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Recensione Classico

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Classico

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Dokken – Back For The Attack – Classico

21 Dicembre 2024 0 Commenti Samuele Mannini

genere: Hard Rock
anno: 1987
etichetta: Elektra
ristampe:

Tracklist:

Kiss Of Death 5:48
Prisoner 4:19
Night By Night 5:20
Standing In The Shadows 5:05
Heaven Sent 4:50
Mr. Scary 4:37
So Many Tears 4:54
Burning Like A Flame 4:44
Lost Behind A Wall 4:18
Stop Fighting Love 4:57
Cry Of The Gypsy 4:46
Sleepless Nights 4:30
Dream Warriors 4:46

Formazione:

Don Dokken – lead vocals
George Lynch – guitar
Jeff Pilson – bass, background vocals
Mick Brown – drums, background vocals

 

Come tutte le questioni trattate sull’italico suolo, quando si parla dei Dokken ci sono sempre i Guelfi e i Ghibellini, o nel caso specifico, gli ‘Attackisti’ e i ‘Lockiani’, ovvero chi preferisce “Back For The Attack” o “Under Lock And Key”. Cercherò di spiegare perché, per chi vi scrive, questo sia il disco migliore, cercando di uscire dalla lotta di fazioni per partito preso.

L’anno è il 1987. I Dokken, reduci dal successo di “Under Lock and Key”, si preparano a rilasciare il loro quarto album in studio: Back For The Attack. Un titolo che promette potenza, energia ed un assalto in grande stile al pubblico di massa. L’album si rivelerà infatti un successo commerciale, raggiungendo il 13° posto nella Billboard 200 e ottenendo addirittura il disco di platino negli Stati Uniti. Ma dietro le quinte, tensioni crescenti e l’abuso di droghe minacciavano di far deragliare la band.
Musicalmente, Back For The Attack mostra un Don Dokken al suo pieno apice vocale, sfoggiando un’interpretazione energica e di ampia gamma. George Lynch si conferma un virtuoso della chitarra, offrendo riff memorabili, assoli incendiari e un’impronta melodica distintiva. Jeff Pilson al basso e “Wild” Mick Brown alla batteria forniscono una solida base ritmica, impreziosita dai loro cori potenti.

L’album si apre con la travolgente “Kiss of Death”. Fatico a ricordare un pezzo di apertura di un disco altrettanto efficace: un inno hard rock che affronta il tema dell’AIDS con un’intensità sorprendente per l’epoca. “Prisoner” è un brano più introspettivo, con un’atmosfera cupa e un assolo struggente di Lynch. “Night by Night” e “Standing in the Shadows” sono due inni hard rock energici, con riff accattivanti e melodie orecchiabili che danzano sul sottile filo che separa e allo stesso tempo unisce l’hard rock e l’heavy metal. “Heaven Sent” è una power ballad di grande impatto, con un’interpretazione vocale intensa di Dokken e un assolo di Lynch che bilancia potenza e melodia. “Mr. Scary”, la strumentale dell’album, è un’esplosione di virtuosismo chitarristico, con Lynch che si scatena in un vortice di assoli e riff complessi, dando sfoggio di tecnica e feeling.

La seconda parte dell’album prosegue con la stessa energia. “So Many Tears” è un’altra power ballad di successo, con un ritornello melodico e un’interpretazione vocale carica di pathos. “Burning Like a Flame” e “Lost Behind the Wall” sono due tracce hard rock dirette ed efficaci, con riff potenti e melodie orecchiabili. “Stop Fighting Love” è un brano più introspettivo, con un’atmosfera malinconica e un assolo di Lynch che aggiunge un tocco di drammaticità. Cry of the Gypsy” e “Sleepless Nights” sono due brani hard rock di grande impatto, con riff potenti e un’interpretazione vocale aggressiva di Dokken. L’album si chiude con “Dream Warriors“, il brano composto per la colonna sonora di “Nightmare on Elm Street 3: Dream Warriors”, che si rivelerà un grande successo e contribuirà a lanciare l’album nelle classifiche.
Back For The Attack è un album ricco di contrasti, che alterna momenti di pura potenza hard rock a momenti più melodici e introspettivi. La produzione di Neil Kernon è potente e nitida, valorizzando al meglio il talento dei musicisti (ma come erano belle le produzioni di una volta?). Ma l’album è anche segnato dalle tensioni interne alla band. Don Dokken, sentendosi isolato dal resto del gruppo che si era trasferito a Phoenix, iniziò a registrare le sue parti vocali separatamente. Il cantante si lamentò anche della mancanza di una vera e propria ballad da classifica nell’album, un fatto che contribuì ad alimentare le tensioni con Lynch, che prediligeva un approccio più hard rock.
Nonostante i dissapori, la band riuscì a creare momenti di grande sinergia in studio. La genesi di “Kiss of Death”, con Don Dokken che scrisse i testi ispirandosi al tema dell’AIDS dopo aver ascoltato la musica composta da Lynch e Pilson, è un esempio lampante di come la band, nei momenti migliori, riuscisse a lavorare come una vera unità creando pezzi memorabili, anche a quasi quarant’anni di distanza. Back For The Attack si rivelerà il canto del cigno commerciale dei Dokken in formazione originale. Le tensioni interne, alimentate dall’abuso di droghe e da un intenso programma di tour, culminarono con l’abbandono di Don Dokken nel 1988, durante il tour di supporto agli Aerosmith. La band si riunirà brevemente negli anni ’90, ma senza mai ritrovare la magia del periodo aureo.

L’album rimane un testamento del talento di un gruppo che, nonostante i suoi demoni interiori e qualche critica per la sua eccessiva lunghezza, ha saputo lasciare un segno indelebile nella storia dell’hard rock, coniando il sound tipico che sarà poi definito come Class Metal e al quale, da lì in avanti, miriadi di band si ispireranno.

Per chi scrive dunque, Back For The Attack resta il vertice artistico dei Dokken, capace di coniugare potenza, melodia, virtuosismo ed alcuni brani da tramandare alla storia. Ed è proprio questo equilibrio a renderlo superiore a Under Lock And Key, ma lasciamo pure che la battaglia tra ‘Attackisti’ e ‘Lockiani’ continui, perché comunque sia, entrambi rappresentano un’eredità indelebile nella storia del rock.

© 2024, Samuele Mannini. All rights reserved.

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