Registrati gratuitamente a Melodicrock.it! Potrai commentare le news e le recensioni, metterti in contatto con gli altri utenti del sito e sfruttare tutte le potenzialità della tua area personale.
effettua il Login con il tuo utente e password oppure registrati al sito di Melodic Rock Italia!
06 Dicembre 2023 4 Commenti Vittorio Mortara
genere: AOR
anno: 2023
etichetta: Frontiers
Diverse sono state, ultimamente, le uscite di band capitanate da esponenti del gentil sesso, spesso ispirate a colleghe dal glorioso passato. Ricordo con piacere, ad esempio, l’esordio un anno fa dei tedeschi Violet, squisitamente retrò, impreziositi dalla wilsoniana voce della appena maggiorenne Jamie Beckham. Senza parlare delle gesta della ormai celebre Chez Kane. Ed oggi siamo qui a disquisire sul debutto dell’australiana Cassidy Paris. Coadiuvata da un manipolo di musicisti, fra i quali l’onnipresente Del Vecchio, e sponsorizzata da mr. Paul Laine (che canticchia anche nei cori), la ventenne cangurina è stata messa sotto contratto dalla (solita) Frontiers e portata a questo esordio discografico.
Che, diciamolo subito, non è niente di esaltante. Anzi… Cominciamo parlando di un songwriting banalotto, al limite dello scontato, come si può evincere già dal singolo “Danger” e dalla noiosissima seconda traccia “R’N’R hearts”. Vengono scimmiottate le Vixen del primo e secondo disco, senza la freschezza e l’incisività che caratterizzava le quattro ragazze americane. Sbadigli a non finire sul lento “Here I am”. Forse è proprio la voce piuttosto monocorde di Cassidy che non riesce a dare forza ed espressività ai pezzi. Qualche spunto positivo si trova in “Walking on fire” che ha un retrogusto tanto Romeo’s Daughter. Raggiungono appena la sufficienza anche le pop rock/pop punk “On the bright side” e “Song for a broken hearted”. “Searching for a hero” ha una linea vocale trita e ritrita. “Like I never loved you” è un pelo più hard della media ma non riesce a decollare. “Stand” gioca la carta modernista e, a tratti, risulta piacevole. Carino, invece, il rock’n’roll in your face di “Addicted” che fa da preludio alla tastierosa “Midnight desire” che, cantata con una voce diversa, forse avrebbe potuto chiudere col botto.
Insomma, poco da dire su quest’album. Poca personalità, poche buone idee, produzione così così… Sicuramente non andrà a rivoluzionare le top ten di fine anno di nessuno. Se volete sapere come si compone e si suona un pezzo che spacca con voce femminile ascoltatevi “Red” delle nuove Vixen.
06 Dicembre 2023 0 Commenti Alberto Rozza
genere: Hard Rock
anno: 2023
etichetta: Frontiers
Il mondo dell’hard rock è veramente sconfinato: dall’India in arrivo l’album di debutto dei Fifth Note, progetto targato Frontiers dal sapore interessante ed esotico.
Apriamo le danze con “Rider”: il classico brano che non ti aspetti, dalla ritmica travolgente, dalla voce acida e tagliente, perfetto per rompere il ghiaccio e introdurci nell’universo dei Fifth Note. Archi maestosi ci introducono nella suadente “Always With You”, sempre impeccabile a livello di suoni e dagli spunti strumentali molto interessanti, nonostante alcuni passaggi armonici “consueti”. “Dreamer” torna a carburare, nel classico stile hard rock blueseggiante, capace di dare il giusto spazio alla tecnica individuale dei componenti della band. Le atmosfere si incupiscono: “Fantasy” si fa introspettiva, oscura e ritmicamente martellante, svelando nuove sfaccettature dello stile del quintetto indiano. “I Won’t Give Up” entra nella pletora delle power ballads in stile anni ‘80, intensa, caldissima e coinvolgente, senza stupire né deludere nel suo complesso. Arriviamo alla potentissima title track “Here We Are”, vero e proprio manifesto dello stile dei Fifth Note, ovvero ritmiche serrate e corpose, capacità individuali tecniche notevoli e una pasta musicale complessivamente molto convincente. “Misfortune” presenta sonorità e ambienti molto contemporanei, uscendo dagli schemi canonici dell’hard rock, per sfociare su qualcosa di maggiormente heavy, sempre mantenendo altra la qualità e l’interesse verso l’ascoltatore, alla stessa maniera della corposissima e sfaccetatissima “Falling Apart”, che a tratti attinge pienamente dal panorama prog. “Confused Trauma” ci riporta su orizzonti malinconici, sempre intervallati da ritmiche potentissime e concettualmente ben pensate, non banali e che nel complesso stanno insieme veramente bene, facendoci andare con la memoria (e con le dovute distanze) a qualcosa di vicino ai Dream Theater. Voce e piano per la dolcissima “Drifted”, convincete e scalda – cuori. Arriviamo, dopo aver ascoltato “End Time’s” e il suo riff scellerato e tagliente, alla conclusione di questo lavoro: a livello compositivo ci troviamo davanti a qualcosa di molto interessante, capace di mischiare in modo eccellente varie correnti del mondo rock/metal; a livello esecutivo la resa complessiva è mastodontica, vocalmente acutissimo, ritmicamente compatto e virtuoso il giusto a livello solista; la soddisfazione è tanta e inaspettata, ora sarà interessante vedere se la resa dal vivo corrisponderà a quella su disco.
05 Dicembre 2023 0 Commenti Giulio Burato
genere: Melodic Rock
anno: 2023
etichetta: pride & joy
I Silent Tinger nascono nel 2018 dal chitarrista Jean Funes e dal batterista Joel Mejia dell’Honduras, e l’aggiunta del cantante David Cagle (USA), con il desiderio di creare musica hard rock melodica con influenze come Europe, Bon Jovi, RATT, Survivor e Scorpions.
Il trio d’oltre oceano ritorna dunque con la seconda release, “Twist Of Fate”, che presenta un sound melodico, con l’aiuto del potente mix di Mats Ericsson (Degreed) e delle tastiere atmosferiche di Mikael Blanc (Degreed), sempre con il bassista Andreas Passmark come ospite. Nulla di diverso dall’esordio discografico del 2020, intitolato “Ready for attack”, sia per l’artwork, che cambia solo di “stagione” visiva, e sia perché il singolo “Chasing the wind” assomiglia, nell’innesco al ritornello, a “Twist of fate”, title-track del nuovo album. Già con le presenti premesse, non parto con grandi aspettative verso la nuova release. Effettivamente l’album, seppure condito da qualche idea strumentale interessante, non sfocia mai in canzoni su cui poi soffermarsi a lungo. I ritornelli ricordano o provano a ricordare qualcosa, ma fanno fatica a decollare (nel primo album, che preferisco, ho apprezzato la canzone “Dream come true”.). Una delle migliori canzoni del lotto è il singolo “Another Destination”, corredata da un buon video. Sul resto lascio a voi i commenti.
05 Dicembre 2023 9 Commenti Paolo Paganini
genere: Aor
anno: 2023
etichetta: Escape
Com’è facile intuire dal titolo questo disco rappresenta il sesto capitolo della storia degli Overland band fondata dal cantante Steve Overland più conosciuto per essere il singer dei britannici FM. Tra i tanti progetti paralleli del buon Steve questo sembra il combo più credibile sia per continuità che per qualità delle uscite. Non fa eccezione questo S.I.X. che grazie alla splendida amalgama creata tre i musicisti, le ottime composizioni proposte ed un produzione di notevole livello ci delizia con una dozzina di ottimi brani di puro AOR magistralmente interpretate dall’inossidabile cantante inglese. Dopo la rockeggiante One Touch in cui si svela il lato più graffiante della band si passa alla spensierata Disconnected che grazie al suo accattivante ritornello si assimila fin dal primo ascolto. Si torna a pestare sull’acceleratore e Togheter Alone sembra il perfetto compromesso tra chitarre robuste e melodia anni 80. I Toto fanno capolino tra le note di How Does It Feel mentre con il singolo I Hear Your Voice torniamo sulle coordinate degli FM di Tough It Out. Last Breath è il pezzo più duro dell’album seguito quasi per controbilanciare la situazione dalla power ballad Really Makes You Wonder su cui la voce di Overland va letteralmente a nozze. Station To Station è bypassabile mentre la seguente Things Will Never Be The Same acquista valore solo grazie ad una prestazione magnifica di Steve in quanto di per se il brano non è certo una delle migliori ballate mai scritte.
Manca un pizzico di personalità nella parte finale del cd e a conti fatti forse un paio di tracce potevano anche essere eliminate. S.I.X. rimane comunque un album dego di nota che sfrutta al massimo le potenzialità dei musicisti coinvolti e che potrebbe facilmente finire della top ten delle uscite di questo 2023.
16 Novembre 2023 1 Commento Alberto Rozza
genere: Melodic Hard Rock
anno: 2023
etichetta: Lions Pride
Un’ altra uscita sudamericana, stavolta per Lions Pride Music: ecco i peruviani Revlin Project, capitanati dal poliedrico Nilver Perez, che propongono un rock melodico/AOR di stampo molto statunitense.
Partiamo con “Harder, Faster”, molto canonica ma comunque di grande impatto, soprattutto nella verve del ritornello e nell’uso dell’effettistica. Passiamo a “Fighters, Dreamers!”, intensa e contemplativa, classica cavalcata dalla voce poderosa, che sfocia in “World Beyond Your Eyes”, che non si discosta molto, anzi, si mantiene sulla stessa lunghezza d’onda, dove risaltano ottimi fraseggi chitarristici. Ci addolciamo con “Where Are You Now”, che come da tradizione ci porta nel genere lentone: stilemi ben conosciuti, intenzione molto ben definita, per un pezzo classico della cultura hard rock. “From This Moment On” presenta suoni non propriamente coinvolgenti, come del resto il brano, che si presenta un po’ scarico e non proprio originale. Saliamo lievemente di intensità con “Led By Love”, dal ritornello particolare, dall’ottimo intreccio vocale, che non supera di molto la media qualitativa del lavoro. Grande messaggio con “The Poor Of The Earth Unite”, grintosa e quadrata, non brilla nel suo complesso, e si dirige velocemente verso la successiva “Doubts”, tagliente e martellante, ma che non esce dallo schema classico del genere. Elementi elettronici ci introducono in nella title track “Beyond The Dreams”, spaziale ed eterea, curata e fresca, una sorpresa all’interno di questo album non proprio sorprendente. Concluso l’ascolto della sdolcinata “This Love”, tiriamo le somme su questo lavoro, che certamente pecca talvolta di originalità ed in alcuni casi nella cura dei suoni: ma si sa, i dettagli fanno la differenza ed in questo caso si poteva probabilmente fare qualcosa di meglio per confezionare il prodotto.
16 Novembre 2023 3 Commenti Giulio Burato
genere: Melodic Rock
anno: 2023
etichetta: Frontiers
Sono già passati ben cinque anni dal precedente “Love equals war”, album che seguiva l’eccellente esordio del 2015 intitolato “Connected” a cui, oggi, i Care of Night idealmente si “Re-collegano”, dopo un periodo di fermo produttivo.
Passata da Aor Heaven a Frontiers Music, la band svedese continua ad offrire un rock melodico tipico degli Eighties con un piglio moderno e un tocco leggermente prog.
Si parte correndo con “Street runner”, primo singolo rilasciato dall’etichetta partenopea, seguito a brevissima distanza dalla seconda traccia e singolo “Tonight”; entrambi ripercorrono le strade che hanno già cavalcato nelle precedenti uscite discografiche, ricche di melodie ficcanti e tastiere in primissimo piano. A mia personale opinione, ci sono alcune canzoni che sarebbero state più idonee per la palma di singolo apripista; in tal senso io avrei optato per la pomposa “Stay with me”, infarcita di keys sino al midollo e da un suggestivo outro corale, la briosa “Melanie” o la strutturata “End of a chapter”, meno convenzionale rispetto alle prime due tracce.
Le vere perle di questa nuova uscita discografica sono i lenti in cui Calle Schönberg trova le perfette coordinate di navigazione canora.
“Half of my heart”, “No One Saves The World Alone”, “Wrong” e “You´ve Been Right Here All Along” sono canzoni in cui la voce di Calle trova la sua comfort zone ideale. La prima preferita è “Half of my heart”, una power ballad dagli intarsi compositivi che svariano dai lenti vocalizzi inziali alle parti marziali presenti del bridge e che sfociano in una coralità da brividi. Più composta nel format, ma sempre suggestiva, la seconda traccia elencata, mentre “Wrong”, dopo un intro di tastiere, ha un piglio più carico; conclude il lotto l’ultima canzone in scaletta che torna a fluire in maniera più delicata ma con un inaspettato, e crescente, finale strumentale.
“Caught feelings” scorre leggiadra come “Follow through”, le più convenzionali nello stile della band svedese.
“Reconnected” è un album di ripartenza e di ricollegamento con alcune grandi canzoni che ci hanno consegnato i Care of Night in passato. Non arriva ai livelli compositivi del suo quasi omonimo debutto, ma ci consegna comunque un lavoro di qualità.
15 Novembre 2023 2 Commenti Paolo Paganini
genere: Progressive Rock
anno: 2023
etichetta: Frontiers Music Srl
Undicesimo album in studio per i veterani DGM una delle più brillanti realtà in campo progressive non solo italiano ma anche internazionale. Il gruppo nato nel lontano 1994 come trio strumentale composto da Diego Reali alla chitarra, Maurizio Pariotti alle tastiere e Gianfranco Tassella alla batteria (da qui il nome DGM ossia le iniziali dei tre componenti) giunge oggi attraverso una miriade di cambi di formazione a quella che è l’attuale line up con Marco Basile alla voce e Simone Mularoni alle chitarre. Dichiara la band come Life rappresenti appieno il loro stato d’animo attuale maturato attraverso le esperienze vissute negli ultimi anni. Il risultato sono queste dieci tracce di puro godimento per gli appassionati del genere.
Per capire meglio la proposta dei DGM immaginate di mettete insieme una cascata di chitarre, una batteria potente e precisa, un tappeto di tastiere, una voce perfetta ed un lotto di composizioni che già al primo ascolto fanno breccia nell’ascoltatore, amalgamate il tutto con una produzione scintillante ed avrete confezionato uno dei migliori album di prog rock (e non solo!) dell’ultimo decennio. In questo disco tutto gira alla perfezione e lo splendido artwork curato da Travis Smith (Opeth, Devin Townsend, Nevermore) rappresenta la classica ciliegina sulla torta. Si parte subito con un brano da 10 e lode come Unravel The Sorrow (non a caso scelto come primo estratto) in cui alla magistrale tecnica dei musicisti si unisce un’innata vocazione per melodie accattivanti e di grande apertura che ci accompagnerà lungo l’intero cd senza abbandonarci mai. Le dirompenti To The Core e The Calling con la sezione ritmica composta da Andrea Arcangeli al basso e Fabio Costantino alla batteria in grande evidenza, ci rivelano il lato più duro del combo italiano mentre la granitica Second Chance torna a puntare su cori stellari di grande effetto. Find Your Way ammicca ai Dream Theater di Images & Words mentre Dominate si rifà ad un certo hard rock contemporaneo. La strumentale Eve introduce al gran finale in cui svetta la conclusiva Neuromancer (menzione speciale per l’onnipresente Emanuele Casali alle tastiere) che grazie alla propria atmosfera dark ci fa conoscere l’ennesima sfaccettatura di questo stupendo lavoro, capace di avvicinare anche i melomani più intransigenti ad un genere così complesso come il prog rock.
10 Novembre 2023 4 Commenti Vittorio Mortara
genere: AOR
anno: 2023
etichetta: Frontiers Music Srl
Prova a dire Journey senza dire Journey. La recensione dell’opera prima degli Hugo’s Voyage potrebbe essere sintetizzata da queste poche parole. Ma così facendo non si renderebbe giustizia alla carriera ed alla professionalità di un personaggio come Hugo Valenti, autore di ottimi lavori con i Valentine e gli Open Skyz prima e da solista in seguito. In una intervista di qualche tempo fa egli sosteneva di essersi talmente stufato di sentir dire che la sua voce era simile a quella del Maestro Steve Perry e la sua musica ispirata al Journey style, da voler metter su una cover band.
Gli Hugo’s Voyage, appunto.
Vi invito a cercare su Youtube qualche video delle loro coverizzazioni dei principali hits della band di Frisco per constatare quanto i ragazzi siano stati bravi a renderli in maniera praticamente identica agli originali. Questo Inception è il passo successivo: un tributo al viaggio non fatto di cover ma di nuovi brani, completamente (o quasi) ispirati al loro sound. Ed il risultato è un disco che suona più Journey di Freedom. Una sorta di plagio annunciato che però… è un piacere per i sensi!!!!
Lasciatevi trasportare dall’omonima intro ai bei tempi di Raised on Radio, evocati dalla raffinata ed orecchiabile “What love can do”, proseguendo con il singolo “Don’t wanna live without your love”, spudoratamente “Don’t stop believing”. Leggera ma leziosa, “Sound of a broken heart” lascia il campo alla movimentata “Goin’ away”. Respirate a pieni polmoni le atmosfere pop di “A friend like you” perché l’accoppiata “How many times” ed “I’ll be around” vi catapulteranno indietro nel tempo, fino al periodo “Infinity”/”Evolution”. La dolcissima “In my heart” vanta una linea vocale ricercata e “September love” gronda mood anni 80 da ogni nota. In coda all’album arrivano un paio di pezzi meno fedeli ai canoni dettati da Cain e soci: “The voyage” accenna qualche passo prog e la conclusiva e bellissima ballad “When heaven makes an angel” è squisitamente pop, vagamente ispirata ai Tears for Fears che furono.
Non sono d’accordo con l’illustre ispanico collega che invita a non ritenere questo lavoro una mera copia dei Journey. Quest’album E’ una mera copia dei Journey. Ciò non toglie che sia zeppo di belle canzoni, composte e suonate da un manipolo di bravi musicisti che dimostrano di aver compreso ed assimilato alla perfezione i valori espressi dai maestri. E, cosa non da poco, ti fa venire una gran voglia di risentirlo da capo. Ancora e ancora. Se proprio una critica devo muoverla, allora vi dico che mancano le scale tecniche ma piene di gusto di Neal Schon e che i brani lenti sono un po’ troppi… Il viaggio, in francese o in inglese, è sempre un gran bel sentire!
07 Novembre 2023 6 Commenti Vittorio Mortara
genere: Hard Rock
anno: 2023
etichetta: Frontiers Music Srl
Un paio d’anni fa l’ascolto di “Pyromide” mi aveva letteralmente elettrizzato. Un disco tutto grinta e tamarritudine che provocava scariche continue di adrenalina al malcapitato ascoltatore. Una sorta di Firehouse sound ipervitaminizzato. Quindi da questo nuovo lavoro mi aspettavo la consacrazione dei cinque finnici all’olimpo di un genere ad oggi fin troppo trascurato. E invece mi trovo tra le mani un lavoro interlocutorio. Come se i ragazzi non sapessero esattamente che direzione prendere.
I germi dell’album precedente si possono ancora ritrovare in pezzi come l’iniziale “All night long”, nella funky “No reason”, in “Strike like a cobra” dal testo tutto da scoprire, e nella speedy “Nothern lion”. Però il flusso di emozioni forti si riduce non di poco quando i nostri virano verso un sound vagamente power, influenzato si dai maestri Accept, ma anche (purtroppo) da certi new acts, tipo Crowne, che fanno scivolare il tutto nello stucchevole e noiosetto. E allora su “Trap” aleggia un po’ troppo lo spirito di Standrell, “Lonely stranger” somiglia a centinaia di altri pezzi, “Stand up and fight” e “Prisioner in time” sono troppo epiche per i miei gusti (e per quanto mi aspettavo dai nostri). Non male “Dead weight” ed anche le prove tecniche di semi ballad a nome “Stone cold bones”. Poco azzeccata infine la chiusura affidata all’anonima title track.
E’ vero che speravo molto in questo disco, ma i passi indietro rispetto al suo predecessore sono evidenti ed individuabili da chiunque li ascolti entrambi. Peccato, perché per chi scrive i ragazzi hanno le carte giuste per piazzarsi tra le stelle. Al giorno d’oggi le occasioni di legittimazione sono rare e ancor più di rado si ripresentano… Speriamo che i Temple Balls non abbiano perso l’ultimo treno…
02 Novembre 2023 3 Commenti Alberto Rozza
genere: Hard Rock
anno: 2023
etichetta: Pride & Joy
In arrivo una scarica di energia con i Vambo, quartetto interessantissimo, che propone un hard rock classico, puro, potente, che non lascia indifferente l’ascoltatore.
Come scritto poc’anzi, l’inizio è shockante: “Minute Of Madness” ha tutto quello che serve per essere un gran pezzo rock, ovvero tiro, dinamica, ritornello orecchiabile e ottima base strumentale. Seguiamo il torrente vorticoso di Vambo con “Love, Sin And Fire”, suadente e misteriosa, entra dentro e regala grandi emozioni con la sua imprevedibilità musicale. “Sweet Christine” ricrea atmosfere incredibilmente eteree, leggerissime e opprimenti allo stesso momento, attestandosi come un ottimo brano “lento”. Con “Hey Willie” torniamo su orizzonti hard rock tradizionali, con un pezzo dal groove sostenuto e dall’esecuzione magistrale dal primo all’ultimo secondo, con un solo di chitarra dal grande gusto. Saltiamo da un universo all’altro: “Take My Hand” ritorna agli anni d’oro del classic rock, con qualcosa di molto Deep Purple – “Perfect Stranger”, che comunque impressiona e piace nella sua complessa trama e scelta musicale. “Shake It Woman” risulta a tratti poppeggiante, come molti passaggi di questo lavoro, il che potrebbe essere considerato la marcia in più, la nota stravagante nell’invece monotono panorama rock/metal. Torniamo su ritmiche scanzonate e consuete con “Worlds Collide”, titanica e imponente, un monolite che si piazza a questo punto dell’album, dando solennità e inserendo nuove sfaccettature allo stile Vambo. “Holy Lights” prosegue sulle stesse vibrazioni e ritmi suadenti del resto del lavoro, così come “This Is Your Life”, molto canonica e inquadrata. Intense sensazioni con la dolcissima “Oh”, una gemma pregiata incastonata in questo ottimo lavoro, dal solo espressivo, dalla voce perfetta e dal groove trasportante. “Love Candy” torna a viaggiare su ottimi ritmi rockeggianti, facendo tornare alla memoria il bistrattato periodo primi ‘80 dei Kiss… che poi tutto sommato tanto brutto non era! Tirando le conclusioni – dopo l’ultima traccia “Shadows”, pestata e aggressiva al punto giusto – possiamo dire che “II” dei Vambo è qualcosa di molto raro di questi tempi: esecuzione e ispirazione magistrali; originalità e tradizione mischiate perfettamente, sia nell’esplorazione del genere che nei suoni; piacere nell’ascoltare una traccia via l’altra, senza mai sbadigli o voglia di skippare velocemente. Chicca assoluta!