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Recensione

80/100

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Beauvoir/Free – American Trash – Recensione

06 Giugno 2015 27 Commenti Nico D'andrea

genere: Hard Rock
anno: 2015
etichetta: Frontiers Music

Tracklist:

01. Angels Cry
02. Morning After*
03. American Trash
04. Whiplash
05. Just Breath*
06. Shotgun To The Heart
07. Never Give Up*
08. Cold Dark December
09. It's Never Too Late*
10. She's A KO
11. There's No Starting Over

* migliori pezzi

Formazione:

Jean Beauvoir - Voce e Cori,Tastiere,Batteria,Chitarre
Micki Free - Chitarra Solista,Ritmica ed Acusti

 

2.000 miglia “due giorni quasi ininterrotti di viaggio”
Il tragitto da Chicago (Città natale di Jean Beauvoir) al Texas (stato d’origine Di Micki Free) è certamente lungo e se prolungato alla sospirata Los Angeles può diventare davvero interminabile.
E’ infatti nella “Città degli Angeli” che i bizzarri protagonisti di questo storia si rincontrano nel 2003 riprendendo il percorso iniziato nei primi anni 90 con la formazione dei Crown Of Thorns.
Accomunati dalle loro miste origini etniche ed influenzati dalle variegate esperienze e collaborazioni artistiche (da Lionel Richie ai Kiss, solo per citarne alcuni), i due stravaganti compari riescono istintivamente a trasferire anche nelle proprie composizioni una marcata ÒmescolanzaÓ musicale.
American Trash” assume immaginificamente le sembianze di un’eccitante ed imprevedibile viaggio su una vecchia Mustang attraverso le varie ambientazioni e suggestioni che solo l’America può offrire.

Partiamo allora:
Nubi minacciose ci accolgono sulla strada per St. Louis al torbido riff del primo singolo Angels Cry, con il bel piglio vocale di Beauvior subito in evidenza.
Il massiccio incendere di Morning After sembra non dare tregua ma tra le nuvole si aprono abbaglianti squarci di luce psicadelica per uno dei migliori cori del disco.
Il richiamo al sound dei Winger più cupi di Karma è alquanto evidente. Non aspettatevi però le cesellature e strutture armoniche della coppia Beach/Roth.
Qui Le chitarre low tuned di Beauvoir/Free sono più scarne ed il contrasto con le sempre azzeccatissime linee vocali sarà il leitmotiv del platter.
E’ ora tempo per una sosta ed un paio di drink a Tulsa con in sottofondo il coinvolgente groove di American Trash con un bel refrain alla Living Colour.
Si riparte per Oklahoma City, fa caldo, molto caldo… e Whiplash è il pezzo sporco di blues che manca da tempo nel songbook dei Lynch Mob.
Siamo già a metà del viaggio.
Ormai è notte e tempo di sognare sotto il cielo stellato di Wichita Falls con la stupenda ballata Just Breath, un brano dai tratti pop magari scritto per un più energico Seal. Qui tra tastiere, chitarre acustiche e voce si insinuano i sempre efficaci fraseggi elettrici di Micki Free.
Micki è un chitarrista “vecchia scuola”, cresciuto con Jimmy Hendrix e Santana.
Il suo approccio non si fonda sulle cascate di note degli shredders citati in precedenza ma risulta altrettanto incisivo ed efficace. Gli ululati della sua sei corde mi ricordano negli splendidi assoli una sorta di Ted Nugent meno esplosivo.

La banda di bykers che abbiamo incrociato a Springfield ci sta dando la caccia e quello del giorno dopo è un brusco risveglio sulla partenza punk metal di Shotgun To The Heart (evidentemente la cresta mohicana di Beauvoir non è l’unica reminiscenza rimasta dai tempi dei Plasmatics).
Ancora una volta è l’irresistibile linea vocale del ritornello a fare la differenza in un pezzo altrimenti apparentemente scontato.
L’arrivo di una pattuglia di Rangers è l’occasione per tagliare la corda, imbocchiamo la Route 10 per Tucson ed il leggiadro passo della bellissima ballata acustica “Never Give Up” accompagna la vista mozzafiato del Grand Canyon. Un ritornello che non si pu˜ scacciare dalla testa, una hit mancata per Mr.Big o Soul Asylum.
La meta è quasi vicina ed il temporale della greve “Cold Dark December” non ci sfiora.
Torna subito il sole con “It’s Never Too Late“. Il pezzo ha un bel tempo ed un riff “dilatato” dove si adagia l’ennesimo memorabile refrain.
L’accento psicadelico molto “EnuffÕZÕEnuff” di “There’s No Starting Over” chiude la soundtrack di questo nostro emozionante viaggio attraverso La terra dei liberi.

IN CONCLUSIONE

“American Trash” è un titolo provocatorio, sgangherato come l’immagine di questi immortali Rockers ma musicalmente mai banale e prevedibile.
é il gradito “miscellaneo” ritorno di quelle genuine sonorità “americane” che sembravano ormai perdute. Un disco lontano dai clichè, per chi cerca e vuole ascoltare qualcosa di diverso e straordinariamente originale.
Biglietto signori!

 

© 2015 – 2017, Nico D’andrea. All rights reserved.

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