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24 Settembre 2010 2 Commenti Denis Abello
genere: Melodic Hard Rock
anno: 2010
etichetta: Roadrunner Records
Tracklist:
01: Wahzoo City
02: Power Trippin'
03: Martyr *
04: Living Your Dreams Everyday *
05: Survival of The Fittest
06: Tomorrow
07: Heart Attack & Vine
08: Still Have a Song to Sing *
09: Dig Deep *
10: Never Say Goodbye
11: Sweet Temptation
12: High on the Clouds
13: Spirits Too They Bleed
14: Surrender All Your Love *
* migliori canzoni
Formazione:
David Reece - Voce
Curt Mitchell - chitarra
Danny Greenberg - basso
Andy Susmihl - chitarra
Hans in't Zandt - batteria
Incredibilmente tornano i Bangolore Choir, e pure con un bell’album 🙂
Correva infatti il 1990 quando David Reece (ex voce “sfrattata” degli Accept) ed il batterista Rusty Miller fondarono l’Heavy Metal Band (ma con sonorità molto melodiche) Bangalore Choir. Il loro primo album “On Target“, pur essendo di buona qualità non raggiungerà mai il successo sperato. Purtroppo i Bangalore Choir nascono in uno dei momenti peggiori per il Melodic Rock, soffacato in quegli anni dall’avvento del grunge.
Torniamo a questo Cadence dove ritroviamo gli originali membri David Reece alla voce ed il chitarrista Curt Mitchell. Oltre ai due membri originali militano nella band il bassista Danny Greenberg (che però partecipò già in alcuni pezzi di ‘On Target’), il chitarrista Andy Susmihl e Hans in’t Zandt (U.D.O.) alla batteria.
Già dalla copertina dell’album (un Reece scuro e demoniaco… dov’è finito il capellone biondone cotonato di Loaded Gun???) si deduce che qualcosa in tutti questi anni è effettivamente cambiato, e non è solo il colore di capelli di Reece.
LE CANZONI
L’album parte con l’intro Wahzoo City. Non ho mai ben capito il senso delle intro in un album, meno di 40 secondi che non dicono nulla e che in realtà servono solo a lanciare il Rock pompato di Power Trippin’… i Bangalore Choir sono tornati!!! Si, ma molto più cattivi e inc..zati di prima, in fondo hanno avuto ben 18 anni per inc…zarsi.
Martyr ha un ritornello che riesce a prenderti dal primo momento con Reece che canta “I’m your Martyr” intanto che la canzone prende forma, un’ottima mid tempo.
L’album va nettamente in crescendo finora e la successiva Living Your Dreams Everyday ne è la conferma, un bel pezzo che sfora nel rock più soft portando alle nostre orecchie un Reece in piena forma. Molto bello il testo e l’arrangiamento della chitarra.
Ci spostiamo su sonorità più dark con la successiva Survival of the Fittest, un buon pezzo Rock con un bel ritornello ed un buon riff di chitarra.
Prende velocità invece la successiva Tomorrow con la sua batteria incalzante, altra canzone dell’album che trova il suo punto di forza nel ritornello. Bella e particolare l’intonazione di Reece proprio durante il ritornello.
Heart Attack & Vine fa un’entrata da puro Hard Rock e ci conduce al lento Still Have A Song to Sing, in assoluto uno dei pezzi che più mi sono piaciuti di questo album. Bello, classico nell’esecuzione e nello stile, ma riesce comunque in pieno a trasmettere quelle vibrazioni malinconiche che ci lancia Reece con la sua “rude” voce soffusa. Un bel giro solista di chitarra fa da ciliegina a questa bella interpretazione.
Dig Deep mi ha riportato alla mente, con le dovute distanze, la bella Wanted Dead or Alive dei Bon Jovi… e la successiva canzone si intitola proprio Never Say Goodbye come un famoso pezzo dei Bon Jovi, sarà un caso? Comunque questo è un bel pezzo rock, niente a che vedere con la ballad del biondo Bon Jovi.
Sweet Temptation è la possibile “macina consensi” di questo album, con un piglio molto commerciale e che più si avvicina ai vecchi Bangalore Choir, una bella cavalcata Rock.
High On the Clouds non mi ha particolarmente colpito, non è male ma sa di già sentito, si può andare oltre. Anche la successiva Spirits too they Bleed non mi ha particolarmente esaltato, direi che questi due pezzi sono il momento meno riuscito dell’album pur se, come gà detto, non sono comunque brutti pezzi.
L’album si conclude con un’altra canzone Rock molto melodica e con un sottofondo di chitarra che non lascia scampo, Surrender All Your Love.
IN CONCLUSIONE
Devo essere sincero, non mi aspettavo molto da questo album… una reunion dopo 18 anni e soprattutto dopo un solo album (e che per giunta non ha avuto neanche un gran successo) mi sembrava veramente troppo una forzatura.
Ed invece i Bangalore Choir si ripresentano con un lavoro onesto e sincero, sicuramente non farà gridare al miracolo il loro ritorno, ma penso che possa garantire a tutti una buona ora di Hard Rock melodico. In generale nessun pezzo riesce a spiccare sugli altri, ma tutti comunque sono caratterizzati da un’ottima musicalità ed orecchiabilità.
La voce (molto più rude) di Reece fa il resto e regala il tocco dell’artista ai vari pezzi.
Insomma un album che si ascolta volentieri e che scivola via senza troppe difficoltà e che in ultimo ha l’indubbio valore aggiunto di riuscire a far tornare la voglia di riascoltarlo quando si arriva alla fine.
P.s.: ditemi che non è lui!!! Il cantate di questo gruppo non può essere il David Reece dei primi Bangalore Choir, cioè, questo nuovo “diavolaccio” al massimo può essersi “mangiato” il vecchio biondone ed ora cantare con la sua voce!!! 😉
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