SCORPIONS + RHAPSODY OF FIRE – Trieste – Palarubini 13/11/15 – Live Report

Scorpions Trieste Live Report
report a cura di Matteo Trevisini

La parola numeri può avere svariati significati e sfumature ma quando si parla degli Scorpions si deve cominciare da quelli che loro stessi hanno costruito nella loro storia: i numeri unici di una band straordinaria sono tutti li, nero su bianco, cinquant’anni di carriera alle spalle, copie vendute in questo lasso di tempo oltre cento milioni (…cento milioni !!!!), decine e decine di album che sono entrati a pieno diritto nella storia del rock e svariati hit singles piazzati in tutte le classifiche esistenti al mondo. Prima band tedesca a sfondare in Inghilterra e Stati Uniti a suon di tour e tour massacranti e al passaparola: cosi potremmo andare avanti per altre dieci pagine, sfoggiando un curriculum stellare che solo i grandi del rock possono vantare. Certo, la parola numeri può portare a pensare anche all’età di Klaus Meine e dello stesso Rudolf Schenker, ovvero 67 primavere sulle spalle…riusciranno i nostri eroi a mantenere intatta, nonostante il passare inesorabile degli anni,la fama di animali da palco costruita nei decenni? Partita vinta dai tedeschi poiché anche questa sera i numeri li faranno vedere loro al pubblico…e parliamo di numeri di alta scuola!

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Find Me – Dark Angel – recensione

AOR ! (rigorosamente in maiuscolo)…e per quanto mi riguarda la recensione potrebbe anche finire qui…

Si, perché Dark Angel (secondo capitolo del “team-Up” Frontiers Flores/Lablanc) rappresenta per tutti i 53 minuti della sua durata, il manifesto più autorevole di Adult Oriented Rock che abbia avuto modo di ascoltare in tempi recenti.
Più in generale, uno dei rari casi in cui il mio sofistico dito indice non ha mai dovuto premere l’utilissimo tasto “skip” del lettore. Continue…

Downes Braide Association – Suburban Ghosts – Recensione

Il progetto musicale Downes Braide Association ha da poco pubblicato il suo secondo album Suburban Ghosts, uscito il 6 novembre per la label Cherry Red Records come seguito del buon disco d’esordio Pictures Of You (2012).

Inutile presentare Geoff Downes, nome celebrerrimo per gli ascoltatori di melodic rock grazie ai suoi The Buggles (Video Killed The Radio Star vi dice qualcosa?) e al lavoro compiuto con band storiche quali Yes e Asia. Meno conosciuto invece Chris Braide, cantautore losangelino ma originario del Regno Unito, autore di un album solista e di una recente release con i This Oceanic Feeling. Attenti però, perchè Braide vanta anche la composizione di brani per artisti di fama mondiale come Kylie Minogue e Britney Spears.. e non solo!

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Ten – The Dragon And Saint George (EP) – Recensione

 

Un EP confezionato, per stessa ammissione della band, soprattutto per i loro die hard fans! Tutto si può dire al momento dei TEN meno che non siano in pieno fermento creativo con un Gary Hughes vero vulcano della band. Con una formazione che si spera abbia trovato una sua stabilità, due album “sparati” a ripetizione negli ultimi anni (Albion e Isla De Muerta) e un ritrovato senso epic/melodico che da sempre li ha contraddistini ecco che gli storici TEN portano così sul piatto anche un nuovo EP, cosa che non succedeva per loro da svariati anni.
Tre pezzi inediti (Muskateers: Soldiers of the King, The Prodigal Saviour, Is There Anyone With Sense) e tre pezzi già presenti sulle loro recenti uscite…

Andando a vedere i pezzi ri-proposti sicuramente la scelta è caduta su alcuni dei più riusciti e caratteristici delle ultime due produzioni con l’apertura a carico della pura TEN style The Dragon And Saint George. Pezzo dal tiro sostenuto, ritornello ultramelodico e testo storico/epico. Seconda scelta caduta su Albion Born, altro pezzo che spicca tra le loro ultime uscite come uno dei più ispirati. Il cerchio dei “già sentiti” si chiude con la ballad We Can Be As One che gioca sul classico stile delle ballate dei TEN. Continue…

Blood Red Saints – Speedway – Recensione

Diamo il benventuo ai Blood Red Saints, nuova band britannica sotto la guida della nostrana Frontiers Records. La line up è formata da Pete Godfrey , ex voce degli In Faith, Rob Naylor degli Angels Of Kings, Lee Revill, ex Gary Hughes band e Pete Newdeck, direttamente dagli Eden’s Curse. Nomi di tutto rispetto che con l’aiuto dei gemelli Tom e James Martin hanno co-scritto due canzoni, mentre il grande Harry Hess si è occupato delle tastiere e del mastering del nuovo album intitolato Speedway.

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FM + Electric Boys – 18 novembre 2015 – live report

FM ItalyFM live

report a cura di Iacopo Mezzano
photo report a cura di Iacopo Mezzano

Cancellata improvvisamente la data di Firenze a causa, si dice, della scarsa prevendita, è stata data una sola e ultima chance ai fans italiani di rivivere una parte delle emozioni magnifiche dell’ultimo Frontiers Rock Festival: accorrere in massa al Legend Club di Milano per rivedere on stage gli FM, in tour supportati dagli altrettanto mitici Electric Boys. Al suo primo show da headliners in Italia, la formazione inglese capitanata dalla superba voce di Steve Overland non ha nascosto le sue emozioni per l’evento, venendo ripagata da un affetto che, a detta dello stesso frontman, ancora non avevano ottenuto lungo il tour, neppure in locali ben più ampi e affollati del Legend (150 paganti circa). Una vicinanza con le band sul palco che ha reso la data milanese un’emozione unica, da portarsi dietro per il resto dei giorni, sia per i gruppi che si sono esibiti, che per i fans che si sono mossi da ogni dove per presenziare.

Ma andiamo per ordine.

A salire per primi sul palco del piccolo club milanese sono gli svedesi Electric Boys, riformatisi dal 2009 per provare a dare un proseguo a una buona carriera che li ha da sempre visti interpreti di un hair metal dalle tonalità spiccatamente funky. La formazione è quella originale, e vede un Conny Bloom carismatico e in grande forma vocale affiancare Franco Santunione alla chitarra, mentre Andy Christell al basso divide la sezione ritmica con le pelli di Niklas Sigevall. La setlist, che si apre con le note di Psychedelic Eyes, non manca di centrare i momenti di maggiore fama del combo, raggiungendo i suoi apici massimi di intensità sul finale, e più precisamente nell’esecuzione di Mary in the Mystery World e All Lips N’ Hips, accolte con boati e cori dal pubblico. Lo spettacolo è garantito e la band si trova caldamente applaudita in più di una occasione, supportata in gran parte dei cori e seguita in ogni momento del concerto, lasciando il palco con la certezza di aver dato tutto quello che la gente si aspettava in quanto ad energia e divertimento. Bello show!

Setlist:

Psychedelic Eyes
Into the Ditch
The Change
Electrified
Freaky Funksters
Mary in the Mystery World
Knee Deep in You
Rags to Riches
Captain of My Soul
All Lips N’ Hips

E’ però evidente che le più alte percentuali di paganti sono qui riunite quasi esclusivamente per accogliere il ritorno in Italia degli FM, scopertisi (ne parlavamo con loro) forse inaspettatamente veri paladini del movimento musicale rock melodico sul suolo tricolore. Merv Goldsworthy, Pete Jupp e Steve Overland (che mi ha svelato l’imminente uscita di uno suo nuovo disco degli Shadowman, ma io non vi ho detto niente.. 😉 ), con i ”nuovi” Jem Davis e Jim Kirkpatrick ci promettono, ancor prima che inizi lo spettacolo, che da ora in avanti torneranno sempre in Italia ad ogni loro tour, perchè è qui, nella nostra Nazione, che sentono un calore forse diverso da quello che gli viene tributato altrove. E infatti, pronti-via, e con la prime note di Digging Up the Dirt parte un boato che fa quasi timore a Overland e soci, che sorridono compiaciuti sentendo il pubblico cantare nella sua interezza il loro ultimo singolo e successo. Si vede che la band è sincera, e commossa quasi, mentre ringrazia la gente accalcata sotto il palco, e fa effetto vedere Steve Overland passare di compagno in compagno a dire hai visto che roba! mentre il pubblico intona spontaneamente ogni parte dei ritornelli di I Belong to the Night e Don’t Stop. Per non parlare del lento Closer to Heaven, i cui versi ancora echeggiano tra le mura del Legend per quanto sono stati gridati a squarciagola, o di Let Love Be the Leader, ballata quasi come fossimo in una sala dance dal centinaio di paganti! O delle più recenti Life Is a Highway, Crosstown Train, Wildside e Tough Love, sparate una dietro l’altra per lasciare poi spazio alla antica Frozen Heart, della cui interpretazione non voglio neppure parlare visto che ho ancora il magone pensando a come i ragazzi l’hanno suonata. Sappiate solo che è il loro pezzo che preferisco, e che la lode non è abbastanza in questo caso. Ma non devo divagare troppo: All or Nothing, Tough It Out e That Girl sono un terzetto micidiale che pare pensato apposta per far sparire le ultime forze nella voce del pubblico, ma questa sera no, neppure loro bastano, e rieccoci tutti a cantare con pari intensità anche Burning My Heart Down e Bad Luck, per la gioia della band che lascia il palco abbracciandosi come se avesse vinto la Coppa dei Campioni.

Ovviamente, il bis. Steve Overland torna sul palco accompagnato prima dal solo tastierista, e poi mano a mano anche dal resto del gruppo, per le intime note della power ballad delle power ballad: Story of My Life. Anche qui, è superfluo dire della prova vocale del cantante, la cui timbrica unica, calda di sentimento, illumina il buio del locale, e i cuori e le anime di tutti noi. Come lui, nessuno, e basta. Infine Other Side of Midnight, che chiude il concerto delle meraviglie accolta come un inno nazionale: il sogno è diventato realtà, la musica ha disegnato ancora una volta arcobaleni, gli FM sono i vincintori. La pace è fatta, a Milano come nel mondo.

Senza musica la vita sarebbe un errore diceva Friedrich Nietzsche. Io affermo invece che con un po’ più di musica non ci sarebbero le guerre e si sarebbe tutti più uniti. E il pensiero ritorna automaticamente ai fratelli del Bataclan di Parigi, uccisi mentre sotto un palco gridavano la libertà delle loro anime seguendo il battito di una batteria, le tonalità di una voce, la grinta di una chitarra o il groove denso di un basso. Non si può morire così, quando si è radunati per vivere. E’ un’ingiustizia, lasciatemelo dire.
Riposate in pace fratelli, questo show e questa mia recensione sono tutti dedicati a voi.

Setlist:

Digging Up the Dirt
I Belong to the Night
Don’t Stop
Closer to Heaven
Let Love Be the Leader
Life Is a Highway
Crosstown Train
Wildside
Tough Love
Frozen Heart
All or Nothing
Tough It Out
That Girl
Burning My Heart Down
Bad Luck

Encore:

Story of My Life
Other Side of Midnight

 

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TED POLEY + Hungryheart – 15 novembre 2015 – live report

druso-slide-ted-1-940x450Ted Poleyreport a cura di Iacopo Mezzano
photo report a cura di Iacopo Mezzano

Verrà ricordata tra le serate memorabili del nostro cuore la nuova calata italiana di Ted Poley, storica voce dei Danger Danger, oggi in veste solista e supportato dalla truppa italiana composta da Alessandro Del Vecchio, Anna Portalupi, Mario Percudani e Alessandro Mori. Il Druso, medio-piccolo (ma attrezzato) locale del bergamasco, rinnovato e trasformato in anfiteatro di emozioni rock, ha stretto al suo interno circa duecento anime festose e pronte a sfidare il freddo e la nebbia per cantare a squarciagola le loro emozioni e le canzoni che hanno accompagnato, o continuano ad accompagnare, la loro gioventù.

Un evento decisamente riuscito, nonostante qualche problema di acustica poi mano a mano risolto dai tecnici, che ha avuto come opening act lo spettacolo di una delle migliori realtà musicali di genere hard rock melodico della nostra Penisola, gli Hungryheart, freschi dell’uscita del loro ultimo lavoro Dirty Italian Job. Josh Zighetti (voce), Mario Percudani (chitarra e cori, l’unico tra i musicisti presenti a salire ad esibirsi due volte sul palco!), Stefano “Skool” Scola (basso) e Paolo Botteschi (batteria) tirano fuori dal cilindro la solita prestazione d’eccellenza tecnica ed esecutiva a cui ci hanno abituato, con un sound grintoso e melodico che fa divertire e cantare tutti i presenti, trovando consensi unanimi. Indimenticabili, per il sottoscritto, le energie sprigionate dalla bellissima One Ticket To Paradise e la chiusura affidata a Shoreline, singolo prezioso estratto dal nuovo album e che, ne sono certo, molti gruppi internazionali invidiano ai nostri artisti tricolori per come sa coinvolgere immediatamente il pubblico ai piedi del palco. Insomma, è stato uno show perfetto che ha confermato, a chi ancora avesse dubbi, quanto la scena rock melodica di casa nostra sia oggi viva e di assoluta qualità.

Inizia invece con Man Alive il concerto adrenalinico di un Ted Poley che sappiamo essere in Italia da diversi giorni per ultimare i lavori sul suo nuovo album solista, in uscita per la Frontiers Records. Il cantante americano non si risparmia di certo per la sua folta platea italiana, scavando nel reportorio dei suoi Danger Danger a caccia dei maggiori successi, anche questa sera egregiamente suonati dalla truppa italiana che lo accompagna e capitanata dal solito Alessandro Del Vecchio, ormai ufficialmente portabandiera della nostra Nazione melodica nel mondo. Dopo un doveroso e sentito tributo ai morti negli attentati di Parigi e del Bataclan, si entra a tutti gli effetti nel clima del concerto, per uno show interamente registrato che apparirà a spezzoni nel prossimo video musicale dell’artista. Così, Shot of Love, Turn It On, Beat the Bullet e Bang Bang vengono eseguite in rapida sequenza, con carisma e grinta da vendere, elettrizzando un pubblico veramente vestito a festa e incapace di stare fermo di fronte ai battiti pulsanti di questa musica. La tipica passeggiata tra la gente sulle note di Don’t Walk Away è la ciliegina sulla torta di uno spettacolo eccellente che, intervallato dalla preziosa Under The Gun, ha avuto un nuovo irripetibile sussulto con la colorazione tatuata di una delle stelle del braccio di Poley, da oggi definitivamente tricolore, avvenuta on stage mentre il cantante intonava Feels Like Love. Infine, One Step From Paradise e Naughty Naughty chiudono, nell’estasi globale, il concerto, prima del bis largamente richiesto dalla gente e affidato alla power ballad I Still Think About You che tutti, e davvero tutti quanti i presenti, hanno intonato in coro con lo statunitense. Fantastico!

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Stryper – Fallen – Recensione

 

Ancora una volta non deludono i loro fans i padrini del christian metal Stryper, che a metà ottobre 2015 hanno pubblicato per Frontiers Records il loro nuovo album Fallen, dando continuità a una scia positiva di release che va avanti fin dalla loro reunion del 2005.

Come per il precedente No More Hell To Pay (2013) l’irrobustimento sonoro del gruppo, che si avvicina sempre più ai canoni dell’heavy metal allontanandosi da quelli dell’hard rock, non va a penalizzare ne la vena aulica ne quella melodica da sempre in seno a questa formazione. I riff rocciosi ad opera del duo Michael Sweet – Oz Fox, e loro i conseguenti e sempre piacevoli assoli, dominano il sound del disco, e vengono supportati tanto da un ottimo lavoro di basso quanto da una batteria solida e roboante che rimanda dirtettamente al metal anni’80. Dall’altro lato però le armonie vocali del solito Sweet e i cori eccezionalmente definiti regalano al platter quel binomio tra musicalità e robustezza che ha fatto le fortune di questa formazione fin dai suoi più antichi esordi, rendendo l’album di facile appeal anche per chi è meno abituato all’heavy metal e più all’hard rock melodico. Continue…