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11 Maggio 2015 23 Commenti Nico D'andrea
genere: Hard Rock
anno: 2015
etichetta: Borila Records
Questo racconto ha inizio nella metà degli anni 80.
La vigorosa rinascita del genere Heavy Metal sulla spinta del movimento NWOBHM e l’esplosione della nuova scena americana sembra non essere sufficiente a saziare la fame di potenza e watt dei giovani headbangers.
Il mondo occidentale viene così devastato dall’ondata “Thrash Metal” montata nella Bay Area di San Francisco.
Ben presto l’uragano di violenza e distruzione si abbatte anche sull’Europa trovando il suo terrificante epicentro in Germania, dove con la nascita di gruppi come Sodom, Destruction e Kreator raggiunge la sua evoluzione più estrema.
I nuovi figli dell’Apocalisse brandiscono i loro strumenti come primordiali armi da caccia seminando il terrore tra le pacifiche tribù cresciute sotto le dolci cascate di melodia create dai mitici Scorpions.
In lontananza, distante dal fragore della battaglia, si scorge la luce di un “falò”.
La sua calorosa fiamma sembra allora avere il potere di allontanare le infernali creature, riunendo intorno a sè i seguaci del grande Hard Rock melodico europeo.
Ad innalzare la torcia che lo alimenta sono quattro ragazzi di Ingolstadt che scelgono come nome di battaglia il suggestivo monicker “Bonfire”.
Il debutto discografico dei Bonfire “Don’t Touch The Light” (1986) rimane indiscutibilmente una pietra miliare nella storia della scena Hard Rock europea, che nel suolo germanico ha sempre trovato un rigoglioso terreno di crescita.
Dopo tre lavori di livello assoluto, pubblicati tra il 1986 ed il 1989 e svariati cambi di formazione per oltre vent’anni il falò ha emanato una luce alquanto debole, così debole da arrivare persino a spegnersi.
Non ho alcuna esitazione quindi ad asserire che questo Glorious dei Bonfire rappresenta un ritorno a dir poco sorprendente.
Orfano dello storico vocalist Clauss Lessman, che ha da sempre caratterizzato il marcato timbro melodico della band, il chitarrista fondatore Hans Ziller (oggi unico titolare del prestigioso brand) si ripropone con una rinnovata line-up e consegna ai fans un lavoro che in questo già prolifico 2015 è destinato sicuramente a lasciare il segno.
La grande sorpresa è proprio la discussa presenza alla voce di David Reece, il cui flebile ricordo che avevo dai tempi dei Bangaloire Choir è rimasto tale, solo un ricordo.
Qui Reece caratterizza tutto il platter con una prova di grande carisma, finalmente libero di omaggiare le bands che per approccio (ovviamente) vocale rappresentano la sua dichiarata e più grande influenza : Deep Purple ed Ufo.
Il comparto strumentale beneficia però di un sound assolutamente attuale ed a dir poco esplosivo grazie al lavoro di mixaggio e mastering sapientemente affidato ad Alessandro Del Vecchio.
27 Aprile 2015 54 Commenti Iacopo Mezzano
genere: Melodic Rock
anno: 2015
etichetta: Frontiers
Ascoltate, nel silenzio, il battito del vostro cuore. E’ un ritmo regolare, vero? Tum, tum, tum. Provate ora a mettere nello stereo un brano a caso di un vostro disco preferito. Ci siamo? Mano sul polso adesso, presto! Non sentite, immediata, la differenza?! Tum tum, tum tum tum, tum, tum tum.
Ecco davanti a voi, inconfutabile, la prova dell’esistenza di quello che mi piace chiamare ‘il potere della musica’. L’accelerata involontaria delle vostre pulsazioni è infatti il sintomo cristallino di come le note sappiano agire immediatamente sul nostro organismo, risvegliando positività e, più in generale, stimoli, emozioni e pensieri.
Cantanti come Jimi Jamison e Fergie Frederiksen hanno saputo, forse più di altri nel genere che amiamo, muovere i nostri cuori, scaldandoli come fiamme ardenti. La loro musica immortale è tutt’oggi una torcia, inestinguibile, posta al centro del nostro petto, dentro la nostra anima. La loro voce, un faro guida nella notte. E, nonostante entrambi ci abbiano lasciati troppo presto nel corso del 2014 per volare in cielo a brillare nell’eternità tra gli astri nella volta celeste, continuano a vivere dentro di noi, come nostri fratelli di sangue. Sono gli angeli custodi della nostra fede musicale. Chiudendo gli occhi li potete percepire vicini, sorridono piano, e respirano l’immensità.
Rilasciato esclusivamente tra i banchetti del Frontiers Rock Festival II con la taratura di sole 500 copie fisiche, Torch – The Music Remembers Jimi Jamison & Fergie Frederiksen è il tributo, realizzato da alcuni musicisti capitanati da Jim Peterik, che celebra la vita e il talento di due tra i migliori cantanti che il Rock abbia mai conosciuto. Forte di 4 nuovi brani originali e di 7 alternate mix o rare canzoni attualmente inedite in Europa, oltre che delle versioni originali di alcune delle migliori tracce edite dai due cantanti nel corso della loro carriera, la compilation è stata prodotta dallo stesso Peterik, con l’ausilio di Jeremy Holiday, ed è un viaggio intimo e straordinario nella musica dei nostri due angeli. Nonchè una produzione letteralmente perfetta per entrare in contatto con lo spirito sempre vivo di questi due talenti. continua
25 Aprile 2015 24 Commenti Iacopo Mezzano
genere: Sleaze Glam
anno: 2015
etichetta: Gain Music
La notizia è che gli Hardcore Superstar sono ritornati! Con un nuovo album, direte voi? Non solo.
Con HCSS, nuova produzione (non a caso) omonima e disponibile dal 27 aprile 2015, gli svedesi hanno preso la macchina del tempo e sono ripartiti dai loro esordi, accantonando la svolta moderna e un po’ metal delle loro ultime produzioni, a vantaggio del loro vecchio, sanguigno, grezzo, sound glam/street.
Prodotto dalla stessa band e mixato da Joe Barresi (Slipknot QOTSA, Soundgarden etc), il disco ha visto (è ammissione dello stesso gruppo) Jocke Berg e soci riprendere mano ai loro vecchi demo del ’94, nel tentativo di comporre dieci inediti forti delle stesse vibrazioni, della stessa filosofia di musica, e dello stesso mood. Missione compiuta, si direbbe in un film, visto che HCSS è un platter che rispolvera perfettamente il vecchio rumore e il vecchio grezzume che ha portato gli Hardcore Superstar ai livelli mainstream che gli competono, ritorvando anche un po’ di quell’animo punk (e non metal!) che mano a mano negli anni questi musicisti avevano perso.
Questo non è un disco melodico, o meglio, non è un prodotto che vuole mettere la melodia in primo piano. Di refrain corali, da cantare e urlare a squarciagola ce ne sono in abbondanza, ma sono ora le chitarre e la voce inconfondibile di Berg a colpire in volto l’ascoltatore, in una musica che batte viva, che sa di underground, che odora di strada e di marciume. Lo conferma subito il primo singolo Don’t Mean Shit, terremoto di adrenalina e potenza sonora, e ce lo dice anche la festaiola Party ‘Til I’m Gone, che ci fa venir voglia di prendere la seggiola della cucina, e spaccarla secca sui bicchieri di cristallo erdedità della nonna. E così anche la superba The Cemetary, forte di un gusto retrò di indubbio fascino, e l’altro singolo OFF With Their Heads, che avrà già fatto sorridere i supporter della prima incarnazione degli svedesi grazie al suo ritmo sessuale, pulsante. Prezioso poi il bluesy leggero e un po’ mafioso di Fly, con The Ocean che ci rovescia giù dalle seggiole grazie al suo stupendo ritornello e al suo riffing carichissimo, e la agrodolce Touch The Sky, che ci butta in strada a importunare i passanti così, per il gusto di farlo. Chiudono il platter Growing Old, dinamitarda traccia ricca di groove che brilla dopo una bella intro ad effetto, Glue, ancora dannatamente street e underground, e Messed Up For Sure, puro inno degli Hardcore Superstar punk-hard rock che sono definitivamente ritornati.
IN CONCLUSIONE
Back to the roots, tornati alle origini. Il 2015 è un nuovo anno zero per gli Hardcore Superstar, che rivoluzionano ancora una volta il loro sound, riportando i loro dischi a suonare sporchi e rumorosi come le strade di periferia. HCSS è quello che i più aspettavano da tempo, inutile girarci intorno. E’ adrenalina, sangue, violenza, alcol, benzina, e tanto fottutissimo punk, glam e rock ‘n’ roll! Bellissimo!
21 Aprile 2015 29 Commenti Denis Abello
genere: AOR
anno: 2015
etichetta: Frontiers Music
Rimanere obiettivi parlando di un progetto che vede coinvolto Jim Peterik (Survivor, Pride Of Lions, Idees Of March) non è per niente facile. Alla luce poi dell’esibizione con i suoi Pride Of Lions (e proprio con Marc Scherer come ospite) in quel del Frontiers Rock Festival 2015, esibizione da incorniciare negli annali e che a diritto si può fregiare della definizione “Evento Epocale“, senza contare la splendida Rockstar che si è rivelata essere Peterik dal vivo, ecco che allora l’obiettività per un amante dell’AOR può anche considerarsi sotterrata e dimenticata!
In fondo è giusto così, la musica non è solo musica, ma anche passione ed emozioni che chi la sviluppa riesce a trasmettere non solo con le note. Riprendiamo però a parlare di questo progetto Peterik / Scherer e diciamo subito che tale Marc Scherer (distinto e brillante personaggio, anche lui piacevole conoscenza fatta al Frontiers Rock Festival di quest’anno) altro non è che l’ennesima “scoperta vocale” portata alla ribalta da Jim Peterik!
In realtà ai più attenti tra di voi il nome di Marc Scherer nonn suonerà del tutto nuovo visto che un suo pezzo, Change Everything, appare nella compilation MRCD9 “15 Years Later” legata al sito www.melodicrock.com.
21 Aprile 2015 2 Commenti Nico D'andrea
genere: Hard Rock
anno: 2015
etichetta: AOR Heaven
8 Giugno 793
Isola di Lindisfarne, a nord-est dell’Inghilterra!
E’ qui che la storia racconta il primo attacco alla terra d’Albione da parte del fino ad allora sconosciuto popolo Vichingo.
Per circa due secoli a venire feroci orde di barbari metteranno ferro a fuoco interi villaggi delle coste britanniche e le isole circostanti, incontrando scarsa resistenza grazie alle loro progredite tecniche di combattimento e navigazione.
Oggi a quasi un millennio dalla fine dell’invasione nordica, lo scettro del redivivo Regno del Rock Melodico è saldamente in mano alle nuove legioni guidate da Eclipse , H.e.a.t., e Brother Firetribe.
Sul finire del 2014 il valoroso Nigel Bailey inaugura l’offensiva Britannica che al crepuscolo di questo nuovo anno sembra toccare il suo culmine con l’inaspettato ritorno di gloriose formazioni come UFO, Thunder ed FM. A loro si unisco nuove e quotate leve come Corvus e questi gallesi Serpentine.
La band di Cardiff è in realtà già alla terza fatica discografica ed ha annoverato nelle precedenti formazioni nientemeno che l’ex Shy e TNT Tony Mills.
In questo nuovo ed atteso Circe Of Knives si avvale inoltre della collaborazione di Sir. Gary Hughes dei Ten in veste di produttore e co-autore.
20 Aprile 2015 9 Commenti Luka Shakeme
genere: Aor
anno: 2015
etichetta: Inverse
Progetto finnico mi viene proposto dal nostro capetto, anche se in realtà siamo noi che con una punta di masochismo andiamo a tuffarci in territori a volte minati. Io sono un maestro in questo, mi pesco i nomi meno rilevanti e diciamo che non mi piace vincere facile; inoltre parto con entusiasmo diverso nel parlare di dischi che non godono dell’appoggio di agenzie e webzine quantomeno di buona visibilità. Il rovescio della medaglia è che si corre il rischio di incappare in lavori come “Sign Of Heart” del progetto Wake The Nations. Un lavoro che vede coinvolti diversi singer e che mi ha lasciato l’amaro in bocca dopo i primi episodi in cui credevo mi trovassi di fronte a un interessantissimo platter.
“Fayritale Romance” presenta la band finnica in stato di grazia, sound e chorus ficcanti sono la peculiarità di questa gradevolissima opener, un aor che non lascia gridare al miracolo ma ripeto, bel biglietto di presentazione.
“The Touch Of Your Hand” la band preferisce soluzioni più aperte grazie anche alla presenza di tastiere che in situazioni di questo tipo fanno decollare un pezzo. Le chitarre vengono messe in secondo piano a favore di un sound tipicamente aor con ampio spazio a un cantato caldo e interpretativo.
“All I Want” malgrado si presenti con un intro più sperimentale in definitiva è un altro anthem aor da canticchiare fin dal primo ascolto. Il progetto verte esclusivamente come già anticipato in sede di presentazione sui tanti vocalist presenti e di conseguenza una buona valorizzazione degli stessi. Unico appunto per quanto riguarda i suoni di batteria veramente bruttini e finti e anche le chitarre sembrano penalizzate dal mix. continua
17 Aprile 2015 6 Commenti Lorenzo Pietra
genere: Pop Rock
anno: 2015
etichetta: AOR Heaven
Dan Reed pubblica il terzo lavoro solista, Transmission, a soli due anni da Signal Fire e a cinque dall’ottimo Coming Up For Air. Tolto il “Network” e orfano della band Dan propone insieme agli ottimi Bengan Jonasson al basso e Robert Ikiz alla batteria un album intimo, lontanissimo dal rock suonato negli anni 80 e scegliendo la strada più cantautoriale.
Transmission è un album che, nella giusta atmosfera, crea emozioni uniche e solo dopo diversi ascolti tira fuori il lato migliore di se. Il lato più intimo di Dan Reed esce allo scoperto ed i pezzi sono tutti viranti ad un pop/rock di alta classe con arrangiamenti semi-acustici e con inserti di tastiera. Le canzoni alla lunga tendono ad assomigliarsi tutte, forse questo è il limite ed il difetto dell’album, solo chi ha amato gli ultimi lavori di Dan Reed potrà apprezzare in toto ogni singola traccia.Come anticipato, non si tratta di brutte canzoni, vedi le mid-tempo Roll The Dice o Bending The Light, brillanti e coinvolgenti; la dolcissima Anywhere But Here che farà sognare con la sua classe. Gli episodi più malinconici come What Dreams May Come che è un “tributo” all’attore Robin Williams o She’s Not You, dedicata alla scomparsa della sorella di un amico di Dan, lasciano il segno positivamente. Ear to The Track è la traccia più influenzata da Bengan e Robert e dal loro cuore “jazz”. Si passa poi ad episodi di puro pop con On The Metro o Arm Yourself mentre Fire in The Pyramid è la canzone più interessante del lotto, col suo arrangiamento sempre acustico, gli inserti elettronici che creano un’atmosfera unica e la voce quasi sussurata di Dan che toglie il fiato.
IN CONCLUSIONE:
Dan Reed solista coglie il suo lato più intimo,più malinconico. Album consigliato solo a chi ha amato i precedenti lavori solisti.
06 Aprile 2015 54 Commenti Iacopo Mezzano
genere: Melodic Rock
anno: 2015
etichetta: Frontiers Records
Non trovo le giuste parole per iniziare questa recensione.
Già questo fatto dovrebbe farvi capire il livello di emotività che sto provando nell’accingermi a scrivere degli FM e del loro nuovo album Heroes and Villains, proprio a pochi giorni dall’attesissimo Frontiers Rock Festival II (che vedrà la band protagonista sul palco per 60 minuti la prima giornata) e da quello che sarà di fatto (in data 14 aprile 2015) il debutto di questi storici inglesi alla corte della “nostra” label Frontiers Records.
Un bel respiro profondo, e ce la posso fare. Via!
Heroes and Villains, sormontato dalla solita ugola d’oro di uno Steve Overland che avevamo già visto in grande spolvero nel suo ultimo disco solista di un anno fa, è senza ombra di dubbio il miglior disco di queste leggende del melodic rock dalla loro reunion. Sì, mi tocca riconoscerlo un po’ a malincuore, ma il Metropolis (2010) che tanto ho lodato in questi anni viene battuto su quasi tutti i fronti da questo ultimo piccolo gioiello della discografia degli inglesi, che rispolverano parte del loro vecchio sound, lasciando da parte alcune trovate un po’ più moderne che avevamo ascoltato nei precedenti capitoli. I Def Leppard e le altre storiche band della scena anni’80 entrano qui in gioco assieme alla pura e inconfondibile impronta sonora del marchio FM, componendo un album classico, solidissimo e compatto, ricco di chitarre e di groove, totalmente privo di filler, iper-prodotto e atomico dall’inizio alla fine. Ho realmente fatto una fatica boia a non farmi scappare un 9.5 o un 10 di giudizio: il mio cuore lo pretendeva, ma il cervello, quel mascalzone, mi ha ricordato di Indiscreet e Tough It Out e ha frenato la mano sulla tastiera. Sia maledetto!
Al via con quella Digging Up The Dirt defleppardiana e matura che abbiamo tutti amato fin dall’uscita del suo video (che potete rivedere a fine articolo), Heroes and Villains non aspetta un secondo e lancia senza una pausa You’re The Best Thing About Me, una delle più belle mid-tempo della storia degli FM, dotata come è di un testo da cardiopalma, di un cantato a cinque(mila) stelle per espressività ed emozionalità, di un feeling unico, di cori pazzeschi, di una chitarra e di un ritmo da antologia del genere. Leggete bene gli aggettivi che ho usato, non sono casuali.
Altro singolo già disponibile sul mercato, Life Is A Highway è un’altra botta di potenza rock melodica anni’80 non indifferente, e Fire & Rain una canzone che fa del suo ritmo sensuale e della sua coralità la carta vincente, brillando tra le hit della tracklist assieme alla power ballad Incredible, che permette a Overland di volare ancora ad una altezza inarrivabile alla maggioranza dei più. Molto bella anche Call On Me che, con l’ariosità preziosa del suo refrain, chiude una side A a tratti indescrivibile per la sua qualità, specie tenuto conto dell’anno in cui questo materiale esce sul mercato.
Attenzione però, perchè la seconda parte di questo platter non è da meno rispetto alla prima! Infatti, ci pensa il secondo singolo e video (che è stato in realtà il primo in ordine cronologico) estratto dall’album, Cold Hearted, a risvegliare con grinta gli ascoltatori, colpendoli con la sua chitarra in primissimo piano, e il suo bel ritmo antico. Ecco poi Shape I’m In, che strizza ancora l’occhio ai Def Leppard (che spettacolo!) e a Indiscreet, e la bombastica Big Brother, altra canzone da dieci in pagella che vi strozzerà il fiato in gola fin dal primo ascolto. Arriviamo infine a Somedays I Only Want To Rock & Roll, puro e divertente inno al rock targato UK, e a I Want You, brano dall’appeal unico, bollente e sensuale come pochi nella discografia del gruppo, calando il rosso sipario con le note della intima power ballad Walking With Angels, che lascia Steve Overland a cantare solitario, con la sua solita incredibile espressività, un testo da brividi. E da lacrime.
IN CONCLUSIONE
Davvero qualcuno, nel anno domini 2015, vuole pretendere qualcosa di meglio di quanto si può qui ascoltare? Spero proprio di no, sarebbe da folli, perchè Heroes And Villains è un esordio micidiale per gli FM sotto la loro nuova etichetta Frontiers Records, che si è aggiudicata un altro album di cui andare fiera per i decenni a venire. Un colpaccio pazzesco, quello dei discografici italiani, che fanno loro il leggendario gruppo inglese proprio nel suo massimo momento creativo (si parla sempre di post-reunion, è sottointeso), come questo disco dimostra in ogni sua nota, e in ogni suo battito.
Io, lo giuro, non sto più nella pelle. Sì, i cinque giorni che ci separano dal FRF II non sono mai stati così lunghi..
03 Aprile 2015 4 Commenti Luka Shakeme
genere: Hard Rock - AOR
anno: 2015
etichetta: Escape
La band di cui ho il piacere di parlarvi ebbe l’onore di esser presente in “Outbreak” film interpetato dal grande Dustin Hoffman e riscuotere dunque rilievo internazionale. “Sacrifice” fu il disco di debutto che ricevette grande spinta promozionale dal film in questione. Il platter uscì con il moniker Voxen e qualche anno più tardi si giunse al cambio in Talon. “Fourplay” è il loro quarto lavoro, ergo il terzo con il moniker Talon e ammetto di essere stato travolto positivamente da un prodotto che non ha pecche se non quella di essere indirizzato ai palati raffinati del genere Class/Hard Rock/AOR, se la si può considerare una colpa.
“Spun” è una splendida opener, hard rock incalzante nei chorus mi lascia sperare in un prodotto corposo ma allo stesso tempo avvolgente. Le premesse sono di grande livello, la produzione cristallina enfatizza ogni elemento coinvolto. “Sin City Sister” verte su un basso pulsante, splendide e ariose armonie vocali dilatano un pezzo anch’esso di indubbia classe.
Al momento la palma del pezzo più roccioso però spetta a “Holly Would”. Come sempre chitarre così roboanti vengono ammansite da aperture vocali di pregevole fattura pronte ad esser canticchiate fin dal primo ascolto.
“Set Me Free” riesce a conservare la freschezza e l’appeal degli episodi precedenti. Stupendo il lavoro svolto sulle soliste che tuttavia non risultano mai invadenti lasciando spazio ad un songwriting ispiratissimo.
Tempo di una bella power-ballad; “Tonight”. Intensità, calore ed estremo pathos confermano le ottime impressioni su un lavoro che ha tutte le carte in regola per essere fra i migliori album Hard Rock del 2015.
“It’s a Fine Line Between Love And Lust”. Che spettacolo; quanta passione emerge tra i solchi di una composizione trascinante che potrà solo gonfiare il cuore dei rockers più nostalgici e mai domi nel ricercare immediatezza e melodia nonostante il canovaccio sia ampiamente sfruttato.
“Evil” mostra il lato più spigoloso e “acido”. Spazio dunque all’anima più ruggente del combo nonostante i chorus siano relativamente aperti e le chitarre fanno davvero fuoco e fiamme. In generale tutta la band dimostra quanto possa essere camaleontica. continua
01 Aprile 2015 31 Commenti Iacopo Mezzano
genere: Melodic Hard Rock
anno: 2015
etichetta: Gain Music
Artista: The Poodles
Titolo: Devil In The Details
Genere: Melodic Hard Rock
Anno di uscita: 2015
Etichetta: Gain Music
I The Poodles, band scandinava autrice di due bellissimi album (i primi), poi andata mano a mano in parabola discendente sul piano qualitativo, pubblicano a fine marzo su Gain Music il sesto LP della loro carriera: Devil In The Details.
Il disco, seppur piacevole all’ascolto e in grado di divertire gli appassionati del genere e del gruppo, non risolleva ahimè di molto le sorti della formazione fronteggiata dal singer Jakob Samuel. Nonostante il platter tenti infatti di ripresentare parte di quel sound elettrico e frizzante degli esordi in chiave oggi un po’ più moderna, lasciando in disuso le trovate forse anche più complesse degli ultimi episodi, la discontinuità presente tra una traccia (magari ottima) e l’altra (magari soltanto sufficiente) è spesso evidente, e non permette al giudizio complessivo dell’opera di spiccare il volo. In particolare, la prima metà di questo disco appare nettamente superiore della seconda, come se il gruppo avesse mano a mano perso idee ed ispirazione, lasciandosi andare a un finale di tracklist in calo, e a motivi sempre più banali, orecchiabili sì ma figli delle stesse strutture. Tanto che l’album viene sostanzialmente salvato da una sufficienza risicata dalla melodicità dei suoi ritornelli, dalla sempre buona prova tecnica degli interpreti, e dai bei suoni di produzione. Per il resto, coperto il moniker The Poodles, siamo di fronte a una tipica e non eccessivamente esaltante release hard rock melodica scandinava. Punto.
Come già accennato, Before I Die e House Of Cards, poste in apertura, riescono subito a spingere il piede sull’acceleratore, facendo partire il disco alla grande a suon di cavalcate melodiche, bei riff di chitarra di Henrik Bergqvist, e una riuscita ed intensa vocalità del carismatico Samuel. The Greatest è però già una mid-tempo piuttosto banale, priva di un vero sussulto, diversamente da Crack In The Wall, che tira su immediatamente un bel muro sonoro e, fodnata su un grande riff, ci lascia rapiti dal suo ritmo, fino al bel refrain di immediato impatto. Piacevoli anche (Way The Hell) Baby, molto pop nel sound, ed Everything, che saranno però gli ultimi pilastri di un disco che da ora in poi andrà a spegnersi e a ripetetersi negli schemi, come dimostrato in particolare dalla scialba Need To Believe e dalla noiosa Alive, punti minimi di questo non più che discreto platter targato 2015.
IN CONCLUSIONE
Niente da fare. Sole cinque grandi tracce su dodici non salvano il nuovo album dei The Poodles dall’anonimato nel quale erano già stati relegati i precedenti capitoli.
Ormai è una certezza: la band svedese ha perso definitivamente lo smalto originale, e neppure gli sforzi applicati su questa release hanno fornito i risultati sperati. Infatti, il disco si spegne via via con l’avanzare dei suoi minuti, non permettendo più al gruppo di brillare all’interno della fertile scena musicale scandinava, come invece accadeva un tempo. Sì, sono diventati troppo discontinui, questi The Poodles..!
TRACKLIST
01. Before I Die *
02. House Of Cards *
03. The Greatest
04. Crack In The Wall *
05. (Way The Hell) Baby *
06. Everything *
07. Stop
08. Need To Believe
09. Alive
10. Life Without You
11. Creator And Breaker
12. Borderline
* migliori canzoni
FORMAZIONE
Jakob Samuel – vocals
Henrik Bergqvist – guitars
Johan Flodquist – bass
Christian Lundqvist – drums
CONTATTI
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