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10 Giugno 2015 39 Commenti Denis Abello
genere: Hard Rock
anno: 2015
etichetta: Frontiers
Deep Purple! Nome storico dell’Hard Rock internazionale, uno di quei nomi in grado da solo di far da cardine ad un genere musicale e ad una generazione…
David Coverdale! Voce e Icona dell’hard rock con i suoi Whitesnake…
Due nomi che si uniscono, come lo fu nel periodo ’73 – ’76, per dar vita questa volta ad un album che è un puro omaggio a quello che è stato il vero “trampolino di lancio” della carriera di Mr. Serpente Bianco. Chi conosce la storia di Coverdale e dei Whitesnake sa infatti che una parte della sua carriera ha incrociato le linee storiche proprio di questo gruppo (periodo mark III – Burn e Stormbringer – e mark IV – Come Taste the Band).
Detto questo, se tutti dopo il favoloso Forevermore (qui la recensione) datato 2011 erano in trepidante attesa di un nuovo album, ancora di più che nelle fila dei Whitesnake ora si trova anche un signor songwriter e chitarrista come Joel Hoekstra (ex Night Ranger, dotato di un tocco molto personale) che avrebbe potuto dare il suo contributo, ecco che la notizia di questo The Purple Album ha lasciato più di un fans interdetto.
Diciamo però che se ti chiami David Coverdale e dalla tua hai un curriculum che da solo può essere letto come un Vangelo dell’Hard Rock allora puoi anche fregartene per un momento e fare un album tributo giusto per il gusto di toglierti qualche sfizio e fare qualcosa che per te ha anche un valore sentimentale.
Tutto bellissimo se non fosse che un umile recensore si trova così in una giornata afosa di inzio estate a chiedersi quali cause avverse lo abbiano portato di fronte ad una tastira a scrivere questa recensione (si, diciamolo, non avrei dovuto farla io la recensione di questo album… ma questa è un’altra storia… :D), recensione tra l’altro di una band che adora (e quindi fin qui nessun problema), ma omaggio ad una band storica come i Deep Purple di cui, lo ammetto, sono in possesso di un unico magistrale lavoro a titolo Slaves & Masters (con un fenomenale Joe Lynn Turner alla voce… peccato che sia un album che i Deep Purple da anni stiano cercando di cancellare dalla loro discografia… 😀 ).
Date queste premesse è ancora da capire se dare in mano un album a chi praticamente questi pezzi li conosce “di striscio” sia una genialata o pura follia…
06 Giugno 2015 27 Commenti Nico D'andrea
genere: Hard Rock
anno: 2015
etichetta: Frontiers Music
2.000 miglia “due giorni quasi ininterrotti di viaggio”
Il tragitto da Chicago (Città natale di Jean Beauvoir) al Texas (stato d’origine Di Micki Free) è certamente lungo e se prolungato alla sospirata Los Angeles può diventare davvero interminabile.
E’ infatti nella “Città degli Angeli” che i bizzarri protagonisti di questo storia si rincontrano nel 2003 riprendendo il percorso iniziato nei primi anni 90 con la formazione dei Crown Of Thorns.
Accomunati dalle loro miste origini etniche ed influenzati dalle variegate esperienze e collaborazioni artistiche (da Lionel Richie ai Kiss, solo per citarne alcuni), i due stravaganti compari riescono istintivamente a trasferire anche nelle proprie composizioni una marcata ÒmescolanzaÓ musicale.
“American Trash” assume immaginificamente le sembianze di un’eccitante ed imprevedibile viaggio su una vecchia Mustang attraverso le varie ambientazioni e suggestioni che solo l’America può offrire.
30 Maggio 2015 8 Commenti Iacopo Mezzano
genere: Melodic Rock
anno: 2015
etichetta: RMB/ Pride & Joy Music
Uscito sconfitto (ma forse un po’ più celebre) dall’ultima edizione del The Voice tedesco, l’ex cantante dei Jaded Heart Michael Bormann coglie la palla al balzo e pubblica, in questo momento di fertile notorietà, il suo nuovo disco solista Closer, già disponibile all’acquisto in questo fine maggio 2015.
Fedele al suo passato storico, il platter rimane perfettamente in bilico tra sound AOR, hard rock e rock teutonico, proseguendo sulla falsa riga dei suoi predecessori salvo qualche furbesca divagazione nel pop, fatta certamente per accaparrarsi il consenso (e magari l’acquisto) di qualche nuovo e giovane supporter televisivo, più abituato ai suoni mainstream che a quelli duri del rock. Ecco così che alcune tracce spiaccatamente hard rock si trovano a suonare assieme ad altre pop, melodiche e commerciali, mentre è confermata la presenza delle solite power ballad a cui l’istrionico tedesco ci ha da sempre abituati. Nasce così un disco molto vario, ma con una sua continuità, che mette in mostra un Bormann ancora ispirato e in stato di grazia vocale e strumentale (Closer è praticamente tutto frutto del palmo dell’artista tedesco, dai suoni fino agli strumenti), degno della sua fama e della sua notorietà in patria, e non solo.
Al via con il rock duro di I´m not your entertainment, un bel pezzo potente ma altamente orecchiabile, Closer trova il suo primo momento dal mood pop con la valida Let´s make history, un motivetto di facile ascolto, frizzante, molto ritmato, divertente e degno di uno spazio sulla MTV tedesca. Piacevole anche Never say die, che negli arrangiamenti ricercati strizza un po’ l’occhio ai Def Leppard (con i dovuti paragoni, sia chiaro), mentre il singer appare un po’ snaturato (ma forse neppure troppo, dipende dai punti di vista) nella rockabilly/southern/pop Can´t get a touch too much, un inedito assoluto per la sua carriera. Ottima invece Because we are the world, una tipica mid-tempo inno per il sociale sullo stile di We Are The World di Michael Jackson, e non a caso forte di bei cori di voci bianche a supporto vocale.
Ecco di nuovo il pop rock con Living it up, che si bilancia perfettamente tra iper-produzione mainstream e colonna spinale rock, e il rock diretto e massiccio di I wanna be a rockstar (un po’ scontata, ma assolutamente di effetto), che anticipano una delle migliori tracce del lotto, la mid-tempo For this one time in life, da brividi sulla pelle, e la power ballad Closer, da accendino in mano in una perfetta nottata davanti a un palco rock. Prosegue bene, molto bene, il finale dell’album con Rich men´s world, ritmata e iper-arrangiata traccia melodic hard rock di grande quantità, e con Down to the bottle (che a un certo punto sfocia quasi nel rap metal alla rage Against The Machine), giungendo infine alle note solitarie della cover di Demi Lovato Warrior, che il bravo cantante ha portato come cavallo di battaglia durante le selezioni televisive per The Voice e che qui riesegue con grande stile e qualità.
IN CONCLUSIONE
Closer è sicuramente una pietra di valore nella carriera solista di Michael Bormann. Qualitativamente è forse il più vicino erede del successo dei suoi primi dischi e del magico Capture The Moment. Certo, è un album furbo, scritto in un certo modo apposta per sfruttare al meglio il momento di fama che il musicista sta vivendo in patria dopo The Voice, ma nella sua grande varietà riesce sempre a colpire nel segno. E poi, non è impegnativo, non è banale, ha una sua continuità. A suo modo può essere perfino ricercato. Insomma, tolto il paraocchi, non può che piacere! Garantito!
24 Maggio 2015 20 Commenti Iacopo Mezzano
genere: Hard Rock
anno: 2015
etichetta: Frontiers Music
Peace Out è il titolo del nuovo album dei gemelli Matthew e Gunnar Nelson, che rappresentano la terza generazione di una delle famiglie di intrattenimento più celebri d’America, quella dei Nelson. Il disco è uscito in Europa il 15 Maggio (in Nord America il 19) via Frontiers Music.
Partiamo con le certezze. Questo Peace Out è di per se un buon album, che a livello di songwriting certamente non tiene botta con i primi due maxi successi degli esordi del gruppo ma che comunque si fa amare per alcune belle canzoni e qualche riuscita melodia. Diciamo che è sulla linea del suo predecessore, al massimo un gradino sotto. Il suo difetto maggiore, che gli tarpa decisamente le ali in quanto a giudizio finale, sta tutto in una produzione davvero mal tarata, decisamente inferiore agli standard odierni delle produzioni hard rock melodiche internazionali. Basso budget, volontà di dare al platter un gusto retrò, non lo so, quel che è certo è che i suoni in studio non permettono all’album di trovare la giusta energia, e le tracce ne fanno inevitabilmente la spesa. Per il resto, la prova dei gemelli è come sempre buona tecnicamente e il loro spolvero vocale e chitarristico è ben più che soddisfacente. Certo, il livello compositivo risente del passare dei tempi, ma qualche possibile hit per i futuri concerti del gruppo la possiamo qui trovare, quindi in fin dei conti (almeno in questo senso) va bene così!
Così, se Hello Everybody è oggettivamente una opener un po’ bruttina e banalotta, Back In The Day riesce invece a mostrare il lato migliore dei Nelson, con un sound fresco e divertente, un po’ alla Night Ranger, che non delude i supporter di questi statunitensi. Piacevole anche Invincible, meno Let It Ride, che non riesce a trovare modo di esplodere con il suo refrain, forse appiattito proprio dalla produzione mai bombastica di questo disco. Un nuovo passo avanti lo si ha invece con I Wanna Stay Home, bella cavalcata hard rock melodica, e con il moderno singolo Rockstar, intermezzate però da una soltanto discreta mid-tempo a titolo On The Bright Side. Nulla di che onestamente anche Autograph e What’s Not To Love?, con You And Me che quantomeno si riesce a far ricordare per il suo riffing massiccio e carico di adrenalina ed energia. Peccato infine per i suoni terribilmente caotici di una Bad For You che altrimenti avrebbe potuto aggiungere del gran valore al disco, e per una Leave The Light On For Me dallo stile vintage ma non così efficente come la si pretendeva da un gruppo storico per il genere come quello dei Nelson.
IN CONCLUSIONE
Forse non un passo falso, ma sicuramente un platter sottotono questo Peace Out, che i Nelson non sono riusciti a impacchettare in modo esemplare come invece accaduto più volte in passato. Male i suoni, così così le canzoni, meglio la prova dei due fratelli, fanno si che il disco sedimenti inevitabilmente nelle uscite di medio livello di questo fiorente 2015 della scena AOR/hard rock. Mediocre.
22 Maggio 2015 71 Commenti Denis Abello
genere: Melodic Rock
anno: 2015
etichetta: Melodic Rock Records
La musica è fatta anche di belle storie… e quella che stiamo per raccontarvi è proprio una di queste e per di più vede coinvolta in primo priano proprio l’Italia ed è l’ennesimo segno tangibile di quanto di buono il nostro vecchio stivale stia tirando fuori in ambito AOR e Melodic Rock.
Si parte da Brescia, dagli anni ’80, e dalla storia di un ragazzo come tanti (Gianluca Firmo) e che come tanti vive la musica di quel periodo e la voglia di farne parte non solo come “spettatore” ma potendo in qualche modo dare un suo contributo. Le melodie e lo stile di gruppi come Bon Jovi, Europe, Bryan Adams… si ritrovano a scorrere nelle dita di Gianluca e lo portano a comporre i suoi primi pezzi… che per anni rimarranno poi chiusi in un cassetto.
Si sa, la vita è strana e ogni tanto torna a farci riaprire cassetti (e sogni) quando meno ce lo aspettiamo. Capita così l’incontro con un personaggio unico dell’AOR internazionale come Pierpaolo Zorro11 Monti (Shining Line, Charming Grace, Lionville – batteria) che resosi conto della bellezza dei pezzi decide di coinvolgere il suo ormai solito compagno di avventure Davide “Dave Rox” Barbieri (Wheels of Fire, Charming Grace – tastiere, chitarre acustiche e ritmiche, cori) e insieme decidono di offrire i loro servigi (sia come strumentisti che come produttori) per la causa che ne nascerà e che prenderà il nome di ROOM EXPERIENCE.
Una bella storia italiana che da qui in avanti diventerà internazionale coinvolgendo in questa folle impresa una voce grandiosa e possente come quella di David Readman (Pink Cream 69, Voodoo Circle), il terzo “partner in crime” di Zorro e Dave ovvero Amos Monti (Shining Line, Charming Grace – basso) e la consacrazione del ritorno sulle scene di un chitarrista dal tocco unico come Steve De Biasi (Gunshy, Charming Grace).
Tutto questo senza contare la serie di ospiti che porta il suo reale contributo al progetto come il solito grandissimo Alessandro Del Vecchio (non fatemi citare tutti i lavori in cui ha partecipato 😉 – Hammond su Rainbow In The Rain… inoltre ha mixato e masterizzato il progetto), o i tocchi d chitarra unici di gente come Sven Larsson (Street Talk, Fergie Frederiksen, Lionville, Charming Grace), suo lo stile impresso alla splendida The Only Truth, Ivan Gonzales (Secret, 91 Suite), Stefano Zeni (Wheels of Fire) e la nuova scoperta Nicoletta Tona. Senza dimenticare il sax di Boris Matakovic (Human Zoo) e i cori di Elena Aure (Charming Grace).
Pensate a tutti questi personaggi, chiusi in una CAMERA, e lasciate che l’ESPERIENZA abbia inizio…
21 Maggio 2015 9 Commenti Denis Abello
genere: AOR
anno: 2015
etichetta: Escape Music
Tommy Denander, nome di peso nell’attuale panorama AOR e Melodic Rock internazionale, torna con il suo personale progetto Radioactive per la sua quarta incarnazione dal titolo (e che titolo poteva avere! 😀 ) di F4ur!
Atteso ritorno per i culturi rock melodici quello del progetto Radioactive che ha visto i suoi natali ormai più di 10 anni fa e che anche in questa quarta incarnazione torna con una serie di ospiti da “tanto di cappello”, Jeff Paris, Steve Walsh, David Roberts, Robin Beck, Jean Beauvoir, Dan Reed, ma soprattutto questa probabilmente sarà una delle ultime volte che potremo apprezzare le voci di Jimi Jamison e Fergie Frederiksen su pezzi inediti.
Inutile citare la carriera del mastermind Tommy Denander, staremo qui fino a domani mattina! Basti sapere che negli anni Tommy ha lavorato veramente con un sacco di mostri sacri dimostrandosi chitarrista di qualità sopraffina e dalla grandissima versatilità!
20 Maggio 2015 30 Commenti Lorenzo Pietra
genere: Hard Rock
anno: 2015
etichetta: Rocktopia Records
A meno di un anno da Albion ecco tornare i Ten. Il gruppo britannico guidato da Gary Hughes torna sulle scene con l’album Isla De Muerta e si conferma su ottimi livelli. Le tre chitarre Dann Rosingana, Steve Grincott e John Halliwell macinano note senza sosta, mentre le tastiere di Darrel Treece tornano in primo piano. Steve Mckenna e Max Yates completano la formazione rispettivamente al basso e alla batteria. Gary Hughes compie un passo avanti sotto l’aspetto del songwriting e tutto l’album riesce ad essere un gradino superiore rispetto al precedente Albion…
Si inizia con l’immancabile intro piratesco/strumentale Buucaneers che apre le porte dell’isola a Dead Men Tell No Tales,con il suo classico sound rock epico, le tastiere che ci fanno calare nel mondo dei Ten, una canzone con Gary Hughes sugli scudi e dove le chitarre sembrano parlare …. La seconda traccia e prima singolo Tell Me What To Do vira su un rock più classico,quasi da radio e il suo intro e il refrain riescono a lasciare il segno dopo alcuni ascolti. Con Aquiesce abbiamo la prima traccia da ricordare, l’inizio di tastiere che esplode in un attacco hard rock dove le chitarre si intrecciano in un sound che rimane indelebile.Grande pezzo. Il primo lento This Love riesce a far emozionare, voce e pianoforte sorretti da violini in sottofondo e un ritornello dove batteria e basso crescono in un’atmosfera unica. La perla arriva con l’assolo e la seguente ripartenza, dove Gary Hughes è da pelle d’oca. The Dragon And Saint George è l’essenza del suono dei Ten; batteria e attacco di chitarra per una epic song che farà alzare dalla sedia i vecchi fan. Oltre sei minuti dove Hughes riesce a scrivere ad interpretare un pezzo che diventerà uno dei “classici” dei Ten. Intensify parla l’AoR più classico, tastiere in primo piano e riff di chitarra rock in sottofondo. Un buon mid-tempo che spezza il ritmo dell’album. Karnak – The Valley Of The Kings ha un intro arabeggiante tutta strumentale, solo la chitarra molto hard rock nel riff cambia ritmo e da inizio alla vera e propria canzone dove torna il sound epico che ben conosciamo. continua
20 Maggio 2015 3 Commenti Nico D'andrea
genere: AOR
anno: 2015
etichetta: RD Records/Cargo Records
Robert John “Mutt” Lange, Heart, Bonnie Tyler, Eddie Money, Chrissy Steele?
Meglio “sparare” subito qualche nome d’effetto per attirare la giusta attenzione su quella che è stata a fine anni 80 qualcosa in più di una semplice meteora nella scena AOR inglese.
I Romeo’s Daughter non sono certo una nuova conoscenza per i più attenti e magari attempati melodic rockers che bazzicano in questo sito.
E’ così che i nomi su citati potrebbero invece rappresentare qualcosa in pi? di un semplice indizio per i nostri lettori meno esperti.
L’omonimo debutto del 1988, prodotto da “Mutt” Lange (marito dell’allora manager del gruppo Olga Lange) e John Parr verrà infatti saccheggiato negli anni a venire proprio da personaggi del calibro di Heart, Bonnie Tyler, Eddie Money e Chrissy Steele.
Il follow up del 1993 “Delectable”, distribuito dalla più metallica Music For Nations, non godrà della stessa fortuna e porterù pochi anni dopo allo scioglimento della band.
Nel 2009 in seguito all’uscita della reissue Rock Candy del primo ricercato album, il combo inglese si riformerà per inaugurare un corposa serie di apparizioni live partendo addirittura dal prestigioso festival Firefest di Nottingham.
E’ infine del 2012 la pubblicazione di “Rapture”, primo album in studio dopo quasi vent’anni .
Questo “Spin” arriva quindi sul mercato con non poche aspettative ed il titolo di quinta miglior “Lady Rock singer” di tutti i tempi, attribuito a Leigh Matty dall’autorevole “Classic Rock Magazine” sembra essere di buon auspicio.
18 Maggio 2015 52 Commenti Luka Shakeme
genere: Melodic Metal/Hard Rock
anno: 2015
etichetta: Frontiers Music
Secondo episodio per il fantastico duo “Kiske-Sommerville”; scintille ci furono sul primo lavoro e ulteriore conferma di tale sodalizio arriva con un’altra importante uscita; “City Of Heroes” sempre sotto l’egida Frontiers mostra qualora ce ne fosse bisogno che artisti di spessore difficilmente portano alla luce produzioni di scarso livello. Paradossalmente quando si tratta di progetti da studio il livello e l’entusiasmo cresce forse perché non si avverte quella pressione che c’è su una band costretta a districarsi fra album e tour e posti sotto la lente di ingrandimento da parte di fan e addetti ai lavori. Basta chiacchiere e pronti a snocciolare “City Of Heroes”.
18 Maggio 2015 12 Commenti Luka Shakeme
genere: Melodic Rock
anno: 2015
etichetta: Sunhill Production
Sempre più frequenti le uscite dal nord europa con la Svezia che da sempre risulta essere portabandiera di un rock melodico rivelatosi nel corso degli anni un vero marchio di fabbrica. L’asticella della competitività si è innalzata a dismisura ultimamente con band che, seppur armate delle migliori intenzioni, purtroppo scontano la differente caratura tecnico-compositiva. E’ il caso dei Reach, band di Stoccolma che fra luci e ombre presentano il loro “Reach Out To Rock”.