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Recensione

86/100

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Eclipse – Paradigm – recensione

25 Ottobre 2019 39 Commenti Giulio Burato

genere: Melodic Hard Rock
anno:
etichetta: Frontiers Music

Tracklist:

1. Viva La Victoria
2. Mary Leigh
3. Blood Wants Blood
4. Shelter Me
5. United
6. Delirious
7. When The Winter Ends
8. .38 Or .44
9. Never Gonna Be Like You
10. The Masquerade
11. Take Me Home

Formazione:

Erik Martensson – voce e chitarra
Magnus Henriksson – chitarra
Philip Crusner – batteria
Magnus Ulfstedt – basso

Contatti:

https://www.eclipsemania.com/
https://www.facebook.com/EclipseSweden/

 

“Non c’è due, senza tre”. Inizio con questo famoso proverbio la recensione dell’attesissimo “Paradigm”, fratello minore dei precedenti“ Armageddonize” e “Monumentum”. Fratello minore anche nella copertina poiché ho di fronte un clone “rivisitato” dei precedenti art-work; l’immancabile sfondo nero con l’immancabile emblema degli Eclipse. Non originali dunque, ma nel segno di una continuità che è innegabilmente rappresentata dal loro sound moderno, solido e ultra melodico; un marchio di fabbrica perfezionato e calibrato negli anni che ha ottenuto il consenso popolare e della critica. ln breve, il “paradigma” perfetto con cui riconoscere gli Eclipse.
In uscita l’undici Ottobre con l’inesauribile Frontiers, Erik Martensson si avvale del solito, fondamentale apporto di Magnus Henriksson, alle chitarre; completa la band, il dirompente Philip Crusner alle pelli e, in fase di registrazione, Magnus Ulfsted al basso, sostituito recentemente da Victor Crusner, fratello di Philip.

Il settimo sigillo in discografia per gli Eclipse cala subito un tris d’assi. Sul tavolo “Viva la victoria”, secondo singolo dal titolo spagnoleggiante per un anthem da cantare a squarciagola; bello l’assolo costruito con sagacia. Ancora meglio la successiva “Mary Leigh” che azzecca tutto quello che una canzone hard rock dovrebbe portar con sé: struttura, melodia e chorus. Semplicemente hit! Atmosfera da saloon per l’intro di “Blood wants blood”; il pistolero Erik fa centro al poligono della melodia con un chorus sapientemente costruito.
Si procede col lento “Shelter me” che, a mio avviso, non raggiunge le vette (altissime) di “Hurt”, presente in “Monumentum”, ma comunque si fa notare per l’ottima performance di Erik dietro al microfono e per un sublime arrangiamento.
L’intro di “United”, primo singolo lanciato, ricorda i Nickelback di “When we stand together” ma la struttura della canzone poi si discosta nettamente dalla stessa; “’Cause we are one, we are one” cantano gli Eclipse ed io non gli do così torto. Ottimo assolo del sempre geniale Magnus Henriksson per un quarto asso servito.
La sesta traccia si caratterizza per un devastante riff, tanto caratteristico da essere troppo famigliare al recente passato della band. “Delirious” è uno dei momenti più robusti dell’album, arricchito dal lavoro di Philip alla batteria; non manca il solito ritornello cha calza alla perfezione. Note più moderate per la bella “When the winter ends” che nella bonus track giapponese è rivisitata in acustico. Le versioni “unplugged” degli Eclipse sono sempre molto efficaci.
La palma di titolo più originale va all’ottava traccia. Le prime note in stile Helloween di “.38 or .44” danno il via a una canzone solida che mette in prima linea l’artiglieria pesante della band. Non da meno la successiva “Never gonna be like you”, altra potenziale hit, con un refrain ficcante e ritmato dalla gran cassa.
L’epica “The Masquerade” è invece il pomo della discordia; la canzone infatti accarezza “Revolution Renaissance” dell’omonima band capitanata da Timo Tolkki. Polemica avviata sui “social” e segnalazione dovuta, ma nel suo incedere la traccia rimane impressa per un ritornello facilmente memorizzabile che avrà il suo spazio nei momenti “arena” dell’imminente tour.
Si conclude con la solenne “Take me home”, altra semi-ballad realizzata con la consueta maestria.

IN CONCLUSIONE

Ho iniziato con un proverbio e termino con un altro:
“Squadra vincente non si cambia”.
Negli anni gli Eclipse hanno trovato una formula, appunto, vincente che è esemplificata dall’uscita del settimo album “Paradigm”. Un album che è il cordone ombelicale delle recenti uscite discografiche; manca però della potenza sprigionata in passato e ha qualche peccato veniale che porta con se’, ponendolo uno scalino sotto ai “fratelli maggiori” segnalati a inizio recensione.
Resta comunque una release di alto livello per qualità compositiva e per la presenza di diverse, potenziali hit. Lunga vita al “Paradigma” Eclipse!

© 2019, Giulio Burato. All rights reserved.

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