Registrati gratuitamente a Melodicrock.it! Potrai commentare le news e le recensioni, metterti in contatto con gli altri utenti del sito e sfruttare tutte le potenzialità della tua area personale.
effettua il Login con il tuo utente e password oppure registrati al sito di Melodic Rock Italia!
10 Novembre 2011 3 Commenti Iacopo Mezzano
genere: Aor
anno: 2011
etichetta: Aor Heaven
Tracklist:
1. Cry Wolf
2. Strangers In The Night
3. Do You Remember
4. Reckless Nights
5. How Far I Run
6. Serenade
7. Show Your Cards
8. Mistake
9. Patiently
10. Love Won’t Wait
Formazione:
Jules Millis - Voce
Enzo Almanzi - Chitarre
Trent Wilson - Basso
Xavier Millis - Tastiere
Jim Naish - Batteria
Con colpevole ritardo, è giunto il tempo di recensire il secondo album degli australiani White Widdow, uscito il 23 settembre 2011 sotto AOR Heaven a titolo Serenade a seguito dell’ottimo esordio omonimo uscito nel 2008.
Fondati nel 2008 dal frontman Jules Millis, dal bassista Trent Wilson e dal chitarrista Enzo Almanzi, i White Widdow avevano impressionato un po’ tutti per qualità e gusto melodico, mostrando comunque ancora margini di miglioramento. Passato un anno la formazione avrà maturato? Vediamo..
LE CANZONI
Il disco apre con Cry Wolf, pezzo che impressiona per la precisa base di tastiere ad accompagnare un gustoso lavoro di chitarre e una convincente vocalità di Millis, abile a trasmettere intensità emotiva all’insieme. Molto bene il ritornello, che colpisce nel segno con melodie di primo impatto e che ricordano in qualche modo i lavori degli H.E.A.T., e anche l’assolo, tecnico e ispirato.
E’ ancora dirompente, solare e molto anni’80 l’uso di tastiere in Strangers In The Night, come ancorati al passato sono anche i cori nel refrain, emozionanti tanto da ricordare realtà leggendarie quali i Survivor.
Do You Remember è una mid-tempo intensa e ben arrangiata, che sfoggia un preciso insieme di tutte quelle caratteristiche che fino ad ora abbiamo elencato: tastiere e chitarre vivaci, buona sezione ritmica, grande coralità, spirito di insieme e convincente vocalità. Ed emozioni in primo piano!
Sullo stile dell’hard rock radiofonico stelle e strisce (primo Bon Jovi, Dokken..), Reckless Nights è una gustosa cavalcata precisamente ritmata dalla batteria e da un basso abile nel dare profondità a un pezzo che si incentra ancora una volta su melodie d’impatto, calde e coinvolgenti.
E risultano ancora molto convincenti le tastiere di How Far I Run, dominatrici delle melodie fin dalle primissime battute di un pezzo ancora molto americano, con il sound della chitarra maschio e la produzione che vuole essere calda piuttosto che eccessivamente nitida.
Serenade, sesto brano del disco, è sostanzialmente una mid-tempo energica e dalle grandi atmosfere, con un ritornello ad ampio uso di sintetizzatori e d i forte impatto, perfetto per la sede live grazie al divertente botta-risposta tra parte corale e solista che sembrerebbe perfetto per far cantare le folle.
Show Your Cards è un brano molto divertente che si ancora su escamotage sonori a metà tra il pop e la dance degli anni’70, creati da una base di tastiere pomp dirompenti che gettano in secondo piano gli strumenti a corde, mentre la batteria si limita al solo scandire il tempo. Originale!
Chitarra che si rifà sotto prepotentemente in Mistake, un brano dal grande riffing, massiccio e portante. Tanti punti nuovamente alla vocalità di Millis, precisissima sugli acuti ed energica lungo le strofe, e al songwriting, di grande stile.
Siamo in chiusura ed è tempo della prima vera e propria ballata, Patiently, canzone che parte tutta chitarra acustica e voce per poi acquistare energia lungo le strofe. Commovente, precisa come una freccia al cuore, lascia totalmente spazio alla bella voce di Millis, ancora una volta abilissimo nel trasmettere il feeling del pezzo all’ascoltatore. Pezzo di gran classe, forte di un grandi arrangiamenti e un ottimo gusto d’insieme, si eleva di diritto tra i top del disco grazie anche all’ottimo assolo di Almanzi.
Chiude Love Won’t Wait, perfetta sintesi di questo bellissimo album, tra sferzate di chitarra, ritmiche prepotenti, rallentamenti e fulminee accelerazioni, tastiere eleganti, voci da urlo e un songwriting d’altri tempi! Certamente un grande chiusura e un altro prezioso tassello del disco.
IN CONCLUSIONE
La maturazione dei White Widdow è avvenuta e ci troviamo ora di fronte a una band che sa qual’è la sua strada e ha di fronte a se un orizzonte raggiante da raggiungere. La formazione appare ispirata e migliorata tecnicamente, e questo si riflette bene nella perfetta stesura dei brani di questo disco, a metà tra celebrazione del passato e impronta moderna, nel sound e nell’attitudine. I due Millis (uno voce, l’altro tastiere), assieme all’ottimo Almanzi alle chitarre, si elevano a protagonisti di questo insieme, elevandosi come fiori sul solido fusto e radice di Wilson e Naish al basso e alla batteria. Insomma, bando alla ciance, Serenade è un bel passo avanti rispetto all’esordio e merita tutte le attenzioni degli amanti del genere, non sfigurando affatto in mezzo alle molteplici e ben valutate uscite di questo 2011.
© 2011 – 2022, Iacopo Mezzano. All rights reserved.
Devi essere registrato e loggato sul sito per poter leggere o commentare gli Articoli