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02 Ottobre 2020 3 Commenti Yuri Picasso
genere: Melodic Rock
anno: 2020
etichetta: Frontiers Music Srl
Tracklist:
1. Rush Hour 4:59
2. No Way Out 4:24
3. Jane's Carousel 3:50
4. Across the Street 4:58
5. Don't Come Easy 4:34
6. Taxi Driver 3:44
7. Distant Love 4:35
8. Roundabout 3:49
9. Road of Dreams 4:36
10. Hope Hill 5:09
11. Sound of the City 4:41
Formazione:
Gui Oliver – Vocals
Felipe Souzza – Drums
Marcelo Gelbcke – Guitars
Thiago Forbeci – Bass
La nostrana Frontiers si ritrova a pescare ancora in Brasile. Dopo l’ottimo esordio degli Electric Mob ecco arrivare da Coritiba i Landfall guidati dalla voce di Gui Oliver , timbro alla Kevin Chalfant che avevamo potuto apprezzare anni fa nel gruppo Auras.
L’ispirazione è il più classico dei revival del melodic rock tardi anni 80 / primi 90 rivisto (non c’è il bisogno di dirlo) in chiave moderna.
Se per gli Electric Mob la stampa specializzata e non ha speso ottime parole, si può fare altrettanto per i Landfall ? Abbiamo provato nuovamente la sensazione di un disco in grado di accendere fuochi d’artificio o piuttosto un fuoco opaco in grado di riscaldare quel tanto che basta questo inizio di autunno 2020 ?
Alle mie orecchie la risposta corretta è la seconda.
Ci sono mestiere (e lo dico in senso buono), capacità, volontà di andare oltre gli schemi propri del genere (ascoltare “Hope Hill” per farsi un’idea), alternate da fillers che non sono in grado di dare continuità a pezzi comunque riusciti.
In una parola discontinuità; e un po’ di confusione sulla strada da intraprendere.
Perchè se da una parte si denota l’amore per i Journey, i The Storm, lo stile di chitarra di Neal Schon e Josh Ramos, dall’altra si ascolta un’incertezza che finisce per presentare in scaletta pezzi anonimi che non possono far altro che abbassare il voto finale dell’opera.
In Road of Dreams, per esempio, sembra di ascoltare un outtake di un disco targato The Storm, pezzo energico e deciso ben confezionato, dotato di un refrain malinconico che si lascia riascoltare volentieri.
Nella strofa di “Distant Love” arriva tutto l’amore per i Journey, traendo ispirazione da “Send her my Love” in versione vitaminizzata.
Altre reminiscenze Journey (era Pineda) presenti nella bella “Sound of the city”, pezzo convincente grazie all’ottimo lavoro di chitarre. Il pezzo denota l’amore per lo stile di Neal Schon e risulta essere il più riuscito dell’intero lotto.
Accanto ai brani più Journey oriented, ce ne sono altri che ti lasciano l’amaro in bocca.
“No way out” e “Taxi Driver” hanno strofe e ritornelli sentiti e risentiti troppe volte per poter accendere un interesse alle orecchie dell’ascoltatore. Onore di merito alla chitarra di Marcelo Gelbcke, il quale risulta essere ispirato in più di un’occasione, anche nei pezzi meno riusciti come nel lavoro solista di “No Way Out”.
Nota dolente, mi spiace dirlo, la produzione; troppo piatta e compressa, pressochè priva di bassi.
La mia speranza per la causa dell’intero genere è che un giorno si possa tornare a produzioni migliori.
In sintesi non è un brutto disco “The Turning Point”, ma anche nei Landfall come in molti altri gruppi neonati manca la capacità di trovare la propria identità sin dal debutto e di lasciare il segno. Non un compito semplice in un genere inflazionato e che necessita capacità tecniche sopra la media come il rock melodico; non alla portata di tutti.
Dubito tra un anno ci ricorderemo di questo The Turning Point. In ogni caso promossi per i loro meriti, rimandati per i demeriti.
© 2020, Yuri Picasso. All rights reserved.
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