Registrati gratuitamente a Melodicrock.it! Potrai commentare le news e le recensioni, metterti in contatto con gli altri utenti del sito e sfruttare tutte le potenzialità della tua area personale.
effettua il Login con il tuo utente e password oppure registrati al sito di Melodic Rock Italia!
09 Maggio 2022 3 Commenti Vittorio Mortara
genere: Rock
anno: 2022
etichetta: No Brake Records
Permettetemi questa piccola digressione per un artista che amo e che ultimamente suona musica che solo marginalmente tocca i gusti dei lettori di queste righe. John Waite è l’unico cantante che i Journey abbiano mai avuto dopo il grandissimo Steve Perry. Si, è vero, si chiamavano Bad English a quei tempi, ma i loro due dischi valgono più di tutti quelli cantati da Augeri e Pineda messi assieme. Timbro particolarissimo e magistrali doti interpretative, John, per il sottoscritto, ha un dono non comune: nonostante il mio inglese meno che scolastico, la maggior parte delle volte riesco a capire ogni parola dei testi che canta. La sua carriera nei Babys e quella da solista sono costellate di capolavori scritti da lui con o senza cosongwriters di grido, e penso che, bene o male, li conosciate tutti. Da qualche album a questa parte il singer di Lancaster (UK) si è dedicato a composizioni più intimistiche, essenzialmente acustiche, ma comunque di pregio assoluto. Dopo alcuni anni di silenzio, da alle stampe tramite la sua No Brakes Records questo pugno di canzoni sotto forma di un EP intitolato “Anything”. E la magia si ripete. Nulla di nuovo: pezzi unplugged, suonati da una band di amici musicisti pressoché sconosciuti al nostro pubblico, e non certo registrati con budget milionari. Però, ragazzi miei, che classe! Che sentimento! continua
09 Maggio 2022 16 Commenti Vittorio Mortara
genere: Hard Rock
anno: 2022
etichetta: Frontiers
Ennesimo supergruppo in uscita per la nostrana Frontiers records, gli Skills sono un progetto che vede coinvolti nomi enormi del panorama melodic rock mondiale: Billy Sheehan, Brad Gillis, David Huff (fratello di Dan) e Renan Zonta, coadiuvati dal nostro Alessandro DelVecchio alle keys. Come sempre, di fronte a tali premesse, mi accingo all’ascolto con uno stato d’animo combattuto fra le aspettative elevate per lo spiegamento di forze in campo e lo scetticismo dovuto alle molte, troppe delusioni precedenti relative a progetti simili, rivelatisi pure operazioni commerciali senz’anima e dai miseri contenuti. Ho prenotato la recensione di quest’album con grandissimo anticipo perche Sheehan è uno dei miei eroi. Ho amato i Mr. Big dal loro debutto ed ho assistito tristemente all’inaridimento della loro vena creativa negli anni 2000. Ma le cavalcate del bass player e le rincorse con Paul Gilbert su scale improponibili mi hanno sempre fatto battere forte il cuore. Per non parlare delle loro esibizioni dal vivo. Capirete che non potevo esimermi! Dunque sono qui a raccontarvi questo “Different worlds”. Come suona? Beh, direi che è buon mix tra Night Ranger, Mr.Big, Electric Mob e Giant, segno che nessuno dei componenti la band ha prevalso sugli altri, ma la stesura dei pezzi è stata frutto di una reale collaborazione. La classe cristallina di ciascun musicista è messa nel giusto risalto senza penalizzare il “formato” canzone. Peccato soltanto di non essere più in un’epoca in cui le produzioni erano rese scintillanti dai fiumi di dollari che scorrevano alle pendici dell’hard rock…
Il disco comincia con un’accoppiata di pezzi viranti sul Mr.Big style: “Escape machine” si appoggia sui fraseggi di basso e chitarra, con Zonta intento a ricalcare le orme di baby face, mentre la speedy “Blame it on the night” sembra la riedizione di “Addicted to that rush”, un rock blues accelerato sul quale è un piacere ascoltare Gillis e Sheenah che si rimbalzano il ruolo da protagonista. Niente di nuovo ma parecchio emozionante! “Different worlds” rallenta il passo, strizzando l’occhio a melodie più moderne, riproposte con la tecnica sopraffina in possesso dei nostri. Su “Losing the track” Renan dimostra il perché abbia vinto The Voice Brazil, sciorinando l’interpretazione superlativamente emotiva di una classica ballad che, in tal modo, acquisisce un valore aggiunto notevole. Night Ranger e ancora Night Ranger tra le note di “Writings on the wall”: ascoltate i controcanti di Del Vecchio ed il solo di Brad e giudicate voi. Grande hard rock americano su “Show me the way”, e ancora Zonta sugli scudi a rendere la melodia estremamente easy. I lenti… ah i lenti… “Just when I needed you” non è nulla di straordinario a livello compositivo ma a me piace un sacco. Ed ogni volta che la ascolto mi mette i brividi. Per la linea vocale. Per quei licks di chitarra. Per il suo essere cosi ottantiana… Bellissima! E poi ricominciano i fraseggi Sheenah/Gillis dando vita a “Need to fall”, perfetta sintesi tra gli universi rappresentati da ciascun membro della band, pezzo tecnico ma coinvolgente fino all’ultima nota. Segue la giantesca “Stop the world” già ascoltata come singolo apripista, immediata, si, ma resa nobile dall’assunto strumentale d’eccezione. Gli accenti bluesati di “Heart of stone” fanno calare un poco la tensione, e l’hard di stampo Whitesnake della conclusiva “Don’t break my heart” non contribuisce a risollevarla. continua
09 Maggio 2022 5 Commenti Vittorio Mortara
genere: Modern Metal
anno: 2022
etichetta: Atlantic
Lzzy Hale lo aveva detto: il periodo del lockdown ed il relativo forzato stop alle attività l’hanno resa più riflessiva ed incarognita, e questo si sarebbe riflesso nelle composizioni del nuovo album. E così è stato. Il progressivo passaggio dalle melodie rock/pop, mutuate da certo post grunge anni ’90 mescolato ad una punta di gothic modaiolo, ad un modern metal scarno e senza fronzoli, subisce con questo “Back from the dead” una brusca accelerazione. Canzoni brevi, pochi lazzi, linee vocali per la maggior parte aggressive la fanno da padroni. Pare che Joan Jett sia salita su una macchina del tempo alla fine dei ’70 e sia arrivata ai giorni nostri senza fermarsi a guardare come si era evoluta la musica nel frattempo. Salvo forse aver dato uno sguardo a che cosa combinavano i Pantera negli anni 90. La sezione ritmica picchia come un team di carpentieri.L e chitarre sembrano un panzer tedesco. La produzione è quella di una major, dunque tutto suona perfettamente a fuoco e il sound esce dalle casse in forma smagliante.
E la title track che apre il disco non le manda a dire: Lzzy è tornata dal mondo dei morti ed è incazzata nera! E con lei tutta la band. Canzone cattiva ma trascinante, scelta giustamente come primo singolo. Comincia con il chorus urlato a squarciagola “Wicked ways”, e la bionda singer ci rammenta di non essere un angelo, fra accelerazioni e parti cadenzate squisitamente nu metal. Il riffone pieno di feedback e la strofa quasi recitata di “Strange girl” ricorda vagamente le Hole di Curtney Love. “Brightside” non ha nulla di luminoso: è un altro midtempo spaccaossa che non da tregua all’ascoltatore. Il nuovo singolo, “The steeple”, è la canzone più ammiccante dell’intero lavoro, con quel ritornello che va in crescendo e rappresenta l’omaggio della Hale agli adepti della chiesa Halestorm. “Terible things” a dispetto del titolo è un bel lento acustico e dagli accenti Evanescence che vedrei bene come prossimo estratto. Ancora feedback come se piovesse e sezione ritmica sugli scudi per “My redemption”, che si apre all’altezza del refrain verso melodie un filo più easy. continua
06 Maggio 2022 1 Commento Denis Abello
genere: Melodic Hard Rock / Modern Hard Rock
anno: 2022
etichetta: Frontiers Music Srl
Lo dico subito a scanso di equivoci, parto per questa recensione “positivamente prevenuto”. Perchè dico questo? Perchè sono anni che aspetto di sentire la voce di Marco Sivo approdare in lidi classicamente hard rock melodici… e finalmente quel giorno è arrivato, ma… l’attesa ne sarà valsa la pena?
Per chi non lo sapesse Sivo è uno di quei Talenti nascosti che abbiamo qui in Italia che oltre ad essere songwriter, vocal coach, produttore, esperto di apparecchiatura fonica e editing ha pure dalla sua una notevole vocalità!
Dopo un passato in diverse band di vario genere (Time Machine, Planethard, Instant Karma…) è entrato in una zona d’ombra in cui il suo lavoro in ambito musicale non si è mai fermato (anzi!) ma sicuramente gli ha negato un palco da primo attore protagonista… peccato per me gravissimo!
Ecco quindi che, come in molti casi, mamma Frontiers arriva a metterci una pezza e, colpevole anche il buon Alessandro Del Vecchio (amico di vecchia data di Sivo), ci ritroviamo oggi tra le mani questo primo lavoro a nome Poison Rose con la voce di Marco finalmente pronta a reclamare il suo posto di primo piano sul panorama internazionale!
Reclutata quindi una band di supporto di un certo peso con Aldo Lonobile (Secret Sphere, Edge Of Forever) e Andrea Seveso (Robin McAuley, Jorn) alle chitarre, Edo Sala alla batteria (Sunstorm, Lovekillers) ed il buon Del Vecchio al basso, tastiere e cori, il nostro Sivo, facendosi dare una mano in fase di songwriting dallo stesso Del Vecchio più Pete Alpenborg, Brett Jones, Riccardo Canato e la giovane e brava promessa Stefano Mainini mette in campo una serie di pezzi che se la giocano abilmente sul filo di un moderno melodic hard rock. continua
06 Maggio 2022 4 Commenti Giorgio Barbieri
genere: Heavy metal
anno: 2022
etichetta: Frontiers
Chiariamo un punto fin da subito, io ho il massimo rispetto dei progetti che coinvolgono artisti di grande spessore provenienti da altri gruppi, le cosiddette superband, anche perchè è difficile che queste unioni diano seguito poi a dischi di basso valore e anche perchè, come nel caso di David Readman, non mi piacerebbe ciò che ha fatto sia con i grandi Room Experience, sia con gli altrettanto validi Voodoo Circle, oltre ai Pink Cream 69, che però sono più una band nel vero senso della parola. Ma purtroppo, o per fortuna, io ho ancora una cognizione del gruppo come di un insieme di amici (più o meno), che danno un senso di coesione, cosa che non ritrovo in questi progetti, i quali molte volte poi non danno seguito ad un’espressione dal vivo, o se lo fanno, i componenti non sono quasi mai gli stessi che hanno registrato l’album e questa cosa si vede e si sente. E’ un problema mio, lo so, ma in questo caso influisce sul giudizio che sto per dare ai Black Eye, supergruppo appunto, creato da un’idea del capoccia della Frontiers Serafino Perugino, che ha voluto unire la potente e versatile voce di David con la chitarra e le idee di Aldo Lonobile, membro fondatore dei Secret Sphere, oltre che chitarrista, tra gli altri, anche di Archon Angel, Sweet Oblivion ed ex Death SS, a questi due artisti si sono uniti Luca Princiotta, chitarrista di Doro ed ex Clairvoyants, che ha collaborato anche alla stesura di alcuni brani, il bassista dei DGM Andrea Arcangeli e il batterista di Stormlord e Nerodia, anche ex Kaledon e Fleshgod Apocalypse, David Folchitto, oltre agli ospiti Antonio Agate (Sweet Oblivion, Timo Tolkki’s Avalon) e Mattia Gosetti (Agarthic), che si occupano delle tastiere e degli arrangiamenti. Il risultato è una album in bilico tra il metal melodico e l’hard rock che vive sulla cresta di questo tenue confine, un po’ come quasi tutti i gruppi dei quali fanno parte i componenti esclusi quelli più estremi e di questo non può che giovarne il songwriting; formalmente i pezzi che compongono l’album sono tutti belli, ben suonati, ben cantati (in parecchi frangenti David sorpassa il “maestro” Jeff Scott Soto), continua
06 Maggio 2022 7 Commenti Giulio Burato
genere: Alternative Rock
anno: 2022
etichetta: Roc Nation Records
Parto da una considerazione: Uno dei più interessanti debut-album del genere melodic-rock nel 2021 è stato quello a nome Levara. Membro di questo side-project era Trevor Lukather, figlio d’arte; all’indomani dell’omonima uscita discografica, il buon Trev usciì immediatamente dal progetto Levara. Senza fare ulteriori ricami, tra gli ospiti del presente “Gifts from the holy ghost” chi troviamo? La risposta è ovviamente intrinseca nella premessa.
Siamo qui di fronte ad una proposta musicale cara a band americane come Shinedown ma, soprattutto, ai primi Halestorm, quelli di Lzzy Hale, che a livello vocale ricorda la qui presente Dorothy Martin. “Gifts from the holy ghost” è il terzo album della band capitanata dalla bella cantante americana, un album che è pregno di riferimenti ad un tragico avvenimento capitato nel tour bus che ha accompagnato l’uscita del secondo album “Days In The Valley” (2017).
Si parte in pompa magna con la canzone che preferisco: “A beautiful life” è carica e catchy al punto giusto; sapiente il lavoro alle chitarre. Sulle stesse linee compositive, la seguente “Big guns” che si differenzia per un ritornello più standard e semplice, nei canoni del genere. “Rest in peace”, primo singolo uscito ad inizio anno, continua
05 Maggio 2022 5 Commenti Yuri Picasso
genere: Melodic Rock
anno: 2022
etichetta: Frontiers
Arriva venerdì 6 maggio sugli scafali e nelle piattaforme digitali l’ottavo studio album da solista del cantante americano Jeff Scott Soto. Pochissimi (Nessuno ?) può vantare un curriculum cosi lungo, costante e variopinto all’interno del mondo rock, tanti sono stati i progetti in cui il natio di Brooklyn è stato partecipe. Arrivare ai Journey, partendo da Malmsteen, passando per Axel Rudi Pell, sconfinando nei Sons Of Apollo, senza dimenticare i meravigliosi Talisman e i più che validi Eyes, solo a citarne una parte tra i più rappresentativi.
Parlandoci (scrivendoci) chiaro, essere in grado di interpretare tutte le sfumature del nostro genere preferito, dall’AOR al Hard and Heavy più classico, non è da tutti, non è per tutti.
Da non confondere con i dischi editi a nome Soto, dove il nostro si diletta in un moderno e robusto Hard Rock coadiuvato da una band vera, i propri dischi solisti vedono collaboratori esterni, session man, dare un contributo sostanzioso in termini di scrittura ed esecuzione dei brani.
Da solista JSS in passato è riuscito a tirare fuori delle vere e proprie gemme (come dimenticare ‘Prism’ 2002 e ‘Lost in The Translation’ 2004) dove le coordinate artistiche spingevano maggiormente su territori cari ai Journey. Se da un lato il timbro di Soto è fuori discussione come le sue doti artistiche e di frontman, dall’altro un eccesso d’esposizione lo ha portato nel tempo a interpretare brani talvolta freddi o leggermente anonimi, privi della personalità artistica di cui il singer è sempre stato provvisto. continua
04 Maggio 2022 19 Commenti Samuele Mannini
genere: Alternative Rock
anno: 2022
etichetta: Playground Music
Ascoltare i Poets Of The Fall è un’esperienza che vi consiglio caldamente di fare. E’ una band che travalica i generi e alla fine è riuscita a creare un mood tutto suo, fatto di atmosfere languide e crepuscolari, ma anche di teatralità e piglio rock sinfonico. Posso concordare che sia un genere non propriamente facile da digerire e sicuramente non alla portata di tutti, ma se cercate introspezione e sentimento, qui ne troverete a bizzeffe.
Conosciuti per puro caso grazie alla colonna sonora del videogioco Max Payne 2 , con la canzone Late Goodbye, fui subito attratto da quelle atmosfere in chiaroscuro che questi poeti finlandesi sanno creare e portare in musica, fino ad arrivare oggi a Ghostlight il nono album in studio . La loro discografia si è sempre espressa su livelli più che buoni, ma secondo me questo Ghostlight va a toccare i fasti di Carnival Of Rust e Twilight Theater, basta guardare il video del singolo Requiem For My Harlequin per rendersene conto. Si, perché i Poets Of The Fall hanno anche una spiccata attitudine visuale, che completa il messaggio delle loro canzoni e cercando qualche video su YouTube vi renderete subito conto che, un po’ come accadeva con i Genesis e Peter Gabriel e i Marillon con Fish, la componente teatrale è parte integrante della canzone e completa l’esperienza sensoriale della evocativa voce di Marko Saaresto. continua
03 Maggio 2022 6 Commenti Vittorio Mortara
genere: Hard Rock
anno: 2022
etichetta: GoldenRobots/Crusader Records
I Crashdiet sono una delle moderne Glam bands più seguite negli ultimi anni. Ho assistito ad un loro concerto e posso assicurarvi che sotto il palco si assembrano nugoli di ragazze in abiti succinti in brodo di giuggiole all’ammiccare dei nostri eroi, in particolare per del frontman, Michael Keyes, biondone d’altri tempi. E proprio a proposito di cantanti, i nostri sono stati costretti, nel corso della loro carriera, a cambiarne ben quattro! Keyes, qui, è al secondo album in studio. La musica degli svedesi è sempre stata un mix di influenze street/glam, punk e hard melodico scandinavo, con l’adrenalina come ingrediente principale ed una buona capacità nello scrivere pezzi che, dal vivo, creano un vero e proprio sconquasso. Il precedente lavoro, Rust, si poneva una buona spanna sotto il livello dei suoi predecessori, con pezzi spesso un po’ spompati ed il vocalist non ancora propriamente integrato. Il nuovo platter è decisamente meglio. Adesso la band suona evidentemente più coesa ed ha intrapreso, a mio parere, una nuova direzione artistica. Viene messa da parte quasi del tutto l’attitudine arrogantemente punk, ed anche le basi sunsetboulevardiane passano in secondo piano. I Crashdiet si stanno trasformando velocemente in un gruppo hard scandinavo moderno. Senza girarci tanto attorno, “Automaton” suona più Eclipse di quanto non facesse “Paradigm”. Il che, sempre secondo il vostro redattore, non necessariamente è un bene… continua
28 Aprile 2022 0 Commenti Vittorio Mortara
genere: Aor
anno: 2022
etichetta: Steelheart Records
Nonostante la bio reciti che i membri di questi Caught In Action abbiano alle spalle lunghe militanze in svariati gruppi della scena melodica, perdonatemi, ma per me risultano, dal primo all’ultimo, degli illustri sconosciuti. Ma questo non sia assolutamente inteso come un punto di demerito: quanti super gruppi abbiamo visto nascere in questi ultimi anni per partorire dischi dal valore a dir tanto mediocre? Meglio gente nuova e con buone idee, piuttosto che ex rockstar spompate e con poco o nulla da dire! E questi lusitano/svedesi cos’hanno da dire? Beh, innanzitutto a livello tecnico, i singoli musicisti mi sono parsi piuttosto in gamba. Buono il lavoro alle chitarre di Richard Jonsson, assolutamente protagoniste le tastiere di Svard e Ramos, una certezza il ritmo dettato dai tamburi dell’altro Ramos. E la voce? Beh, Marcello ha una discreta estensione, è pulito… forse troppo. Alla lunga la sua timbrica che ricorda un po’ Goran Edman può un pochino stancare, ma alla fine son gusti, a mio avviso, alcuni pezzi ben confezionati finiscono per essere forse un po’ fiaccati dalla mancanza di… grinta? Interpretazione emotiva? Ma ripeto, è una mia opinione. La produzione è affidata al bassista Ricardo Dikk e ad ogni modo i suoni risultano nella media delle uscite di oggi.