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Recensione

65/100

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Sinner – One Bullet Left – Recensione

08 Ottobre 2011 Comment Andrea Vizzari

genere: Hard Rock
anno: 2011
etichetta: AFM Records

Tracklist:

01. The One You Left Behind
02. Back On Trail
03. Give Take
04. One Bullet Left
05. 10 2 Death *
06. Haunted
07. Atomic Playboys *
08. Suicide Mission
09. Wake Me When I’m Sober *
10. Mind Over Matter
11. Mend To Be Broken
12. Rolling Away *

13. Still Unbroken (Bonus Track)
14. My Final Day (Bonus Track)

* Migliori Canzoni

Formazione:

Mat Sinner – Voce / Basso
Cristof Leim – Chitarre
Alex Beyrodt – Chitarre
Alex Schopp – Chitarre
Andre Helgers – Batteria

 

Lunga e silenziosa la carriera dei Sinner. Formati nel 1982 in quel di Stoccarda per volontà del mastermind Mat Sinner, che ricopriva e ricopre tutt’ora anche il ruolo di cantante/bassista, la band ha saputo attraversare indenne ben 3 decenni mantenendo intatto lo spirito del rock diretto e senza fronzoli, pur senza affermandosi come realtà musicale di successo. Dopo un periodo in cui la proposta musicale era devota ad un power metal piuttosto classico, il gruppo teutonico sembra tornato negli ultimi a quello che era il sound e il genere proposto agli albori della sua nascita: un hard ‘n heavy solido con chiare influenze Thin Lizzy, eterna ed importante ispirazione per il biondo Mat. Trovando probabilmente nei Primal Fear (fondati insieme Ralf Scheepers nel 1998) la sua personale valvola di sfogo nel power, e dilettandosi in vari lavori di produzione/mixing/songwriting negli ultimi anni (Kiske/Somerville, Kimball/Jamison ecc.), Mat Sinner risveglia la sua band sfornando “One Bullet Left” con una formazione praticamente inedita: nuovi arrivi sono il signor Andre Helgers (Rage) dietro le pelli, Alex Beyrodt (Primal Fear, Voodoo Circle), amico e compagno dello stesso Mat in diverse band ed Alex Scholpp (Tarja). Contando anche Christof Leim, già presente negli ultimi precedenti lavori, il numero di chitarristi sale a ben 3 elementi. Scopriamo subito se questa particolare scelta si sia rivelata vincente nel sound complessivo del nuovo disco:

LE CANZONI

Una pistola caricata e un proiettile esploso fanno da incipit a One You Left Behind: doppio pedale a manetta ed un riffing deciso ma con quella leggera melodia di sottofondo ci riportano direttamente al lavoro di Michael Kiske e Amanda Somerville di cui lo stesso Sinner è stato artefice. Back On Trail, primo estratto dell’album, fin da subito denota un rallentamento nei ritmi, un flavour molto rock n roll e una voce da parte di Mat meno aggressiva e più modulata. Qualcuno parlava dei Thin Lizzy? Ecco il tributo migliore che il singer teutonico potesse fare al compianto Phil Lynott. Un intro molto ultimi Whitesnake e arriva Give & Take, che senza infamia e senza lode si sviluppa come la più classica uptempo guidata dalla voce “vissuta” di Sinner. Un pizzico di melodia ricamata sulle chitarre del trittico Beyrodt/Scholpp/Leim ed ecco arrivare la titletrack, One Bullet Left. Ritornello ruffiano, cori a sostegno della voce principale ed ecco servito l’hard ‘n heavy da “classifica”. Al contrario la successiva 10 2 Death serve alla band per spingere ulteriormente l’accelleratore: refrain semplice ed efficace in cui viene ripetuto ossessivamente il titolo con tanto di doppio pedale a ricamare il tutto. Siamo quasi a metà disco ma la proposta musicale non sembra comunque decollare e sorprendere, puntando piuttosto sull’immediatezza delle composizioni. Haunted è il primo lento dell’album, piuttosto ben riuscito fra l’altro. Ottime le chitarre sia nelle strofe in clean e sia nel chorus, dove intrise di carica danno riescono a dare maggior risalto alla voce di Mat. Direi quasi una ballad alla Primal Fear in cui avrei visto benissimo la voce più alta e squillante di Ralf Scheepers. Atomic Playboys è l’ennesimo tributo del disco: questa volta l’omaggio è ai gloriosi anni 80 con questa cover di Steve Stevens (dall’album omonimo del 1989, ndr) resa in maniera direi perfetta dalla band. Echi “thin Lizzy” anche nella successiva Suicide Mission che però non brilla certo per songwriting a causa di un ritornello poco convincente. Wake Me When I’m Sober, nonostante la voce non impeccabile di Mat Sinner, risulta una delle migliori tracce di tutto il disco. Roccioso il drumming di Helgers e azzeccatissimi i cori nel chorus. Niente di nuovo invece nelle successive Mind Over Matter e Mend To Broken Heart a parte il cantato di Sinner leggermente più alto del solito nella prima. Le solite hard rock songs che verranno dimenticata subito dopo aver tolto il cd dal lettore nonostante una buona perfomance di tutta la band. Più calma e se vogliamo “introspettiva” la conclusiva Rolling Away con un prezioso lavoro alle chitarre e un ritornello corale di buona fattura. Vi sono inoltre altre due canzoni disponibili nella edizione speciale del disco che sono Still Unbroken che, non offre niente di nuovo e si va ad aggiungere a quelle canzoni discrete senza particolare mordente, e My Final Day, canzone sorretta solo dalle chitarre acustiche che rendono l’atmosfera evocativa e magica.

IN CONCLUSIONE

Un disco di assoluto mestiere. Dopo tanti anni sulle scene e con le mani in mezzo a mille progetti non ci si poteva aspettare altrimenti da Mat Sinner e dai suoi Sinner, e One Bullet Left ne è la conferma.
Molte canzoni discrete e poche davvero da ricordare, un buon lavoro alle chitarre dei 3 (!!!) chitarristi nonostante ci si aspetti linee di chitarra più studiate e intricate e non i soliti 4 riff ornati dal classico assolo. Hai la presunzione di usare 3 chitarristi, almeno abbi la bontà di usarli nel migliore dei modi possibili vista anche la loro enorme capacità esecutiva.
Buona la produzione (in linea con quanto fatto nel project Kiske-Somerville) che riesce a valorizzare quanto basta ogni singola performance dei musicisti coinvolti con particolare e scontata preferenza per il basso dello stesso Sinner.
Per tutti gli amanti dell’hard rock classico e ha apprezzato i vari progetti in cui è coinvolto il biondo bassista tedesco One Bullet Left rappresenterà sicuramente un buon motivo per staccare la spina e ascoltarsi una decina di canzoni non impegnative ma solide, per tutti gli altri, beh passate oltre andate a risentirvi lo splendido Forevermore dei Whitesnake.

© 2011 – 2018, Andrea Vizzari. All rights reserved.

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