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23 Gennaio 2025 Comment Giorgio Barbieri
genere: Power Metal
anno: 2025
etichetta: Frontiers
Tracklist:
01 – Welcome twilight
02 – Accept the changes
03 – Out of place
04 – At rainbow’s end
05 – The right side of the world
06 – The healing
07 – Heading for nowhere
08 – Mass distraction
09 – To the son I never had
10 – Inhuman race
Formazione:
Roberto Tiranti: Vocals
Andrea Cantarelli: Guitars
Olaf Thorsen: Guitars
Oleg Smirnoff: Keyboards and piano
Nik Mazzucconi: Bass
Matt Peruzzi: Drums
Contatti:
https://www.facebook.com/labyrinthitaly
https://www.instagram.com/labyrinthitaly/
Devo essere sincero, avevo abbandonato i Labyrinth dopo “Return to heaven denied pt.II”, che forse proprio per il richiamo al suo illustre predecessore, non mi aveva particolarmente colpito, probabilmente avevo richiesto molto a quell’album, il quale non mi aveva dato le sensazioni che perlomeno in piccola parte mi aveva dato il primo episodio, ora, con le premesse di un incattivimento del sound, ritorno a dare una possibilità alla band toscana, pur addentrandomi nel ginepraio del power metal, genere da me oramai completamente tralasciato, e delle produzioni Frontiers, tutte molto simili soprattutto a livelli di ispirazione e di suoni.
Ebbene, nonostante in fase di presentazione attraverso il press kit del promo, i componenti della band abbiano dichiarato: “ci sentiamo sempre più liberi da formule e confini stilistici che a volte intrappolano una band in un genere musicale specifico. Con questo album, ci siamo prefissati di raggiungere la totale libertà, consentendo a ciascuno di noi di esprimersi pienamente”, alla fine lo schema è quello, ossia power metal con ritornelli ariosi, velocità, doppia cassa e schema compositivo dei brani molto lineare, per cui, niente di nuovo sotto il sole, ma allora, ha senso pubblicare ancora un album con uno stile rimasto quasi invariato da trent’anni? Se si ricerca la novità a tutti i costi, no, anzi, ma se si vuole ascoltare quasi un’ora di musica ben suonata, ottimamente cantata da uno splendido Roberto Tiranti e prodotta con i controc…i, beh, direi che ci siamo e fidatevi, se lo dico io, che uso i miei cd di power metal comperati negli anni novanta come sottobicchieri…
Apertura devastante quella affidata a ‘Welcome twilight’, classico speed power metal, ma con ritmiche rocciose e la prima delle fantastiche esibizioni di Tiranti che declama un testo di amara verità, ossia la progressiva perdita della libertà che, attraverso gli avvenimenti degli ultimi anni si sta letteralmente disgregando sotto i colpi di chi decide, molto simile per approccio stilistico la successiva ‘Accept the changes’ che non dice niente di nuovo, così si arriva al secondo singolo, quella ‘Out of place’, dall’andamento simil prog metal, una semiballad che non segue i canoni, complice una furiosa accelerazione nella parte centrale e se il ritornello risulta decisamente classico, l’assolo di Andrea Cantarelli fa sognare portando il pezzo su lidi quasi onirici e fin qui abbiamo qualcosa che rappresenta l’anima dei Labyrinth da sempre e si potrebbe andare avanti con la solita, tediosa, track by track, ma ha senso? Assolutamente no, perché sappiamo benissimo che lo stile dei Labyrinth è quello del power speed metal classico e descrivere una canzone dopo l’altra sarebbe come scoprire l’acqua calda e allora, andiamo a vedere dove veramente la band riesce a tirar fuori quella grinta di cui sopra o stupirci con idee particolari e allora ecco “Heading for nowhere” che, a dispetto di un ritornello classicissimo valorizzato da un Tiranti maestoso, spazza con furia thrash qualsiasi dubbio sulla direzione che i Labyrinth hanno impostato già dal precedente “Welcome to the absurd circus” e mi preme di sottolineare come Oleg Smirnoff si inserisca alla perfezione su questo tappeto sonoro, laddove Andrea Cantarelli e Olaf Thorsen normalmente sparano le loro ritmiche e per far capire che la classe non è acqua, se ce ne fosse ancora bisogno, ecco la ballad “To the son I never had”, in bilico tra malinconia e splendore, grazie anche, e non temo di dire una bestemmia, al giro acustico che ricorda certe cose degli Alice in Chains e se vogliamo passare da una pulsione all’altra basta ascoltare “The right side of this world”, mid tempo dal refrain melodico e subito dopo “Inhuman race”, un monolite di stampo prog-thrash, in cui tutti, ma proprio tutti i musicisti dei Labyrinth danno il meglio di se, come idee e come esecuzione, a questo proposito, tanto fa la sezione ritmica del bassista Nik Mazzucconi e del terremotante, bravissimo batterista Matt Peruzzi, spiazzante infine il break di piano centrale, che porta verso la fine del disco in modo ancora una volta vigorosamente maestoso.
Prima di concludere mi piace parlare del duo d’asce Cantarelli-Thorsen, con il primo sugli scudi in fase di assoli al fulmicotone ed il secondo, più posato, quasi in stile Gilmouriano, tutto questo è stato registrato, come capita spesso ultimamente ai Domination Studio di Simone Mularoni, che da un tocco meno finto, meno pompato, quasi live e io non posso che esserne contento, data l’omologazione dei suoni oramai presente in quasi tutti gli album pubblicati, soprattutto, dalle grandi etichette, quindi, stranamente, promuovo a pieni voti un disco power metal, ma forse perché, quando si tratta dei Labyrinth, il termine risulta molto, molto stretto!
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