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Barnabas Sky – What Comes To Light – Recensione

18 Gennaio 2023 4 Commenti Alberto Rozza

genere: Melodic Hard Rock
anno: 2023
etichetta: Pride & Joy

Tracklist:

1. What Comes To Light
2. We Are Electric
3. Till My Dying Days
4. Circus Of Delight
5. Take A Ride
6. A Dying Song
7. Isolation
8. Grant Me A Wish From Heaven
9. One Or The Other
10. Seven Wonders
11. No Tomorrow

Formazione:

Markus Pfeffer - Guitars, Bass, Keyboards, Guitarsynth
Danny Vaughn, Dan Reed, Doogie White, Jesse Damon, Roy Cathey, Dirk Kennedy, Lee Small, Carsten Lizard Schulz, Alan Tecchio, Deibys Artigas Venegas – Vocals
Thomas Rieder - Drums, Percussions
Paul Sabu, Stephan Hugo - Backing Vocals

Contatti:

Facebook: https://www.facebook.com/barnabasskyband

 

Progetto ampio e dalle grandi collaborazioni per il cantautore e chitarrista tedesco Markus Pfeffer, che ci presenta l’album “What Comes To Light” con i Barnabas Sky, inconfondibilmente melodic hard rock e dalle atmosfere dal grande impatto.

Si parte con la title track “What Comes To Light”, dalla grande dinamica, armonicamente piacevolissima, dove la tecnica e il gusto si fondono in modo assolutamente perfetto: ottimo modo per iniziare un album. Si passa alla successiva “We Are Electric”, suadente e cadenzata, inusuale in alcuni passaggi, a renderla ancora più intrigante e corale, altro tassello inaspettato in un lavoro pieno di sorprese. “Till My Dying Days”, dalle sonorità decisamente più heavy, ci catapulta in un’altra dimensione musicale: accordoni belli tosti e compatti, fraseggi di grande presenza, tutto condito da una struttura solida ed efficace, per confezionare una canzone di grande effetto. Da una gradevole commistione tra sonorità vecchia scuola e più contemporanee nasce “Circus Of Delight”, misteriosa, quadrata, corposa, sempre azzeccata sia nella parte musicale che nelle scelte vocali. “Take A Ride” ci porta su orizzonti più sfumati e contemplativi, ci entra dentro senza difficoltà con la sua soave trama, un brano sempre cesellato nei minimi particolari. Si torna all’heavy metal con “A Dying Song”, complessivamente molto soddisfacente, dalla lunga durata, dal grande trasporto emotivo e soprattutto dalla resa strumentale eccellente, che si riversa nella successiva “Isolation”, gagliarda e decisa, struggente in alcuni passaggi, globalmente convincente nella sua semplicità. “Grant Me A Wish From Heaven” esplora nuovamente la parte più emotiva della band, attestandosi positivamente nell’annovero dei brani melodic hard rock ben riusciti. Interessanti venature strumentali con “One Or The Other”, vocalmente folle, dalla trama musicale non consueta e ben articolata, che subito resta impressa nella mente dell’ascoltatore. “Seven Wonders” ha un che di struggente, soprattutto nella resa vocale particolarmente intensa, dal ritornello interessante e nonostante sia posizionata in coda all’album, questo pezzo gode ancora di grande qualità complessiva (cosa più unica che rara oggigiorno). Chiudiamo questo lavoro inimmaginabile con “No Tomorrow”, ennesimo esempio di grande intensità musicale unita a una linea vocale perfetta: è molto raro trovare un album che non stanchi per un secondo dall’inizio alla fine e questo ne è un esempio, forse un capolavoro, forse solo un album eccellente di una band in stato di grazia totale, un evento propiziatorio per questo 2023!

© 2023, Alberto Rozza. All rights reserved.

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