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05 Ottobre 2022 15 Commenti Vittorio Mortara
genere: Pop rock
anno: 2022
etichetta: Shelter Records
Salto a piè pari tutta l’introduzione storica supponendo, anzi, pretendendo che tutti voi lettori sappiate esattamente chi sia Richard Marx e che cosa abbia fatto in passato, recente o remoto che sia. Parto dalla conclusione. Songwriter è un gran bel disco! Dopo decenni di carriera ed esperienze in ambito musicale, dopo aver scritto canzoni per mezzo mondo, dopo aver collaborato con personaggi di prima grandezza nel panorama rock, pop e country, il ragazzone di Chicago sforna per la sua etichetta personale un album con i fiocchi. Diviso in “settori”, pop, rock, country e ballads, e contando su ben 20 pezzi, quest’album vede la collaborazione di fior di musicisti (Michael Landau, Taylor Hawkins, Jason Webb…) e compositori (Burt Bacharach, Keith Urban, Chris Daughtry…) regalandoci un songwriting variegato e maturo, elegante, come sempre, ed una produzione, curata dallo stesso cantautore in collaborazione con i figli Jesse e Lucas, al di sopra di ogni sospetto.
Si comincia con la sezione pop, contraddistinta da ritmi ballabili, voce filtrata secondo i moderni stilemi del genere, e ritornelli catchy. “Same heartbreak different day” è stilisticamente perfetta, pronta a piantartisi in testa. “Only a memory” flirta con la disco/pop dei Daft Punk e “Anything” fa il verso al miglior Ed Sheeran. Ma a me piace un sacco la velata tristezza di “Moscow calling” e quell’intermezzo del violino di Nina Di Gregorio. Top! Chiude la sezione la Coldplay-oriented “Believe in me”. continua
30 Settembre 2022 1 Commento Alberto Rozza
genere: Melodic Hard Rock
anno: 2022
etichetta: Pride & Joy
Interessantissima uscita per gli svedesi Alicate, band che fonda le proprie radici negli anni ’80. Tornati in attività dal 2006 nel 2009 rilasciarono il primo disco intitolato World Of Anger. La proposta contenuta in questo nuovo Butterfly è un solido e nostalgico hard rock, condito da tanta melodia.
Esperienza e convinzione si fanno subito sentire nell’opening “I Can Run”, canonica per stile e intenzione, pezzone tosto e rompighiaccio senza troppi fronzoli. Si passa così alla successiva “My Last Goodbye”, struggente e suadente, che strizza l’occhio a sonorità e coralità di stampo Whitesnake, rendendosi complessivamente piacevole. Giunge il momento della title track “Butterfly”, calda e intensa ballad, un lento consueto ma comunque godibile, che disorienta inizialmente, visto che molto raramente il titolo di un album viene scelto tra le tracce “lente”. Si torna a macinare battiti con la roboante “Rise Once Again”, una cavalcata trionfale dal puro sapore di hard rock, dall’arrangiamento spietato e corale, tutto sommato picco positivo all’interno del lavoro. Atmosfere contemplative sulle note di “Monday”, gradevole e accessibile, sempre vicina alle sonorità dei grandi degli anni ’80 e dal pregevole solo di chitarra. Aperta e dal sapore gioioso, arriva il momento di “We Will Get By”, molto evocativa, che ben si abbina alla successiva “Let It Out”, grintosa e dalla trama ben congeniata. “Out Of Control” si presenta come il brano più tosto e graffiante del lavoro, oscuro e misterioso, dalla timbrica inconfondibile e tambureggiante. Non particolarmente originale invece “Highway”, molto riconoscibile, dal gusto di già sentito, che passa leggera e senza grandi rimpianti. Concludiamo l’ascolto con “Done For The Weekend”, quasi una prosecuzione ideale della traccia precedente, che mette la parola fine a un buonissimo lavoro, canonico, sentito, a tratti non freschissimo, ma di sicuro impatto strumentale.
28 Settembre 2022 0 Commenti Giorgio Barbieri
genere: Heavy Metal
anno: 2022
etichetta: Andromeda Relix/Heart of Steel
Quando ritornano fuori nomi come quello degli Spitfire, il giovane imbelle e brufoloso metallaro capellone che ero, salta fuori dalla notte dei tempi e non può che gioire nel sentire ancora queste sonorità che, seppur prodotte al passo con i tempi e ci mancherebbe altro, lasciano ancora quel sentore di genuinità che ha sempre contraddistinto le uscite made in Italy negli anni ottanta; la scena era veramente un fermento ribollente e, nonostante fosse esplosa in lieve ritardo rispetto alla nwobhm, annoverava nomi di tutto rispetto che, in molti casi venivano incensati anche all’estero, basti pensare ai vari Strana Officina, Death SS, Vanexa, Vanadium, Sabotage, Crying Steel, Elektradrive ai quali erano affiancati anche nomi magari meno fortunati, ma non per questo meno meritevoli, gruppi che riuscirono a realizzare ben poco, a volte solo dei demotapes o dei 45 giri e quest’ultimo è il caso dei veronesi Spitfire capitanati da Giacomo “Giga” Gigantelli, i quali tra il 1981 e il 1986 realizzarono due demo e un 45 giri, per poi sciogliersi e riformarsi diciotto anni più tardi, quando il vento stava spingendo ancora alle spalle del metal italiano.
Il buon Giga, una volta conclusa la prima esperienza, entrò a far parte dei Danger Zone, mentre il chitarrista Stefano “Pisa” Pisani si aggiunse agli Exile, il gruppo di Gianni Della Cioppa, ma tutte queste esperienze si conclusero prima della fine della decade, eppure la fiamma ardeva ancora nei cuori dei nostri ed ecco così che, grazie appunto ad un rinnovato interesse nei gruppi nostrani, gli Spitfire tornarono con la formazione che aveva chiuso la prima parte della loro carriera e dopo la pubblicazione della compilation “Heroes in the storm”, che racchiudeva i due demo, il 45 giri e un inedito live, un album dal vivo in occasione della reunion e il primo full lenght “Time and eternity”, ecco il nuovo ritorno dopo ben dodici anni, che segna anche l’esordio alla batteria di Luca Giannotta, il quale va a sostituire lo storico Gaetano “Doc” Avino e il risultato, ossia “Shadows Phantoms Nightmares” è qui tra noi a ricordarci che gli Spitfire ci sono e godono di buona salute. continua
28 Settembre 2022 0 Commenti Giulio Burato
genere: Glam Rock – Melodic Rock
anno: 2022
etichetta: Idora Entertainment
Guardando l’artwork del presente “Everyday Heroes” ho creduto per un attimo di essere capitato a tiro del sequel di “Indipendece day”. Dietro al titolo invece si racchiude un significato più profondo e meno fantascientifico, un omaggio agli eroi che ci circondano ogni giorno (medici, pompieri etc.).
Siamo di fronte al trio Rob Kane, Erik Johnson e Mike Floros che formano i Love in Chains, band che attinge a piene mani al glam rock caro ai Ratt, Stryper, Kiss e a simil-gruppi che regnavano negli anni’80. A proposito di Paul Stanley & Co. qui è presente la cover di “Love Gun” di cui vi lascio il giudizio, visto che, recentemente, ho sentito l’originale in versione live all’Arena di Verona e tale mi tengo.
I tre americani di base hanno dei discreti spunti senza creare nulla di originale ma lo fanno con piglio e la giusta passione. Senza passare per forza da una recensione ad elenco, segnalo che la breve ed apri-pista “Locked and Loaded” da subito l’idea di cosa andremo ad ascoltare. “Cherry wine” ricorda i Tangier nella chitarra acustica mentre “Less than Zero” e “Rain”, in maniera diversa, strizzano gli occhi ai Dokken. Uno dei passaggi meglio riusciti a livello vocale assieme al buon lavoro alle sei corde di Mike Floros è la semi-ballad “Overdose”.
Segnalo, poi, la nona traccia “Without You” che suona molto Hurricane (vedi la ns. recente recensione nella sessione “classici”) senza però averne la stessa carica “distruttiva” a livello emozionale
Concludo con la title-track, emblema dell’album con i suoi cori rapiti alla golden era dell’hairy-metal.
Un album di debutto onesto che aggiunge poco a ciò che abbiamo piacevolmente e abbondantemente già sentito in passato, ma che, in maniera leggera, ce lo fa ricordare.
27 Settembre 2022 6 Commenti Yuri Picasso
genere: Hard Rock
anno: 2022
etichetta: Metal Blade
In tante occasioni ci siamo ritrovati a parlare di super gruppo. In molte di queste circostanze le aspettative venivano placate, ammorbidite dal risultato effettivo dell’opera.
Il blasone del passato vive nel presente di noi nostalgici. Ma dal momento che siamo nostalgici, avendo ascoltato dischi che nemmeno noi ricordiamo di possedere nella nostra bacheca, rimaniamo consapevoli e razionali dinanzi a un lavoro sufficiente o mediocre. Non basta un ottimo soggetto per fare una bella foto, non è sufficiente un’ottima macchina fotografica per creare uno scatto memorabile, ma a 60 anni suonati ci sono musicisti che ancora hanno molto da dire e posseggono materiale e soprattutto ‘attributi’ di che stupirsi.
Il fenomeno della batteria Simon Philips (Toto, MSG, Big Country), l’estro chitarristico di Jim Matheos (Fates Warning), il basso pulsante di Joey Vera (compagno di band di Matheos dal 1996, Mercyful Fate ed Armored Saint) e la voce unica di Steve Overland (FM e altri mille e più progetti). Esce per Metal Blade questo progetto a nome Kings of Mercia; ottimo lavoro di Hard Rock dove ogni membro dà il proprio meglio, senza risultare banale e prevedibile, senza il bisogno di autocitarsi all’interno delle canzoni. Difficile scegliere gli highlights, visto il livello alto delle composizioni, che risultano compatte melodiche e immediate. “Humankind” dal riff heavy si apre in un coro assolutamente riuscito. “Sweet Revenge” suona oscura, cupa e intrigante. “Set The World On Fire” è AOR, vestito di metallo. I lenti “Top Far Gone” ed “Everyday Angels” dispensano brividi e carezze. “Liberate Man” esplode in un ritornello grintoso. “Your Life” si avvicina ai primi Fates Warning, una delle interpretazioni più heavy che il nostro Steve si sia mai ritrovato a intonare. La produzione è impeccabile.
Ingiusto lasciare alcuni brani in scaletta privi di commento, ma devo essere sincero: alle mie orecchie è così che dovrebbe suonare ogni supergruppo. O così… o si potrebbe anche evitare di pubblicare nuova musica
24 Settembre 2022 1 Commento Francesco Donato
genere: Melodic Rock
anno: 2022
etichetta: Frontiers
Tra i tanti debutti di questa calda Estate ormai giunta al termine, si fa spazio questo “Point Break” degli svedesi Hydra.
La band, le cui fila sono mosse dal songwriter Henrik Hedström, coadiuvato in primis dal batterista Daniel Flores (già First Signal e FindMe), è completata da Jonny Trobro al basso e Andi Kravljaca (entrambi sempre nel giro First Signal e FindMe). Un’alchimia rodata che ha funzionato a meraviglia anche su questo lavoro targato Frontiers Records.
Se la copertina lascia pochi dubbi sul contenuto del dischetto, il nome della band, chiaramente evocativo, ci riporta indietro nel tempo fino al secondo album dei Toto. La band svedese non fa decisamente mistero già dal primo ascolto al mazzo di carte da cui pesca gran parte della verve compositiva.
Se l’iniziale “Stop The Madness” si snoda su sonorità abbastanza fresche (ma ormai, possiamo dirlo, iper abusate) richiamanti le ultime tendenze melodiche scandinave, dalla seconda “Bringing Down The Moon” i nostri giocano sull’altalena tra Toto e Styx piazzando anche pregevoli colpi come la doppietta “No Lullaby” e “Stay a While” , certamente due tra i pezzi più riusciti dell’album. Si procede su mid tempo e semi ballads come “Angela” , “Forever My Love” e la conclusiva “To Say Goodbye” che vede l’intervento canoro in duetto di Elena Valente.
La seconda parte del disco cala un po’ d’intensità, probabilmente con qualche filler di troppo, ma senza nulla togliere alla validità della proposta.
22 Settembre 2022 0 Commenti Giorgio Barbieri
genere: Hard Rock
anno: 2022
etichetta: Hell Tour Productions
Quando capitano dischi come questi, rimango sempre un po’ spiazzato, perché seppur nella sua semplice proposta di hard rock in bilico tra gli anni settanta e ottanta con qualche puntata nei novanta, giudicare un album così poco innovativo, ma fatto così bene, mette lo scribacchino di turno, cioè il sottoscritto in questo caso, in grossa difficoltà, diviso tra la pulsione sanguigna del genere che è quello con il quale ho iniziato ad interessarmi alla musica più bella del mondo e la continua ricerca dello stupore, per cui, metto da parte la voglia di innovazione e rivolgo la mia voglia di essere stupito alla vigoria del lavoro del buon Francesco.
Penso che si sappia che il ragazzo è fresco fresco di ingresso nella storica band della nwobhm Tygers of Pan Tang, dove ha portato le quote tricolori a due quinti, raggiungendo Jacopo “Jack” Meille che presta la sua ugola per la band di Robb Weir oramai dal 2004, ma vanta un curriculum di tutto rispetto, essendo il fondatore degli heavy metallers Screaming Shadows facendo parte del progetto symphonic power metal Verde Lauro fin dagli inizi, e avendo anche una sua carriera solista, inoltre ha prestato la sua sei corde per un’infinità di gruppi e progetti, tra i quali segnalo Revolution Road, Resurrection Kings, Viana, Mariangela Demurtas e molti altri per il quale vi rimando alle sue pagine social, altrimenti finisco la recensione nel 2023. Per una volta, mi trovo d’accordo con il commento fatto sulle note promozionali dove di solito vengono scritte sbrodolate che fanno passare anche il suonatore di tamburello della banda di paese per il nuovo Jimmy Page, i pezzi scorrono via senza annoiare, non ci sono riempitivi, le canzoni sono di facile presa, ma quello che mi preme mettere in risalto non è tanto la bravura come chitarrista di Francesco Marras, penso che quella sia assodata e non parlo solo di capacità tecniche, ma anche di saper scegliere il momento giusto per l’assolo e di non strafare, cosa che molte volte porta sul nostro faccione uno sbadiglio di proporzioni ciclopiche, ma, riprendendo il discorso, voglio tessere le lodi del Marras cantante rock viscerale, coinvolgente, certo non è Glenn Hughes, ma piuttosto resta più vicino a Jeff Keith o Tom Keifer, dando quella carica che solo l’hard blues sporcato di metal, riesce ad infondere. continua
16 Settembre 2022 8 Commenti Denis Abello
genere: Melodic Hard Rock
anno: 2022
etichetta: Frontiers Music Srl
Dove ci eravamo lasciati con questi Fans of the Dark??? Ah si giusto… ci eravamo lasciati un anno fa sulle note di quel fighissimo (per il sottoscritto) album di debutto dal titolo omonimo (qui la rece)!
Cosa è cambiato da allora… ben poco direi, infatti questo Suburbia ripercorre lo stesso identico percorso del debutto e lo fa con la stessa identica qualità e con lo stesso identico risultanto (di valore) del precedente album.
Ancora una volta ci troviamo al cospetto di 8 brani (tranquilli, la durata totale del lotto proposto eguaglia la lunghezza di un album da 10 pezzi, visto che due brani The Pirates Of Maine e Restless Soul sfiorano gli 8 minuti di durata) hard rock melodici e ruffiani con qua e la venature heavy metal e della scena NWOBHM, infarciti di citazioni ad una certa subcultura anni ’80 fatta di film horror, robe da nerd e VHS!
Oltre a questo non si può non citare la sempre Splendida e Carismatica Voce di Alex Falk, punta di diamante di un lavoro che già di per se regalerebbe piene soddisfazioni, grazie anche al songwriting “finto superficiale” di Freddie Allen che denota una ricerca e una cura dei brani che troppo spesso manca ai giorni nostri.
L’album è uno scorrere di pezzi uno più bello dell’altro di cui voglio evitare una disanima track by track per non rovinarvi la “scoperta” e la “sorpresa” di ogni nota e di ogni sfaccettatura che regala luce e brillantezza a questo lavoro… vi basti sapere che viaggiare a bordo di una “vecchia” Mini Cooper del 2007 (la buona e vecchia R56, ultima auto anacronistica per antonomasia in grado di regalare al guidatore lo Spirito delle vecchie Mini…) con finestrino abbassato ed il brano Fans of the Dark che scorre veloce in sottofondo mi ha quasi fatto scendere una lacrima per quanto mi abbia fatto sentire felicemente fuori da questo tempo di pura follia!
Rispetto al precedente lavoro inoltre l’album risulta più coerente, meglio bilanciato verso la voce di Falk, e con una produzione se si vuole ancora più centrata per il senso “vintage” che regala all’orecchio, cosa che fa fare un ulteriore piccolo passo in avanti nella carriera di questi Fans of The Dark!
Sono un FANS OF THE DARK, sono un FANS OF THE DARK, sono un FANS OF THE DARK… diventatelo anche Voi! 😀
16 Settembre 2022 4 Commenti Denis Abello
genere: Hard Rock
anno: 2022
etichetta: Frontiers Music Srl
Perse ormai le velleità puramente AOR degli esordi, persa ormai la voce dei primi album (Joe Lynn Turner), perso anche il produttore originale (Dennis Ward)… allora cosa resta di questi Sunstorm?
In realtà a questa domanda ci ha già risposto il precedente album Afrerlife che ha messo in campo una “quasi” nuova squadra sotto il cappello “Sunstorm” con Alessandro Del Vecchio come produttore, già comunque presente anche con gli ultimi album con Joe Lynn Turner alla voce (Edge of Tomorrow e Road to Hell), ma soprattutto il cambio che più ha fatto discutere riguarda l’entrata di Ronnie Romero (Lords of Black) dietro al microfono.
Altro discorso da fare riguarda lo “stile” della band passato dall’AOR più zuccheroso e cotonato dei primi album all’hard rock senza fronzoli delle incarnazioni a firma Del Vecchio… e anche in questo nuovo Brothers in Arms da questo punto di vista l’hard rock la fa da padrona anche se il lato melodico torna più presente rispetto al precedente Afterlife dando anche modo a Romero di giostrare la sua voce su note più morbide, la cui cosa al sottoscritto piace assai…anche se sono uno a cui mancano i vecchi “AOR” Sunstorm!
Entrando nel vivo del discorso, in generale le sonorità viaggiano sul filo del classico hard rock di stampo nord europeo di buon livello senza scossoni particolari (ne in su ne in giù), regalando però momenti di maggiore intimità e intensità melodica come nella bellissima Games We Play, che per il sottoscritto si piazza di diritto tra i migliori pezzi su cui abbia poggiato la sua (bella) ugola il prezzemolino Romero, o nella tormentata Back My Dreams!
Merita menzione anche il brano Hold The Line che nel ritornello riporta alla luce qualche sprazzo di primi Sunstorm.
Chiudiamo dicendo che come il precedente Afterlife anche questo Brothers in Arms è un bell’album, con alcuni spunti interessanti (vedi Games We Play), che regala un classico hard rock nord europeo ben fatto e ben confezionato, con una band di valore alle spalle e un cantante fenomenale a tenere le redini del gioco.
Meno duro del precedente e con un occhio più attento alla parte melodica, ma attenzione che si resta sempre molto distante dagli stilemi AOR dei primi due album con alla voce Joe Lynn Turner e quindi da ciò che il moniker Sunstorm ha voluto dire per i Fans di prima data!
16 Settembre 2022 0 Commenti Denis Abello
genere: Hard Rock Blues
anno: 2022
etichetta: Red Cat
Vincenzo Grieco… e chi è costui? Ammetto che non conoscevo il chitarrista di origini Romane, ma facendo una rapida raccolta di informazioni ne esce un quadro di un personaggio dal background musicale di tutto rispetto e con due Pall… “Note Musicali” nelle parti basse grandi così!
Chitarrista, compositore, arrangiatore, docente, ce n’è per tutti i gusti. Molto conosciuto nell’ambiente Romano, il nostro si porta in questo “Vincenzo Grieco & The Exoplanets” due “ali”, Giulio Giancristofaro (Voce / Basso) e Piero Eugenio Pierantozzi (Batteria) a chiudere il cerchio di questo power trio che affonda le radici nel rock blues anni ’70 e spinge i suoi fiorenti rami nel cielo degli anni’90, un po’ come se gli Stone Temple Pilots avessero un Jimi Hendrix alla chitarra.
Una commistione di generi quindi che poggia la sua base sempre nel Rock Blues e trova la sua linfa in filoni differenti come quello sanguigno e tecnico degli anni ’70 in contrapposizione a quello più violento e sporco degli anni ’90. Il risultato?
Il risultato funziona e i primi due pezzi (Outer Space, Assault Troops) sono una bella presentazione di quello che aspetta l’ascoltatore in questo lavoro. Brani duri e diretti come questi due, groove (Motherless Boy) e funky (The Same Train), del sano e trasognante blues (Morning Sun), strumentale e vocale virtuosismo (Stop Talking) e brani tipicamente post grunge anni ’90 (Core of The Sun), per chiudere su una ballad blues da classifica (On The Bridge, con la partecipazione di Sara Facciolo come seconda voce).
Penso a questo punto che dovrebbero essere chiare le delimitazioni e le influenze di questo album, resta solo allora da dire che la Band è di assoluta qualità e se sulla parte strumentale risulta di livello Eccelso per fortuna anche vocalmente il nostro Giulio Giancristofaro se la cava alla grande, regalando una prova degna di nota.
Note negative? Poche in realtà se non quelle intrinseche nel genere proposto, ma un album che merita comunque un ascolto attento!