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26 Giugno 2019 1 Commento Luka Shake Me
genere: Hard Rock
anno: 2019
etichetta: Frontiers Music srl
Tracklist:
Let's Get Dirty
Rising Power
01. On The Money
02. Bite Black
03. Luck of The Draw
04. Hang Them High
05. Scar With Her Name
06. King of The City
07. Waiting for The Call
08. Laying it Down
09. The Fighting Song
10. Falling Down
11. Bit Black (acoustic)
Formazione:
Tom Rampton: Voce
Tagore Grey: Chitarra
Tao Grey: Chitarra
Rick 'Swoggle' Newman: Basso
Dhani Mansworth: Batteria
Contatti:
Il Rock ‘n Roll nudo e crudo sembra stia vivendo negli ultimi anni una nuova rinascita; le composizioni seppur ancorate a registri scritti e riscritti, si fanno importanti e ciò aiuta a metabolizzarne i più recenti full. Proseliti dunque per ciò che ancora aggi sembra avere un ruolo importante fra i cultori del rock duro; a tal proposito mi ritrovo a recensire il ritorno dei britannici The Treatment con il nuovo “power crazy”. Ho avuto modo di fare un po’ di “zapping” e il mio iniziale responso vira verso una sicura sufficienza, staremo a vedere.
“Let’s Get Dirty” grandissima opener devota all’imortale sound Ac/Dc, in verità mi hanno ricordato tantissimo i più recenti Airbourne. Ad ogni modo una di quelle tracce di cui sentirete necessità di riascoltare più volte per poi finire a canticchiare il chorus per tutta la giornata. Insomma ho reso l’idea.
“Rising Power” altra rasoiata bella potente, refrain ficcanti anche qui sostenuti da un riffing più roccioso. Che disco che mi si sta prospettando; tutto già sentito, ma la qualità è altissima, dalla produzione al songwriting assolutamente di grande spessore.
“On The Money” sposta il tiro su sonorità più rock ‘n roll bagnato da un caldo boogie style. Le tracce precedenti erano un bel diretto in pieno stomaco, qui invece ci dicono che va tutto bene, ci coccolano facendoci scuotere la testolina e vivere altre belle manciate di energia positiva.
“Bite Black” ritorna sul canovaccio di un robusto rock ‘n roll; rischio di ripetermi positivamente, il tutto gira alla perfezione; il sound è tremendamente catchy se vogliamo rispetto agli stessi Airbourne. Ammaliante e viscerale; un rock’n roll nudo e crudo che non sembra conoscere limiti di sorta al passare dei decenni.
“Luck of The Draw” cambia registro, ottima scelta per far respirare un lavoro al momento di pregevole fattura. I bpm scendono e sonorità di un polveroso southern la fanno da padrona; necessità di un secondo ascolto per essere metabolizzato e forse siamo su uno standard qualitativo leggermente inferiore. Tutto sommato una buona sufficienza.
“Hang Them High” va dritto per dritto e forse arrivato al giro di boa potrebbe stancare un attimino,. Intendiamoci, il pezzo va come una scheggia, il problema se di questo si parla, è una certa ripetitività fra una traccia e un’altra fatta eccezione per un paio di episodi. Credo ancora che ci si possa muovere con un pizzico di coraggio in più pur restando ancorati a certe coordinate. Ripeto; la traccia è bella ma a questo punto del platter, rischia di passare inosservata.
“Scar With Her Name” sposta di nuovo l’accento sugli elementi più scanzonati e catchy di questo pregevole full. Intenso nel suo incedere, chitarre che in questo contesto girano intorno a una sempre indovinata linea vocale. La bontà della produzione enfatizza il tutto.
“King of The City” rimette il piede giù a tavoletta, siamo ai limiti di un Hard ‘n Heavy melodico; le chitarre pur non essendo mai invasive, disegnano atmosfere dai toni più epici e a tratti vicini al classico maiden style. Non mi ha lasciato moltissimo, ma quantomeno è da apprezzare la volontà di discostarsi da lidi sicuri ma abbondantemente battuti.
“Waiting for The Call” non riuscirei a identificarlo con precisione, sta di fatto che il sound settantiano della traccia in questione risulta sicuramente noiosa e a tratti irritante, peccato perchè le quotazioni sul lavoro vanno in ribasso. Una ballad avrebbe messo tutti d’accordo dando una rinfrescata generale al platter.
“Laying it Down” ci riporta sull’Hard Rock polveroso marchio di fabbrica dei nostri e dimostra qualora ce ne fosse ancora bisogno, che i rockers inglesi, hanno necessità ad esprimersi in questi contesti per rendere al meglio. Il pezzo è ben fatto ma come avrete intuito, il disco volge al termine e di conseguenza anche un senso di stanchezza potrebbe cogliere l’ascoltatore di turno.
“The Fighting Song” vive ancora una volta sotto l’egida di chorus ficcanti che vi si stamperanno nella testa e non potrete fare altro che arrendervi all’inerzia dela traccia. Si presta ad un facile ascolto.
“Falling Down” mi ha riportato alla mente i primi Kiss, rock arena scandito da refrain apertissimi dunque da poter essere cantati a squarciagola in sede live.
Chiude il platter una versione acustica quanto anonima di “Bite Black” che non aggiunge nulla a quanto già detto in precedenza. Le dinamiche nel cantato sono le stesse e a gusto personale non apprezzo molto acustici fatti in questo modo.
IN CONCLUSIONE:
Sonorità di questo tipo, al netto di mode e di personaggi creati dal music biz, non lasceranno mai il cuore di chi ha vissuto visceralmente il vero rock ‘n roll. “Power Crazy” ne incarna l’essenza e lo fa ad alto livello. Un lavoro di cui sento consigliarne l’acquisto, malgrado qualche piccolissimo passaggio a vuoto e la presenza di un paio di ballad che avrebbe giovato ad aumentare lo spessore di un platter che merita quantomeno una buona attenzione.
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