Registrati gratuitamente a Melodicrock.it! Potrai commentare le news e le recensioni, metterti in contatto con gli altri utenti del sito e sfruttare tutte le potenzialità della tua area personale.
effettua il Login con il tuo utente e password oppure registrati al sito di Melodic Rock Italia!
11 Febbraio 2025 Comment Samuele Mannini
genere: Hard Rock/Alternative
anno: 2025
etichetta: Frontiers
Tracklist:
1. Rainmaker
2. Dead on Arrival
3. Shame Old
4. Flames
5. Hands Move to Midnight
6. Arrowhead
7. Better Get in Line
8. Black Waves
9. Whispers
10. Not Your Fool
11. Last Frontier
12. Wake Me
Formazione:
• Toni Mustonen – batteria
• Veli Palevaara – basso
• Tomi Julkunen - chitarra
• Ella Tepponen – voce
Contatti:
Sito:https://www.gingerevilband.com/
Facebook: https://www.facebook.com/gingerevilband/
Instagram: https://www.instagram.com/ginger_evil_band?utm_source=ig_web_button_share_sheet&igsh=ZDNlZDc0MzIxNw==
Dopo anni di evoluzione, la band finlandese Ginger Evil è pronta a lasciare il segno con il suo attesissimo debutto, “The Way It Burns”, in uscita il 14 febbraio 2025 per Frontiers Music. Con radici nel rock alternativo degli anni ’90, nel grunge e nel rock classico, il quartetto, guidato dalla potente voce di Ella Tepponen, ha catturato la mia attenzione con singoli come “Rainmaker”, “Shame Old” e “Arrowhead”.
Dalle note stampa che accompagnano il promo, l’album promette un sound energico e viscerale, in bilico tra riff graffianti e melodie avvolgenti, capace di racchiudere l’essenza più autentica del rock.
Ma “The Way It Burns” sarà davvero all’altezza delle aspettative e delle promesse? Vediamo di scoprirlo insieme in questa recensione.
Il gruppo si descrive come un incrocio tra Foo Fighters e Fleetwood Mac, e questa definizione non è poi così aliena dalla realtà. In “The Way It Burns” si possono riconoscere influenze diverse: dal rock alternativo al grunge, dal classic rock al pop più leggero. Questa varietà di influenze potrebbe rappresentare uno dei punti di forza dell’album, a condizione che venga estrinsecata appieno. Tuttavia, come cercherò di spiegare, la missione è riuscita solo in parte.
Sicuramente, la voce di Ella Tepponen è la vera arma segreta della band. Potente, roca al punto giusto, con un timbro che ricorda un mix tra Pat Benatar e Lzzy Hale, riesce a dare un’identità precisa ad ogni brano, spaziando con disinvoltura tra sonorità diverse. La sua interpretazione è sempre sentita e coinvolgente, donando ad ogni canzone un valore aggiunto inconfondibile.
La sezione ritmica, con Tomi Julkunen alla chitarra, Veli Palevaara al basso e Toni Mustonen alla batteria, crea una solida base su cui si innestano le melodie e gli assoli di chitarra. La produzione di Teemu Aalto (Insomnium), insieme al mastering di Svante Forsbäck (Rammstein, Volbeat), non solo garantisce un suono all’altezza dello stile, ma riesce nell’ intento di bilanciare le diverse sonorità, creando un’atmosfera che accompagna ogni pezzo senza appesantirlo.
L’album si apre con la carica di “Rainmaker”, un brano classic rock che mette subito in mostra le qualità vocali della nostra protagonista. “Dead On Arrival” è un pezzo radiofonico, con un’ottima melodia e un uso efficace della doppia traccia vocale. “Flames”, invece, è una ballata rock che può in effetti ricordare vagamente i Fleetwood Mac, mentre “Arrowhead” è un brano più intimo e malinconico, che vede l’introduzione del pianoforte e rimandi ad Alice In Chains e Saigon Kick. Nell’allegrotta “Better Get in Line” la voce di Ella mi ricorda il tono della Anouk degli esordi, mentre “Black Waves”, singolo già uscito, unisce oscurità e melodia. In mezzo a questi brani, però, ci sono anche tracce che restano nell’ombra, risultando meno incisive e appesantendo l’ascolto. E credetemi, ho dovuto faticare per non premere il tasto skip; non tanto perché le canzoni siano brutte, ma perché scorrono via piuttosto ‘insapori‘.
Nonostante i numerosi pregi, “The Way It Burns” non è esente da difetti. Purtroppo, in diversi punti, l’album tende a ‘sedersi’ un po’ troppo sulle medesime sonorità, mancando forse di una maggiore attenzione agli arrangiamenti, con la band che sembra ancora in cerca della propria identità musicale definitiva. Probabilmente il potenziale del gruppo non è stato ancora completamente espresso, ma ci sono comunque ottime basi su cui lavorare. In definitiva, sebbene l’album non sia privo di difetti, la sua unicità e la potenzialità che offre sono preferibili all’ennesimo clone di altre band, più o meno note. Consiglio vivamente l’ascolto ai nostri lettori più open-minded.
© 2025, Samuele Mannini. All rights reserved.
Devi essere registrato e loggato sul sito per poter leggere o commentare gli Articoli