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65/100

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Voodoo Hill – Waterfall – Recensione

14 Ottobre 2015 11 Commenti Nico D'andrea

genere: Hard Rock
anno: 2015
etichetta: Frontiers

Tracklist:

01. All That Remains
02. The Well
03. Rattle Shake Bone
04. Underneath And Down Below
05. Waterfall
06. Karma Go
07. Evil Thing
08. Eldorado
09. White Feather
10. Sunflower
11. Last Door

Formazione:

Gleen Hughes - Voce
Dario Mollo - Chitarre
Dario Patti - Basso
Riccardo Vruna Ð - Batteria
Andrea Maiellano - Basso aggiunto in 3, 4, 6
Vladimir Ruzicic Kebac - Batteria in 7,9,11

 

 

Ecco per la terza volta, in tre lustri “La Voce” echeggiare sulla misteriosa collina Voodoo…
Il suo potere ha negli anni rapito il cuore di migliaia di adepti ed ancora oggi quasi miracolata riesce a preservare il proprio irresistibile fascino.
La voce è naturalmente quella del leggendario Glenn Hughes (The Voice Of Rock), sopravvissuto ad una vita di eccessi, ripartito in stato di grazia agli inizi degli anni novanta con una pregevole carriera solista (intervallata da svariate collaborazioni) e tornato alla grande notorietà nel 2010 con la fondazione del super gruppo Black Country Communion.
Voodoo Hill è il progetto del chitarrista e produttore ligure Dario Mollo, non nuovo a partnership di simile levatura vantando anche ben tre album con l’ex Black Sabbath Tony Martin sotto il monicker “The Cage“.
Le premesse per un’altro blockbuster targato Frontiers sembrano quindi esserci tutte.

L’esordio della (fin troppo) spensierata “All That Remains” denota da subito l’abbandono da parte di Hughes dello stile urticante adottato con i California Breed, restituendoci “La Voce” nella sua ancestrale purezza.
Quello che vi aspetta non sarà però un viaggio particolarmente avventuroso sul sentiero verso la mistica altura.
Lo scossone della successiva “The Well” è infatti uno dei pochi picchi di un percorso troppo lineare dove lo stesso Hughes sembra eseguire il suo compito, in modo si impeccabile ma senza farci sentire quel fuoco che ha più di una volta bruciato la nostra anima.
Il disco imperniato sul massiccio ed a tratti veramente pirotecnico guitar-work di Mollo risulta comunque di grande impatto anche in virtù di una produzione indubbiamente eccellente.
Tutte le tracce partono infatti molto bene , sembra però poi mancare quella viscerale ed imprevedibile interazione tra gli strumenti creata dal grande cerimoniere Kevin Shirley nell’imperdibile trittico marchiato Black Country Communion (perdonate l’irriverenza).
Questo per altri potrebbe obiettivamente non essere un difetto anche se chi scrive predilige tracciati più tortuosi.
Rattle Shake Bone“, “Underneath And Down Below“, “White Feather” sono in effetti delle buone canzoni, l’uso dei cori suona originale ma i refrain risultano piuttosto deboli.
Come accennato non sono molte le emozioni forti lungo il cammino ed una sosta rigenerante alla volta della title-track “Waterfall” diventa quindi indispensabile.
Una “cascata” di emozioni con il miglior Glenn Hughes in questa ballad non convenzionale, con in chiusura un Dario Mollo particolarmente ispirato.
Arriviamo in cima alla collina con il passo lento e cadenzato dell’eccellente conclusiva “Last Door” ma alla fine del viaggio la sensazione di un’esperienza incompleta è quello che comunque rimane.

IN CONCLUSIONE

La presenza di una leggenda come Glenn Hughes e la perizia tecnica di Dario Mollo sono la garanzia per un lavoro sopra gli standard.
In definitiva i protagonisti non fanno però completamente propri gli insegnamenti che la Cabala del Classic Rock ha ancora una volta consegnato loro per questo nuovo atteso rituale.

 

 

 

© 2015 – 2022, Nico D’andrea. All rights reserved.

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