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30 Luglio 2012 0 Commenti Iacopo Mezzano
Dal lago e dai monti al mare, da Bellagio a mæ Çitæ, alla mia città. Il mio mini-tour da spettatore, dopo lo show degli Y&T appena recensito, ha fatto tappa a circa venti chilometri da casa, al Porto Antico di Genova, per assistere allo show di uno dei più rispettati blues rocker in attività, ovvero il newyorkese Ted Horowitz, in arte Popa Chubby.
Anche quest’anno (il terzo della manifestazione) il colpo d’occhio del palco dell’Arena del Mare adagiato li, esile e a due passi dal mare e dal porto, risulta essere di forte impatto, a tratti romantico ed affascinante nelle sue emozioni. L’organizzazione dell’evento è sempre splendida, lo staff serio e disponibile nonostante ridotto in numero (come ridotta è la proprosta muscale rispetto agli scorsi anni) a causa della maledetta crisi che sta soffocando la nostra Nazione. Ma nulla manca, a parte un po’ di quel silenzio che stregava l’animo, rotto questa volta da alcuni lavori di rimodellamento del fondale ad opera di una piccola chiatta a cinque metri dalla nostra riva. Fortunatamente, nulla di così rumoroso da compromettere lo show..
Maledizione alla mia scarsa memoria. Non in programma, ad aprire lo show del gigante americano è una giovane blues band ligure, di cui non ricordo assolutamente più il nome. Problema (e imbarazzo) non da poco visto che i ragazzi, nella loro mezz’oretta a disposizione, dimostrano di avere tutte le carte in regola per poter aspirare a un buon successo, riuscendo (cosa da non poco) a far divertire e sonoramente applaudire una platea che a) non se li aspettava sul palco e b) per grande maggioranza come me non li conosceva. Ragazzi, se leggerete queste righe, fatevi sentire che aggiungerò qui immediatamente il vostro nome. Scusatemi e ancora vivissimi complimenti.
Alle dieci in punto, precisissimo, Popa Chubby sale sul palco dell’Arena del Mare accolto da un boato non da poco. A Genova il musicista era già stato nel 2010 e, come avrà modo di ricordare nell’intervallo tra un brano e l’altro, questa è una location che ricorda sempre con grande piacere grazie all’affetto che ogni volta gli viene tributato. Così, risolto in poco tempo un problema al suo amplificatore (purtroppo non l’unico della serata; ”cadranno” nell’ordine il volume dei microfoni, poi quello del basso e infine l’amplificazione del basso, resa imperfetta da fruscii poi corretti), lo show ha inizio. La sua concezione di blues, molto aggressiva e spiccatamente rock tanto da ricordare una leggenda del genere come Jimi Hendrix, si irradia nell’aria e penetra con gusto nelle orecchie della numerosa folla radunata. La sua musica è fatta per catturare l’attenzione e, soprattutto nella prima metà di concerto, risulta essere ben più strumentale che cantata.
Popa è in gran forma, magari non fisica visto che suonerà seduto su una seggiola per tutto il concerto a causa della sua immensa mole, ma ogni nota da lui suonata diventa magica, non esiste errore o sbavatura e il suo tocco unico fa sussultare dentro i nostri cuori. Nulla è lasciato al caso, l’attenzione per il sound, lo stile e la melodia della chitarra è massima, come da fuoriclasse è la tecnica messa in mostra, impeccabile in ogni trovata chitarristica tentata, anche la più ardua. E lo spettacolo, di quasi due ore piene di durata, vola via che neppure ce ne accorgiamo, immersi come siamo in questa superba musica. L’artista scava nel suo repertorio (godetevi a fine articolo la mia ripresa della bella She Loves Everybody But Me tratta dal suo ultimo album Back to New York City) ma anche in quello dei grandi del blues e non solo. Riconosco a inizio concerto una splendida esecuzione di Hey Joe di Hendrix, magistrale lungo tutta la sua durata e sul bel solo, e interessantissime rivisitazioni di brani di musica classica fatte con il solo ausilio della chitarra. Da rodata bestia da palco, Chubby non si dimentica mai di caricare e mantenere alta l’attenzione del pubblico, attraverso mimiche facciali e alcuni siparietti parlati, diretti e improvvisati con la gente (alcuni dei quali davvero divertenti). In uno di questi, il musicista lascerà la sua bellissima Fender Stratocaster per sedersi dietro le pelli e gettarsi in un (peraltro riuscitissimo) assolo di batteria, dimostrando di saperci fare non solo alla voce e alle corde ma anche in questa inedita veste.
Con tutta la gente ormai lontana dai seggiolini e accalcata in piedi sotto il palco, il newyorkese ci ringrazia per l’affetto e ci saluta con una stupenda e commovente versione di Hallelujah di Cohen, suonata in tutto l’assolo finale d’in piedi in segno di riconoscenza, e cantata a squarciagola da tutti. Popa Chubby termina la sua parte, stinge la mano alla gente nelle prime file e lascia il palco anzitempo, con i due giovani ragazzi che lo accompagnavano (di cui mi è parso molto bravo soprattutto il batterista) a completare in fading il brano, ricevendo così anche loro a lungo in disparte, il meritato applauso. E, a ulteriore prova del suo grande cuore, dopo appena dieci minuti dallo spegnimento delle luci ai pochi rimasti sotto il palco verrà concesso di andare nel backstage per trovare Popa Chubby li, pronto e disponibile, dietro un tavolino ad aspettarci per le foto e gli autografi. Grande!
video
httpv://youtu.be/3dsIkVaTQ4A
galleria fotografica
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