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21 Giugno 2015 8 Commenti Iacopo Mezzano
genere: Soft AOR / Westcoast
anno: 2000
etichetta: MFO Entertainment
ristampe:
Tracklist:
01 - Willingly
02 - Never Say Goodbye
03 - Ohio
04 - Warm Summer Rain
05 - Worlds Apart
06 - I'd Die For You (Orchestral Intro)
07 - I'd Die For You
08 - You And Me
09 - Calling On The World
10 - I Need You Close To Me
11 - Love Me Like You Used To
12 - What Are You Dreaming
Formazione:
Larry King - vocals
John Blasucci - keyboards
Ospiti:
Michael Thompson, Paul Jackson Jr. - guitars
Ricky Petersen - organ
Warren Hill - sax
Lenny Castro - percussion
Kenny Aronoff, Todd Sucherman - drums
London Symphony Orchestra
La storia dei Soleil Moon ha il suoi albori con il primo incontro tra le differenti carriere da turnisti del cantante Larry King e del tastierista John Blasucci, il primo figlio devoto del rock, il secondo del jazz. L’intreccio di questi differenti bagagli stilistici portò nel 1994 alla nascita di un progetto unico nel suo genere, che nell’anno 2000 pubblicò il suo album d’esordio Worlds Apart, molto probabilmente uno dei migliori esempi di perfezione melodica nel campo della musica West Coast AOR / Adult Contemporary.
Ricco di contribuiti esterni di turnisti d’eccellenza quali il celeberrimo chitarrista Michael Thompson, oltre a Kenny Aronoff, Warren Hill, Lenny Castro e la London Symphony Orchestra, il disco fece dei suoi arrangiamenti, del suo songwriting soffice e vellutato, della sua esecuzione, della sua produzione delicata ma bombastica (e stupendamente nitida e definita), oltre che della sua incredibile varietà stilistica (soft AOR, westcoast, pop, smooth jazz sono soltanto alcune delle influenze che permeano queste melodie), un esempio d’eccellenza ad oggi ancora inimitabile. Tanto che non esito in alcun modo a defire Worlds Apart un puro e unico capolavoro assoluto della musica moderna, inimitabile per intensità emotiva, feeling, vocalità, cura del dettaglio, etc, etc.
Un album essenziale nelle discografie degli appassionati, di cui si potrebbero scrivere centinaia e centinaia di righe senza trovare mai la completezza della sua descrizione, lo giuro. E’ assolutamente necessario però sottolineare la bontà della prova vocale di Larry King (che ai tempi dell’uscita di questo disco era praticamente un esordiente): il suo cantato ha una esplosività emotiva incredibile, un’estensione pazzesca, una gittata da paura, e la sua timbrica inconfodibile regala al prodotto un vortice di sensazioni e sentimenti da brividi sulla pelle. Magistrale.
Al suo fianco, ovviamente, non sfigura in alcun modo John Blasucci, autore di parti di tastiere calde e avvolgenti, di una delicatezza unica, che accompagnano e colorano la voce di King rendendo l’album la perfezione che è. Con lui, è parimenti fondamentale l’apporto di Michael Thompson e Paul Jackson Jr. alle chitarre, come quello degli altri turnisti ai rispettivi strumenti, che lavorano tutti quanti ad alcune delle migliori parti suonate delle loro carriere. Il che non è una cosa da poco, ve lo garantisco.
Bando alle ciance però, e passiamo a parlare dei brani. Willingly è una opener a cinque stelle e la prima delle delicate power ballad che trovano spazio in questo disco. Pulsante, bollente di feeling, sovente sussurrata nel cantato, brilla per la sua immediatezza e il suo straordinario calore che la rendono terribilimente intensa e rilassante, quasi terapeutica per l’ascoltatore. Analogamente, Never Say Goodbye suona a lungo crepuscolare e silenziosa, ma poi esplode in un refrain da urlo, in puro stile AOR, che accende di fatto il brano e da il primo intenso sussulto al disco. Ascoltate qui come la chitarra di Michael Thompson accompagna in modo delizioso il cantato magistrale di un Larry King, ispiratissimo su uno dei migliori testi del lotto. Da brividi.
Discorso a parte invece per la terza canzone Ohio. Devo ammetterlo, considero da sempre questa traccia come una delle migliori canzoni non solo della storia di questa band, eh no, ma dell’intero genere soft AOR. Quindi, lo so e me ne scuso, ma fatico ad essere imparziale. Il solo testo però basta a lanciare nell’Olimpo del rock questa canzone, è oggettivo: un uomo, fuggitivo dalla sua patria, dalla sua terra natia, piange la lontananza dalla sua casa e si chiede, urlandolo al cielo: Ohio, ti sento chiamare il mio nome, potrà tornare tutto come un tempo? Sei la parte di me che non se ne andrà mai, potrò ancora chiamarti casa mia? E’ davvero toccante, tanto più ascoltando la bellissima estensione di Larry King sul refrain, mentre l’orchestra e il resto della band lo accompagna lasciando in primo piano la delicatezza del piano di Blasucci. Magia pura e lacrime, non smetterei mai di ascoltarla.
Segue Warm Summer Rain, una nuova composizione leggera e farcita di avvolgenti arrangiamenti, bollente di sentimento, che si illumina sul finale con il prezioso apporto vocale dei coristi a innalzare ancora l’ugola di King. La title track Worlds Apart è invece strutturata come un componimento westcoast e ricorda un po’ alcune delle composizioni più soffuse dei Toto o dei Chicago, specie nel ritmo danzante del suo ritornello. Poi, dopo una intro orchestrale, I’d Die For You, altra grande hit del platter, emerge al di fuori dalle casse del nostro stereo con le sue grandi melodie. Guidato dal ritmo preciso della batteria di Todd Suchermann, il brano segue la falsa-riga dei precedenti fino alla sua parte centrale, che in un secondo lascia esplodere tutta l’energia rock del combo, con un sound teatrale che ricorda un po’ alcune composizioni di Jim Steinman. Le chitarre, suonate da Thompson, Peter Hennes e Tim Morey, sono da antologia del genere, e nella loro perfetta unione danno vita a quello che sicuramente è il momento di massima intensità dell’album.
You And Me è una nuova ballad d’amore, dominata dal piano e dalla voce, mai banale e capace di incollare alle sue melodie i fans, purificati dentro dalle sue celestiali armonie. Calling On The World invece torna ad essere spiccatamente westcoast nei suoni e ai limiti del jazz nello stile, ed è il pezzo più elettrico e sostenuto del lotto. Il ritornello corale, forte di originali percussioni quasi tribali in sottofondo, fa venire voglia di correre in cima alla vetta di un monte e urlare a squarciagola al vento la propria libertà. Da evidenziare inoltre qui un altro bellissimo assolo di Thompson nelle ultime battute. Wow.
E, sul finale, I Need You Close To Me è una canzone per innamorati e amanti, notturna, arricchita dal prezioso sax di Warren Hill, e una ballad inno all’amore passionale e caldo come una notte d’agosto. Chiude infine il disco, prima della strumentale e raffinatissima What Are You Dreaming, ci pensa l’ultimo pezzone da novanta di questo album: Love Me Like You Used To. Con un testo che rievoca nelle sue parole immagini meravigliose, un po’ nostalgica, un po’ solitaria, un po’ triste, è la canzone che mette definitvamente sugli scudi Larry King, autore qui del cantato più intenso ed emotivo dell’intera tracklist. Commovente.
IN CONCLUSIONE
Potete cercare all’infinito, spulciare nel passato, sperare nel presente o ancor più nel futuro. No, ne sono certo: non troverete mai un album che raggiunga la stessa quadratura del cerchio (tra emozioni, tecnica, produzione e stile) di questo Worlds Apart.
Se amate la musica romantica, l’AOR più soffice, crepuscolare, vellutato, più leggero e intimo, se arrivati alla sera mettete su un bell’album ricco di ballate per cullarvi e rilassarvi delicatamente nel sonno, beh, non potete esentarvi dal possedere questo disco nella vostra collezione, e amarlo alla perdizione. Worlds Apart è il capolavoro del soft AOR, l’apice della leggenda dei Soleil Moon. Punto.
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