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Recensione

60/100

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SUNSTORM – Edge of Tomorrow – Recensione

08 Maggio 2016 34 Commenti Iacopo Mezzano

genere: Melodic Hard Rock
anno: 2016
etichetta: Frontiers

Tracklist:

01. Don’t Walk Away From A Goodbye
02. Edge Of Tomorrow
03. Nothing Left To Say
04. Heart Of The Storm
05. The Sound Of Goodbye
06. The Darkness Of This Dawn
07. You Hold Me Down
08. Angel Eyes
09. Everything You’ve Got
10. Tangled In Blue
11. Burning Fire

Formazione:

Joe Lynn Turner – voce
Alessandro Del Vecchio – hammond, tastiere, backing vocals
Simone Mularoni – chitarra
Nik Mazzucconi – basso
Francesco Jovino – batteria

 

 

A dieci anni dalla loro fondazione, i Sunstorm di Joe Lynn Turner ritornano sul mercato con il loro nuovo e quarto album Edge of Tomorrow, disponibile dal 13 maggio per Frontiers Music. La novità principale del titolo è la collaborazione, in primis in fase di scrittura, tra il frontman americano e la truppa italiana guidata da Alessandro Del Vecchio (Hardline, Edge Of Forever) e dal chitarrista Simone Mularoni (DGM), e completata da Nik Mazzucconi al basso e da Francesco Jovino alla batteria, che tenta di risollevare le sorti di un progetto da tempo preda di una parabola discendente.

Volutamente più heavy (ma complessivamente non meno melodico) dei predecessori, il platter mostra un cambio di direzione che non si addice più di tanto allo stile di un gruppo che, è doveroso ricordarlo, le cose migliori le ha mostrate con i primi due capitoli discografici della sua saga, ovvero quando andava a rispolverare materiale d’archivio (dello stesso Turner o di altri autori) che era meritevole di una nuova riproposizione su disco. Molte più difficoltà sono state invece riscontrate con gli inediti, e non a caso oggi ci troviamo tra le mani un prodotto mediocre e che non ha praticamente nulla a che vedere con fasti del moniker Sunstorm.
Nonostante la ottima prova strumentale dei nostri italiani e la sua bella produzione, questo Edge of Tomorrow fatica veramente a lasciare il segno, fatta eccezione per qualche sporadico episodio di cui parleremo poi. Lo stesso Joe alla voce appare soffocato dall’energia quasi metallica di alcuni di questi brani e la sua prova è spesso poco convincente. Il cantante non sembra infatti mai totalmente a suo agio con i pezzi e nella interpretazione delle liriche, risultando in certe occasioni persino freddo e distaccato e, più in generale, meno incisivo che in passato. Insomma, mancano qui la sua forza e la sua grinta ed è meno tangibile la sua impronta sulle canzoni, fatto che già da solo ci spinge ad abbassare di molto il giudizio complessivo dell’opera.

Altro fattore penalizzante per il disco è la semi-totale mancanza di motivi capaci di stamparsi nella testa dell’ascoltatore. Tolto il bel singolo Edge of Tomorrow (di cui si può apprezzare anche il video a fine articolo) che esprime un bel conumbio tra suono hard e melodie orecchiabili nel refrain, tutto tende a scivolare via con troppa facilità. Perfetto esempio di questa carenza sono l’opener Don’t Walk Away From A Goodbye, piuttosto anonima e incapace di fornire qualche spunto inedito, e la terza traccia Nothing Left To Say, piatta e priva di mordente, mentre appare già migliore il duo Heart Of The Storm – The Sound Of Goodbye che quantomeno è in grado di offrire grandi prove strumentali e qualche passaggio di impatto. Soltanto discrete appaiono invece la ballad The Darkness Of This Dawn, male interpretata da Turner, e You Hold Me Down, pezzo roccioso e rapido ma scarso di energia. Già meglio allora il secondo lento del disco, la toccante Angel Eyes, che aggiunge qualche punto percentuale al finale di un album che si ancora solo alle belle note di Tangled In Blue per salvarsi dall’insufficienza parziale. Spegnendosi, così come era iniziato, nella mediocrità di una Burning Fire che parte bene, ma poi si perde troppo presto per strada.

IN CONCLUSIONE

Neppure il super team italiano guidato da Del Vecchio e Mularoni è stato in grado di risollevare le sorti di un progetto, quello dei Sunstorm, avviato ormai da tempo verso un lento declino. Poca forza nella prova di Joe Lynn Turner e scarse energie ed emozioni ad emergere dal songwriting sono i due massimi fattori penalizzanti di questa opera, che si salva dall’insufficienza soltanto grazie a qualche episodio, ma soprattutto grazie alla bella prova strumentale della band e al buon pacchetto di suoni di corredo.

Per il resto, Edge of Tomorrow suona come un disco piuttosto anonimo, di cui ci si rischia di annoiare presto. Peccato, perché le aspettative erano altre.

 

 

 

© 2016 – 2022, Iacopo Mezzano. All rights reserved.

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