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20 Luglio 2022 3 Commenti Vittorio Mortara
genere: Aor
anno: 2022
etichetta: Pride & Joy
Tracklist:
1. In The Beginning / Heartbreaker
2. Burning For You
3. Open Your Eyes
4. Into The Twilight
5. Little Rebel
6. Against The Wall
7. Do You Remember Me?
8. Wings Of The Night
9. Haven't We Been Here Before?
10. Time Keeps Slipping Away
11. Once
Formazione:
Simon Marwood - Voce
Juan Miguel Gomez Montant - Chitarra
Scottie Irving - Tastiere
Andrew Burns - Basso
Alex Wickham - Batteria
Ospiti:
Lenny Castro, Alessandro Del Vecchio,Mark Holden, JK Northrup, Marc LaFrance, Paul Laine, Jeff Scott Soto
Le bio di presentazione della Pride & Joy sembrano spesso veri e propri romanzi. Per esempio, di questi canadesi Fatal Vision si narra siano nati nell’epoca d’oro, quando l’AOR spadroneggiava nei palinsesti di MTV. Poi, causa avvento del medioevo, ed il progetto è rimasto parcheggiato fino al 2019. Quando, grazie ad un regalo ricevuto, il leader Simon Marwood ha rimesso in piedi la band ed ha colto l’occasione per scrivere e registrare una manciata di pezzi che, oggi, da origine a “Once”. Svolazzi a parte, i ragazzi in questione si dedicano con sufficiente bravura ad un genere che sa di vecchio, nel senso buono del termine, e di innovativo allo stesso tempo. Caratterizzato dalla particolare voce di Simon che fa suonare l’insieme come se i Ramones o i loro eredi, Blink 182, Green Day, Simple Plan, si fossero convertiti all’AOR.
Dopo la bella intro di sax (ad opera di Mark Holden dei Boulevard)“In the beginning”, parte subito uno dei pezzi forti: “Heartbreaker” è un uptempo orecchiabile dal riff di chitarre e tastiere fino al classico refrain. Un dolce arpeggio apre “Burning for you”, brano un po’ deludente a livello di melodie vocali. Non eccelsa neppure la qualità compositiva della seguente “Open your eyes”che definirei noiosetta. Piace, al contrario, la ballad “Into the twilight” che, forse perché poggiante su melodie sentite e risentite, ti si pianta subito nel cervello. Così come risulta gradevole l’allegra e poppeggiante “Little rebel”. Toni più hardeggianti su “Against the wall” mentre “Do you remember me” fa il verso ai maestri REO Speedwagon. Spensieratezza a piene mani arriva da “Wings of the night”, tappezzata di toni pop punk dalla voce del solito Marwood. Insolite melodie che pervadono anche “Haven’t we been here before?”. Chiusura del disco affidata ad altre due ballate: “Time keeps slipping away”, dai toni tristi culminanti nel contagioso ritornello, e la title track che scomoda il boss Springsteen piazzando un azzeccato solo di armonica.
Allora, mi sono trovato un po’ in difficoltà a valutare in numeri questo lavoro. Da un lato sicuramente non si tratta di un album memorabile né memorizzabile. Sia a livello compositivo che esecutivo. Dall’altro suona maledettamente strano. Con quella voce così fuori posto. E devo dire che almeno 3 o 4 pezzi si possono ritenere validi in assoluto. Aggiungo che le note parlano della collaborazione di uno stuolo di ospiti di livello, anche se non è precisato il come e il dove. Insomma, sarà perché non è allineato alla moda del momento, sarà per la mia fame di originalità, alla fine ho optato per un bel sette e mezzo! E vi consiglio almeno un paio di ascolti. Io continuo a canticchiare “Time keeps slipping away”…
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