare le cinque canzoni nel rispettivo album di uscita. A parte la mia idea paradossale, sono qui semplicemente a dire che, probabilmente, l’effetto sorpresa del side-project First Signal si è appiattito come anche l’ispirazione a livello di songwriting. Non posso però affermare che all’interno dell’album ci siano brutte canzoni, anzi, la loro efficace struttura AOR, dalla cospicua presenza di tastiere e di ritornelli di facile presa, è ben evidente, ma sa tutto un po’ di già sentito e di quasi prevedibile. Però una cosa lodevole bisogna dirla: ma quanto bello è sentire la voce di Harry Hess? È un autentico “top player” dietro al microfono, qui, ovviamente, coadiuvato, in tutto e per tutto, dal poliedrico Daniel Flores. continua
07 Aprile 2022 5 Commenti Yuri Picasso
genere: Hard Rock
anno: 2022
etichetta: Frontiers
E’ personale giudizio del recensore pensare a un super gruppo come insieme di talentuosi musicisti che hanno ampiamente dimostrato in passato nelle proprie band di riferimento copiose dosi di capacità artistiche unite a una propensione, un estro, un’adattabilità nel rendere le proprie qualità uniche, divenendo tratti personali riconoscibili; parliamo del marchio di fabbrica, difficilmente imitabile, in grado di aggiungere o togliere 10 punti a un prodotto discografico. Se a quanto descritto sopra aggiungiamo che stiamo parlando di artisti non inflazionati, per quanto il mercato di oggi richieda una quantità di uscite eccessiva, inversamente proporzionale alle vendite (talvolta a danno delle produzioni), troviamo una miscela esplosiva e affabile.
Ecco i Black Swan al loro secondo lavoro dopo l’ottimo esordio di due anni fa, un mix di super musicisti che vede per appunto nei sentieri tracciati da ciascuna band “madre”, un connubio in note molto gustoso debitrice del sound di MSG (Robin McAuley-era ovviamente), The End Machine, Winger (almeno quelli da ‘Pull’ in poi) e ultimi Mr Big.
Hard Rock melodico che vede nel riffman Reb Beach, nella mostruosa sezione ritmica Starr/Pilson e nelle linee vocali mai banali dell’ugola di Robin McAuley singoli ingredienti di una ricetta sontuosa.