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20 Dicembre 2014 6 Commenti Denis Abello
genere: Melodic Hard Rock
anno: 2014
etichetta: Frontiers Music
Tracklist:
01.Feed The Flames *
02.In The Name Of The King
03.Dirty Little Secret *
04.Bad Reputation *
05.Stay *
06.Somewhere In Oslo *
07.Long Way Down
08.Spend The Night *
09.Love Falls Down
10.Ticket To Yesterday
11.Dirty Angel
* migliori pezzi
Formazione:
Nigel Bailey - voce, basso, chitarre
Mario Percudani - chitarra elettrica e acustica
Alessandro Mori - batteria
Alessandro Del Vecchio - tastiere e cori
Andy Bailey - cori
Viene veramente da chiedersi come abbiamo fatto fino ad oggi a perderci una voce ed un personaggio come Nigel Bailey! Fatto sta che da quel di Bradford (West Yorkshire) quest’anno (già, solo quest’anno, data astrale 2014) ci è giunta la sua carismatica e non più giovincella voce che se dapprima ci ha ammaliati al soldo dei Three Lions di sua maestà Vinny Burns (qui la recensione) ora si ripropone in una veste solista con il semplice nome di Bailey, pronto a stupirci per la seconda volta.
Raccolti sotto la sua ala alcuni dei più validi musicisti italiani come Mario Percudani (chitarra – HungryHeart, Shining Line, Mitch Malloy Band, Charming Grace, Issa…), Alessandro Mori (batteria – Mitch Malloy Band, Lionville…) ed il gioiello nazionale Alessandro Del Vecchio, qui in veste di tastierista e produttore, il buon Nigel Bailey ha tirato fuori dal cilindro 11 pezzi di melodic hard rock dal classico stampo british e ha così confezionato questo primo solista a titolo Long Way Down.
Ascoltando questo lavoro si respira da subito un’aria frizzante che viene sprigionata dalla quasi totalità dei pezzi! Per la maggior parte ci troviamo di fronte a mid tempo dall’appeal schietto e diretto che hanno il notevole vantaggio di rendere di facile ascolto questo Long Way Down.
Quanto detto vale subito sulle note di Feed The Flames che come per il resto dell’andare punterà principalmente sull’ottima prova vocale di Bailey (veramente da manuale) impreziosita dalla prova degna di nota messa in piedi dalla band di supporto e, parlando dei pezzi, da una struttura mai troppo elaborata che gioca le sue carte migliori sui ritornelli di facile presa e su un trinomio voce, chitarra e sezione ritmica in perfetta coesione!
In The Name Of the King è uno dei pezzi più rocciosi che però ammetto essere uno di quelli che meno è riuscito a far presa sulle mie orecchie hard rock melodiche, non un brutto pezzo a cui però manca il “la” per spiccare il volo e forse, in aggiunta, pecca di una lunghezza eccessiva.
Da qua si entra nel vivo di questo Long Way Down! Dirty Little Secret, Bad Reputation, Stay sono tre pezzi di hard rock britannico da godersi in un sol fiato. Notevole lavoro di chitarra su Bad Reputation e da citare l’andare spensierato di Stay con ancora un Bailey nettamente in prima linea.
Somewhere in Oslo è la chicca dell’album. Fare stralunato giocato sulle note di chitarra, voce più calda ed un senso di inebriante voglia di lasciarsi andare che cattura sul ritornello! TOP!
La titletrack torna a mostrare i muscoli per poi lasciarci tra le braccia avvolgenti della chitarra acustica di Spend The Night, altro pezzo caldo toccato da una prova superiore di Nigel alla voce.
L’album si chiude nuovamente all’insegna dell’hard rock schietto e diretto sulle note di Love Falls Down, Ticket To Yesterday e la stradaiola Dirty Angel.
IN CONCLUSIONE
Meno raffinato rispetto al suo, volente o nolente, termine di paragone a nome Three Lions. La classe che si respirava nelle lande dei Tre Leoni lascia qui il posto ad un sound più sanguigno senza comunque perdere il tocco dell’hard rock tipicamente british che è insito nella voce di Bailey.
Aggiungiamo ancora a questo un chitarrista di talento come Percudani ed una band di prim’ordine a seguire la schietta poetica vocale di Nigel ed ecco che Long Way Down ne esce come un album sicuramente da consigliare. Diffente per impostazione e stile, ma “nel senso” mi ha ricordato il recente comeback, sempre sotto casa Frontiers Music, dei redivivi Dalton (qui la recensione). Un album anche in questo caso dal semplice ascolto che si gioca le carte migliori sull’orecchiabilita del lotto di pezzi proposti… e non dimentichiamo, sull’ottima voce di Nigel Bailey! 😉
P.s.: per chi volesse saperne di più sulla “storia” di Nigel Bailey può leggersi l’intervista a questo link
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