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Recensione

80/100

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Osukaru – The Labyrinth – recensione

08 Giugno 2017 6 Commenti Luka Shakeme

genere: AOR / Hard Rock
anno: 2017
etichetta: City Of Lights Records

Tracklist:

01. Maze Of Mind
02. The Stories We Tell
03. Voices In The Dark
04. Edge Of Night
05. It’s Only Forever
06. Vodoo (Who Do?)
07. Prisonous
08. Undying Rose
09. The Offering
10. Moonlight Silhouette

Formazione:

Oz Osukaru: Chitarre/Tastiere
Frederik Werner: Voce/Chitarre
Lisa Eugenia: Voce/Tastiere
Olof Gadd: Basso
Vidar Martensson: Batteria

Contatti:

https://www.facebook.com/osukarumusic/

 

A distanza di quattro anni il ritorno degli svedesi Osukaru con un lavoro ispirato al film “Labyrinth” (da cui l’album prende il titolo, ndr). Pellicola datata 1986 in cui il grande istrionismo di Bowie emergeva in tutta la sua grandezza. Le ambientazioni e la colonna sonora della pellicola sembra siano stati cardini imprescindibili per la stesura di questo platter che a tratti sembra voglia renderne omaggio.
Senza ulteriore indugi, spazio al consueto “track by track”.

“Maze Of Mind” è un intro epico degno dei grandi Magnum o dei più “recenti” Ten, lasciando intravedere quali possano essere le coordinate di questo lavoro.
“The Stories We Tell” è aor nudo e crudo. Ariose keys in apertura lanciano un riffing relativamente incisivo sul quale si stagliano pregevoli armonie vocali. L’ugola espressiva e tagliente di Frederik Werner enfatizza al meglio ogni singola nota. Da rimarcare anche l’egregio lavoro fatto sui chorus lasciando intravedere risvolti epici.
“Voices In The Dark” cambia assolutamente registro. Mid tempo dove in questo caso complice bpm decisamente bassi, le tastiere fanno la parte del leone avvolgendo delicatamente linee vocali ancora una volta riuscitissime questa volta cesellate dalla seconda voce e keyboardist Lisa Eugenia. Tutto è perfettamente bilanciato e mi preme evidenziare il solo di chitarra presumo ad opera del leader Osukaru; la tecnica messa sapientemente al servizio della melodia.
“Edge Of Night” non si allontana molto dal canovaccio dell’episodio precedente anche se il tutto ha toni più marcati. Nulla è lasciato al caso, nessuna soluzione risulta eccessiva, semplicità e classe fanno si che un altro piccolo gioiellino di pomp-rock scorra via delineando un gran bel dischetto.
“It’s Only Forever” si presenta come una riuscitissima power ballad dove ancora una volta trova spazio il cantato femminile di Lisa Eugenia. Interpretazione sentita ma priva di orpelli che tanto vanno di moda oggi. Il songwriting è ispirato, enfatizzato da arrangiamenti sempre sugli scudi.
“Vodoo (Who Do) si staglia su terreni più hard rock con il cantato di Werner che in generale tributa Coverdale. Ispiratissimo e con quel calore graffiato tipico del grande Dave. Nulla da dire se non che mi ritrovo ancora una volta a elogiare un progetto che ha davvero tante frecce al proprio arco finora assolutamente a centro.
“Prisonous” è un piccolo break pregno di drammaticità oscura sapientemente occultata.
“Undying Rose” è la prima ballad e tutta l’eleganza Osukaru è impressa fra le tracce di un pezzo in cui le due ugole delineano sentieri emozionali dividendosi le partiture come da tempo non mi capitava di ascoltare. Pathos e raffinatezza per una ballad dal sapore operistico.
“The Offering” da considerarsi come fra gli episodi più incisivi del lotto. Sempre presenti armonie vocali aperte e chorus ficcanti anche se in questo caso il tutto è decisamente asciutto. Un break centrale ai limiti del prog fa respirare una traccia che in generale scorre via senza troppi sussulti confermando tuttavia la bontà del progetto Osukaru.
“Moonlight Silhouette” appone sapientemente sigillo con flavour epico-drammatico reso importante dai due vocalist che ancora una volta non lesinano frammenti emozionali di indubbio valore.

IN CONCLUSIONE

Credo si possa parlare di un lavoro che indipendentemente dai gusti personali riserva buona originalità. Fattore ormai assolutamente perso e le tantissime produzioni fotocopia in ambito hard rock/aor ne sono la palese conferma. (alcune band si auto plagiano!! Nda) Promuovo “The Labyrinth” soprattutto per questo aspetto. Non stanca, scivola via; ogni traccia riesce a trasmettere stati emotivi più disparati. Mi sento umilmente di caldeggiarne l’acquisto.

© 2017, Luka Shakeme. All rights reserved.

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