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Recensione

75/100

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Bjarne Langhoff – Safe Distance – Recensione

21 Ottobre 2014 6 Commenti Luka Shakeme

genere: Westcoast / Pop
anno: 2014
etichetta: Autoprodotto

Tracklist:

01. We Made Our Mistakes
02. Jesus Throught The Light
03. Lullaby
04. New Mexico
05. Silence
06. All Day Funny
07. Hollow Soul
08. Safe Distance
09. Hollywood
10. We Made Our Mistakes (Radio Edit)

Formazione:

Bjarne Langhoff

 

La proposta di cui a breve inizierò a parlare è relativamente lontana dagli ascolti del lettore di Melodic Rock, ciò nonostante non smetterò mai di ribadire che esiste buona e cattiva musica e che molto spesso si tende a fare classificazioni anche fra chi ascolta hard rock piuttosto che aor piuttosto che sleazy-street e così via. Dischi come “Safe Distance” del cantautore danese Bjarne Langhoff richiedono uno sforzo importante perché non ci sono chitarre molto presenti e riff che possano eclissare i difetti di un lavoro. Qui troviamo una voce fantastica in primo piano e arrangiamenti decisamente scarni, di conseguenza meritano un’attenzione maggiore per gli artisti coinvolti e per chi è dietro al banco a produrre il tutto.

Il nostro viaggio inizia con “We Made Our Mistakes” che mi ha ricordato tantissimo come arrangiamento e produzione nonché come enfasi Shania Twain accompagnata dal grande Mutt Lange; pop a tinte aor dunque e dall’altissimo potenziale radiofonico. L’inizio non poteva essere dei migliori, proseguiamo con il pop elegante di “Jesus Through The Light”. Grande maestria da parte di tutti i musicisti coinvolti nel cesellare partiture importanti sul quale svetta Langhoff con una prova vocale carismatica e convincente. “Lullaby” è decisamente più minimale e delicato. Quanta eleganza in tre minuti scarsi, arduo non lasciarsi trasportare da cotanta bontà emotiva. Una ballad che non ha niente a che spartire con l’hard rock o l’aor ma purissimo westcoast/pop confezionato per i palati più sopraffini e forse farà storcere il naso a chi ha bisogno di vivere a tutti i costi sonorità più rock. Problema che fortunatamente non ho mai avuto. “New Mexico” ti avvolge, ti culla, riesce ad ammaliarti con melodie vocali eteree rese ancor più vincenti da una prestazione vocale stupenda. L’emergente Langhoff è una di quelle ugole in grado di sapersi giostrare su tutti i generi ritrovandosi un timbro chiaro, una buona estensione e un’interpretazione che pochi nomi anche di un certo calibro possono vantare. Con “Silence” i toni si accendono pur restando con bpm decisamente bassi e qualche elemento elettronico fa capolino giusto per enfatizzare il pop-rock ancora una volta di pregevole fattura, al momento uno degli episodi più incisivi e a meno che non ci siano clamorose inversioni di marcia credo che mi si prospetti un lavoro molto soft. “All Day Funny” conferma le mie aspettative; ballad piano-voce, canonica, nulla di trascendentale, ottimamente cantata e interpretata ma che non lascia il segno. Traccia dopo traccia mi ritrovo con episodi dove di rock vero e proprio ce n’è poco o nulla, le chitarre hanno rilevanza ridotta al lumicino in favore di atmosfere e arrangiamenti tipiche del pop radiofonico come il caso di “Hollow Soul” ennesimo episodio di pregevole fattura, arrangiamenti di spessore ma temo troppo lontani da coloro che cercano emozioni più forti. Si delinea un lavoro che ha un effetto boomerang per la grande ugola danese, considerazioni che lascerò come postilla in chiusura. Trova spazio la strumentale “Safe Distance”; riassume perfettamente l’estro e la sensibilità di un’artista che ha sicuramente privilegiato il cuore a una progettualità pianificata a tavolino in fase di scrittura. In chiusura e purtroppo ribadisco solo in chiusura trovo se non il miglior episodio, di sicuro fra i migliori. “Hollywood” ha intensità, feeling e passione che forse latita in alcuni episodi precedenti e ancora; ha il pregio di essere un “cotto e mangiato” fruibile fin dal primo ascolto, più scanzonato orecchiabile e diretto e con delle chitarre ai limiti del blues finalmente messe in condizione di recitare un ruolo determinante.

IN CONCLUSIONE

Personalmente ascolto artisti pop moderni, potrei citare il grande Darren Hayes che seguivo già ai tempi dei Savage Garden. Perché paragono Langhoff all’istrionico Hayes? Perché ho riscontrato la stessa delicatezza compositiva e a tratti i medesimi arrangiamenti. C’è da dire però che se nel suo illustre collega c’è una propensione maggiore per l’elettronica, per una maggiore variegabilità di composizioni sicuramente strategicamente messe in atto, lo stesso purtroppo non si può dire per Bjarne. Troppi episodi intimisti a scapito di una maggiore empatia con l’ascoltatore che avrà bisogno di sedersi comodamente, sorseggiare un buon drink magari in dolce compagnia e lasciare che la musica sia un piacevolissimo tappeto emozionale. L’umile consiglio che mi sento di dare per il secondo disco è di pianificare il songwriting al meglio e sfruttare le potenzialità di una grande ugola in concerto con musicisti e produttori di indubbio valore.

© 2014 – 2017, Luka Shakeme. All rights reserved.

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